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Prime Esperienze

La prima volta di Angelina al Certe Notti -3-


di Membro VIP di Annunci69.it giorgal73
09.06.2025    |    6.458    |    2 5.3
"La scopo con lentezza, come guardassimo una partita a scacchi dove ogni mossa è studiata per portare entrambi al massimo..."
La mia resistenza stoica alle proposte indecenti è nota per essere nulla, quindi in pochi secondi esco e porto Angelina subito dentro una stanzetta del privè. Sistemo un lenzuolo sul letto. La faccio sdraiare e divaricare le gambe, così da avere la sua piccola fighetta disponibile e pronta alla mia bocca.

La gusto con la lingua come si trattasse di un gelato appena fatto in estate, lento, scientifico, sviscerato. Angelina si abbandona subito a una trance di piccoli spasmi che le risalgono la schiena – le voci e i rumori del club privè si sentono oltre la porta, ma qui dentro il tempo è zona franca, compressa e densa come il profumo della sua pelle. “Non mi far urlare,” sussurra, “non voglio che sentano tutti,” ma è una supplica fiacca, bluffata: so che dentro di sé sta già lottando per non perdere la voce.

Faccio scivolare due dita dentro il calore e sento la resistenza che si arrende, sento che nonostante la spacconaggine, Angelina si stà sciogliendo. E’ Bagnata e con le mani mi cattura la testa e mi spinge sul suo sesso. Vuole che la divori. Con un tono mellifluo e un po’ brillo :” ti piace la mia figa? quanto ti piace?”

Le rispondo con la lingua e le labbra, con la fame, con il muto annuire della carne sul suo sapore e sul liquido che le sgorga senza vergogna. La sento tremare, la respiro mentre il suo odore si mescola a quello degli altri, del cloro e dell’alcol, e per un attimo sono preda di una compulsione a restare per sempre tra le sue cosce, stretto al suo piacere. Angelina geme sussurrando parole che nemmeno lei capisce; si aggrappa alle mie spalle, mi tira i capelli mentre con le unghie scava nella pelle come a marchiarla.

Ripete come un mantra la domanda e mi obbliqua ad aumentare il ritmo delle lappate e delle succhiate. Anche lei è lunga a venire, forse colpa dell’ alcol o della situazione particolare.

Sono paziente e l’eccitazione è così alta che non sento la stanchezza. Ci gioco all’ infinito: la tengo lì, la accarezzo con i polpastrelli, giro intorno al clitoride, le scorro tutto l’ingresso con la punta piatta della bocca, la sento vibrare come una corda pronta allo schianto. Quando finalmente la sento cedere nel respiro e nel tremolio, vado diretto: un paio di suzioni profonde, due dita dritte e premute sopra il punto G e Angy si contrae di colpo, improvvisa, quasi cerca di scapparmi via.

“Basta, basta, sto venendo... sto venendo davvero,” supplica, e la voce le si spezza. È un orgasmo che resta sordo, interiore, la lascia girata su un fianco, con la faccia nei cuscini, incapace di parlare per un minuto almeno.

Quando si gira, ha le lacrime agli occhi. “Amo, mi hai spaccata,” esclama, sorridendo. “Non so se ce la faccio a tornare tra tutta quella gente, adesso.”

“Infatti rimaniamo qui, ora è il mio turno di godere, ho il cazzo che sta per esplodere.”

Le salgo sopra, la sensazione di sfiorare la sua pelle, le tette schiacciate sotto il mio petto e le gambe tatuate che si arrampicano sulle mie spalle: mi sento un predatore e lei una preda, anche se in realtà è lei a guidare tutta la scena, con la mente e il corpo. Glielo faccio vedere, lo sbatto addosso alle labbra bagnate che si schiudono per accoglierlo. Prima però si diverte a spingere la lingua avanti, lo lecca come fosse un lollipop, gira la punta in tondo, poi si ferma e mi sorride. “Prima lo dici quanto ti piace la mia figa.”

“Mi piace da… impazzire,” confesso, sentendo la pressione crescere. Lei ride soddisfatta: allora me lo succhia, tutto, fino a farsi tremare il mento. Mi accontento di qualche secondo, voglio penetrarla subito. Glielo punto in mezzo alle labbra e affondo dentro in una volta sola, quasi, senza chiedere permesso.

Angelina sussulta, ma non si oppone: spalanca le gambe, si lascia prendere senza ritegno, le mani sulle mie natiche, l’ansia di goderne ogni millimetro. È calda e accogliente, poco importa la scarsità del tipo di prima: il suo corpo, ora, è affamato solo di me. La scopo con lentezza, come guardassimo una partita a scacchi dove ogni mossa è studiata per portare entrambi al massimo. Lei alterna gemiti strozzati a unghiate sulla mia schiena. Mi prende la mano destra e la porta al suo collo.

“Scopami con forza e stringi , cazzo!”

Lo faccio, stringo delicatamente il suo piccolo collo, ma lei insiste, vuole di più: vuole sentire la pressione mentre la inondo e la prendo senza freni, vuole che il piacere le si annidi tra la gola e il sesso, che diventi una cosa unica, senza ossigeno e senza il tempo di riflettere. “Ancora, e non sborrare se non te lo dico io!” ordina con la voce alterata. Le obbedisco, misurando solo di non ferirla, di restare in quel sottile confine tra l’istinto selvaggio e il controllo. Ma è lei che guida tutto: si slancia contro il mio colpo, struscia la lingua fuori, ha la faccia di una che vuole solo morirci lì, dentro la tensione del momento.

Non resisto più, il dolore di non venire finché non lo chiede lei è immenso: “Mi fai impazzire, lo sai?” sbuffo, sollevo la testa dal suo collo e la bacio con tutta la fame che ho. Lei ricambia, affonda la lingua nella mia, come se non bastasse la presa tra le gambe, il suo corpo richiede che la penetri in ogni poro, che la impregni di prestigio animale e di fame.

Affondo ancora, il letto cigola, le lenzuola si attorcigliano intorno al sudore e ai respiri. Angelina geme a bocca piena, poi sussurra “Più forte, scopami più forte!”

Affondo rabbioso, trascinandola oltre ogni remora. Ad ogni colpo, le sue unghie si piantano nella mia schiena e nelle mie natiche, lasciando strisce vivide. Il calore della stanza unito al suo respiro febbrile mi annebbia la testa. L’aria si squaglia in un odore di pelle e di sesso, e la stanza non esiste più: ci siamo solo noi, nascosti dietro la porta che attutisce i gemiti violenti e scomposti. Angelina vuole essere posseduta con brutalità, e io glielo do come non l’ho mai fatto, esasperando il ritmo e l’intensità fino a sentirle drizzare il bacino e urlare, stavolta fregandosene se qualcuno la sente.

La mia mano libera si chiude sulle sue tette, che sussultano in alto ad ogni colpo. La osservo cambiare faccia con ogni nuova spinta: ora ride, ora ringhia, ora supplica e ora brucia di piacere. Quando smettiamo di pensare, resta solo il pulsare crudo dei nostri corpi e la promessa di un orgasmo che scava e impasta il cervello.

Dopo quindici minuti che la penetro selvaggiamente, sono vicino a capitolare, ad arrendermi.

Stringo un po’ di più la mano sull’ esile collo: “Voglio che mi guardi quando vieni,” sussurro. L’istante si spezza come vetro: Angy smette di respirare, spalanca gli occhi, li pianta nei miei. Per un attimo sembra che voglia odiarmi, poi si rilassa, si lascia invadere tutta, la sento vibrare in punta di dita. L’orgasmo la colpisce a ondate che le attraversano la schiena, la bocca si spalanca come a voler divorare il vuoto intorno, il fiato si spezza in gemiti involontari e lacrime che si confondono col sudore. Si aggrappa alle mie spalle, mi morde il collo con una disperazione che mi eccita ancora di più.

“Adesso, adesso puoi…” mormora sotto voce e io mi lascio andare. Sento il piacere partire dalla base della spina dorsale, arrampicarsi e saltare su, quasi mi cancella tutto, mi lascia solo la sensazione di essere polvere esplosa in aria. Sborro sulla sua pancia e la pressione è devastante, caotica, uno scarico che non trova fine.

Angelina ride quando lo vede.

“Guarda quanto sei venuto,” mi prende la mano mentre ancora ansimo, e raccoglie il seme caldo con il palmo, poi lo spalma sulle tette come fosse crema di bellezza. “Così la prossima volta lo ricordi meglio, quanto t’è piaciuta la mia figa, maiale porco.”

Le rido addosso, spossato, poi ci sdraiamo affiancati, sudati e uguali, senza più nemmeno il pretesto di una vergogna reciproca. I rumori del club, ora, sembrano lontanissimi, come una tempesta che ha già attraversato e sventrato la città e lasciato solo la pace post-uragano sulle strade vuote. In quella pozza di sfinimento anche Angy tace; il silenzio dura il tempo della decenza, poi rompe la quiete e si gira su un fianco, guardandomi con gli occhi larghi.

Le catturo la bocca. La mia lingua cerca la sua. Ci baciamo piano, stavolta, con una lentezza liquida che pare smentire tutto il ritmo serrato di prima. Nel chiuso della stanza, riprendo fiato avvinghiato a lei.

Le chiedo se è soddisfatta e lei con la voce impastata dall’alcol e dagli orgasmi: “ Per il momento si, sono venuta due volte e adesso il mio corpo vuole solo dormire.” Chiude gli occhi e si abbandona sul mio petto, sospira con quella dolcezza infantile di chi si sente finalmente protetta, ma non fa in tempo a finire il pensiero che busso leggero con le nocche sulla sua fronte.

“Angy? Angy, sei ancora viva?”

Strizza gli occhi e prova a sorridere. “Viva e assetata, portami a bere!”

Usciamo dalla stanza mentre ancora ridiamo, i nostri corpi con la pelle umida e lucida, mescolata agli odori di sesso e alle risate dei corridoi. Angelina si lascia trascinare, ma zoppica leggermente; si ferma un attimo contro il muro, il trucco colato come una Barbie post-uragano, e ride così forte da farci notare da mezzo club.

Ci sediamo al bar, abbracciati ancora mezzi nudi. Il barman ci fissa con l’aria di chi ne ha viste tante, ma poche così spudoratamente felici. Su un divanetto, davanti a noi ci sono Jane e Tania. Ci avviciniamo e Angelina inizia a parlare con loro. Ogni tanto le sue labbra trovano quelle di Jane, ma capisco che la mia amichetta è partita completamente, quindi le chiedo se vuole tornare a casa e lei con gli occhi vacui mi fa un cenno di assenso.

Facciamo giusto in tempo ad uscire dal club che mi tocca prenderla in braccio per portarla in macchina. Lei praticamente svenuta, non si accorge di nulla, neanche quando mi faccio tre piani a piedi con lei in braccio per portala a letto, a casa sua. Abbiamo dormito tutto il giorno e quando ha aperto gli occhi è scappata in bagno per il post-sbornia e io, da bravo paparino, l’ho aiutata a riprendere vita. Dopo aver svuotato tutto il pancino si rende conto che è completamente nuda. Mi guarda con aria interrogativa e subito si copre i seni e la figa.

“Che guardi, pervertito?” mi stuzzica, consapevole che, ormai, ha già oltrepassato il punto di non ritorno con me.

“Guardo una delle donne più belle e strane che abbia mai incontrato,” rispondo, con una risata afona. Lei arrossisce, il rossore che risale fino alle tempie, ma lascia cadere il braccio che nascondeva il seno e si mette a ridere di gusto.

“Dai, non scherzare. Mi hai vista ieri sera, sono stata una bestia. Adesso mi vergogno, non so se avrò mai il coraggio di rifrequentare un posto del genere… però è stato bellissimo. Ho ancora il sapore della schiuma sulla lingua e il tuo… vabbè, lo sai. Sto malissimo da quanto ho bevuto, mi riporti a letto e ti va di rimanere con me, ho bisogno di un cuscino al quale aggrapparmi.”

“Tranquilla, rimango con te fino a quando non starai meglio e ti prometto che farò il bravo anche se siamo nudi! "

----- FINE -----

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Dopo diverse settimane a raccontare le storie degli altri, finalmente riesco a raccontarne una mia. Ed essendo mia è una storia vera. Quasi una cronaca degli avvenimenti accaduti quel mercoledì particolare al Certe Notti. Angelina ha 25 anni è la ragazza protagonista del racconto "24 anni:il mio angelo depravato". quella che nel racconto si chiama Angelica che è poi diventato anche un romanzo pubblicato. Ormai è quasi un anno che ci frequentiamo. Io un Daddy premuroso e maialino e lei ... beh è lei, fortunato chi ha avuto l'occasione di conoscerla. Angelina lavora nei Night club in giro per l'Europa, ma ogni volta che torna a casa ci vediamo e ci divertiamo a scandalizzare... Sembra strano, visto il lavoro che fa, ma Angelina in certe occasioni è molto timida e pudica, non ama mostrarsi e ha un idee molto seria del sesso, quindi la storia che avete appena letto è molto particolare vista la sua indole, ma forse il merito è stato anche dell' alcol. Questa è solo la prima parte, visto che la storia è lunga, ho preferito dividerla in tre parti e purtroppo questa è l'ultima.


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Eccoci qua: tocca a voi decidere se sono un genio incompreso o solo un tizio che si illude di saper scrivere. Dai, un votino non me lo potete negare, non siate tirchi! E se vi va, buttate lì un commento: anche uno di quelli che strappa una risata, che male non fa.

Scrivo queste storie perché mi piace farvi viaggiare con la fantasia, ma, lo ammetto, anche per mettermi un po’ in vetrina. Sono tipo un venditore di sogni proibiti, di quelli che piazzano la bancarella all’angolo della strada. E sì, ho un debole per le donne, non lo nego, ma non ho un “tipo” fisso. Mi piace variare, sperimentare, buttarmi nel caos delle possibilità.

Se vi va di entrare nel mio club di fan (o meglio, di complici), fatevi avanti. Chissà, magari insieme possiamo inventare , o vivere, ancora meglio, una storia ancora più folle. Io sono un maestro della pubblicità subliminale, mi vendo tra le righe, ma il modo migliore per capirmi è conoscermi di persona. Poi si vedrà dove ci porta la corrente!

Potete contattarmi qui su A69 o su Te. le. gr. am, stesso nick: giorgal73. Proposte, idee, commenti, o magari un invito a una serata o un club per scrivere insieme il prossimo capitolo – sono tutto orecchi. P.S.: se preferite la vecchia cara email, parte con giorgal73, poi la chiocciolina, e chiude con gmail.com. Facile, no?
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