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Prime Esperienze

Un calore fuori stagione (prima volta con A69)


di Calmatlantica
24.05.2017    |    14.202    |    11 9.4
"Ho voglia di toccarla e lo faccio..."
Sono seduto su una panchina del centro, è venerdì, sono le 22.00 e mi batte forte il cuore. Attendo, fremente, inquieto, curioso, dubbioso ma sono fermo, ostento calma, o forse la tensione mi gela?
Quella città non è la mia e neanche la loro, è il luogo convenuto. È una città che periodicamente mi lancia il suo richiamo ed io obbediente la raggiungo, come quando Cinzia, proprio li, al civico 3/c di quella stretta via laterale che posso intravedere anche da qui ora, mi ha fatto capire cosa può fare la bocca di una donna per un uomo. Ora chissà dov'è Cinzia? Ho un brivido al ricordo di come cavalcò il mio corpo di ventenne imbranato e ammorbato di desiderio. E dove sarà Giovanna, intelligente e appassionata escort che si prese cura delle mie fantasie in una villetta discreta e periferica?
È una città il cui solo nome, per vari trascorsi, mi evoca ricordi voluttuosi e fantasie sensuali.
Ora quella città è di nuovo li per me. Apre la sua piazza in un venerdì di metà ottobre ed è insolitamente calda e umida che la giacca in pelle nera sopra la camicia un pò mi infastidisce. C'è una luce strana: soffusa, ovattata che trasfigura il discreto brusio, non troppo affollato, della gente. Mi fa sentire dentro una bolla, come se fossi invisibile ai più, tranne che.... a loro.
Lui ha il mio stesso nome (quando si dice il caso), si è dimostrato esperto, gentile ma soprattutto sicuro, prima con il sistema di messaggistica del sito, poi su whatsapp. Ha voluto sapere qualcosa in più di me. Gli sono andato a genio. Ha perseverato per un appuntamento, nonostante impegni ed imprevisti dell'ultimo minuto. Ora io sono li, loro sono in ritardo ma lui mi aggiorna costantemente sulla posizione e......a me batte il cuore. Ho lei in mente o meglio le sue foto, ancora meglio, le foto del suo corpo: lunghe gambe ben tornite mentre passeggia sotto un portico, maestosa, sapiente; lingerie nera che si intravede mentre sembra slacciarsi il reggicalze e dietro di lei un grande letto impaziente; il seno morbido adagiato sulla camicetta aperta mentre siede su una scalinata, al sole. Come sarà dal vivo? Chissà se le piacerò? Chissà se a lui continuerò ad andare a genio? Vorranno giocare? Lo vorrò io? E passare le mani su quello cosce? Toccare quei seni? Sotto gli occhi di lui.... mi batte il cuore.
Lui ha fatto una richiesta precisa: la parola chiave è intrigo, vuole giocare proprio li fra strade e portici, cercare angoli bui, anfratti. Provare il desiderio e insieme la paura di essere visti, paura che accresce l'eccitazione. Vuole che aiuti lei a lasciarsi andare... Sarò all'altezza? Se “il mio lui" non "collabora"? E se succede qualcosa? Ma no dai! Al limite ti bevi un caffè fai due chiacchiere e poi saluti e arrivederci. Cerco di non pensare troppo ma la mente vaga.
Una vibrazione alla mano destra mi riporta sullo schermo del mio smartphone che ora si è illuminato. È un messaggio. È lui: "arriviamo". Sento dentro di me crescere un ritmo ipnotico, una danza tribale.
Gli occhi cominciano ad aggirarsi interrogativi su tutto l'orizzonte della piazza. Dall'indistinta informe umanità che la popola iniziano a distinguersi alcune coppie.
Il target è quello di una coppia cinquantenne con una lei piuttosto alta, snella, capelli scuri.
Forse sono loro. Una coppia: lui più alto, brizzolato, lei mora capelli scuri, soprabito bianco ma la loro espressione è troppo assorbita dalle chiacchiere che rimbalzano tra gli occhi scintillanti di lei e il pizzetto sale e pepe di lui. Non guardano intorno, magari verso il tipo dai capelli corti e la giacca in pelle che li osserva da una panchina..... Non sono loro.
Da un angolo della piazza altri due tizi, lei mora riccia, lui completamente calvo, sguardi seri, silenziosi. Attraversano la strada, vengono verso il centro della piazza ovvero verso di me, bella coppia; mentre camminano al passo del mio battito cardiaco, le mie dita sono sulla camicetta di lei, spostano i suoi capelli.......Le dita si ritirano...non sono loro. Guardo allontanarsi l'ancheggiare di lei e la pelata di lui verso il bar centrale. Peccato. Non saranno mica quelli li!!!! Sollievo.... passano oltre indifferenti. Almeno 4 o 5 volte ancora, ignari passanti accendono fantasie e fuochi d'artificio nella testa di quel tizio magro, castano, seduto sulla panchina con la giacca in pelle. È solo, si guarda intorno, guarda l'orologio, guarda il cellulare, è inquieto, forse gli batte il cuore...
Da sotto un portico, tra il grande bar centrale e l'antico palazzo sede municipale, sbuca una coppia. Lei alta, capelli lisci, scuri che lambiscono le spalle; lui robusto, sportivo, brizzolato. Camminano piano e si guardano intorno, vicini, le loro braccia si sfiorano, lei cammina turrita, ha un'eleganza ormai inespugnabile che sembra dia per scontata; lui sicuro, è già nella parte.
C'è qualcosa di famigliare in quella coppia che ancora non so identificare ma sono certo che sono loro. Si avvicinano, vengono verso il centro della piazza, vengono verso quella panchina circolare che fa da contorno ad una enorme fioriera. Lei forse ha notato il tipo seduto proprio su quella panchina che infatti li sta osservando. Lei dice qualcosa al suo uomo che si gira e guarda verso il tizio. Continuano verso la panchina.
Sono certamente loro ma attendiamo la prova finale: raggiungono la panchina, sono ad un paio di metri da me, lei continua a lanciarmi delle occhiate, io a loro, lui estrae un iPhone 6, armeggia col dito sullo schermo, lo schermo del mio smartphone si illumina... mi alzo faccio due passi verso di loro. Il cuore mi scoppia, le orecchie fischiano.... Sono io....ciao.
Stretta di mano, sorrisi di circostanza. Direi che dalle foto sul sito qualche anno è passato, ma è passato bene....Che gambe ha lei! Svettano sui tacchi, velate da autoreggenti chiare che si impadroniscono impettite dello spazio, esiguo, sotto la mini. Ecco! La cosa famigliare! Il soprabito grigio-azzurro di lei, c'è in quasi tutte le foto e.....lo ricordo bene. Questo mi fa realizzare che ora lei è li, in carne e ossa, non è più una fantasia.
Strana sensazione: siamo li tutti e tre, non ci conosciamo, ci vediamo per la prima volta, i nostri sguardi sottintendono la disponibilità ad entrare nello spazio più intimo che si possa pensare ma è come se ci osservassimo dalle sponde opposte di un fiume. Qualcuno si deve tuffare ma ancora non è tempo. "Andiamo a bere qualcosa".
lui ci sa fare, si vede, è calmo, sicuro. Lei gli fa da spalla molto bene, sono affiatati, sanno certamente ciò che vogliono. Io non so cosa voglio, forse lasciar perdere, forse infilarmi nella camicetta bianca ornata di pizzo che si nota sotto quel soprabito chiuso maliziosamente a V da una cintura. Vorrei sopratutto far scivolare le mie mani lungo quelle cosce, mentre il tacco 12 batte sul marciapiede un ritmo che mi risuona nel cervello e non riesco a dire nulla.
"Tu sei di....." mi fa lui, "li c'è un bel locale, il...... ne abbiamo sentito parlare molto bene" conclude lei. Io: "eh si! Lo conosco, ci vado spesso, è un paradiso per gli amanti del biologico..." arriviamo al bar, ho capito che amano trattarsi bene, girano per locali e ristoranti, il biologico non è in cima alle loro priorità ma sopratutto hanno la capacità di intrattenere la conversazione su argomenti generici e di questo li ringrazio perché ancora non me la sento di tuffarmi, l'acqua potrebbe essere troppo fredda, oppure non mi fido delle mie doti di nuotatore.
Un prosecco, un caffè ed un succo sopra un tavolino metallico all'esterno di quel bar, in quella piazza. Tanta gente, i tavolini liberi sono pochi, è proprio un ottobre caldo.
Siamo li, lui schiena alla piazza sorseggia il succo, entra in argomento: il sito, esperienze passate, la discrezione, occhio a chi si incontra, ai numeri di cell, mai fatta cam, mai inviate foto. È rilassato, ha esperienza e si nota. Io schiena all'entrata del bar, sguardo alla piazza, annuisco ai suoi discorsi, ho un'unica altra esperienza con coppie per cui ho più da chiedere che da raccontare. Lei tra noi due, silenziosa ma sa di essere lei la regina, sa che è il suo corpo ciò che alberga nelle nostre menti anche se sembriamo degli indifferenti conversatori. Guardo il suo soprabito che copre il bianco della camicia, la leggera scollatura. Guardo il lungo percorso delle gambe che sbocca come una cascata color avorio dalla minigonna e scivola sotto il tavolino. Sorseggia il caffè con grazia, guarda il suo uomo con complicità, conferma con cenni del viso o con brevi frasi il racconto che lui fa della coppia: è un gioco intimo che li unisce nelle fantasie e nei desideri. Solo una cosa lei finora ha rifiutato, i giochi con un'altra donna. La guardo e sento che la voglio.
Mentre parliamo sposto il piede e inavvertitamente tocco leggermente quello di lei e lei lo sposta. Una cosa istintiva certo ma io colgo un segnale di chiusura. Mi appoggio allo schienale convinto che fra poco ci si saluterà, si dirà che ci si è conosciuti ma che, no! Non è ora di tuffarsi nel fiume.
Ora è lei che mi guarda, occhi nocciola, un mezzo sorriso e mi dice una frase tipo questa: "noi stiamo parlando ma se vogliamo qualcosa di più devi metterci del tuo.....quali fantasie hai per esempio?"
Deglutisco. "le tue gambe, mi piacerebbe accarezzarle", lei, "le mie gambe sono qui...il resto dipende da te".
La distanza tra la mia mano e le sue gambe, tra il mio desiderio e la sua dolce malizia, tra una sponda e l'altra del fiume, sembra immensa, impercorribile, ma mi tuffo. Approdo su quella spiaggia calda e liscia della coscia sinistra. La distanza è stata percorsa, il cuore batte come un tamburino che da il ritmo alla carica di un esercito, lo sparuto esercito delle mie cinque dita che fremono sull'autoreggente e scivolano lungo la gamba. Sento il respiro di lei che accelera, lui emette un sospiro e si appoggia allo schienale, il suo sguardo si perde tra i capelli della compagna. Sento il calore di lei, sento i suoi muscoli che si irrigidiscono leggermente, sento il solletico setoso dell'autoreggente. Ho il cazzo duro! Non m'importa se qualcuno in questo bar vede. Certo il gesto è discreto ma....insistito, le dita affondano ora nella carne, esplorano, vorrebbero salire e infilarsi sotto la mini. Lei, schiena dritta e ferma manda occhiate qui e la, al suo uomo, agli altri tavoli, si capisce che si sta eccitando, è presa dalla situazione ma non vuole dare spettacolo a buon mercato: "qualcuno se n'è accorto" chiede, lui: ”no"; dopo qualche manciata di secondi, "ora la cameriera ha visto". Mi blocco. Riprendo la mia esplorazione dopo pochi secondi, aspetto da tempo questo momento, non da settimane, non da mesi, direi da decenni: è la fantasia adolescenziale che si realizza, la signora di classe che sognavo di scopare di fronte al marito nei miei sogni di quindicenne. Non me ne frega un cazzo se la cameriera vede. Il me quindicenne realizza finalmente il suo sogno.
Lui, maestro di cerimonie, dice "andiamo a fare due passi...." non so bene cosa intenda e dove voglia arrivare ma so che devo seguirlo.
lo seguo, la penombra dei portici ci aspetta, ci aspetta il silenzio. Il vociare delle persone è già alle nostre spalle sempre più in sottofondo....chissà se ora parlano di noi? Mentre i nostri passi battono sornioni e ritmici sul marciapiede sono circa le 23.00 ma per me è un tempo indefinito, sospeso, fuori dalla storia, fuori dalla mia storia che fino a questo momento non ha contemplato nulla di simile. Mi sento come in un film di Bunuel, con questi due sconosciuti (Lei come si chiama? Non lo ricordo già più!) dentro un anfratto di vita che la realtà non contempla. Lui cammina due passi più avanti. Io affianco lei. Ormai siamo sotto il porticato verso le viscere del centro storico fuori dalle vie dei locali e dei loro indiscreti avventori. La mia mano si alza....di nuovo la sua coscia, soda, tornita, questa volta la parte posteriore. È nella stessa posizione che assume nella foto del profilo. Sfiorando l'autoreggente e la sua sensazione setosa, la mano sale e sento il liscio calore della sua pelle, la pelle del suo culo, apro il palmo della mano per accogliere la rotondità della natica circondata da una percezione di perizoma. Il cazzo di nuovo duro, lo sento che spinge contro i boxer aderenti. Avverto anche dei passi dietro a me, una ventina di metri indietro, mi giro. Un tizio, sui trenta, occhiali e cespuglio di capelli, cammina. Avrà visto? Che cazzo me ne frega? Aspetto. Camminiamo. Il tizio attraversa ed entra in un vicolo. Di nuovo in tre, di nuovo la mano sotto la mini, questa volta con movimento garbatamente rotatorio e un dito, il medio, che si avventura più in basso per cogliere il lembo umido che copre il suo sesso. Finora tutto si è svolto in silenzio inframezzato da respiri accelerati, sospiri e frasi tipo "di qua", "proviamo qui". Finalmente lui ferma la voluttuosa colonna. Ha visto un posto. È l'entrata di un palazzo, fa angolo all'incrocio fra due viuzze. Passato una sorta di arco, ci si trova in un piccolo cortile con del ghiaino per terra, nel buio non si vede bene il resto, ma credo ci siano da qualche parte intorno gli ingressi delle abitazioni. Lei teme la presenza di videocamere di sorveglianza, lui la invita a porsi in un angolo in ombra tra due cespugli. Mi dice: "ora io la stuzzico un pò poi vorrei fossi tu a prendere l'iniziativa". Va da lei, volta il bordo della minigonna verso l'interno di una decina di centimetri, la fa diventare, con assoluta maestria (quante volte ha già compiuto quel gesto?), di una lunghezza davvero "inguinale". Ora le sue lunghe gambe sembrano colonne e si confondono con l'architettura in stile neoclassico di quel vecchio palazzo, voglio accarezzarle. Lui però compie un altro gesto ancora con grande maestria e sapienza, le toglie le mutandine. Lei sembra sorpresa e si lascia andare a dei gemiti che sono a metà tra la sorpresa e l'eccitazione. Sempre lei mette le mutandine nella borsetta. Mi avvicino, voglio completare l'esplorazione. Lei non mi lascia il tempo. Non si fida di quel posto, seppur così appartato, vuole cambiare, lui si mette di nuovo in testa e riprende quella sorta di via crucis del desiderio. Ho voglia di toccarla e lo faccio. Ho il cazzo duro, la desidero. Le preoccupazioni di prima ora hanno lasciato spazio completamente alle voglie, voglio di nuovo sentire la sua pelle più proibita. Le sono accanto, questa volta il mio fianco destro aderisce al suo sinistro e la mia mano si insinua velocemente, voracemente a sentire il culo ma ora l'obiettivo è un altro. Col dito medio traccio un percorso circolare seguendo le labbra della sua fica completamente depilata. Sento il mio dito irrorato del suo succo. Lei si appoggia a me per qualche metro, sospira. Lui serio ci osserva mentre lo seguiamo, io non so più dove sono. Sento solo battere il cuore: è un battito diverso, incalzante, accompagnato da una sensazione di energia che si spande nel petto.
Devo interrompere il gioco. Incontriamo persone, coppie gruppi di giovani, gente del luogo che rincasa solitaria. Siamo in una via che confina con una grande arteria della città. Comincia ad esserci più traffico. Lui però, trova il tempo per un'altra trovata stuzzicante: chiede a lei di appoggiarsi ad una colonna del porticato, vuole fotografarla. Vuole fotografarla col seno ben esposto. Ora il passaggio di persone si è interrotto. Lei mi chiede: "aprimi tu la camicetta". Non dico nulla. Lei apre il soprabito, le mie mani sulla sua camicetta già semi aperta, dita sui bottoni bianchi, slaccio il primo, il secondo, un terzo. Reggiseno nero che raccoglie un seno di terza misura, un pò cadente ma sodo, lo sento mentre affondo le dita dentro facendola gemere, sento il capezzolo dritto e duro, sento l'odore che mi arriva dalla sua pelle, odore di donna. Ho il cazzo duro. Il soprabito si richiude al rumore di passi che arrivano. Giriamo le spalle agli ignari passanti. Attendiamo che si allontanino. Di nuovo lui la fa appoggiare alla colonna, raccoglie con le mani il seno destro di lei, sposta la coppa del reggi e lo fa sporgere appoggiato alla camicetta. Il capezzolo marrone, punta dritto verso il flash dell'iPhone che cattura quella scena. È una scena che mi fa battere il cuore, che mi fa il cazzo dritto. È una scena che rimane nella memoria volubile dell'iPhone e nella mia, indelebile. Dobbiamo spostarci, di nuovo gente. Ma questa volta troppa e questo non conforta le preoccupazioni della donna di essere notata. Ora siamo su una via di grande passaggio. Locali, ragazzi, confusione, fari di auto. Il Duomo a poche centinaia di metri, camminiamo. Nell'attraversare mi stacco un pò, li vedo chiacchierare tra loro. Chissà che dicono, certo se non gli andasse, mi avrebbero già messo in libertà. Ci fermiamo un attimo. Ci guardiamo intorno. Di nuovo verso le vie strette e porticate del centro. Di nuovo le percorriamo solitari ed ebbri di desiderio e trasgressione. Questa volta la nostra guida scruta con attenzione i dintorni, vuole un posto appartato. I passi sono più lenti, l'incombenza di trovare la nostra tana estemporanea è tutta per lui, io sento oramai famigliare il corpo di lei. Siamo fermi. La mano destra scivola sotto la gonna e percorre l'ormai nota ma sempre più appetibile morfologia delle sue zone di piacere, la mano sinistra si infila a cercare i seni, le dita cercano i capezzoli. L'eccitazione sale. La mia bocca comincia cercare la sua pelle e la trova sul collo e sulle guance. Le si lascia fare, il respiro sempre più ritmico rivela anche la sua di eccitazione. Gemiti e sguardi rapidi intorno rivelano invece la sua preoccupazione per qualche luce accesa dietro alle finestre in stile veneziano, per possibili videocamere di sorveglianza dentro ai portici rinascimentali, ma quei palazzi assistono ormai da secoli agli amplessi di generazioni e generazioni di umani che il nostro non è che uno dei tanti e come tale da osservare placidi, sonnacchiosi e forse un pò compiaciuti.
Mi sorprende. Messa da parte la preoccupazione, rassicurata anche dal suo uomo, allunga la mano verso il mio pacco e lo preme leggermente. "Voglio prenderlo in mano. Posso?" "Certo!!!" Le sue dita lunghe e sottili danzano veloci intorno ai bottoni della mia patta. Sento le sue unghie ben curate che scivolano lungo la mia pelle mentre abbassa con un movimento dolce i miei boxer. Finalmente libero, il mio cazzo si presenta grosso e duro, la cappella rossa scoperta completamente. Sento la sua mano che lo avvolge, sento i suoi sospiri e un "mmmm" finale. Mi diventa ancora più duro. Lui procede. Vogliono un posto ancora più appartato. Lei cammina davanti a me e continua la sua presa. Eccitatissimo procedo trascinato da quell'improbabile “guinzaglio”. Attraversiamo una stretta viuzza e poi dentro un'altra, sempre sotto i portici. Lei non molla la presa e ogni tanto massaggia maliziosa con la pelle liscia della sua mano. I fari di un auto ci illuminano e lei si ferma e si volta, mi scherma col suo soprabito poi di nuovo mi trascina dietro a sè. Ora alcuni ritardatari della passeggiatina al cane e di nuovo il suo delizioso schermo.
Un altro vicolo, molto stretto, lui pare soddisfatto, luogo deserto, niente videocamere. I portici sono sorretti da ampie colonne grigie. Gli antichi palazzi sembrano contenere solo la calma del sonno, mentre fuori si sta per liberare la tempesta del desiderio. Ia tempesta ha la forma delle labbra di lei e il movimento della sua lingua. Si abbassa ed infila il mio cazzo in bocca, cazzo fino a quel momento felice prigioniero della sua mano e quindi duro, splendente e rigoglioso. Come è brava, dolce e veloce! Lui mi affianca a sinistra, si abbassa la zip, lei sposta la mano dalla mia coscia sinistra e la appoggia al suo fianco sinistro. Ora alterna il mio cazzo al cazzo del suo uomo. Vedo l'espressione di lui, aggrotta le ciglia, sospira, geme, digrigna i denti per il piacere. Poi di nuovo a me, sento le scosse che percorrono la mia asta ad ogni sua leccata. Ora si alza le loro bocche si incontrano, si baciano. È un bacio, non di sesso, di complicità come si dicessero "vai così". Io allungo la mano a cercare la fica. Ora è fradicia. La penetro leggermente con il medio. Inizio movimenti circolari. Lei stacca la bocca da quella di lui e inizia a respirare ritmicamente a bocca aperta. È appoggiata al muro. Lui osserva intorno. Continuo, con l'altra mano cerco il seno. Sento il capezzolo dritto, lo stimolo con la punta dell'indice. Ho il cazzo dritto che punta verso di lei. Lo afferra e inizia segarmi con decisione. Lei: "Sto per venire" "stai attento che potrei bagnarti tutto". Allora lei squirta! Aumento il ritmo della mia mano. Lei fa due respiri profondi, inarca la schiena, solleva la testa verso il soffitto del porticato, cerca di soffocare l'orgasmo. "Hu uh ah aaaah aaaaah"...... è venuta, non ha squirtato. Non so se compiacermi o dispiacermi di non aver goduto di quell’idraulico spettacolo che sembrava promettere o minacciare. Socchiude ancora gli occhi mentre il suo respiro torna regolare. Non ha lasciato il mio cazzo, ha solo smesso un pò di segarmi in preda al suo orgasmo ma ora riprende: "adesso voglio vederti io venire". Non dico nulla. La guardo. Vorrei penetrarla ma lascio fare. Il mio cazzo è al limite, la sua mano leggera ed esperta sa come muoversi. Le palpo le tette con lo stesso crescendo con cui lei mi sega, le sento calde e morbide tra le mie mani, i capezzoli che premono sulle palme. Sento l'odore della sua pelle che in preda all'eccitazione mi inebria, non resisto e la bacio, sul petto, sul collo, sulle guance. Sento l'onda del piacere che si concentra sull'asta del mio cazzo lo rende della stessa consistenza delle colonne intorno, poi si espande a cerchi concentrici pervade tutto il corpo, inonda i palazzi intorno, l'oscurità del cielo e tutto l'universo. Schizzo; schizzo e colo; colo. L'ultima sua gentilezza: mi porge un clinex per ripulirmi. Per terra i segni del nostro viaggio.
Mi accorgo che mentre mi concentravo sulla sua donna lui si era spostato guardingo in strada. Grazie caro omonimo!
Ora camminiamo ognuno col retrogusto di quella avventura in bocca. Io conosco il mio ma non il loro. Stiamo in silenzio, di nuovo più distanti, nel fisico e nella mente. Incontriamo altre persone, sempre di più man mano che raggiungiamo le arterie cittadine più trafficate. Ci guardano mentre ci incrociano, non sanno. Se sapessero? mi viene da sorridere.
Ciao, è stato un piacere, ciao….ciao. Siamo scesi tutti tre dall’ottovolante dell’eros ora desideriamo solo i sedili delle nostre auto. Alla prossima se ci sarà. Avventure del genere, a volte, sono meravigliose se rimangono uniche, le ripetizioni rischiano di essere pallidi riti di vecchi reduci.
Sto guidando, sono io, ma con me c’è anche il me stesso quindicenne che ora riposa soddisfatto, compiaciuto e in pace con la vita. Il cuore ora batte lento come lenta ora quella città si chiude dietro me e si addormenta candida ma ancora umida di quel calore fuori stagione. Chissà quando sentirò ancora il suo richiamo.



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