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Sotto il Sole di Sicilia, il giorno dopo


di Membro VIP di Annunci69.it Classlover
15.04.2025    |    2.243    |    1 9.5
"Si piegò leggermente indietro, il capo reclinato, le dita tra i capelli..."
Mi svegliai con il suono delle onde in lontananza, regolari come un respiro profondo.
La luce del mattino filtrava dalle tende sottili del camper, disegnando strisce dorate sui cuscini; l’odore salmastro del mare si mescolava a quello più intimo e selvaggio della pelle di Giulia.
Lei era stesa accanto a me, nuda, la schiena voltata, i capelli sparsi sul cuscino come un ventaglio scuro e le gambe leggermente piegate, abbandonate al sonno.
Rimasi a guardarla in silenzio: ogni curva, ogni lentiggine sulla sua pelle raccontava una storia, ogni respiro era un piccolo segreto condiviso.
Il ricordo della notte appena trascorsa era ancora vivido sulla pelle: non solo piacere, ma un’energia palpabile, una complicità istintiva.
Non era stato sesso. Era stata verità, senza filtri.
E Matteo, anche lui c’era: invisibile, ma presente, parte integrante di quella danza carnale.
Mi alzai piano, cercando di non svegliarla.
Aprii la porta laterale del camper e uscii a piedi nudi sulla ghiaia tiepida.
Il sole era già alto, ma l’aria conservava ancora una freschezza piacevole.
Matteo era lì, seduto sotto il tendalino, con un caffè tra le mani e lo sguardo perso verso l’orizzonte: indossava solo un paio di pantaloni di lino chiari, slacciati in vita.
Mi sorrise con quel modo silenzioso che avevamo imparato a riconoscere: poche parole, molta presenza.
«Dormito bene?» chiese.
Annuii, sedendomi accanto a lui, «Credo che Giulia mi abbia prosciugato.»
Lui rise, inclinando appena il capo e disse:
«A lei piace… quando si sente libera.»
«E con noi lo è.»
Gli occhi si incrociarono per un istante, sinceri, intensi, senza bisogno di altro.
Poco dopo, Giulia uscì dal camper, indossava solo una camicia bianca, sottile, sbottonata quasi del tutto, sotto niente.
I suoi passi erano morbidi, felini, come se ogni movimento fosse parte di una coreografia seducente.
Si chinò per baciarmi sulla guancia, poi si voltò verso Matteo, sussurrandogli qualcosa all’orecchio.
Lui annuì, gli occhi accesi da una scintilla che conoscevo bene.
«Che ne dite di una doccia all’aperto?» disse lei, mordendosi il labbro, «Dietro i cespugli… c’è una zona nascosta. Di quelle fatte per dimenticare il tempo.»
Mi prese per mano, e camminammo tra le piazzole, i nostri corpi ancora segnati dal desiderio della notte.
La doccia era un piccolo angolo segreto, racchiuso tra pannelli di bambù e rami d’albero. Il suolo era fatto di pietre scure e lisce, calde al tatto. L’acqua scendeva da un tubo arrugginito, ma era calda, accogliente.
Giulia si voltò verso di me. Con lentezza teatrale, fece scivolare la camicia giù dalle spalle. Rimase nuda sotto la luce filtrata tra i rami, la pelle umida di rugiada e promessa.
Mi si avvicinò, le mani leggere che sfioravano, accendevano, provocavano.
Mi aprì i boxer con calma, come se volesse gustarsi ogni secondo dell’attesa.
Il suo sguardo era sicuro, fiero.
Mi baciò sotto il getto d’acqua: prima piano, poi con una fame crescente.
Le sue mani esploravano, studiavano, accarezzavano con consapevolezza.
Ogni tocco era un comando.
Quando mi inginocchiai e aprii le sue gambe, il suo gemito fu una melodia naturale.
Si piegò leggermente indietro, il capo reclinato, le dita tra i capelli. L’acqua le correva sul ventre, rendendo tutto più intenso, più viscerale.
Mi tirò su per le braccia.
I suoi occhi erano due fiamme.
Si voltò e si appoggiò al legno umido, le mani aperte, le gambe leggermente divaricate.
La penetrai con lentezza, sentendo ogni muscolo stringermi, ogni respiro fondersi col mio.
Le spinte divennero un ritmo sacro, il suono dell’acqua un accompagnamento.
Le sue parole erano sussurri sporchi che entravano nella carne.
«Così… sì, Giorgio… fammi tua… e fallo mentre lui ci guarda…»
Mi voltai, attraverso un’apertura tra i bambù, Matteo era lì, in piedi, silenzioso.
Una mano sul suo sesso, l’altra sul legno.
Non era un intruso: era parte di tutto.
Quella consapevolezza mi incendiò: le mie spinte divennero più profonde, più intense. Sentivo Giulia tremare sotto di me, venir giù in pezzi tra le mie mani.
Quando raggiunse l’orgasmo, fu un’esplosione pura, incontrollata.
Venne piegata in due, le urla soffocate nel palmo, mentre io la raggiungevo subito dopo, affondando in lei con un grido roco.
Restammo lì, sotto l’acqua, i respiri lenti, le menti ancora avvolte da un’ebbrezza dolce.
Tornammo al camper in silenzio, ancora nudi. Ci sdraiammo nel letto, senza dire nulla, solo sfiorandoci.
Giulia era al centro, tra noi due, come una divinità terrestre.
Matteo le baciava il collo, io le accarezzavo l’interno coscia.
Le sue parole erano sussurri dolci, ma carichi di intenzioni.
Poi ci guardò, un sorriso languido sulle labbra. Ci prese per mano, stringendoci con forza.
«E se oggi… mi faceste vostra, insieme?»
Quel momento si dilatò.
L’attesa diventava desiderio.
Il sole saliva lento nel cielo, ma noi avevamo davanti l’intera giornata e nessun limite.
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