tradimenti
E' ingiocabile


27.06.2025 |
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"“Vedi che ti piace, puttanella?” lo schernì Monica, la voce intrisa di dominio, mentre lo inculava, il suo orgasmo che esplodeva, la fica che pulsava..."
Sono Francesco, e questa è la storia di una notte che ha incendiato ogni mia certezza, un vortice di desiderio che ancora mi fa tremare. Tutto è iniziato al Bar Bianco, un angolo di Roma vicino all’Università Roma Tre, dove il profumo di spritz, lime e risate si mescola al calore di un pomeriggio estivo. Le luci soffuse del locale, con i suoi divanetti di pelle rossa, creavano un’atmosfera di tentazione. Io e Monica, mia moglie, eravamo seduti su uno di quei divanetti, insieme alla sua amica Laura, una donna dalla sensualità magnetica e dichiaratamente lesbica.Monica, a 35 anni, era una visione devastante. I suoi capelli castani cadevano in onde morbide, brillando sotto le luci calde. La sua pelle bianca, liscia come seta, sembrava illuminarsi, e le sue gambe, lunghe e scoperte, emergevano da una minigonna nera che a malapena copriva le cosce. I tacchi rossi scintillavano, e la camicetta bianca, trasparente, rivelava un seno pieno, una quarta abbondante, libero da reggiseno, con capezzoli appena accennati che attiravano ogni sguardo. Il suo profumo, vaniglia e muschio, era un richiamo irresistibile. Ogni suo movimento – il modo in cui accavallava le gambe, il sorriso lento – era una provocazione calcolata.
Laura, accanto a lei, era il suo opposto e complemento. I capelli neri a caschetto incorniciavano occhi verdi che trafiggevano. Il top di seta nera aderiva al suo corpo snello, e i pantaloni di pelle ne esaltavano le curve. La sua sensualità era tagliente, con un sorriso che prometteva segreti. Le sue dita, con unghie smaltate di nero, giocherellavano con il bicchiere di gin tonic, ma ogni tanto sfioravano la coscia di Monica, un tocco che accendeva scintille. Il loro legame era elettrico, un gioco di sguardi e carezze che faceva vibrare l’aria.
Dall’altro lato del locale, quattro studenti di Roma Tre attiravano la mia attenzione. Andrea, romano, con occhi verdi e un sorriso arrogante; Ivan, il russo fuori sede, con la pelle chiara e un’intensità selvaggia; Alexander, il tedesco di un metro e novanta, biondo e timido; e Ciro, il napoletano, con riccioli scuri e una parlantina inarrestabile. Ridevano, sbirciando sotto la gonna di Monica, scommettendo se indossasse mutandine. “Tiene o non tiene?” sussurrò Ciro, il suo accento napoletano che mi strappò un sorriso. Monica, accortasi del loro gioco, incrociava le gambe con lentezza deliberata, il tessuto della gonna che scivolava, rivelando strisce di pelle bianca.
Laura si sporse verso Monica, sussurrandole qualcosa che la fece ridere, un suono vellutato che accarezzava l’aria. “Guardano come se volessero mangiarti,” mormorò Laura, la sua mano che scivolava più in alto sulla coscia di Monica. “Facciamogli vedere qualcosa,” rispose Monica, il tono intriso di sfida. Io, spettatore silenzioso, sentivo il calore della loro energia, il mio cuore che batteva forte.
Fui io a chiamare i ragazzi con un cenno. Si avvicinarono, incerti ma eccitati, salutando con un’educazione che tradiva il loro nervosismo. “Buonasera,” disse Andrea, la voce tremula. Ciro, più sfacciato, esclamò: “Signora, lei è ‘na meraviglia!” Monica li squadrò, il suo sguardo una carezza bruciante. “Vi piacciono le mie gambe?” chiese, la voce morbida come seta. Annuirono, ipnotizzati. “Volete vedere altro?” continuò, inclinandosi in avanti, il seno che premeva contro la camicetta. Senza aspettare, allargò le gambe, rivelando la sua fica depilata, lucida di desiderio, un rosa invitante sotto le luci del bar. Il profumo muschiato della sua eccitazione, misto a gin e agrumi, saturava l’aria. Laura, ridendo, sfiorò la sua fica, facendola gemere piano, un suono che inchiodò i ragazzi.
“La proposta,” disse Monica, leccandosi le labbra. “Se riuscite a riempirmi tutta, fino a sfinirmi, è vostra. Ma se non ce la fate, sono io a riempire voi.” Laura, con un sorriso predatorio, assaporò le dita che avevano sfiorato Monica. “Buona fortuna,” disse. I ragazzi risero, sicuri di sé. “Ci stiamo,” disse Andrea. “Alle 21:00, a casa nostra,” concluse Monica, porgendo un biglietto. Io sapevo che stavano entrando in un gioco che li avrebbe distrutti.
Alle 21:00, i quattro studenti varcarono la soglia, i loro passi carichi di un’arroganza che prometteva battaglia. La stanza da letto era un santuario di lussuria: lenzuola di seta nera spiegazzate, il profumo di sandalo e pelle calda che impregnava l’aria, candele che gettavano bagliori ambrati sulle pareti avorio. Io, in boxer neri e torso nudo, mi sistemai su una poltrona di velluto bordeaux, un sorriso sornione sulle labbra, il corpo già teso dall’attesa. Ero il testimone di un gioco che Monica, mia moglie, dirigeva con la grazia di una predatrice.
Lei entrò, la vestaglia di seta scarlatta che scivolava sul pavimento come sangue liquido, rivelando un corpo scolpito dal desiderio: pelle di alabastro che catturava la luce, curve che invitavano al peccato, capezzoli come boccioli rosa eretti sotto lo sguardo famelico. Il suo aroma, un mix di ambra e desiderio umido, saturava la stanza, un richiamo che faceva pulsare il sangue. “Mostratemi cosa sapete fare,” disse, la voce un sussurro rovente, mentre si adagiava sul letto, le cosce appena socchiuse, la fica depilata che brillava come un gioiello proibito.
“Spogliatevi,” ordinò, il tono che tagliava come seta. I quattro obbedirono, i loro gesti frettolosi ma carichi di sfida, i vestiti che cadevano come trofei sul parquet. Il primo, il romano, si liberò della camicia, il petto scolpito che luccicava di sudore, poi i jeans, rivelando un cazzo turgido, lungo e venoso, già duro, che accarezzò con un ghigno spavaldo, gli occhi verdi fissi su Monica. Il russo, con la pelle chiara arrossata, si spogliò con foga, il suo membro spesso e leggermente curvo che svettava, sfiorandolo con dita sicure, il profumo salato della sua eccitazione che si mescolava all’aria. Il tedesco, un colosso biondo, lasciò cadere i pantaloni, il suo cazzo enorme, dritto come una lancia, che oscillava mentre lo afferrava con un misto di timidezza e orgoglio, il suo odore di pelle pulita che si intrecciava al calore della stanza. L’ultimo, il napoletano, si denudò con un gesto teatrale, il membro scuro e robusto che menava con un sorriso sfrontato, esclamando con accento verace: “Guarda che roba, signo’!”
Monica rise, un suono che era puro velluto liquido, e si alzò, i fianchi che ondeggiavano come una marea. Sfiorò il cazzo del primo con un’unghia laccata di rosso, poi quello del secondo, il suo tocco che strappava gemiti soffocati. “Non male,” mormorò, la voce che accendeva brividi, mentre si avvicinava al terzo, lasciando che il suo respiro caldo gli sfiorasse la pelle. Il quarto, ancora accarezzandosi, la sfidava con lo sguardo. L’odore maschio dei loro corpi – sudore, dopobarba, desiderio crudo – si mescolava al suo profumo di ambra, creando un cocktail inebriante. Sul letto, la sua fica luccicava, un invito che li inchiodava, mentre loro, con i cazzi in mano, si pavoneggiavano, convinti di dominare la scena.
Io, dalla poltrona, osservavo, il mio cazzo duro sotto il tessuto, il cuore che martellava. Monica li aveva in pugno, e loro, accecati dall’arroganza, non immaginavano il vortice che li avrebbe inghiottiti.
Monica, nuda, era una visione di peccato: la pelle di porcellana scintillava sotto la luce, i capezzoli rosa scuro tesi come gemme, la fica depilata che luccicava di umori. Si sdraiò, le cosce socchiuse, il suo aroma di ambra e desiderio che saturava la stanza. “Niente preservativi,” ordinò, la voce un sussurro rovente. “Voglio la vostra sborra, tutta, in ogni buco. Riempitemi fino a scoppiarmi dentro.” Le sue parole colpirono Andrea, Ivan, Alexander e Ciro come un fulmine, i loro occhi accesi di shock e brama. L’idea di possederla senza barriere, di inondarla con il loro seme, fece esplodere i loro sensi, i cazzi che pulsavano nei jeans, i respiri spezzati dall’eccitazione.
Ivan fu il primo. Si avvicinò, il cazzo grosso e curvo svettante, la pelle chiara arrossata. Monica lo afferrò con dita sicure, il suo tocco che lo fece fremere. “Dammelo tutto, Ivan,” mormorò, spalancando le cosce. Ivan si spinse nella sua fica, il calore umido che lo avvolgeva senza filtri, ogni affondo un suono bagnato che echeggiava. Il profumo muschiato di Monica si mescolava al suo odore salato, un cocktail inebriante. Ivan la scopava con foga, il cazzo che affondava profondo, e quando non poté più trattenersi, esplose. La sua sborra, calda e copiosa, schizzò dentro Monica, riempiendola fino all’utero, un fiotto che sembrava infinito. Monica urlò, l’orgasmo che la travolse come una tempesta, la fica che si stringeva attorno a Ivan, il corpo scosso da spasmi. “Sì, così!” ansimò, le unghie che graffiavano la seta, il piacere che la consumava.
Poi toccò ad Andrea. Ancora fremente, Monica lo chiamò con un cenno, gli occhi nocciola che bruciavano. Andrea, il cazzo lungo e venoso già duro, le afferrò le gambe, sollevandole come una papera, le cosce spalancate che esponevano la fica di Monica, grondante della sborra di Ivan. “Porca,” ringhiò Andrea, l’arroganza nella voce, mentre affondava il cazzo dentro di lei, sfondandola con colpi decisi. Il suono della carne contro la carne riempiva la stanza, l’odore di sesso e sudore che si intensificava. Monica, persa in un orgasmo che non si fermava, gemeva senza sosta, i seni che ballavano al ritmo di Andrea. “Riempimi, porco,” lo incitò, e Andrea, con un grugnito, esplose, la sua sborra che si mescolava a quella di Ivan, colando lungo le cosce di Monica. Il suo orgasmo scatenò un altro in lei, un urlo che fece tremare le pareti, la fica che pulsava, il piacere un fuoco inarrestabile.
Io, dalla poltrona, osservavo, il cazzo che premeva contro il tessuto, ipnotizzato da Monica. Alexander e Ciro, in attesa, si accarezzavano, gli occhi incollati al suo corpo grondante, pronti a cadere nel suo vortice.
Alexander, il tedesco alto e biondo, si fece avanti, il corpo imponente che tremava di desiderio e tensione. Monica, sdraiata sulle lenzuola di seta nera, lo fissò con occhi nocciola che bruciavano di lussuria, la pelle chiara che luccicava sotto i bagliori delle candele. “Qualcosa di diverso, Alexander,” sussurrò, la voce un velluto rovente. Prese una boccetta di gel, il profumo chimico che si mescolava all’odore salato del sudore nella stanza. Con gesti lenti e deliberati, Monica si applicò il lubrificante sul culo, le dita che scivolavano con una sensualità che fece gemere tutti. “Spaccami il culo, Alexander,” ordinò, spalancando le cosce e sollevando i fianchi, la sua fica grondante che brillava come un invito. Alexander, il cazzo duro e venoso, si posizionò dietro di lei, il respiro corto. La penetrò con un affondo deciso, il suono della carne che si univa un ritmo osceno. Monica gemette, un urlo roco che echeggiò, il suo culo che si stringeva attorno al cazzo di Alexander, ogni spinta un’esplosione di piacere. L’odore muschiato della sua eccitazione saturava l’aria, mescolandosi al profumo maschio di Alexander – sudore e pelle pulita. Monica si inarcava, i seni che ondeggiavano, e quando Alexander, sopraffatto, esplose, la sua sborra calda riempì il culo di Monica, scatenando un orgasmo che la fece tremare, la fica che colava sul letto.
Ciro, il napoletano, non si fece attendere. Con i riccioli scuri incollati alla fronte, il cazzo ancora duro nonostante i due orgasmi precedenti, si avvicinò con un ghigno arrogante. “Mo’ te lo spacco io, puttana,” ringhiò, accarezzandosi il membro spesso e scuro. Monica, ancora ansimante, rise, provocante. “Fallo, Ciro, vediamo se ce la fai.” Si applicò altro gel, le dita che scivolavano sul culo con una lentezza che era pura tortura, il profumo del lubrificante che si mescolava all’odore di sesso. Ciro la prese a pecorina, il cazzo che affondava nel suo culo con colpi brutali, ogni spinta accompagnata da insulti. “Prendi questo, troia,” sibilava, mentre Monica gemeva, il piacere che la squassava, l’orgasmo che si mescolava al dolore, la sua fica che pulsava senza sosta. Ciro, con un grugnito, schizzò dentro di lei, la sborra che colava lungo le sue cosce, e Monica urlò, un altro orgasmo che la fece crollare sulle lenzuola, il corpo scosso da spasmi.
Ma Monica non si fermava. “Non avete ancora finito,” disse, la voce un misto di sfida e desiderio, mentre si girava verso Ivan e Andrea. Ivan, la pelle chiara arrossata, respirava a fatica, il cazzo dolorante ma ancora teso. Monica lo attirò, spalancando le gambe. “Riempimi la fica, Ivan,” ordinò, e lui obbedì, spingendosi dentro senza barriere, il calore umido che lo avvolgeva. Ogni affondo era un tormento di piacere, l’odore di muschio e sudore che impregnava la stanza. Ivan, esausto ma spinto dalla sua voce, esplose, la sborra che si mescolava a quella di Alexander e Ciro, riempiendo la fica di Monica. Lei tremò, l’orgasmo che la travolse, un urlo che fece vibrare le pareti.
Andrea, gli occhi verdi velati, si fece avanti, il cazzo lungo e venoso che pulsava debolmente. “Porca, non ti stanchi mai,” mormorò, ma Monica lo afferrò, guidandolo dentro di sé. “Scopami, Andrea,” disse, le unghie che graffiavano il suo petto. Lui la sfondò, i colpi decisi che facevano ballare i seni di Monica, la sborra che colava mentre lei godeva, l’orgasmo che non si fermava, un fuoco continuo che la consumava. Andrea, con un gemito strozzato, schizzò dentro di lei, il suo seme che si univa agli altri, il profumo di sesso che saturava ogni cosa.
Monica, insaziabile, si girò verso Alexander e Ciro, i cui cazzi, tornati duri nonostante la stanchezza, pulsavano di desiderio. “In bocca,” ordinò, inginocchiandosi. Alexander, il cazzo enorme, si avvicinò, e Monica lo prese tra le labbra, il sapore salato che le riempiva la bocca. Ciro, accanto, accarezzandosi, la insultò: “Succhialo, troia, fammi vedere quanto sei porca!” Monica, con un sorriso, passò da uno all’altro, la lingua che danzava sui loro cazzi, il profumo di sudore e sborra che la inebriava. Alexander esplose per primo, la sborra che le inondava la gola, e Monica ingoiò, gemendo di piacere. Ciro, con un ultimo ringhio, “Prendi tutto, puttana,” schizzò in bocca, il sapore caldo e amaro che la fece tremare di un altro orgasmo.
I ragazzi, esausti dopo due orgasmi ciascuno, erano al collasso, i cazzi rossi e doloranti, il sudore che colava come pioggia. Ciro, ancora arrogante, mormorò: “Monica, sei ‘na bestia, ma io te lo do ancora, stai a vedé!” Ma il suo corpo cedette, il respiro corto. Monica, la fica e il culo pieni, rise, il suo profumo di muschio e ambra che li teneva prigionieri. Io, dalla poltrona, osservavo, il cazzo che pulsava, ipnotizzato dalla sua potenza. I ragazzi, sfiniti, erano sue prede, e il gioco era appena iniziato.
I quattro studenti erano al collasso dopo due orgasmi ciascuno, i cazzi rossi e doloranti, il sudore che colava come pioggia. Monica, nuda, la pelle di porcellana che brillava, i capezzoli rosa scuro tesi, la fica depilata grondante, li fissava con occhi nocciola che bruciavano di desiderio sadico. Dalla poltrona di velluto, in boxer e a petto nudo, osservavo, il cazzo duro che premeva contro il tessuto, ipnotizzato dalla sua potenza.
Monica cambiò le regole. “Gli accordi erano chiari,” disse, la voce un coltello di seta. “O mi riempite, o vi riempio io.” Con una calma che fece tremare l’aria, prese uno strap-on dalla cassettiera, il silicone nero che luccicava sotto la luce tremula. Lo indossò, stringendo le cinghie con gesti lenti, il sorriso un misto di lussuria e dominio. “In posizione,” ordinò, il tono che tagliava come una lama. L’odore del gel, chimico e pungente, si mescolò al calore salato dei loro corpi, un cocktail che saturava i sensi.
Andrea, il romano, cedette per primo, il volto arrossato, gli occhi verdi pieni di vergogna. “Non l’ho mai fatto,” mormorò, la voce spezzata, mentre si metteva a pecorina. Monica spalmò gel sul suo culo, le unghie laccate di rosso che scivolavano con una lentezza che era pura tortura. “Rilassati, Andrea,” sussurrò, prima di spingere lo strap-on dentro di lui. Andrea gemette, un suono di dolore e sorpresa, il corpo che si tendeva mentre Monica lo inculava con decisione. Il profumo di sudore e lubrificante riempiva la stanza, e il cazzo di Andrea, contro ogni aspettativa, si drizzò, pulsando duro, eccitato dall’umiliazione. Monica accelerò, la sua fica che colava mentre dominava, raggiungendo un orgasmo che la fece tremare, un urlo roco che echeggiò. Andrea, violato, ansimava, il cazzo turgido ma trattenuto, la promessa di sborrare ancora lontana.
Ivan, il russo, oppose resistenza. “Cazzo, no, non lo faccio,” balbettò, la pelle chiara madida, il cazzo flaccido per la stanchezza. Monica, implacabile, ordinò agli altri di tenerlo fermo. “Non hai scelta, Ivan,” disse, spalmando gel sul suo culo vergine. Alexander e Ciro lo afferrarono, le mani tremanti, mentre Monica lo penetrava. Ivan si irrigidì, un grido strozzato, il volto contratto dal dolore. Ma il ritmo di Monica trasformò la sofferenza in un piacere inaspettato, il cazzo di Ivan che tornava duro, tradendolo. “Vedi che ti piace, puttanella?” lo schernì Monica, la voce intrisa di dominio, mentre lo inculava, il suo orgasmo che esplodeva, la fica che pulsava. Ivan, umiliato, ansimava, il cazzo rigido, eccitato ma costretto a trattenersi.
Alexander, il tedesco, si mostrò più disinvolto. “Fallo, Monica,” disse, il cazzo enorme già turgido, posizionandosi senza esitazione. Monica lo prese con un ritmo feroce, il silicone che scivolava nel suo culo, l’odore di gel e sudore che si intensificava. Alexander gemeva, il piacere che lo travolgeva, il cazzo che pulsava senza sborrare, come Monica aveva ordinato. Il suo orgasmo la squassò, la fica che colava, il dominio assoluto.
Ciro, il napoletano, era l’ultimo, l’arroganza intatta. “Spaccami, troia, ma poi ti finisco io!” ringhiò, il cazzo spesso e scuro teso, gli occhi che sfidavano. Monica rise, spalmando gel sul suo culo con una lentezza che lo fece fremere. “Vediamo quanto reggi, Ciro,” disse, spingendo lo strap-on dentro di lui. Ciro imprecò, “Cazzo, Monica, piano!” il dolore iniziale che lo fece contorcere. Ma presto il piacere lo travolse, i gemiti in napoletano che si spezzavano, il cazzo duro che pulsava senza sborrare. Monica, trionfante, raggiunse un altro orgasmo, la fica che grondava, il profumo muschiato che saturava l’aria. Ciro, umiliato ma eccitato, mormorò: “Sei ‘na bestia, puttana,” la voce rotta.
I ragazzi, esausti, erano violati, i cazzi duri ma trattenuti, l’odore di sudore e vergogna che impregnava la stanza.
Monica, al centro del letto, era una regina del peccato: i capezzoli rosa scuro tesi come gemme, la fica depilata, rosa e lucida, che colava di sborra e umori, un invito che spezzava ogni resistenza. Con un sorriso che bruciava, ordinò ai ragazzi di avvicinarsi, orchestrando una scena surreale che li avrebbe segnati per sempre.
“Andrea, lecca Ivan,” comandò, la voce un coltello di velluto. Andrea, gli occhi verdi velati dalla stanchezza, esitò, ma Monica lo inchiodò con lo sguardo. Si inginocchiò davanti a Ivan, il cazzo del russo, ancora duro nonostante gli orgasmi precedenti, che pulsava sotto la sua lingua. Il sapore salato, misto a sudore, gli riempì la bocca, un’umiliazione che lo fece arrossire ma eccitare. Ivan gemette, il corpo teso, mentre Alexander e Ciro, spinti da Monica, si alternavano in gesti impensabili: Alexander accarezzava il cazzo di Ciro, il napoletano che rispondeva con un ghigno arrogante, “Mo’ vediamo chi comanda, troia!” Ma la sua voce tremava, il cazzo duro tradiva la sua resa. I loro gemiti si intrecciavano, un ritmo osceno che riempiva la stanza, l’odore di sudore e sesso che si intensificava. Monica, sdraiata, si toccava la fica, il suono umido delle sue dita che scivolavano dentro di sé un canto che li teneva prigionieri.
“Riempitemi,” ordinò Monica, spalancando le cosce, la fica un invito impossibile da ignorare. Andrea, il primo, si avvicinò, il cazzo dolorante, le spinte deboli dopo gli orgasmi precedenti. “Non ce la fai, vero?” lo schernì Monica, poi guardò Ivan. “Prendilo da dietro.” Ivan, la pelle chiara arrossata, obbedì, il cazzo duro che scivolava nel culo di Andrea. L’effetto fu immediato: Andrea, stimolato, esplose nella fica di Monica, la sborra calda che si mescolava al calore umido di lei, un sapore muschiato che saturava l’aria. Monica, masturbandosi con furia, urlò, l’orgasmo che la squassava, la fica che pulsava, colando sulle lenzuola.
Ivan fu il prossimo. Si spinse dentro Monica, il cazzo curvo che la sfondava, ogni affondo un suono bagnato che echeggiava. Alexander lo prese da dietro, il cazzo enorme che lo faceva gemere, e Ivan, sopraffatto, schizzò nella fica di Monica, la sborra che colava lungo le sue cosce. Monica, persa in un orgasmo continuo, rideva, il corpo che tremava di piacere. Alexander, il tedesco, prese il suo posto, il cazzo venoso che affondava nella fica grondante di Monica. Ciro, con un ringhio, “Guarda ‘sta puttana come gode,” lo inculò, il ritmo feroce che lo portava al limite. Alexander esplose, la sborra che riempiva Monica, il suo orgasmo un urlo che fece tremare le pareti.
Per Ciro, Monica mi chiamò. “Amore, aiutalo tu,” disse, il sorriso malizioso. Mi alzai, il cazzo duro come pietra, e mi posizionai dietro Ciro. “Fallo, Francesco, spaccami!” ringhiò Ciro, ancora arrogante, ma il suo corpo tremava. Lo presi con decisione, il suo culo che si stringeva attorno al mio cazzo, mentre lui scopava Monica, la sborra che schizzava nella sua fica. Monica, masturbandosi, urlò, l’orgasmo che la travolgeva, un quadro di pura lussuria, la sborra che colava da ogni buco.
I ragazzi erano distrutti, i cazzi rossi e doloranti, i corpi madidi di sudore, l’odore salato della loro resa che impregnava la stanza. Monica, insaziabile, ordinò loro di leccarla, uno dopo l’altro. Andrea iniziò, la lingua che scivolava sulla fica di Monica, il sapore muschiato della sborra mista ai suoi umori che lo travolgeva. Ivan seguì, il volto arrossato, poi Alexander, il respiro corto, e infine Ciro, che mormorò: “Porca, sei ‘na bestia,” ma leccò con avidità, il sapore che lo umiliava e lo eccitava. Monica, al centro del letto, si toccò, le dita che danzavano sulla sua fica, e con un ultimo gesto di dominio, squirtingò, un’onda calda che li investì, il liquido che scivolava sui loro corpi esausti, un marchio di sottomissione.
I ragazzi si rivestirono in silenzio, i volti arrossati, gli occhi spenti dalla fatica. Andrea, Ivan, Alexander e Ciro si voltarono verso di me mentre uscivano. “È ingiocabile,” mormorò Ciro, il suo accento napoletano spezzato, un misto di sfinimento e ammirazione. Gli altri annuirono, barcollando verso la porta. Monica, ancora vibrante, mi guardò con occhi famelici, la fica pulsante, la pelle che brillava sotto la luce. “Vieni qui, amore,” disse, pronta a continuare. Rise piano, sdraiata al centro del letto. “Tornate quando sarete pronti,” gridò ai ragazzi, mentre io mi avvicinavo, il cazzo duro, pronto a prendere il mio posto nel suo regno di fuoco.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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