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tradimenti

Amore senza limiti 1


di iltiralatte
28.06.2025    |    138    |    2 8.0
"Per poter pensare che quel “noi”, anche se sottinteso , avesse ancora un significato..."
Come tutte la mie storie pure questa è frutto esclusivo della mia fantasia per cui ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti è puramente casuale.
Capitolo 1

Il bar aveva luci opache e odore di bicchieri sciacquati in fretta.
Musica bassa, ma persistente, come una malinconia in sottofondo.
Anna era lì, vestita come se il mondo non la riguardasse più.
Parlava con qualcuno ma sembrava sola anche nelle sue parole.
Rideva ogni tanto ma senza partecipare davvero alla scena come se ogni gesto fosse concesso, non vissuto.
Luca la vide e il tempo si piegò, come un lenzuolo caduto.
Non era solo attratto: fu come se avesse finalmente riconosciuto qualcosa che non sapeva di aver sempre cercato.
Si sentì piccolo e grande, timido e temerario allo stesso tempo.
Non le si avvicinò subito.
Si sedette qualche metro più in là e ordinò una birra che non avrebbe bevuto.
La osservava non per giudicarla, ma per capire cosa lo stava smuovendo così violentemente dentro.
Più la guardava, più si convinceva che quella sera non sarebbe bastata.
Ella non cercava attenzioni ma sapeva che le avrebbe ottenute.
Quando entrava in un locale la stanza cambiava clima, anche se lei faceva finta di non accorgersene.
Anna era affascinante, sicura di sé.
Sapeva di avere un forte impatto sugli uomini, ma non ne abusava.
Li osservava, li misurava, se li lasciava scivolare addosso con l’aria di chi aveva già visto abbastanza
Non cercava attenzioni ma otteneva sguardi ovunque andasse.
Quando entrò nel locale, l’atmosfera cambiò, anche se lei finse di non accorgersene.
Fu in quello stato di apparente controllo che incontrò Luca.
L’armatura emotiva fece un microscopico clic.
Non perché lui la guardasse in modo diverso, ma perché non cercò mai di conquistarla.
Si limitò a essere presente
A vederla.
Questo la disarmò più di mille complimenti.
Da lì, qualcosa cominciò.
Non una storia, forse, ma una crepa nel ghiaccio che lei si era costruita attorno.
________________________________________
Luca non parlò.
Non si intromise.
Quando Anna entrò, Luca andò subito al bancone.
Scambiò due parole rapide col cameriere.
Un cenno, una frase appena:
— Sbaglialo tu ma non troppo.
Il cameriere annuì con mezzo sorriso complice.
Poco dopo Anna ordinò un drink.
Al suo tavolo ne giunsero due.
Uno era corretto: l’altro liscio.
Ella sollevò lo sguardo.
— Io ne ho richiesto uno solo
Era ciò che Luca stava aspettando.
Con voce imperiosa si rivolse al cameriere:
— Credo proprio che quello fosse per qualcun altro!
Lo disse senza forzare il tono.
Il cameriere finse sorpresa, poi rimosse il bicchiere con una smorfia teatrale.
Luca chiuse l’incidente con una battuta
— Lascialo qui.
— Lo berrò io.
— Ne preparerai un secondo per colui che te lo ha chiesto.
Anna rise di gusto.
Quel comportamento era diverso da quello di tutti gli altri pavoni che le facevano corona .
Decise di dargli una possibilità.
Lo guardò appena ironica:
— Ce l’hai col personale o sei un correttore ambulante?
Il tono era affabile, aperto.
Una porta socchiusa.
Luca si avvicinò, non troppo:
— Solo con coloro che sbagliano con stile.
Anna, che aveva imparato a ignorare tutto, non riuscì a ignorare lui.
Dopo essersi conosciuti si trovarono simpatici.
Non si videro ogni sera ma ogni volta, sembrava che nessun altro esistesse.
Ella parlava con lui come non parlava con nessun altro da tempo.
Rideva ma non abbassava le difese.
Lo ascoltava ma non chiedeva nulla in cambio.
Luca non domandava dove andasse quando spariva per giorni e lei non glielo spiegava.
________________________________________
Dormirono insieme una volta.
Ripeterono anche l’esperimento ma ogni mattina, Anna si alzava prima di Luca e spariva senza fare rumore.
Non c’erano promesse.
Non c’erano perché lei le avrebbe odiate, e Luca lo capì presto: così smise di pensarci a sua volta.
Si limitò a esserci quando serviva; ogni volta che lei glielo permetteva.
Tuttavia, qualcosa cresceva.
Forse non un amore, ma un’abitudine difficile da smettere.
Forse non un progetto ma un rifugio fatto di tempo condiviso.
Cominciarono a cercarsi con messaggi brevi, all’apparenza distratti, ma sotto la superficie cresceva un’urgenza sottile.
Erano ancora prudenti, ma non distanti.
Ridevano più spesso ma tra una battuta e l’altra, cominciarono ad osservarsi veramente.
C’era un momento, ogni volta, in cui il silenzio prendeva posto tra loro.
Non era imbarazzo: era un desiderio che non sapeva dove posarsi.
Si sfioravano.
Ogni gesto sembrava innocente ma durava un respiro di troppo.
Il tempo non serviva più a conoscersi ma ad intrattenersi.
Una sera Anna lasciò cadere la chiave di casa sul tavolo senza dire nulla.
Luca la raccolse con la calma di chi sa che non serve affrettarsi quando tutto, dentro, corre.
Non fu un inizio: fu una resa ma nessuno dei due la chiamò in questo modo.
Parlarono poco, e si cercarono molto.
La passione non esplose: si insinuò.
Da quel momento, nessuno dei due poté ignorarla.
________________________________________
Luca la cercava sempre più spesso.
All’inizio pensava fosse solo desiderio ora capì che era diventato bisogno.
Aspettava i suoi messaggi.
Li leggeva una volta., poi ancora ed ancora.
Anche quando dicevano solo: “piove”, “oggi male”, “passo dopo cena”.
Anna c’era ma restava sua.
Entrava nelle sue giornate senza bussare ne usciva senza salutare.
Rideva, restava, amava con la leggerezza di chi ha imparato a non appoggiarsi troppo.
Luca cominciò a domandarsi chi fossero gli altri uomini con cui usciva.
Voleva giustificare i suoi silenzi, i momenti in cui non rispondeva.
Non ne parlava ma pensava.
Ogni pensiero era un piccolo morso fastidioso.
Non le domandò mai di cambiare ma cominciò a cambiare lui.
Anna lo sapeva.
Lo capiva dal modo in cui la guardava prima fi andarsene ma non fece nulla per frenarlo.
Era lei.
Oppure non era.
Anna non mentiva mai.
Non ometteva, non camuffava.
Usciva con altri uomini e lo diceva con la naturalezza di chi non ha nulla da nascondere.
— Stasera non ci sono.
— Vado a bere qualcosa.
— Lo conoscevo da prima.
Luca annuiva.
Sorrideva persino.
Dentro, avvertiva qualcosa allentarsi ogni volta, come un nodo che non si scioglieva ma ti consumava.
Non la rimproverava: come avrebbe potuto?
Ella non gli aveva promesso niente.
Egli, però, aveva smesso di vedere altre donne già da molto tempo.
Continuarono a dormire insieme.
Continuroano a cercarsi ma il letto cominciava a sembrare un luogo affollato, anche se c’erano solo loro due.
Una sera, lei gli disse:
— Tu ci sei troppo.
Lui non rispose.
Pensò che era vero e che forse non sapeva più come esserci di meno.
________________________________________
All’inizio, Luca si disse che andava bene così: che non aveva bisogno di sapere tutto.
Che la libertà di Anna era parte di ciò che più lo affascinava di lei.
Tuttavia a volte, guardando il soffitto accanto a lei addormentata, si domandava chi altro l’avesse guardata così.
Non glielo chiese mai.
Non avrebbe saputo cosa farsene della risposta.
Rideva ancora alle sue battute.
Le scriveva prima che fosse lei a farlo e quando lei diceva:
— Torno più tardi.
lui rispondeva:
— Va bene.
Anche se questocominciava a non essere più vero.
Si aggrappava a ogni segnale, anche a quelli piccoli.
Una carezza in più.
Una sera in cui restava più a lungo con lui.
Un silenzio meno distante del solito.
Fingeva di non vedere ma la verità era che non sapeva più da che parte guardare.
Non cercava conferme.
Non ne aveva il coraggio ma da qualche giorno, aveva ricominciato a notare.
Una sera, Anna raccontò di un cinema d’essai dall’altra parte della città.
Descrisse i colori del foyer, l’odore della sala, perfino il sapore della birra ma Luca conosceva quel posto anche se non ci era mai stato assieme a lei.
Non disse nulla.
Pensò forse di aver capito male.
Qualche giorno dopo, notò una carezza automatica che Anna fece rispondendo a un messaggio.
Quel tipo di gesto che si fa quando c’è confidenza e che non si improvvisa.
Fu allora che tornò a vedere tutto più nitido.
Fu come se i vetri si fossero puliti all’improvviso, e la realtà fosse rimasta dietro loro a guardarlo negli occhi.
Infine giunse quel nominativo, comparso sul telefono mentre lei era sotto la doccia.
Un nome che non conosceva ma che lei aveva salutato poco prima con quel tono piano e caldo che usava con lui.
Non fu una rivelazione: fu una conferma di tutto ciò che aveva già smesso di negare.
Anna non gli era mai appartenuta e lui lo aveva sempre saputo ma continuare a fingere gli serviva.
Ne aveva bisogno per restare.
Per poter pensare che quel “noi”, anche se sottinteso , avesse ancora un significato.
Luca era disorientato: tutto era ancora uguale ma niente sembrava più suo.
Luca cominciò a sentirsi stanco.
Non del desiderio, non della presenza di Anna ma di tutto ciò che non poteva più chiedere.
Ogni frase detta a metà lo feriva più di una menzogna.
Ogni sera in cui lei usciva, lui restava a casa con la testa accesa come un neon rotto, lampeggiante e instabile.
Non le faceva domande ma immaginava risposte e quelle, alla lunga, lo consumavano più della realtà.
Il pensiero degli altri, di coloro che ridevano con lei, che la sfioravano, che forse la facevano sentire viva lo seguiva ovunque come un’ombra lunga, cucita al tallone.
Provò a distrarsi.
Provò a ragionare, a convincersi che l’aveva accettata così, che non era cambiato nulla ma era cambiato tutto.
Ogni gesto di Anna che prima lo faceva sorridere ora gli lasciava un sapore metallico in bocca.
Ogni notte passata con lei era un campo minato: desiderarla, sì ma sapendo di non essere più il solo: di non esserlo mai stato.
Luca cominciò a cedere.
Non nei gesti, nei pensieri.
Nel modo in cui abbassava lo sguardo prima di baciarla.

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