tradimenti

Vacanza!


di sewo
29.04.2013    |    20.275    |    1 9.5
"Poi cominciò a ritoccarmi il cazzo, ancora sporco..."
Non era stato il massimo, per me, quell’anno, prenotare una settimana di vacanza in un villaggio turistico. Non mi piacevano i villaggi turistici, odiavo le animazioni e gli animatori, ma non avevo alternativa per riposarmi da solo. Avevo scelto un villaggio dove non erano ammessi bambini ed ero determinato a non partecipare a nessuno degli spettacoli o degli sport di gruppo.

Forse perché era il mese di giugno, forse a causa della crisi economica, ma il villaggio non era strapieno e l’aria era un po’ moscia. Meglio cosi. Ero lì per riposarmi.

Prima mattinata di mare. Il mio ombrellone, il mio lettino e non molte altre persone. I più vicini, una coppia di mezza età. Lui robustino, pelato e peloso, con pancetta d’ordinanza. Lei capelli rossi mossi, bassina, cicciottella con tettone e culone debordandi. Sorrisi cortesi da vicini di obrelloni, poi immersi nelle letture. Il marito si allontanava spesso, stazionando coi piedi ammollo e lei si posizionava sul lettino, mi pareva in maniera un po’ troppo irrequieta.

Ma mi sta facendo sorrisini o è un’impressione mia? Ma poi è più vicina ai 60 che ai 50. Soda, si, ma anche con qualche traccia di cellulite. Bah!

Ma come s’è messa ora! Supina, con la testa dalla parte opposta alla mia direzione, le cosce spalancate verso di me, lo slip del costume gonfio di grandi labbra, qualche peletto che fuoriesce di lato! Ma cosa fa ora? Si aggiusta il cavallo degli slip e la sua mossa è un po’ troppo lenta, la fica si svela umida e pelosa!

Cazzo, me lo fa tirare ‘sta scema!

Si alza, indossa una maglietta stretta che le strizza ancora di più le tettone, si avvia verso il bar, facendomi una strizzatina d’occhio ammiccante.

Ma sì, che m’importa, la seguo.

La trovo appoggiata al bancone del bar, su zoccoli con i tacchi un po’ troppo alti per il mare, ma che almeno le slanciano un po’ le gambe robuste. “Posso offrire io?”. “Si, grazie”, con un sorriso a 32 denti che più ammiccante non si può. “Sono Cinzia. Ho visto che mi guardava”. Ribalta la situazione, la mignotta! “Beh, si, non mi lascia indifferente lei. Io sono Lucio”, la butto lì, “peccato che non sia da sola”. “Mio marito dici?” - è passata di botto al tu - “certi giorni non c’è”. “Ah!”. “Domani, per esempio, sta via tutto il giorno”. “E ... allora?”. Perché non vieni a prendere un caffè da me alle 10,30? Io sono nella palazzina H, n. 36”. “Va bene, verrò”.

Lei va via e a me viene voglia di andarmi a sdraiare in stanza a pensare. E lo faccio. Ma che ho combinato? Ha quarant’anni più di me, non è una modella. Che ci vado a fare? A pensarla mi arrapa, mi viene duro, da voglia di sega. E se poi, domani, non mi si drizza? Ma si, chi se ne frega, tanto dove la rivedrò mai più!

Il pomeriggio, in spiaggia, la coppia non c’è. La sera sono al ristorante, ma lei non mi degna neanche di uno sguardo. Mah! Mi sono immaginato tutto? Domani si vedrà.

L’indomani, sveglia, doccia e colazione. In sala colazione c’è solo il marito, in pantaloni e camicia, come se dovesse andar via. Mi lavo i denti. In costume e maglietta mi avvio. O la va o la spacca!

Palazzina F, G, ecco l’H. Piano rialzato, stanza 36. Busso.

Mi apre Cinzia. Sorridente, con lo stesso costume del giorno prima. La stanza è in disordine, il letto è sfatto e sul fornello la caffettiera è pronta.

Accende il fuoco e mi fa sedere sull’unica sedia libera da vestiti. Lei si siede sul letto, davanti a me e divarica le gaembe. “Era questa che guardavi?”. Lo stesso costume gonfio di grandi labbra. Mi alzo per raggiungiungerla e lei mi ricorda di spegnere il fuoco. Lo faccio e mi siedo vicino a lei. Lei gira verso di me e mi offre la bocca. Comincio a baciarla e le mie mani vanno sulla sua figa. La sento attraverso il tessuto, è carnosa come mi aspettavo e come si intravvedeva.

Era umida come la lingua con cui mi frugava la bocca; e aveva inzuppato il costume.

Io mio costume s’era gonfiato enormemente sotto la sua mano grassoccia e decisa. Me lo sfilai e le dissi: “Succhiami il cazzo, troia.!”.

Erano le parole che aspettava. Si abbassò, mi impugnò l’uccello e me lo scappellò tutto, cominciando a slinguarmi la cappella volgarmente. Voleva questo? E questo le avrei dato. Le afferrai la testa a cominciai ad usarla come quella fighe artificiali che vendono nei sexy-shop. Per masturbarmi. “Puttana, ti piace la minchia! Com’è, tuo marito non te ne da?”.

Si liberò dalla mia presa, si spogliò nuda e si buttò sul letto a cosce aperte: “Chiavami, chiavami!”. Mi piazzai fra le sue gambe, la infilati con un solo colpo e cominciai a sfondarla.

Cazzo come reggeva i colpi! Era larga, slabbrata, ma così vacca! Il suo viso godeva a bocca aperta. E fu istintivo farle colare dentro un filo di saliva. Accettava tutto, la puttana!

Accetti tutto, mi dissi? E proviamo. Le sfilari il cazzo dalla sorca e glielo puntati, da davanti stesso, sul buco del culo. Si mosse per agevolarmi quello che stavo facendo. Che budello caldo accolse la nerchia! Pochi colpi e non riuscii più a trattenermi; tanto lei era venuta non so più quante volte. Mi scaricari dentro di lei, tutto. E poi mi buttai sul letto ansimante.

Cinzia si mise in ginocchio vicino a me. Non era bona per nulla, ma era arrapante. Si prese le mammelle con le mani e me le mise in bocca. “Insalivamele!”. Me le passava sulla lingua e la mia saliva le bagnava tutte. Poi cominciò a ritoccarmi il cazzo, ancora sporco. “Me lo vado a lavare”, dissi. “E che bisogno c’è?”. Si mise a 69 su di me e mi prese la minchia umida di seme e di culo in bocca, piazzandomi la sua figa davanti al viso. Figa sudata, piena di umori e sapori e la sua bocca a ventosa che mi rivatilizza il cazzo. Non ero mai riuscito, in passato, a infilare la lingua tutta dentro una vagina. Era un’esperienza eccitante e mi arrapai ancora. Mi impugnai il cazzo e sentivo il calore della bocca calda dentro la quale me lo menavo. “Tieni altra sborra, troia!”, e me ne venni mentre lei leccava avida.

Mi alzai e andai a lavarmi. “Mi sei piaciuta. Ci sarà modo di rivedersi?”. “Chissà!”, mi rispose ammiccante.
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