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nei panni di anna


di morso_selvaggio
04.04.2019    |    15.482    |    5 7.1
"Per quanto adori la carbonara, un uomo che la cucina ad una donna al primo appuntamento non mi da l’idea che mi voglia portare a letto, poi aggiungici il..."
Quando ho conosciuto Andrea ero uscita da poco da una straziante relazione con un uomo sposato, egoista, insicuro, prepotente, stronzo; il classico maritino insoddisfatto della vita matrimoniale, di una moglie bigotta e bruttina, ancorato ai clichè della famiglia classica italiana… LA MOGLIE SANTA E L’AMANTE LIBERTINA, o più semplicemente TROIA. Lui con me (non scrivo il nome perché non è rilevante in questa storia) trovò terreno fertile, INNAMORATA, PIACENTE, LASCIVA. Quando la mattina poteva veniva a casa mia, mi scopava per dieci minuti e se ne andava al lavoro; poi tornava dalla mogliettina a fare il bravo maritino e paparino. Davanti ai miei pianti e ai miei bisogni di attenzione mi ripeteva “ho un mutuo da pagare, dipendo economicamente da mia moglie (XXXXXX) ho due figli che amo e soffrirebbero tantissimo se dovessi lasciare XXXXXXX”; già peccato che anche io ho un figlio che amo e che ha sofferto per la mia separazione dal mio ex marito (avvenuta perché ho conosciuto lui) ma, a quanto pare nel suo mondo fatto di apparenze e bugie, esistevano figli e figliastri.
Dopo due anni di questo strazio aiutata dalla mia carissima amica Laura (mamma e psicologa) ho iniziato a fatica a riprendere in mano la mia vita. Primo passo, lasciare immediatamente Lui e smetterla di essere un’amante insoddisfatta, tessere una nuova tela di rapporti sociali, nuove amicizie, nuovi posti, nuove attività da fare insieme a mio figlio e passare (dopo che mio figlio si era addormentato) alcune serate in chat. E fu proprio in una di queste serate passate in chat, durante le vacanze estive, che conobbi prima Fabrizio e qualche giorno dopo Paolo. Due tipi interessanti, Fabrizio, romano, più solare e socievole, Paolo, fiorentino, più cupo e introverso. Quest’ultimo aveva un modo di fare rassicurante, molti interessi in comune e, cosa che all’epoca mi colpì tantissimo, durante le nostre chattate, diventate poi dopo, pochissimo tempo telefonate, non parlava mai di sesso. Contemporaneamente Fabrizio mi cercava, ma, sinceramente, stavo già, inconsapevolmente e inconsciamente, scegliendo Paolo.
Con un pizzico di incoscienza decisi di incontrare Paolo a Firenze, biglietti del treno fatti in un baleno e a metà agosto da stazione Termini partì direzione Santa Maria Novella. Andrea era lì ad aspettarmi, bello ed acceso in viso.
Un breve giro per Firenze e poco dopo eravamo a casa sua per pranzo. Appena entrati in casa si fermò, si voltò verso di me e, spingendomi appena verso la porta, mi baciò lentamente, con passione, con la lingua piena e voluttuosa esplorava la mia bocca, scendeva sul collo mandandomi in estasi e con le dita esplorava la mia intimità, completamente piena di umori. Preso da un raptus quasi improvviso e con il volto trasformato dalla cupidigia mi porto, con foga, verso il tavolo della cucina, mi aiutò a sdraiarmici sopra e, dopo avermi alzato il vestitino estivo e scostato il perizoma, guardandomi negli occhi, sentì la sua passione tra le mie gambe, un nodoso e nerboruto pezzo di carne era dentro di me, si muoveva come un serpente impazzito, spingeva, si ritraeva, saettava, con le sue dita tra le labbra e una mano che mi palpava il seno, sentì una forza misteriosa impadronirsi di me, i muscoli si contrassero, elettricità si stava accumulando per poi scaricarsi in tutto il mio corpo, tra grida di piacere e contrazioni spasmodiche. Andrea mi guardo sorridendo, estrasse la sua erezione sorridendo senza venire, ritirò su i pantaloni ricomponendosi e accarezzandomi mi chiese “Ti vanno per pranzo Due spaghettini al pomodoro ?”. Quel primo week end passato con Andrea fu passato praticamente a letto, tre giorni carichi di sesso e amore.
Tornata a Roma la mia vita proseguiva tra incertezze e sicurezza, riguardo ad Andrea stava crescendo dentro di me un sentimento vicino all’amore, lo sentivo e ne ero sicura, non avevo la certezza di questo crescendo, l’insicurezza di buttarmi a capofitto in una storia che stavo sentendo seria.
Più sentivo crescere in me il desiderio di vivere andrea dentro e fuori dal letto, e più elucubravo sulla sensatezza di questa relazione. “Cazzo Anna” mi dicevo, “sono pochi mesi che sei uscita quasi indenne da una storia tormentata e già ti stai ributtando a capofitto in una relazione. Che ne sai di lui, cosa pensi che stia facendo adesso”. Queste erano le domande che mi rocckavano e rollavano in testa e i consigli di Laura erano serviti a far si, che durante i miei pensieri, riuscissi a estraniarmi dal mio corpo e vedermi in terza persona, riuscendo così a essere più obbiettiva e imparziale. Con lei parlavo e mi confrontavo spesso davanti a un caffè e lei mi ascoltava, incuriosita quando il mio parlare toccava argomenti più piccanti e infarcendo a sua volta i nostri discorsi con le sue esperienze più o meno ardite, e le sue esperienze ardite non tralasciavano mai nulla all’immaginazione, da quanto erano dettagliate ed esaustive. Parlavo sovente con Andrea delle sue “allegre serate” e notavo, tra l’eccitata e lo scocciato, che non ne era affatto indifferente e ben presto, Laura entrò nelle nostre fantasie durante le nostre cavalcate notturne e non.
Dopo circa un mesetto , un giorno, tra lavoro, elucubrazioni di cui sopra, figli e lavatrici, mi arriva un messaggio da parte di Fabrizio, un semplicissimo “ciao sei sparita….?”. Tra il serio e il faceto, risposi a quel messaggio e questi messaggi si protrassero per un paio di settimane, passavo un po’ di tempo, parlando del più e del meno, divertita leggevo i sui inviti più o meno espliciti, rispondendo sempre con una certa ironia, spesso ritraendomi quando la chiacchierata prendeva una piega troppo osè, ma senza mai chiudere completamente la porta e soprattutto, senza mai parlare a Fabrizio della mia relazione; in fin dei conti era un mesetto che frequentavo Andrea e non ci eravamo giurati né amore, né tantomeno amore eterno.
Capitano giorni diversi dagli altri, un po’ per tristezza, un po’ per noia, un po’ perché le cose non vanno come vorresti, un po’ per i litigi con l’ex marito sulla gestione dei figli, un po’ per discussioni con i genitori, insomma tutti abbiamo delle giornate in cui, per nessun motivo o forse per tanti motivi messi insieme, sei particolarmente sconfortata, dare un calcio a tutto e tutti e hai voglia di metterti a sedere con le braccia conserte e di dire “uff… che palle!!”.
Quel giorno capitò un venerdì di metà settembre, andrea non poteva scendere a Roma perché l’indomani sarebbe andato a Lucca a vedere con una sua amica il concerto dei Rolling Stones e quel venerdì, davanti all’ennesimo invito di Fabrizio, tra rabbia e gelosia, decisi di accettare l’invito a cena a casa sua. “’Sti cazzi”, mi dissi, “in fin dei conti non faccio niente di male, Paolo è con la sua amica, o amichetta, mio figlio è con suo padre e io devo stare qui chiusa in casa”. Accettai quell’invito, e andai a casa di Fabrizio con l’intento di conoscere una persona che comunque non mi era del tutto indifferente e passare una tranquilla serata, senza il pensiero di far chissà cosa e senza minimamente pensare al sesso. La prima impressione fu piuttosto positiva, un uomo piuttosto piacente, garbato nei modi, ma anche piuttosto scontato e poi, poi i suoi libri e i suoi cd parlavano un po’ di lui e per lui, In bella mostra in libreria Federico Moccia, Luciana Littizzetto, Luca Bianchini, qualche cd di Baglioni, di Ramazzotti e degli 883, arredamento nelle intenzioni chic ma con forti tinte kitsch. Fabrizio era comunque molto gentile, e quello che cucinò mi rassicurò molto sulle sue intenzioni, una semplice carbonara. Per quanto adori la carbonara, un uomo che la cucina ad una donna al primo appuntamento non mi da l’idea che mi voglia portare a letto, poi aggiungici il guanciale non croccante e l’uovo cotto come una frittata fanno il resto. La chiaccherata a tavola… questa poi è bella, un enorme monologo sul suo lavoro, sulla ex moglie e sulla sua moto, in due parole… “DUE PALLE”. Il vino no, quello mi ricordo che era buono, non mi ricordo cosa era, ma era delizioso. Un po’ il vino, un po’ la grappa dopocena e un po’ una canna sul balcone allentarono di parecchio i miei freni inibitori e senza rendermi quasi conto di come successe, mi ritrovai a letto con lui. Adesso, mentre scrivo, mi viene da sorridere, a volte tre parole possono rendere benissimo l’idea, se con “VENI VIDI VICI” Cesare descriveva la sua schiacciante vittoria, con “ENTRO ESCO VENGO” io, Anna, descrivo il sesso di Fabrizio.
A quella sera seguì qualche altro messaggio, in cui ringraziavo Fabrizio per la serata (in fin dei conti non sempre è necessario dire la verità), rinunciando garbatamente ad altri inviti che cessarono del tutto quando gli scrissi che frequentavo una persona e che insieme ci stavo bene. Di quel venerdì mi dimenticai ben presto, se ne stette lì, perso tra i gruppi wats app di scuola e calcio, perso tra i messaggi delle mie amiche e di Andrea. Una serata senza amore, senza passione, con una carbonara scotta e con del sesso sbrigativo e indolore, lasciandomi solo con un prurito vaginale che riuscì a soddisfare, in parte, soltanto a casa da sola, e lì sarebbe rimasto, se…. Se andrea, dopo qualche mese, approfittando del mio sonno pesante e del cellulare in carica in cucina, non decise di prenderlo e di guardarci dentro, venendo a conoscenza del tradimento.
Pur capendo tutta la situazione Andrea si arrabbiò moltissimo e, citando De Andrè ci furono “ giornate furibonde senza atti d’amore, senza calma di vento, solo passaggi, passaggi e passaggi di tempo”, per poi tornare ai “giorni di finestre adornate e canti di stagione”; insomma dopo qualche giornata turbolenta il tutto si sistemò, le ultime parole sulla questione le disse andrea sorridendo con quel fare beffardo, sornione e scherzoso di cui mi sono perdutamente innamorata “Ricordati Anna che quel che è fatto è reso”.
Le nostre vite continuavano in piena armonia, io pian piano conobbi le amicizie di Andrea e lui le mia, pur non vedendoci tutti i giorni, lui è di Firenze e io di Roma, il nostro percorso di coppia si stava cimentando, tra fiducia e progetti comuni. Il nostro sesso era un crescendo, giocavamo, sperimentavamo , scopavamo e facevamo l’amore, qualche mia amica o qualche sua amica entravano ogni tanto nelle nostre fantasie, quando non ci vedevamo passavamo le nottate al telefono masturbandoci, eravamo una coppia felice.
Pian piano il fetish entrò nei nostri pomeriggi birichini, e un sabato romano ero sdraiata sotto di lui, vestita soltanto con lingerie in latex, autoreggenti e sandali con tacco dodici, a gustarmi le sue attenzioni, le sue carezze e i suoi baci, le sue dita che esploravano i miei pertugi, la sua lingua sulla mia schiena. Avevo gli occhi chiusi e brividi che mi portavano a dire basta, oscenamente fradicia e colante tra le cosce. Arrivò un messaggio sul suo cellulare, non ci feci caso, persa come ero nel mio godimento. Andrea si alzò e mi fece alzare, continuando a baciarmi, inginocchiato tra le mie gambe aperte continuava a leccarmi, portandomi al limite del piacere, per poi fermarsi e ricominciare a succhiare una vera tortura. Si fermò guardandomi, andò verso il cassetto prendendo quattro fascette da elettricista e una mascherina, mi coprì gli occhi e dopo avermi fatto sedere sulla sedia della camera, mi immobilizzò mani e piedi. Si inginocchiò nuovamente davanti a me e riprese a prestarmi attenzioni nella mia intimità con la sua lingua ed ancora una volta si fermò quando ero vicinissima all’orgasmo. Da qui in poi ho dei ricordi confusi e confusionari, Andrea che si alza, mette su un cd dei Cure ad alto volume (Disintegration credo) ed esce dalla stanza per poi tornare qualche minuto dopo.
“Cosa è successo amore?”
“Niente, sono andato a bere”
Togliendomi la benda e lasciandomi sempre legata Andrea si sdraiò sul tappeto sopra al pavimento, poco distante dalla sedia, aveva un’erezione veramente importante, lui nudo in penombra con la sua virilità in evidenza.
“Ma cosa vuoi fare?” chiesi sorridendo
“Aspetta!” rispose scappellandosi lentamente
Qualche secondo dopo quelle parole, dette con tono di voce più alta, la porta della camera si aprì e da quel momento gli occhi mi si bagnarono di lacrime, che iniziarono a scendere percorrendo il mio volto. Si udivano per un frangente solo i miei singhiozzi e i tacchi delle scarpe di Laura (la mia amica psicologa e troia) che percorrevano la stanza. Tra i miei più bassi epiteti che rivolgevo ai due, Laura si inginocchiò davanti ad Andrea, ancora vestita nel suo elegante Tailleur, leccandogli lo scroto e guardandomi, la sua fellatio si fece più audace, la lingua percorreva l’asta del mio uomo, si soffermava sulla sua cappella sputandoci sopra per poi risucchiare con la bocca la sua saliva e per poi far sparire tutto nella sua famelica bocca.
Laura si alzò tra le mie grida e si avvicinò a me, mi accarezzò e mi baciò, costringendomi con le dita ad aprire la bocca e infilandoci (si, proprio infilandoci) dentro la sua lingua salivosa.
“Ti piace l’odore del tuo uomo nella mia bocca”, mi chiese con scherno
“Sei una schifosa”, risposi e lei, guardandomi con fare sprezzante iniziò a liberarsi dei vestiti, mimando un goffo spogliarello, sotto le note di “Prayers for rain”.
Una volta nuda, tornò a deliziare Andrea con la lingua, quel palo di carne che conoscevo benissimo e che tanto amavo era scomparso nella sua bocca, potevo intravedere a intervalli di pochi secondi la cappella che riappariva, per poi scomparire nuovamente e riapparire; quel pompino fatto con tanto ingiustificato disprezzo nei miei confronti era una continua coltellata. Zeus punì Prometeo inviando un’ aquila che gli dilaniasse il cuore e gli mangiasse il fegato; Laura attraverso quel rapporto orale consumato davanti a me era la mia aquila, non ho altre immagini per poter raccontare quello che stavo provando. La bocca di Laura lasciò il membro di Andrea, e senza dire una parola ma guardandomi andò a cavalcioni sopra il suo volto, facendosi rendere da Andrea, il mio uomo, le attenzioni orali che fino a qualche secondo prima gli aveva riservato. La sua lingua era scomparsa nella folta vulva di Laura, che si dimenava, sopra il suo volto, toccandosi il clitoride e il seno. I movimenti di Laura aumentarono, le sue dita si fecero più veloci e strabuzzando gli occhi, roteando la testa , accompagnata da un fortissimo grido gutturale, un’enorme squirtata inondò il volto di Andrea e il tappeto. Riprendendosi un attimo e respirando forte si alzò dalla faccia del mio uomo, e baciandolo gli disse guardandomi, non potrò mai dimenticare quelle parole, “Sai di fica”.
Se fino a quel momento Andrea aveva avuto un atteggiamento passivo, quelle oscene parole, gli detterò l’impulso per prendere in mano la situazione. Si alzò e con fare deciso posizionò Laura sotto di lui, sdraiata sul pavimento e prendendosi il membro tra le mani la penetrò tralasciando gentilezza e buone maniere. Si muoveva sopra di lei, con le mani di Laura a cingergli e i glutei, incitandolo a spingere e continuando in quella che era, ( le smorfie e le grida voluttuose di laura non possono smentirmi) la migliore scopata della sua vita. Un nuovo orgasmo sconquassò il corpo di Laura, famelica e rapace guardò Andrea gridandogli, ancora. Si posizionò a quattro zampe, fu presa per i fianchi e Andrea la sodomizzò selvaggiamente, entrava e usciva dentro di lei, mettendo a dura prova l’esperto orifizio della mia amica psicologa, che dal canto suo era deliziata e godeva come una grottesca matrona. Dopo un tempo per me interminabile e indefinibile, tempo trascorso tra grida, pianti, suppliche affinchè la smettessero, Andrea uscì da lei, si alzò in piedi e menandosi l’asta riversò il suo sperma nella bocca di Laura che si era inginocchiata. Laura né sputò né inghiotti il nettare, ma come ultimo gesto di scherno e disprezzo, si avvicinò a me e forzandomi ad aprire la bocca, riversò dentro lo sperma del mio uomo insieme alla sua saliva, obbligandomi a deglutire.
La disperazione e l’angoscia si erano impossessate di me, piangevo disperata, Laura si rivestì lentamente e senza dirmi una parola se ne andò, non prima di aver dato una tenue carezza e un leggero bacio ad Andrea.
Sudato e con il respiro accelerato mi liberò dalle fascette . Con le lacrime agli occhi lo schiaffeggiai più volte con tutta la forza e la rabbia che avevo in corpo, corsi poi in bagno chiudendomi dentro per riuscire dopo un paio di ore senza più lacrime. Andrea era li, in piedi davanti alla porta, scalzo, con un paio di Jeans che dovevano aver visto mille battaglie e una maglietta nera raffigurante la copertina di London Calling dei Clash. Mi baciò dolcemente, e mi lasciai baciare inebetita, mi guardò e mi disse sottovoce "Quel che è fatto è reso, Ti Amo".
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