tradimenti
Lussuria Matura - 04.La festa in piscina

22.06.2025 |
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"Le pareti della fica si strinsero intorno all’asta, lo sperma che iniziava a gonfiarsi dentro di lui..."
Il sole di Roma picchiava implacabile, trasformando la festa estiva degli Antonelli in una distesa di corpi abbronzati, risate sguaiate e bicchieri di prosecco che si svuotavano con la stessa velocità del ghiaccio che si scioglieva nei secchi. Priscilla, distesa su un lettino di vimini, sentiva l’alcol scenderle nelle vene come un fiume incandescente. Il pareo dorato, ormai scivolato fino alla vita, rivelava le cosce abbronzate, lucide di olio solare, mentre il bikini nero si sforzava invano di contenere il seno pesante. Marco, suo marito, era a dieci metri, perso in una discussione su investimenti immobiliari con un gruppo di amici d’affari. Non l’aveva degnata di uno sguardo da quando erano arrivati. Priscilla non si preoccupava: aveva ormai imparato che, superati i quaranta, il sesso era l’unico lusso che non si svalutava.I suoi occhi si posarono su Luca Antonelli, il figlio ventenne dei padroni di casa. Alto, snello, con un corpo che il costume aderente non riusciva a nascondere del tutto, si muoveva tra gli ospiti con una goffaggine che lo faceva sembrare ancora un adolescente. Ma Priscilla non cercava tenerezza. Quello che le interessava era il modo in cui lo sguardo di lui le scivolava addosso ogni volta che si voltava: le gambe, il seno, le labbra che si chiudevano attorno al calice di Aperol Spritz.
Si alzò, il pareo che cadde a terra senza che lei sembrasse accorgersene. Si avviò verso il bar, le ragazze che si scansarono senza badarle. Luca era di spalle, intento a versare un Margarita. Quando si chinò per prendere una bottiglia d’acqua, il bikini si allentò: il reggiseno scivolò giù, esponendo per un attimo il capezzolo sinistro, lucido di sudore. Il ragazzo si bloccò, il bicchiere che traboccò, il liquido verde che colava sul pavimento di mattonelle.
«Oops,» sussurrò Priscilla, senza voltarsi. «Forse ho bevuto troppo.»
Lui deglutì, il pomo d’Adamo che saltellava. Le mani tremavano attorno al bicchiere. Priscilla sapeva di averlo in pugno. Non per la goffaggine, non per l’inesperienza. Era per il modo in cui il cazzo gli si induriva sotto il costume, per il respiro che si faceva affannoso.
Dopo il quinto bicchiere, il calore le invase la testa. Le tempie pulsavano, la bocca era secca nonostante l’alcol, e la fica, sotto il bikini, era bagnata da ore. Si alzò, barcollando leggermente con il pareo tenuto a malapena da una mano, e si avvicinò a Luca, che stava sistemando i vassoi vuoti.
«Scusami,» disse, la voce roca. «Puoi mostrarmi dov’è il bagno?»
Lui annuì, incapace di parlare. Priscilla lo seguì, il profumo di agrumi e tabacco che le riempiva le narici. Il corridoio che portava al bagno era deserto, gli ospiti troppo presi dal prosecco e dalle risate per allontanarsi. Quando raggiunsero la porta, Priscilla la spinse, lasciando Luca fuori. Dentro, si guardò allo specchio: il viso arrossato, gli occhi lucidi, il pareo ormai completamente aperto. Le mutandine del bikini scivolarono giù, liberando i peli folti e biondi del pube. Aprì il rubinetto, l’acqua che scorreva a mascherare qualsiasi rumore, e poi gridò: «Luca? Puoi venire un attimo? Non trovo la carta igienica!»
Lui entrò, il viso teso. Priscilla era lì, china sul lavandino, il culo sodo e nudo in bella mostra con le mutandine alle caviglie. «Mi daresti una mano ad asciugarmi?» chiese, indicando il pacco vuoto.
Luca le porse la carta, presa da un pensile, con le mani tremanti. Priscilla rise, barcollando, e lo prese per il polso, guidando la mano verso la fica bagnata. «Così…» mormorò, mordendogli un orecchio. La lingua scivolò sul collo, le labbra che succhiavano la pelle sensibile. Le dita di Luca iniziarono a muoversi, esitanti, ma Priscilla lo guidò. «Più forte, più in fondo. Sono così bagnata...»
Il ragazzo obbedì, e quando sentì Priscilla gemere piano, il cazzo gli si era mai indurito fino a diventare una roccia. Lei lo spinse contro la porta, abbassandogli il costume con un gesto deciso. Il membro saltò fuori, grosso e pulsante, la cappella con una goccia di liquido che brillava sotto la luce del sole che filtrava dal vetro smerigliato. La donna lo afferrò e abbassandosi gli diede una lunga leccata, la lingua che si avvolgeva intorno all’asta.
«Hai proprio un bel cazzo» lo lodò segandolo lentamente «ma adesso fammi montare in sella» ordinò, spingendolo sul pavimento.
Priscilla, scalzato il costume, si mise a cavalcioni su di lui, il cazzo che le sfiorava la fica gonfia. Lo guidò dentro di sé, con un unico movimento fluido. Luca gemette, la testa che sbatteva contro il muro, ma Priscilla gli strinse i capelli, seppellendogli la faccia fra i seni. Le spinte iniziarono lente, i fianchi che oscillavano in cerchi sinuosi. Il cazzo affondava, scivolando nella fica bagnata, mentre le tette di Priscilla ballavano libere, i capezzoli duri che sfioravano il viso di Luca. Il ragazzo le leccava, le mordeva, come un affamato.
«Così…» ansimò Priscilla, inarcandosi. «Fai sentire a questa fica vecchia che sei un uomo.»
Le spinte si fecero più rapide, i fianchi che sbattevano con forza. Priscilla si chinò, baciandolo con foga, la lingua che gli invase la bocca. Le unghie, dipinte di nero, gli graffiarono la schiena, lasciando segni rossi che il sole avrebbe cancellato entro sera. Luca non riusciva a credere che stava scopando con la moglie di un amico di suo padre. La fica matura lo serrava come una morsa, il calore che gli faceva girare la testa. Il cazzo, quando affondò fino alla base, urtò un punto che la fece fremere. Priscilla strinse i muscoli interni, strizzando il cazzo del giovane, quasi volesse mungerlo.
Luca le afferrò i fianchi, il cazzo che pompava dentro di lei con un ritmo che non sapeva di poter controllare. Non c’erano parole, solo i suoni lascivi di un amplesso, lo schiocco del culo di Priscilla sulle cosce del ragazzo, La donna impegnata in un selvaggio saliscendi, non si preoccupava di urlare. Si mordeva il labbro inferiore, stringendo forte le spalle del suo giovane amante. Era una mappa di sensazioni che non aveva bisogno di suoni per essere compresa.
Il cazzo, quando lo sentì pulsare, lo strinse ancora più forte. Non voleva che finisse. Voleva sentirsi piena, vuota, e di nuovo piena. Con la bocca a divorare uno dei suoi seni, Luca gemette quando venne, fiottando sperma che le inondò la fica, caldo e viscido. Priscilla contrasse la fica ancora una volta, trattenendo ogni goccia, mentre il cazzo rimaneva ben piantato dentro di lei, e raggiunse il proprio piacere singhiozzando con il corpo che si contraeva in spasmi violenti.
Si riprese in fretta anche se con qualche difficoltà. L’ebbrezza alcolica era scemata, ma gli spasmi dell’orgasmo la facevano ancora fremere. Si tirò su facendo forza sulle spalle del giovane, liberando dalle grinfie della sua passera soddisfatta il giovane uccello esausto e lucido di umori. Rivestitasi congedò per primo il ragazzo a cui dovette tirare su il costume tanto era imbambolato, non prima di essersi fatta giurare il suo silenzio con un lungo bacio carico di promesse. Ritornò poi alla festa come nulla fosse, fresca come una rosa, raggiungendo il fianco del marito che del tutto ignaro le posò un bacio sul capo per poi tornare a parlare di lavoro. A Priscilla non importava, aveva già ottenuto quello che le serviva, almeno per quella sera.
Due giorni dopo La villa dei Antonelli, amici di Milano anche loro a Roma in quel periodo, era immersa nel silenzio del pomeriggio quando Priscilla parcheggiò la macchina. Le persiane chiuse filtravano appena la luce di luglio, e l’aria sapeva di chiuso, di polvere e di quel residuo di profumo di limone con cui le donne di servizio pulivano i pavimenti. Luca l’aspettava in salotto, seduto su un divano di pelle scura, le gambe aperte, i pantaloncini corti che non riuscivano a nascondere la protuberanza sotto. Non appena la vide, si alzò di scatto, il viso arrossato.
«Sei venuta,» disse, la voce eccitata.
Priscilla non rispose. Si tolse gli occhiali da sole, lo squadrò dalla testa ai piedi. Lui era esattamente come lo ricordava: spigoli troppo netti, spalle strette, quel modo di muoversi come se i propri gesti fossero sempre un errore. Ma c’era qualcosa di diverso. Il suo sguardo non era più quello dell’adolescente imbarazzato che aveva perso il controllo al bar della festa. C’era una determinazione che la innervosì. Era venuta a mettere un freno alle aspettative del giovane, che non si sa come aveva ottenuto il suo numero e nelle ultime ventiquattro non aveva fatto che subissarla di messaggi.
«Dovevo parlarti,» esordì lei, incrociando le braccia. «Quello che è successo l’altra sera… è stato uno sbaglio. Non deve ripetersi.»
Luca rise, ma era una risata forzata. «Uno sbaglio?» Si avvicinò, il passo incerto. «Tu hai goduto. L’ho sentito.» Le mani gli tremavano lungo i fianchi. «E non sei stata tu a iniziare?»
Priscilla strinse i denti. Il ragazzo aveva ragione, ma non poteva permetterglielo. «Sei un illuso,» lo liquidò, voltandosi verso la finestra. «Pensi che una donna sposata come me giochi con i ragazzini?»
Luca le fu addosso prima che potesse reagire. Le prese un braccio, non con violenza ma con una forza che non si aspettava. «Non sono un ragazzino.» La sua voce si fece più bassa, più roca. «E tu lo sai.»
Le dita gli stringevano il polso, e Priscilla sentì il proprio corpo traditore rispondere al contatto. I capezzoli si indurirono sotto la stoffa leggera del vestito estivo, e il calore le salì al viso.
«Lasciami,» disse, ma il tono non era più di comando. Era una richiesta.
Luca non lo notò o finse di non notarlo. Le scostò i capelli dal collo, le labbra che le sfiorarono la pelle. «Mi hai fatto impazzire,» mormorò, il fiato corto. «Da quella sera non riesco a pensare ad altro.»
Priscilla lo spinse via, ma il movimento fu più una scusa che un reale tentativo di allontanarlo. Si trovò con la schiena contro il muro, la stoffa del vestito che si appiccicava al corpo sudato. Luca la fissava, il petto che si alzava e abbassava a scaglie, e improvvisamente il suo sguardo tornò a essere quello del ragazzo spaesato che aveva visto al bar.
«Mi dispiace,» balbettò lui, arretrando di un passo. «Non volevo… non sono come quei messaggi. È che… non so come chiederti…»
Ecco. Era di nuovo in suo potere. Priscilla si concesse un sorriso interiore, mentre posava una mano delicata sul petto del ragazzo. «Cosa vuoi, Luca?» chiese, abbassando il tono della voce fino a renderlo una carezza.
Lui deglutì, gli occhi che le scivolavano sulle gambe. «Voglio… rifarlo.» Le parole uscirono in un’unica boccata, come se avesse paura di perderle se le pronunciava piano. «Ma non così. Voglio… stare con te.»
Priscilla rise. Non era la risposta che si aspettava, e forse nemmeno quella che meritava. «Stare con me?» Si chinò, il seno che gli sfiorò la camicia. «Pensi di averne il diritto? Hai idea di quanto sia vecchia la fica che ti ha scopato l’altra sera? Di quanta esperienza ho più di te?»
Luca non rispose. Le sue mani, però, le salirono sui fianchi, incerte, quasi avessero paura di romperla. Il vestito si sollevò, e lui vide che non aveva le mutandine, la fica già umida. Le dita si irrigidirono, il respiro che si fermò.
«Hai paura, vero?» Priscilla gli slacciò il pantaloncino, la stoffa che scivolava giù a rivelare il cazzo eretto, ancora chiuso nel costume aderente. Era duro, caldo, La pelle era tesa, il glande lucido, le vene che sporgevano come radici secche. «Hai paura di non essere all’altezza. Di non sapere come farmi godere davvero.»
Luca non parlò. Le sue mani si mossero, però, a cercare il lembo del vestito, a sollevarlo fino alla vita. Priscilla lo lasciò fare, ma fu lei a guidare il suo cazzo fuori dal costume, a stringerglielo con la mano. «Sei ancora un illuso?» chiese, accarezzandogli il glande con il pollice. «Pensi che mandarmi messaggi stupidi ti abbia reso un uomo?»
Le libero i seni con gesti frenetici, un pollice che le sfiorò un capezzolo. La pelle si indurì, ma non era per il tocco. Era per il modo in cui lui aveva osato. La donna si appoggiò al bordo del grande tavolo.«Baciami» sussurrò, spingendogli la testa verso il basso. «Baciami. Ma non le tette.»
La bocca di lui scese, la lingua che tracciava una scia lungo l’addome. Quando arrivò al pube, labbra si aprirono su una piega della fica, il respiro che le accarezzava la carne. «Leccami» disse, affondandogli le dita nei capelli. «Fammi godere.»
Luca leccò un’altra volta, più deciso. «Sai di…» ansimò, il naso che affondava tra le pieghe. «Di sale e alcol.»
«Sono solo una puttana assetata,» lo corresse Priscilla, spingendogli la testa più in basso. «E tu sei un coglioncello che si crede un uomo.»
Luca sussultò, per il ricordo. Di quando, in bagno, il suo cazzo era esploso dentro di lei, di come lei aveva contratto la fica attorno al suo cazzo, di come l’aveva fatta godere. «Con te… volevo sentire di nuovo quel calore. Quella fica che si strizza attorno a me.»
Priscilla sorrise. Non era paura, quella che Luca provava. Era desiderio puro, sconnesso dalla realtà. E lei ne approfittò. Lo spinse sul divano, il corpo che schiacciò i cuscini. «Io non ho bisogno di preghiere o ricatti. Io ho bisogno di qualcuno che sappia usare il cazzo.»
«Mi vuoi?» chiese retorica quando la lingua di lui le leccò il collo e scese fino alla clavicola. «Dimostramelo» sussurrò, guidandogli il cazzo verso l’ingresso della fica. «Fammi sentire se sai soddisfare una donna.»
Le spinte iniziarono come un movimento goffo, un tentativo di imitare quel poco che aveva visto nei porno. Priscilla lo corresse, afferrandogli il culo per spingerlo più a fondo, per fargli sentire il calore della sua fica, l’odore muschiato che si mescolava al sudore. «Così,» ansimò, il clitoride che pulsava contro il pube di Luca.
Lui spinse, l’asta che si aprì un varco con una forza che la fece sibilare. «Così?» grugnì, affondando fino alla base. «O vuoi di più?»
«Di più!» disse, le mani che gli artigliavano la schiena. «Fammi capire che non sei solo un coglioncello con la sega facile.»
Le spinte si fecero violente, il tavolo che le schiacciava la schiena. Luca non era più goffo. Il membro si muoveva con una precisione crudele, il glande che sbatteva contro un punto dentro di lei che le strappò un urlo.
«Ahh...oddio...sto per sborrare» disse, le mani che strinsero i seni.
«No, resisti!» ansimò Priscilla, il culo che si muoveva al ritmo dell’asta.
Il ritmo accelerò. Le palle di lui schiaffeggiavano le natiche, il letto che non c’era, il tavolo che sostituiva ogni appoggio. «Sì…» mugolò, il cazzo che le scivolava dentro con un suono viscido. «Così, bravo.» Il giovane entrava e usciva, in un ritmo furioso. «Ti piace?» chiese, mordendole un seno. «Sono ancora un ragazzino?»
«Sei uno stallone! Bravo, così! Fottimi!» sibilò lei, una gamba piegata a stringerlo a sé. «Uno giovane stallone per me...ahhh»
Quando l’orgasmo la colpì, fu come un’esplosione. Le pareti della fica si strinsero intorno all’asta, lo sperma che iniziava a gonfiarsi dentro di lui. «Non ancora!» ordinò, graffiandogli i fianchi. «Resisti, non venire ancora!» Luca si irrigidì, l’asta che pulsava, ma non si fermò. Continuò a chiavarla mentre era scossa dal piacere. Il bacino che si muoveva con più forza, il cazzo che affondava fino alle palle. Le tette di lei che ballavano libere.
Quando le scosse dell’orgasmo si furono placate, Priscilla gli si inginocchiò davanti, nuda salvo i sandali. Si infilò il membro in gola, la lingua che girava attorno alla vena. Le mani di Luca si mossero ad afferrarle la testa ma lei lo schiaffeggiò senza smettere di sbocchinarlo.
Le labbra si strinsero, il glande che si gonfiava, Quando l’asta si irrigidì, la bocca lo prese a fondo, il suono del sesso che si mescolava al respiro corto. «Cazzo…» sussurrò Luca, il fiato corto. «Cazzo… cazzo…» La sborra ormai incontrollabile eruttò nella boca della donna, che lo strinse a quasi a stritolarlo mentre ingoiava.
«Ahhhgh» ansimò lui, svuotandosi a fiotti, le mani strette a pugno.
Priscilla continuò a spremerlo, segandolo con una mano, massaggiandogli la sacca dei testicoli con l’altra.
Non una goccia fu sfuggita, quando soddisfatta liberò l’uccello di Luca.
Il ragazzo, che a malapena si reggeva in piedi, la guardo rivestirsi come se nulla fosse, nudo in mezzo al salone. Dove lei lo lasciò, dopo una breve strizzata al pisello a mo’ di un saluto quasi affettuoso.
Luca la richiamò, lo sguardo confuso. «Però… tu sei venuta.»
«Il piacere è una cosa» rispose lei, sistemando il vestito, sulla porta «Ma non confondere desiderio con devozione.»
Quando uscì, il sole stava tramontando, e il telefono vibrò nella borsa. Luca aveva già ricominciato a mandarle messaggi. "Per favore, insegnami."
Priscilla cancellò il messaggio senza rispondere. Sapeva che non sarebbe finita lì. Sapeva che Luca non si sarebbe arreso. Ma sapeva anche che quel cazzo giovane sarebbe rimasto un suo giocattolo per molto tempo. Il ruolo dominante non le dispiaceva, tanto per cambiare. Ben presto però, avrebbe imparato che le conseguenze prima o poi arrivano a presentare il conto per tutti.
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