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GENOVA-PALERMO - Un pezzo di vita, tutto cominciò da quella traversata.


di ilmassaggiatore1
03.12.2017    |    8.596    |    4 8.9
"Si mise sottobraccio premendomi il seno morbido contro il braccio, “Vieni andiamo sederci, ho lasciato la giacca di proposito”, afferrammo i bichieroni con..."
GENOVA-PALERMO - Un pezzo di vita, tutto cominciò da quella traversata.
Imbarcato e preso possesso della cabina, si erano fatte le 20:00, mi avviai subito verso la sala ristorante prima che arrivasse il grosso dei passeggeri.
Mi accomodai su un tavolo laterale con le spalle alla finestra, in modo da avere sott'occhio tutta la sala.
Arrivò la ragazza a prendere la comande, ordinai cocktail di gamberi e per secondo un insalata di polpo, acqua naturale. Mi ringraziò con un sorriso e se ne andò. Mentre la seguivo con lo sguardo valutandole il culo, arrivò una coppia, a mio vedere, molto eterogenea.
Lei, sui 40/45, alta sul metro e 70, con un paio di adidas fucsia, fasciata in un paio di jeans elasticizzati che le modellavano le coscie ben tornite ed un culo che rasentava la perfezione, pancia piatta da sedicenne, sopra una polo, coordinata con le scarpe fucsia.
Da come le ballonzolava il seno, ad ogni passo, minimo una quarta, intuii che sotto la polo fosse senza reggiseno, capelli lisci meschati, alle spalle.
Lui con minimo una decina di anni in più ed una decina di centimetri in meno, in sandali e bermuda, con camicione paramilitare a maniche rimboccate, capelli lunghi, più sul bianco che sul brizzolato, con marsupio da turista, sotto la pancia.
Battibeccarono un po' su dove sedersi: “Quì sì, la no, un po' più quà, un po' più là, qui c'è lo spiffero del condizionatore, là c'è il corridoio...”. Alla fine spazientita e risoluta decise lei, per il tavolo di fronte il mio. Lui di spalle e lei di fronte a me, con il testone di lui ad oscurarmi la visuale.
Mi stavo chiedendo cosa potesse accomunarli, quando arrivò la ragazza con il mio cocktail di gamberi, me lo servì sempre sorridendo e passò con i menù al loro tavolo.
Lei, seppi dopo, dai loro dialoghi, chiamarsi Valeria, non lo prese neanche, si scosto leggermente con la sedia sul suo lato destro, allungò il collo, sbirciò sul mio tavolo, mi fissò con i suoi occhi azzurro cielo, mi sparò un sorriso che a momenti si alza pure il tavolo con l'erezione procuratami ed ordinò anche lei cocktail di gamberi.
“Per secondo signora?”, “Lo stesso del signore di fronte, mi sembra il tipo di cui potersi fidare” e mi risorrise. Lui, Arturo, nel frattempo si era ripassato due volte il menù e cadde su una caprese.
Nel frattempo, io non avevo la sedia, ero su una panca imbottita che correva lungo tutta la parete, scivolai gradualmente alla mia sinistra, , in modo di avere la visuale libera su più di metà del suo corpo. Cominciava ad intrigarmi.
Cominciai, lentamente a cenare, cercando di non farmi notare ogni tanto sbirciavo nella sua direzione ed ogni volta incrociavo il suo sguardo su di me.
Ero arrivato a metà del mio cocktail di gamberi che tornò la ragazza e servì anche loro. Pensai, “forse adesso riesco a studiarmela senza dare troppo nell'occhio”, non fù così.
Non mi toglieva gli occhi di dosso neanche mentre cenava, al che misi da parte le remore e cominciai a fissarla anche io.
Ogni tanto mi sorrideva, le fissai volutamente le tette, mi accorsi che non aveva più i capezzoli, al loro posto erano spuntate due nocciole tanto era grossi e premevano sulla polo. Lei se ne accorse, mi sorrise e mi fece spallucce, dopo si passò la lingua due volte sul labbro superiore pulendolo dalla salsa rosa.
Il pitone tra le gambe era già in agitazione.
Rivolta a lui: ”Arturino, dopo cena porti tu il piccino a fare una passegiata sul ponte”, non era una domanda, era un ordine, “Io vi aspetto nelle poltrone del bar” e mi rifissò dritto negli occhi. Per un attimo mi raffreddai pensando, “se c'è anche un piccolino, la vedo dura”, però, perchè mi faceva sapere che l'avrei trovata al bar? Non capivo. “Si Valeria, vado io amore, riposati pure”
Nonostante la mia lentezza, finii di cenare prima, mi alzai e sempre con gli occhi uno nell'altra accennai un inchino. “Arturino ho proprio fatto bene a fidarmi di quel signore, l'insalata di polpo è squisita”, raccolsi la mia copia della comande e mi diressi alla cassa, da qui notai che ancora mi stava fissando.
Decisi che doveva essere mia, anche se il pensiero del “piccolino” mi preoccupava non poco, una doccia mi avrebbe fatto solo bene e mi diressi alla mia cabina.
Quando tornai giù erano quasi le 22:00, entrando nel salone bar, la vidi subito seduta su un divanetto d'angolo, anche lei si era cambiata, aveva sandaletto mezzo tacco, una gonna di jeans sopra al ginocchio, ed una camicetta raso/seta, insomma lucida, sempre senza reggiseno. Appena mi vide lasciò la giacchetta jeans sul tavolo e si incamminò verso la fila alla cassa, sculettando e con le tette ballonzolanti, passò davanti due camionisti che stavano sbavando, seduti nel tavolo opposto. Mi precipitai anche io verso la fila della cassa per starle subito dietro, tenevo una mano in tasca per contenere l'erezione mostruosa in atto, avevo il cazzo a non più di tre centimetri da quel culo e speravo che qualcuno dietro in fila mi spintonasse. Ero assorto in questo pensiero quando un ragazzo davanti a lei, gentilmente le propose di passare avanti, rifiutò, il ragazzo insistette e lei accettò.
Ordinò, pagò, prese lo scontrino e si diresse al banco, lanciandomi il solito sorriso rizzaminchia. Arrivato di fronte la cassiera, truccatissima e carica di bijoutterie varie, sporgendomi vero di lei le strizzai l'occhio e... “Lo stesso della signora di prima”, accennò una smorfia, “Granatina di caffè”, “Ecco quella...” replicai.
Pagai e mentre ritiravo il resto questa si sporse in avanti e sottovoce strizzandomi l'occhio: “Bel paraculo, se ti manda in bianco, smonto alle 23:30”. Sorrisi, ricambiai l'occhiolino e mi diressi al bancone.
Giuntovi, allungai lo scontrino al banconista, poggiai il gomito al banco, attaccato al suo, subito attaccai anche la spalla, “Piacere Valeria, io sono Paolo”, le sorrisi, distolsi lo sguardo dal suo e lo feci scivolare in mezzo alle tette sin dove era sbottonata la camicia. Poggiò il bicchierone sul banco e si slacciò altri due bottoni, poi si sporse verso me permettendomi di vedere un capezzolone turgido quasi nero, mi sfiorò l'orecchio con le labbra e sussurrò: “Bene Paolo, il piacere, vorrei fosse anche mio e tanto...”. Il cazzo ebbe un impennata degna di un missile della NASA, ruotai leggermente il corpo e glielo poggiai premendoglielo sull'anca, socchiuse gli occhi e si rileccò le labbra.
“La seconda granatina al caffè, servito signore”, Valeria sorrise e mi guardò stupita, “Anche tu mi sembri una signora di cui potersi fidare” e ricambiai il sorriso imboccando la cannuccia. Si mise sottobraccio premendomi il seno morbido contro il braccio, “Vieni andiamo sederci, ho lasciato la giacca di proposito”, afferrammo i bichieroni con la cannuccia e ci andammo a sedere, fianco a fianco al tavolino con il divanetto d'angolo. Mi raccontò che il marito per farsi perdonare la stava portando in viaggio con il camper per una vacanza di un mesetto in sicilia . Nel frattempo la sua mano sotto il tavolino mi stava masturbando da sopra i pantaloni e la mia la stava carezzando l'interno del ginocchio sino a dove arrivava la gonna.
“Scusa, perchè devi perdonare tuo marito, cosa ha combinato?”, sorrise, si poggiò la giacca sulle gambe aprendole sin dove le permetteva la gonna e la mia mano avanzò, “Era da più di un anno che non mi cercava più, mi trovava sempre delle scuse, pensai che avesse un amante e cominciai a tenerlo d'occhio, sinchè un mesetto fa, l'ho beccato nel nostro letto che si faceva inculare dal giardiniere egiziano”. “Eèhchecazzo!!!” esclamai, mi ripoggio le labbra all'orecchio e sussurrò: “Se permetti questo lo dico io, con quello che sento sotto la mano!!!”. Tra la strizzata che mi diede, le sue labbra nell'orecchio, la vista di quel capezzolone che sembrava dicesse mordimi, la sensazione che mi trasmetteva il polpastrello del mio medio, che anchilossato, era arrivato a sfiorarle la peluria umida e le labbra della fica che avrà avuto una temperatura minima di 60°C, il cazzo mi si intostò ancor di più. “Vieni andiamo nella mia cabina”, cominciando a ricomporsi mi fa: “No, andiamo nella mia, con il frocetto non ho ancora finito”.
Strada facendo mi raccontò che lì per lì, presa dalla rabbia e dallo sgomento avrebbe voluto lasciarlo subito e chiedere il divorzio, invece calmatasi ed a mente fredda, aveva deciso, essendo lui remissivo oltre che benestante, che l'avrebbe punito rendendo lei la sua Regina e lui il suo schiavo devoto ed era già a buon punto. Amanti del mare, avevano organizzato quella vacanza in sicilia, in cerca di un po' di sole caldo e qualche caliente picciotto che le spolverasse la ragnatele.
“Ma sono felice di averlo trovato ancor prima di partire!”
“Giusto, hai fatto bene, anche per il bambino”, mi sorrise stupita, “Che bambino?”, “Il piccino che sta passeggiando sul ponte”, “Ha ha ha, ma no! Che hai capito? Piccino è il nostro Chihuahua”. Per tutto il tragitto, lungo i corridoi, mi trattenni dal baciarla, perchè sarebbe andata a finire che avremmo scopato li per terra sulla moquette dei corridoi, ma non resistetti dal palparle il culo per tutto il tragitto.
Appena entrati, la spinsi contro la porta tenendola inchiodata col cazzo che le premeva sul pube, le piantai la lingua in gola, che prontamente fù quasi risucchiata, mentre, sbottonata del tutto la camicetta, finalmente potevo massaggiarle quel seno morbido carezzando quei capezzoloni favolosi, mentre le nostre lingue si annodavano in un vortice. Slacciai la gonna e gliela feci scivolare ai piedi, con un piede la calciò via, mi inginocchiai e lei poggiandomi una gamba sulla spalla, spinse in fuori il pube offrendomelo, spostai gli slip e cominciai a baciarla a fior di labbra, scorrendo con le dita tra la peluria, le scorrevo la lingua tra le labbra scurissime come i capezzoli, dal buco sino al clitoride turgido e lo succhiavo. Era bollente, le infilai due dita ed andai a cercarle il punto G, lo trovai bello gonfio e rugoso, le mordicchiai il clitoride un paio di volte e venne gemendo e mordendosi le labbra, mi piantò le unghie sulle spalle, estrassi le dita e cominciai a spingergliele su per il culo mentre mi riempivo la bocca del suo frutto del godimento.
Picchiettarono alla porta “Vale, tesoro, sono io mi fai entrare?”, “Levati dalle palle Arturo, non ho finito, vai a fare un altro giro, non ho ancora cominciato”.
Sempre con le due dita piantate nel culo, mi slacciò i pantaloni lasciandoli scivolare, si piegò e soppesandomi le palle, si imboccò la minchia, che in quel momento era dura come il titanio. Cominciai a sditalinarle il culo e si dimenava sbavandomi tutto il cazzo, Stavo impazzendo per scoparla, la feci sedere sul letto, con i piedi per terra, poi le sollevai le gambe e la stesi con la schiena sul letto, cominciai a strusciarle la cappella tra le labbra fradicie le schiaffeggiavo il clitoride e ritornavo tra le labbra sino a che puntai il buco, entrai con la cappella e mi fermai a guardarla nella sua espressione beata con gli occhi socchiusi. Cominciai ad entrare lentamente, la sentivo stretta, ma continuai a spingere inesorabilmente in quella figa calda e fradicia, tenendole le gambe per aria dalle caviglie, arrivai a sentire l'utero, aprì gli occhi, “Ti sento nella pancia, tutto dentro, è bellissimo, sono tutta aperta come non m-a-a-a-a-iiiii” a quel punto sentii un ondata di calore che mi avvolgeva tutto il cazzo e le sue contrazioni che me lo mungevano. “No, non sono tutto dentro” e le diedi altre due botte sino a farle sbattere le palle sul cullo. “Siiiii dai scopami, scopami così, così...”. Cominciai a pomparla lentamente per tutta la lunghezza della minchia, la sentivo sempre più fradicia, anche se stretta, le scivolavo dentro con facilità. “Mammamiaaa, ti sento la cappella che mi accarezza tutta dentro, pulsa e mi riempie, attento non venirmi dentro, sono ancora feconda, vienimi fuori”, stavo pensando di venirle in bocca, quando ribussarono.
“Valeria, tesoro, piccino mi si è addormentato in braccio...”, lei stava rispondendo, le portai la mano alla bocca, mi sfilai ed andai ad aprire con la mazza in presentarmi, spalancata la porta Arturo sgranò gli occhi, “Ohooo! Quanta roba!”, l'afferrai per un braccio e lo trascinai dentro, “Entra e metti li a cuccia, sdraiati vicino la cesta di piccino e non fiatare”, guardai Valeria e mi strizzò l'occhio. Tornai da lei, la misi a pecora sul letto, l'afferai per le anche e ricominciai a stantufarle la figa con poderosi colpi da farle sobbalzare le tette penzoloni. Mugolando mordeva il cuscino per non urlare, mi fermai ben piantato dentro, le reinfilai le dita nel culo e cominciò a dimenarsi scopandomi ad ogni movimento, “Mi piace la tua cappella che mi rivolta tutto dentro, mmmmhhhh, sono venuta ancora”. Le diedi altre quattro botte alla selvaggia, lo estrassi, puntai il culo e zacc, “Uhuuuuhhhh, nooo, siiii, haaahh”, si trovo con mezza minchia nel culo e ricominciò a dimenarlo, a quel punto le eruttai dentro tutta la sborra accumulata in tutta la sera.
“Arturoooooo, guardaa! Tu non l'hai mai fattoooo. Questo è un Uomo che sa possedere una Femmina”. La stavo carezzando i fianchi, Arturo allungò il collo sgranando di nuovo gli occhi, “Non so cosa darei per essere al posto tuo!”, Lei: “Arturo, torna a cuccia, non sei degno di un cazzo simile”.
Mi sdraiai sul letto a riprendere fiato, Valeria, mi venne sopra e mi piantò la lingua in bocca, aderendo con il suo a tutto il mio corpo. Mi slinguava il collo, le orecchie, gli occhi, “Mi piace anche il tuo sapore”, cominciò a carezzarmi con le tette morbide ed i capezzoli duri, ogni cmq del mio corpo, tanto bastò per essere di nuovo in tiro da far paura, quando arrivò all'inguine, lo trovò pronto per una bella spagnola con bacio in punta, che eseguì con vera maestria.
Vi venne da urinare, mi alzai per andare in bagno, Arturo allungò una mano per toccarmelo e “Cccciafff”, si beccò uno schiaffo sul dorso della mano che lo sentirono in sala motori, “Che cazzo fai stronzo, vuoi toccare? Non ci pensare neanche, questo è della Regina, non per le checche”, Valeria applaudì, finito mi lavai e tornai sul letto da Valeria che riprese da dove si era interrotta, non prima di averlo riportato in tiro con una meravigliosa pompa.
“Vieni, ti voglio scopare come una Regina”, la stesi sul letto e mi posizionai in mezzo alle sue gambe premendole il cazzo sull'inguine, lei alzò le gambe e mi cinse dietro incrociando i piedi, le strusciai il cazzo in mezzo la figa e scivolai dentro come nel burro caldo, “Mi sta-a-a-aii facendo impazzire, mi sento piena di te, mi fai sentire femmina, lo senti come mi sono allagata li sotto?”, “Non solo lo sento, ma è mia intenzione riempirti ancor di più” e con un colpo di reni lo spinsi ancora dentro da farle sentire le palle battere sul culo. “Ma non dovresti usare il profilattico per scopare mia moglie”, “Arturo, non rompere il cazzo, tua moglie me la scopo, come meglio pare a me ed a lei, se non la smetti vengo li e ti prendo a sberle col cazzo”, Valeria mi abbraccio più forte, e mi premette sulle natiche con i talloni, “Scopami, scopami come meglio ti pare, adesso sono tua, non sua”, ripresi a pomparla, ora lentamente, ora selvaggiamente con colpi rapidi e decisi, sinchè sentii che stavo riesplodendo, restai piantato dentro sino alle palle pressandole l'utero ed esplosi tutto il piacere che avevo dentro, “Hoooooosssì, eccoti, si cosìiiiii, adesso sono veramente piena di teeeee, g-g-g-o-o-o-oooodooooo”, “Eeeeeecomi, thò, thò, thò, tieni, tieni, tutto quello che lo stronzo non riesce a darti”. Mentre mi stringeva con le braccia e con le gambe, “Paolo sei magnifico, restiamo così abbracciati come una cosa sola ancora un po', vorrei rivederti, che non sia una scopata di una notte, dal primo momento che ti ho visto ho sentito il sangue ribollire”. “Anche a me piacerebbe tanto rivederti, sia durante questa vacanza che quando tornerete su a Modena”.
Ci salutammo, la mattina dopo, mentre facevamo colazione insieme, mi informarono del loro itinerario, volevano fare il periplo dell'isola in senso antiorario, concordammo che appena mi sarei liberato dagli impegni di lavoro, mi sarei preso una vacanza insieme a loro raggiungendoli dove si trovavano per proseguire insieme. Dopo nel ponte garage prima dello sbarco, avevano proprio un gran bel camper (Cartagho serie c-line) dove, mentre Arturo si preparava allo sbarco, ci salutammo con Valeria una veloce slimonata a base di succhiate di capezzoli e di minchia. Sbarcammo e ci dividemmo, sino a che restammo in vista Valeria continuò a seguirmi con lo sguardo ed a sorridermi.
Continua...
Questa sarebbe la prima parte, ma non publicherò il seguito di questa parte di vita.
E' troppo lunga e frammentarla in capitoli sarebbe come sminuirla. Per questo motivo, la parte integrale verrà inviata in PDF a chi, mi fornirà la propria mail, richiedendola espressamente.
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