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Il Vestito Rosso - seconda parte


di lungwolf
04.06.2018    |    3.584    |    0 8.3
"Ti sembrò per un attimo di sentire la mano di lui forzarti le cosce fino a raggiungere le labbra gonfie e aperte..."
Sul pianerottolo nessuno (o Dio, fa che non incontri nessuno per le scale!). Chiudesti la porta mettendo le chiavi sotto lo stuoino (nelle istruzioni non si parlava di borsa) e infilasti le scale alla massima velocità che i tacchi ti consentivano.
Quando uscisti in strada il sole quasi ti accecò, ancora alto e potente. L'afa ti respinse indietro come un enorme sudata. Con passi indecisi ti avviasti alla fermata, lo sguardo dritto avanti a te per la paura di incrociare altri occhi. La fermata era lontana, in fondo al viale. Davanti a te una vecchia si trascinava aggrappata alla sua borsa. Passandoti accanto quasi ti sfiorò, ma forse non ti vide nemmeno e continuò per il suo andare col capo basso, il collo piegato dagli anni e dal caldo. Tu invece procedevi sfrontata, nuda, bella dei tuoi ventiquattro anni, eretta sul busto, le anche oscillanti a ogni passo, il rumore dei tacchi ovattato dall'asfalto liquido del marciapiede. Dietro di te una macchina sopraggiungeva, il motore che girava piano e la ventola che girava impazzita. La macchina ti seguiva passo per passo lungo il marciapiede sgombro. La sentivi già da un pezzo e ti sembrava di avvertire gli sguardi che si poggiavano pesantemente sulle natiche dritte e le carezzavano oscenamente. Non avevi il coraggio di girarti e continuavi nel tuo incedere oscillante col sudore che ti rigava le tempie. Poi i due si affiancarono, giovanissimi (avranno preso la macchina di papà!), guardandoti il corpo sfacciatamente. Quello più vicino ti si rivolse attraverso il finestrino abbassato: "Ciao bella bambolina! Dove vai con questo caldo? Vuoi un passaggio? Dai, sali!". Banale, pensasti. Ma mentre pensavi la macchina accostò ancora e quello che ti aveva parlato, tirandosi un po’ sù, ti mostrò il membro duro e la mano che lo scorreva sù e giù, poi disse: "Ho il cazzo duro bambolina. Perché non ti fermi e vieni a succhiarmelo?". Rimanesti stupita, le guance arrossate, le mani tremanti, senza sapere cosa rispondere. Ma tenevi lo sguardo fisso sul pene gonfio di lui, senza riuscire a girare la testa (dai, fermati, infilati in bocca quel bell’uccello! Sono due, sono giovani, possono mettertelo dentro chissà quante volte! Volevi giocare, no? Allora gioca!). Vacillasti un attimo mentre la mano di lui accellerava il ritmo: "Avvicinati, fammela toccare, ce l'hai bagnata, eh? Guardami ho il cazzo che mi scoppia!". E tu ipnotizzata glielo guardavi e sentivi il miele caldo colare giù fra le cosce che si sfregavano ad ogni passo. La mano ora era velocissima, gli vedesti chiaramente dilatare il glande, vomitando sperma attraverso il finestrino, fino sul selciato bollente della strada. Cominciasti a correre giù per il viale, a rischio di romperti una caviglia, seguita dalle risate sguaiate dei due ragazzi. Col petto ansimante, vedevi finalmente la fermata avvicinarsi e (terra, terra!) sotto il palo della fermata la figura di un uomo di mezza età, ben vestito, che diventava sempre più grande man mano che ti avvicinavi. Ti voltasti un attimo, la macchina non c'era più. Rallentasti prima della fermata, riassumendo pian piano il tuo passo regolare, e vi arrivasti col fiato grosso e il corpo fradicio. Mentre ti appoggiavi a un albero, ti accorgesti che lui ti guardava (e che pretendi, cretina, che si giri dall'altra parte? Sei conciata come una puttana!) insistente, osservava le gambe lucide, il vestito inzuppato, i capelli sudati che a ciocche si incollavano sul viso e sul collo. Abbassasti il capo, gli occhi fissi sulle scarpe di vernice, il seno che si alzava e si abbassava frenetico. Chiudesti gli occhi e di colpo ti vedesti chinata, la testa dentro il finestrino dell'auto, mentre con una mano sui testicoli spalancavi la bocca su quel membro violaceo. Ti sembrò per un attimo di sentire la mano di lui forzarti le cosce fino a raggiungere le labbra gonfie e aperte. Ti sembrò di sentire le dita di lui penetrarti con forza, facendoti gemere. Con gli occhi sempre chiusi, passasti la lingua sulle labbra aride, mentre sentivi la vagina sciogliersi di qualcosa molto simile al piacere. Provavi piacere e insieme vergogna, una sensazione mai conosciuta finora che ti pungeva la schiena come un vestito di spilli.
Forse un colpo di tosse dell'uomo, o forse perché i sogni prima o poi finiscono sempre, riapristi gli occhi mentre lui ti guardava ancora. Evitasti il suo sguardo. Respirando forte col naso potevi sentire il tuo sudore acre (ma sei completamente zuppa, tesoro!) aggredirti i sensi mescolandosi al profumo intenso che le tue cosce spandevano nell'aria.
Tornare indietro, a casa, infilarsi sotto la doccia gelida, dimenticare tutto (dimenticare cosa? Una semplice masturbazione mentale per giunta nemmeno conclusa? E' tutto qui quello che sai fare?!). Sarebbe stato facile, bastava volerlo (ma tu non vuoi, tu vuoi sapere cosa c'e' dopo, vero? Quant'è che non ti lasci andare, che non fai una cazzata? Forse non ti sei mai lasciata veramente andare! Oh, di certo con lui, troppa poca fantasia! Non vuoi sapere quali sono i tuoi limiti ? Quanto sei veramente in grado di giocare?!).
Arrivò il tram con un rumore di freni che ti ferì gli orecchi e ti frustò il corpo facendoti sussultare. Senza pensare salisti i gradini, lasciandoti inghiottire dal mostro che ti avrebbe portato chissà dove. Sul tram, a parte l'autista, non c'era nessuno. Rimanesti in piedi davanti al finestrino per sentire un poco d' aria correrti sul viso e sui capelli appiccicosi. L'uomo, salito dopo di te, la borsa appoggiata a terra, stava più indietro, a circa un metro. L'autobus partì veloce per le strade vuote e liquide di quella maledetta città d'agosto, mentre tu protendevi i seni a cercare il contatto con il ferro liscio e fresco del corrimano. La mano dell'uomo, improvvisa, ti si poggiò sulle natiche e dopo una rapida carezza ne afferrò una stringendola con un vigore che ti sorprese. Il primo istinto fu di girarti e assestargli un bel ceffone sul viso, ma nell'attimo stesso in cui ti staccavi dal corrimano pensasti: "E se questo fosse parte del gioco? Se lui fosse, come me, una pedina di questo assurdo gioco partorito dalla mente di un pazzo?". La mano ti ricadde sul ferro stringendolo. Lui aveva allentato la presa e adesso ti carezzava lentamente il sedere, ne percorreva tutta la rotondità, si soffermava fra le natiche, la dove eri oscenamente bagnata, costringendoti a divaricare leggermente le gambe per fargli posto. Poi scese fra le cosce e subito risalì fino alla fessura umida, riempiendosi la mano morbida e ben curata del tuo pube turgido. Con le punta di due dita trovò il clitoride e lo strinse strappandoti un gemito. Ti accorgesti di avere ora le gambe aperte e la schiena arcuata, il sedere ben proteso all'indietro. Ti infilò un dito fra le labbra caldissime e cominciò a farlo correre dentro e fuori con lentezza mentre, appoggiato alla tua coscia, ti premeva contro il membro rigido sotto la stoffa dei pantaloni. Poi aprì la cerniera e lo tirò fuori poggiandolo sulla tua mano che scendeva giù come morta lungo il fianco. Senza esitazione lo prendesti (mio Dio, ma che sto facendo!) e lo percorresti tutto da cima a fondo. Era un membro piccolo, bollente, duro. Intanto lui continuava a penetrarti, adesso con due dita, sempre con lo stesso ritmo blando, infinito. Tu iniziasti a scorrere su e giù la pelle del pene con piccoli movimenti nervosi, sempre più veloce. Ti voltasti appena per riuscire a guardarlo, viso gentile, forse cinquanta anni, baffi ben curati, nessun sorriso, gli occhi come due fessure piantati nei tuoi. Ti leccavi le labbra mentre acceleravi il movimento della mano, pregando mentalmente che lui facesse altrettanto, la testa appoggiata sul vetro del finestrino, gli occhi serrati, i capezzoli durissimi. Poi lui ti sollevò appena il vestito fino a mettere a nudo la vagina, si spostò appena verso di te e tu sentisti il tuo sperma bollente bagnarti i peli del pube e poi l'anca e la coscia. Te lo tolse di mano, il tempo di capire e di girare la testa, che lui era già davanti alla portiera e scendeva per strada. Ti saresti messa a urlare, mentre due lacrime di rabbia scendevano a rigarti le guance (ti ha lasciato a mezzo, eh porca?! Ci avevi preso gusto, eh? Avresti voluto pisciare tutto il tuo piacere, vero bambolina?!). Si, era vero. Eri a un passo, un piccolissimo passo dall'orgasmo, la schiena percorsa da brividi, i muscoli delle cosce tirati fino a farti male, i capezzoli lividi. E lui ti aveva mollato lì! Si era servito di te, aveva fatto il suo porco comodo e poi se ne era andato senza dire niente, lasciandoti come una prostituta (e non ti ha nemmeno pagata, cretina!). Non sai quanto tempo passò prima di poterti calmare, quanta aria nei capelli e sul viso, quanto di quel fiato caldo che, attraverso il finestrino, la città ti alitava contro. Guardavi fuori le strade deserte e le case scorrere via, le saracinesche abbassate dei negozi come tanti denti serrati di una bocca enorme. Sembrava quasi che la città digrignasse per il caldo insopportabile. Ti soffermasti a guardare il tuo corpo, le braccia erano lucide, così come il collo, il seno, il ventre, le anche, le natiche, tutto era fradicio sotto al vestito che da rosso era diventato di un porpora scuro a chiazze, la dove si incollava alla pelle. Fra le gambe i tuoi umori si stavano rapidamente coagulando, incollando le cosce a ogni minimo movimento. E puzzavi, si, adesso puzzavi di acre sudore, di sigaretta, di ore non dormite, di sesso fatto e di sesso subito. Ti sentivi un animale in corsa, sporca fuori e dentro (hai l'anima nera della perversione, bambina, perché non vuoi ammetterlo!). Come in un film, ti passavano davanti agli occhi le immagini dei ragazzi in macchina, dell'uomo sull'autobus e ti sembrava di sentire odore di uomo tutto intorno a te, sapore di uomo nella tua bocca, respiro di uomo nelle tue orecchie. Di nuovo un fremito caldo ti percorse tutta (sei ancora eccitata! perché non vai dall'autista, glielo tiri fuori e glielo succhi fino a farlo venire duro? Oppure scendi dal tram e ti metti a gridare: "C'è nessuno in questa città di finocchi che abbia voglia di sbattersi questa bella fighetta giovane stretta stretta?! Forza bastardi, venite a leccarmela che mi va a fuoco!!!). La voce rauca dentro di te era sempre più volgare e prepotente, mentre ti avvinghiavi al palo dell'autobus premendo il pube contro il ferro, vibrando ad ogni scossone della vettura.

Quasi non ti accorgesti della piazza. "Apra, apra prego!", scendesti e ti guardasti intorno. Qua e là poche persone tagliavano la strada larga a fatica, con strane traiettorie, seguendo l'ombra dei palazzi, accelerando nelle zone assolate per poi riprendere il passo lento non appena raggiunta l'ombra successiva.
Nessuno badava a te. Ti incamminasti, secondo le istruzioni, lungo la via grande e lussuosa, distraendoti un attimo con le vetrine dei negozi più raffinati della città. Poi voltasti a destra come ti era stato detto. La strada adesso era più stretta, fiancheggiata da palazzi patrizi di fine secolo, austeri e signorili. In fondo già intravedevi il vicolo che avresti dovuto imboccare, stretto, un po’ buio fra le case alte, l'angolo del muro rovinato dal tempo. Il cuore accelerò mentre il passo rallentava e mille dubbi e paure e brividi ti assalivano... (cosa sto facendo, questa è pura follia! Cosa ci sarà li dentro, lì dove finiscono le istruzioni? E' così facile sparire in una città di agosto! Chi mi cercherebbe? Né i miei né lui, per almeno un mese! E poi lui chissà che fa, se mi pensa, chissà quante altre ne ha conosciute e quante ne conoscerà! E poi lui non è tipo che sappia resistere troppo alle tentazioni... sono una pazza, se mi infilo là dentro sono una pazza!), (Si, sei una pazza, ma non lo sei mai stata in vita tua, cretina! Mai un salto nel vuoto! La famiglia, il lavoro, il ragazzo giusto, tutto organizzato alla perfezione... avanti signori, si parte, i nostri tour sono i migliori, niente è lasciato al caso, se avete un problema non preoccupatevi, ve lo risolviamo noi, la vostra vita sarà la più tranquilla costante e noiose delle vite! Che palle, bimba! Buttati! Buttati a capofitto in quell'imbuto nero! Tutto può esserci, inferno, paradiso, persino altra noia, ma qualsiasi cosa sia vale la pena di provare quello che stai provando!!! Hai spine in tutto il corpo, bimba! Ti manca il respiro, ti senti le reni contratte e il buco del culo stretto stretto, vero cara? Senti come questo brivido bollente ti scorre addosso! Sembra un enorme lumaca che ti lascia la sua bava sulle tette, sul ventre! Senti come ti riempie la fica, bambolina! Lasciala entrare nella tua fica borghese e vai avanti! Avanti! Avanti!!!). L'urlo dentro di te ti fece vacillare, ti appoggiasti al muro per un attimo, a respirare. Poi, strusciando l'intonaco con la spalla nuda, proseguisti col passo sempre più incerto e gli occhi fissi sul vicolo buio, ad ogni passo più vicino e temibile. Eri all'ultimo portone, poi la strada a destra e poi...
Dal ventre buio e impenetrabile del portone delle mani ti afferrarono, (quante erano?) una ti premette la bocca, un braccio forte ti cinse la vita snella, una altra mano ti bloccava il braccio. Apparentemente senza il minimo sforzo, fosti trascinata nell'oscurità del portone. Impossibile descrivere quello che provasti in quell'attimo. Volevi urlare ma non ti veniva concesso, provasti a mordere ma inutilmente, a divincolare il corpo da quella presa d'acciaio senza ottenere neanche il più insignificante risultato. Eri bloccata, innegabilmente bloccata, potevi a malapena muovere la gamba sinistra. Tentasti di scalciare, ma senza grande convinzione, con la conseguenza di perdere la scarpa lasciandola nell'oscurità. I tuoi occhi, prima accecati dalla luce, cominciavano adesso a distinguere il contorno di qualcosa. Come illuminati da lampi nel buio, ti apparirono per un attimo il profilo di una grande scala in pietra che saliva chissà dove e il perimetro di quello che credevi un androne, ma che in realtà era un cortile stretto, sormontato da un patio. (Sarà questo il gioco, bambina? Oppure hai ficcato la testa nel sacco? Adesso non puoi tirarti indietro, non dipende più da te, cara! Adesso sei tu il gioco nelle mani dei giocattolai e possono fare quello che vogliono, anche romperti in mille pezzi come bambini annoiati, magari solo per vedere come sei fatta dentro! Curiosità, che male c'è?!
Quanti sono, gioia? Non li vedi? Due cinque cento? Che t'importa, sei nel gioco, no? Adesso puoi finalmente scoprire cosa c'è dopo! Abbandonati carina, cosa lotti a fare, tanto tu sei il giocattolo e loro i giocattolai! Ti hanno costruito per il loro divertimento! Tu non esisti più, sei loro!!!).
Sentivi sul collo il fiato caldo di quello (quelli?) che ti teneva stretta a se per i fianchi, ne sentivi il corpo massiccio dietro la schiena. Ne avvertivi il calore, il sudore che andava mischiandosi al tuo. Potevi sentire il suo torace nudo, i peli che ti graffiavano la pelle, mentre con il sedere e le gambe avvertivi il contatto ruvido della stoffa dei pantaloni. Adesso avevi entrambe le braccia libere ma non riuscivi a trovare la concentrazione necessaria per articolarle in qualche modo sensato, tanto che le lasciavi cadere giù pesantissime. L'altro (o gli altri?) davanti a te continuava a tenerti la mano premuta sulla bocca e con l'altra ti carezzava il collo liscio e bagnato. A tratti ti giungeva l'odore intenso del suo sudore che, dalle narici, saliva su al cervello, dandoti una specie di nuovo stordimento. La pressione sulla bocca diminuì impercettibilmente, potevi adesso respirare un po’ con la bocca. Cercasti di riempire il più possibile i polmoni (per gridare?) ma nell'attimo stesso in cui lui ti liberava la bocca, l'altro da dietro ti coprì il pube con la mano, stringendo con forza, strappandoti un lungo rantolo rauco dalla gola arida e contratta. A mano aperta cominciò a palparti con movimento circolare lento, a tratti rapido, secco, ti lambiva il clitoride e le labbra, per poi tornare a premere il pube. Le mani dell'altro, intanto, dal collo scendevano ai seni, li afferravano, li serravano e poi riprendevano a carezzarti il collo e le spalle. Poi ti sentisti prendere la nuca dalle due stesse mani e, con una pressione leggera ma allo stesso tempo decisa, fosti costretta a chinare la testa fino a incontrare il membro di uno dei due (adesso né eri certa, erano in due). Le labbra poggiarono brusche sulla cupola di carne bollente di sangue, indugiando solo un attimo (finalmente si fa sul serio bimba! Cosa aspetti ad aprire la tua boccuccia?!). La pressione sulla tua nuca aumentò e tu disserrasti le labbra, apristi la bocca e poi la spalancasti per far entrare quel palo rigido che ti forzava. Le mani stavano ferme sulla tua testa, il bacino di lui si muoveva ritmicamente a piccoli colpi avanti e indietro (ti sta scopando in bocca, tesoro, te ne eri accorta?), mentre dietro, nel solco delle natiche, avvertivi netta e prepotente la presenza del membro dell'altro, enorme, incredibile (non era questo che ti aspettavi, amore ? Di certo è quanto di meglio potessi desiderare, o no? Senti che sapore acre e forte ha l’uccello che stai succhiando! Te lo spinge sempre più in gola, tesoro! E l'altro, cosa aspetta a riempirti la fica con quel manico gigantesco? L'hai sentito quant'è grosso, vero cara?! Non ne hai mai provati di così grandi e devastanti, se non sbaglio! Toccaglielo, cercalo fra le pieghe del tuo culo, è lì che ti aspetta, vai!). Seppure con difficoltà, data la posizione, girasti il braccio a cercare il contatto con quella cosa che ti premeva forte nel solco e sulla vagina gonfia. A tentoni ne trovasti l'inizio, potevi sentire la rotondità dei testicoli sotto la stoffa tesa, poi salisti a cercarne la fine che non arrivava mai (è un uccello enorme, gigantesco, esagerato, gonfio, durissimo, dai che ce lo facciamo, oggi! Ce la fai a fartelo ficcare nella tua fichetta stretta? Non vorrai mica rinunciare tesoro? Dove lo trovi un altro animale come questo?!). Mentre la voce ti rimbalzava dentro in ogni angolo della mente, ti sentisti carezzare i capezzoli, accorgendoti di non avere più alcuna costrizione sulla nuca (sii! Ora stai veramente giocando bene! Non è più lui che ti scopa la bocca, noo! Sei tu che gli stai facendo un bel pompino, e anche dei tuoi migliori, tesoro mio!
Senti che cappella gonfia gli hai fatto venire, dai, ingoialo di più, forza! Inghiotti saliva e non pensare, se ne inghiotti tanta forse riesci a farti scendere il cazzo giù in gola, dai che glielo mangi tutto, dai che ci sei quasi, respira, rallenta e respira col naso, ecco, così, bene, un bel respirone e poi giù, ci sei, si, senti i suoi peli che ti solleticano le labbra? L'hai in gola, cara, sputalo pian piano, così, rimetticelo adesso, lo senti come ansima? Lo stai facendo impazzire! Senti come ti strappa i capezzoli? Ora si che mi piaci, bimba! E allora via al gioco, senza limiti!!!).
Dietro di te, intanto, le mani ruvide e sicure dell'uomo, sollevando il vestito sui fianchi, avevano messo a nudo il sedere e la vagina che, copiosamente, versava umori giù per le cosce. Sentisti sfilare via piano il pene che avevi in bocca e, come se tu non fossi nient'altro che aria, fosti sollevata in alto, sorretta da due mani sotto le cosce e dalle altre due sotto le natiche. Eri lì, sospesa con tutti gli orifizi aperti, la vagina che letteralmente si scioglieva di piacere (lui non ti ha mai fatto godere così, cara! Non starai davvero pensando a lui, adesso?! A quel piccolo borghese senza fantasia capace solo di carezzarti dolcino dolcino, di metterti il suo pisellino dentro, ma con garbo, mi raccomando, e di darti qualche colpetto senza esagerare, che potresti romperti! Senti come ti agguantano questi due, non gliene frega niente se godi, se soffri, questi ti stanno usando per fare quello che gli pare, amore mio! Questo è il sesso!).
Una lingua grossa e frenetica cominciò a rovistarti la vagina (finalmente qualcuno si è deciso a occuparsi dei tuoi buchetti! Bravo ragazzo leccala bene che ha il fuoco dentro! Lecca anche il buchetto del culo che le piace tanto!). La tua vagina, pochi peli sopra le labbra ben rasate (perché ti piace guardartela nello specchio quando ci infili il tubo del gel, vero porcellina?!), era ora smisuratamente spalancata e potevi sentire le labbra gonfie, che ti sembravano enormi, sormontate dal clitoride nudo e durissimo. Lui lo trovò, lo strinse fra le labbra e prese a vibrarci sopra la punta della lingua, strappandoti veri e propri latrati dalla bocca serrata (lo vogliamo dentro adesso, vero micina? Un bell’uccello che ci riempia e ci tolga tutte le voglie, non è così!?). Quasi potessero leggerti nel pensiero, la lingua scomparve, ti sentisti scivolare giù e in un attimo gonfiare la vagina da quell'asta di carne liscia e perfetta. Fu un lampo e ce lo avevi tutto dentro e sentivi i tuoi umori impastargli il pube.
Mentre con le gambe ti avvinghiavi ai suoi fianchi, una serie di spasmi ti partì dal ventre, facendoti schioccare tutto il corpo come un elettroshock, rimbalzando più volte sul pene di cemento. Ti afferrò per le natiche tenendole ben aperte e cominciò a darti dei colpi forti, secchi, potenti. Il cervello ti stava scoppiando, le reni ti dolevano da impazzire, i capezzoli erano diventati enormi, straziati dai suoi denti. Lo sentisti che si appoggiava al muro trascinandoti con se, senza mai smettere di affondare il membro con violenza. Gli cercasti la bocca, riempiendola con la tua lingua impazzita, mentre urlavi parole sconnesse (liberati! Digli che il suo cazzo ti fa impazzire, che non hai mai goduto così, digli che ti fotta la fica fino a farti svenire, digli che ti strappi i capezzoli, che ti faccia sanguinare le tette con i suoi morsi, digli che te lo dia di nuovo in bocca, che vuoi bere tutto lo sperma che ha nei coglioni, ti sta chiavando come un dio, ti sta facendo sciogliere nell'orgasmo più osceno della tua vita, gli stai pisciando sul cazzo duro, piccola borghese, faresti qualunque cosa adesso pur di non farlo fermare, vero?! Digli che ti uccida mentre arrivi all'orgasmo col suo palo piantato nel ventre!).
Da quanto ti stava usando? Non lo sapevi e non ti importava. Poteva impalarti finché ne avesse voglia e per te non sarebbe stato mai abbastanza. Le sue mani ti spalancavano le natiche mentre con un dito ti carezzava l'ano increspato, palpitante, semiaperto, morbido. L'altro (ti sei scordata che sono in due?) vi appoggiò il glande enorme senza spingere, te lo faceva sentire, lì, presente, incombente. In un lampo di lucidità ti dicesti: (no, non è possibile, vuole solo spaventarmi, non può pensare di infilarmi dentro quella cosa mostruosa!). (Eh si, carina, questo non è certo il tubetto del rossetto o uno dei tuoi ditini che ti piacciono tanto! Questo è un braccio, è un vero tubo di carne, un cazzo da cavallo, amore mio!!!).
Ti spinse dentro il glande facendoti urlare, mentre l'altro accelerava il ritmo del suo pene. Ti sentisti mancare l'aria nei polmoni, quella cosa stava lentamente facendosi posto nel tuo culo offeso, ustionato, inesorabilmente avanzava schiacciandosi contro l'altro membro che ti solcava la vagina. Ti afferrò stretta per le anche e ti spinse giù con violenza, forzando ogni residua resistenza dell'ano (ce l'hai tutto dentro, animale, urla, godi, piangi, mordi, graffia, tutto quello che vuoi, ormai sei piena, sei finalmente femmina, ecco l'onda che arriva, hai un solo enorme cazzo dentro di te dal culo e dalla fica fino alla gola, ne sei piena, senti il sangue che va via dalle braccia, che ti abbandona le gambe, ce l'hai tutto in testa, ti pigia le tempie, ti schizza dagli occhi, urla porca, ti stanno facendo morire di piacere, senti il tuo bel culo aperto come brucia, anche la fica ti brucia, mille milioni di spiedi ti si conficcano nelle reni, nelle tette, nei capezzoli, digli che ti morda più forte, si, così, dolore e piacere fusi insieme, si bastardo più forte con quel cazzo, chiavami fottimi scopami, e tu con quel braccio che mi hai piantato nel culo, squartami aprimi, così si così, sono porca, sono puttana, sono una zoccola, pagatemi e farò tutto quello che volete! Striscerò nella polvere fino ai vostri magnifichi uccelli e li leccherò e succhierò per farveli tornare di nuovo duri, perché me li ficchiate dentro di nuovo, in tutti i miei orifizi, sto tremando, la mia bocca è qui, picchiatemi, legatemi, mordetemi la fica, mi fate impazzire, maledetti, la testa, o dio la mia testa, vi odio e vi amo, fermo un attimo, sfilalo un po', così, no, non tutto, voglio toccarlo, dio com'è enorme, chiavami il culo mentre lo tengo con la mano, fammi sentire quanto è lungo questo serpente che mi violenta l'intestino, è bollente è fradicio, mi sale dal culo, lungo la schiena, lo sento in bocca, mi soffoca, mordimi le tette, così, oh la testa mi gonfia, si, adesso, ancora un po', ecco, pochi colpi ancora, veloci, più veloci, sii, così, così, siiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!

Spostasti la mano un po' più in basso, il lenzuolo era completamente fradicio di te. Sul cuscino, i capelli erano sparsi qua e là appiccicosi. Socchiudesti gli occhi per vedere il tuo piccolo petto che, come impazzito, ansimava su e giù vertiginosamente. Tutto intorno i mobili della tua cameretta, le foto al muro, i pupazzi di peluche che ti guardavano severi dalla libreria. Portasti la mano alla bocca e ne sentisti il sapore forte e inequivocabile. Mentre un leggero sorriso si dipingeva sulle labbra rosse, la mano scese ancora e tu chiudesti gli occhi...
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