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trio

L'amico vicino 1


di iltiralatte
15.06.2025    |    151    |    0 4.4
"Si appoggiò alla scrivania, scorrendo il documento una seconda volta..."
Come tutte la mie storie pure questa è frutto esclusivo della mia fantasia per cui ogni riferimento a persone o cose realmente esistenti è puramente casuale.

Era il primo anno del liceo scientifico, quel periodo di transizione in cui tutto sembrava ancora sospeso tra la spensieratezza della scuola media inferiore e il peso delle responsabilità che stavano per arrivare.
I corridoi erano pieni di voci eccitate e di passi incerti: nuovi volti, nuove materie, nuovi equilibri da trovare.
Le prime settimane trascorsero rapide, tra lezioni che si susseguivano senza tregua e l’affannosa ricerca di una propria dimensione in quell’ambiente ancora sconosciuto.
Le prime settimane furono fatte di sguardi fugaci, di lezioni che scorrevano tra appunti frettolosi e nuove regole da assimilare.
Nessuno dei due si era ancora soffermato sull’altro: c’erano troppi volti da memorizzare, troppi dettagli da decifrare in quel nuovo ambiente che, giorno dopo giorno, si trasformava da estraneo a familiare
L’inizio del liceo fu un periodo di adattamento.
Tra nuove materie e professori sconosciuti, ogni studente cercava di trovare il proprio posto, esplorando silenziosamente le dinamiche della classe.
Gino e Orfeo, pur essendo compagni, inizialmente non si notarono più di tanto.
I loro nomi comparivano nell’elenco, ma oltre a qualche sguardo distratto, nulla li legava davvero.
La svolta avvenne per caso, durante un esercizio di matematica.
Gino si bloccò su un passaggio, incerto sul risultato.
Orfeo, seduto poco distante, intercettò la sua esitazione e, senza pensarci troppo, gli suggerì una correzione.
— Sostituisci quel valore e vedrai che torna.
Suggerì a bassa voce, apparentemente concentrato sul proprio foglio.
Gino applicò la modifica e, con un cenno di soddisfazione, si rese conto che il calcolo funzionava.
Quel breve scambio fu il primo segnale di una connessione più profonda.
Da quel momento, iniziarono a interagire sempre più spesso, condividendo pensieri rapidi tra una lezione e l’altra.
L’amicizia non nacque subito, ma si costruì con naturalezza, attraverso piccole intese e conversazioni che, senza forzature, li portarono a conoscersi davvero.
L’uscita scolastica era stata annunciata da settimane, e finalmente il giorno era arrivato.
Gli studenti, armati di quaderni e strumenti di analisi, si ritrovarono in un ampio spazio naturale, circondati da prati e alberi secolari.
Il cielo era terso, l’aria satura del profumo del terreno umido e delle foglie che frusciavano sotto i passi incerti.
Le squadre furono assegnate con un criterio apparentemente casuale, e Gino e Orfeo si ritrovarono nello stesso gruppo senza averlo scelto.
Fino a quel momento, i loro rapporti erano stati scarsi, limitati a qualche scambio distratto in aula.
Ora, però, si trovavano fianco a fianco, incaricati di raccogliere dati sul suolo e sulla vegetazione circostante.
Dopo i primi minuti di silenzioso lavoro, il ghiaccio si ruppe quasi per necessità.
Orfeo, osservando il terreno smosso tra le radici di un albero, fece un’osservazione a voce alta.
— Questo terreno è davvero secco, ma guarda qui: sembra che le radici stiano ancora tentando di assorbire umidità.
Gino, fino a quel momento concentrato sui propri appunti, sollevò lo sguardo. Invece di rispondere con un breve cenno, si prese un attimo per esaminare il punto indicato.
— Forse dipende dal drenaggio del terreno.
Commentò, scrutando la conformazione del suolo con maggiore attenzione.
Quel piccolo scambio, semplice ma spontaneo, costituì il primo vero momento di interazione tra i due.
Mentre proseguivano l’analisi, la conversazione divenne meno tecnica e più fluida.
Orfeo, sempre rapido nel parlare, aggiungeva osservazioni e supposizioni, mentre Gino rifletteva prima di rispondere, scegliendo con attenzione le parole.
A fine giornata, senza quasi accorgersene, si erano ritrovati a condividere una serie di idee e opinioni, non solo sulla biodiversità, ma anche su argomenti del tutto estranei alla ricerca.
Non era ancora un’amicizia, ma qualcosa si era attivato.
Un primo ingranaggio era stato messo in moto.
L’escursione scolastica proseguiva tranquilla, tra spiegazioni dei docenti e il fruscio del vento tra le fronde.
Gli studenti camminavano lungo il sentiero, annotando osservazioni sul terreno e sulla flora circostante, quando all’improvviso un compagno si fermò bruscamente.
— Accidenti… ho perso il portachiavi!
Esclamò, guardando con preoccupazione il groviglio di cespugli accanto al sentiero.
Senza esitare, Gino si avvicinò, scrutando il punto in cui l’oggetto poteva essere caduto.
Aveva sempre avuto un istinto pratico, un’inclinazione naturale a risolvere problemi con efficienza.
Si chinò e cercò di aprirsi un varco tra i rami, spostandoli con le mani per avere una visuale più chiara.
Orfeo, che fino a quel momento aveva osservato in silenzio, notò il modo diretto e un po’ impulsivo con cui Gino tentava di recuperare l’oggetto.
Con la sua sensibilità per la natura, gli fu subito chiaro che, se avesse continuato così, avrebbe potuto spezzare le piante più fragili.
— Aspetta, fai attenzione,
Intervenne, avvicinandosi:
— C’è un modo migliore per cercare senza danneggiare i rami.
Gino si fermò, sorpreso.
Non era abituato a considerare quei dettagli, ma la sicurezza con cui Orfeo parlava lo spinse a dargli retta.
— Se passi la mano sotto i rami più bassi senza sollevarli troppo, eviti di spezzarli.
— Guarda le ombre: se il portachiavi è di metallo, dovrebbe riflettere un po’ la luce.
Seguendo il consiglio, Gino cambiò approccio, muovendosi con più cautela.
Dopo qualche istante, la strategia si rivelò vincente: notò un piccolo luccichio tra le foglie e recuperò l’oggetto.
— Eccolo!
Annunciò, sollevando il portachiavi e porgendolo al proprietario.
Orfeo annuì soddisfatto.
Per la prima volta, Gino si rese conto che quell’attenzione ai dettagli che Orfeo possedeva non era solo un tratto caratteriale, ma un vero modo di vedere il mondo.
Il rispetto reciproco nacque in quell’istante, in un gesto semplice ma significativo.
Non servì dire nulla di più.
Ma da quel momento, qualcosa tra loro era cambiato per sempre.
Nei giorni successivi all’escursione, qualcosa tra Gino e Orfeo continuò a evolversi.
Quell’incontro fortuito aveva aperto una breccia, e senza quasi accorgersene, iniziarono a cercarsi con maggiore naturalezza.
Non era un’amicizia costruita su gesti eclatanti, ma su scambi spontanei, su quelle piccole conversazioni che, a poco a poco, diventano abitudine.
Durante le lezioni, Gino rifletteva prima di parlare, prendeva appunti con precisione e seguiva un metodo chiaro e strutturato per affrontare ogni argomento.
Orfeo, invece, tendeva a lasciarsi guidare dall’intuito, a osservare il mondo con occhi più liberi, senza sentirsi vincolato da schemi rigidi.
Fu proprio questa diversità a renderli complementari.
Se Gino spiegava un concetto con logica e rigore, Orfeo lo rielaborava in modo più pratico e istintivo.
Se Orfeo coglieva dettagli che sfuggivano agli altri, Gino li incanalava in ragionamenti più precisi.
— Tu devi sempre avere tutto sotto controllo, eh?
Disse un giorno Orfeo, vedendo Gino sistemare meticolosamente i suoi libri.
Gino sorrise, quasi divertito:
— Tu invece vivi al momento, senza pianificare mai nulla.

— Funziona,
Ribatté Orfeo, scrollando le spalle.:
— Magari tu guardi le cose in prospettiva, ma io le vivo mentre accadono.
Questa fu una di tante conversazioni, ma rivelava molto di loro.
Due modi diversi di affrontare la realtà, eppure sempre più vicini.
Non c’era bisogno di dirlo apertamente, ma entrambi sapevano che qualcosa stava cambiando.
La distanza iniziale si era dissolta, lasciando spazio a una complicità sincera, fatta di battute rapide e riflessioni profonde, di visioni diverse che si completavano a vicenda.
Il terzo anno segnò un cambiamento inaspettato.
Orfeo, dopo mesi di riflessione, prese la decisione di trasferirsi ad agraria.
Sentiva che quel percorso rispecchiava meglio la sua natura, il suo legame con la terra e il desiderio di imparare in modo più concreto.
Quando diede la notizia a Gino, non ci fu sorpresa, ma un breve momento di silenzio.
Non perché l’amicizia fosse in dubbio, ma perché entrambi sapevano che qualcosa sarebbe cambiato.
— Sapevo che prima o poi avresti scelto quella strada,
Constatò Gino, incrociando le braccia con un sorriso controllato;
— Ci sta, è giusto che tu segua quello che ti interessa davvero.
Orfeo annuì, sollevato:
— Non significa che smetteremo di vederci.
Così fu.
Nonostante le scuole diverse, continuarono a sentirsi, a incontrarsi nei fine settimana ed a confrontarsi sulle loro nuove esperienze.
Gino, immerso nello studio logico e metodico del liceo scientifico, raccontava dei professori, delle sfide accademiche e di quella sottile pressione che sembrava intensificarsi con il passare dei mesi.
Orfeo, invece, parlava della terra, delle coltivazioni, delle lezioni che si svolgevano all’aperto, tra serre e campi.
Se all’inizio sembravano appartenere a due mondi opposti, presto capirono che nulla era cambiato davvero.
L’amicizia si adattava, si trasformava, ma non perdeva forza.
Gino apprezzava la prospettiva più pratica di Orfeo, mentre Orfeo trovava stimolante la lucidità analitica di Gino.
C’erano meno ore passate insieme, ma momenti più intensi.
Più sostanza, meno formalità.
La fine della scuola secondaria segnò un altro spartiacque nella vita di Gino e Orfeo.
Dopo anni trascorsi fianco a fianco, il momento di prendere strade diverse arrivò senza clamor, ma con il peso silenzioso delle grandi transizioni.
Gino intraprese l’università con la stessa meticolosità che aveva sempre dimostrato.
Il percorso accademico lo affascinava, gli offriva la possibilità di approfondire il metodo, di affinare il pensiero logico e di costruire una carriera solida.
Si immerse nello studio, circondato da libri e lezioni impegnative, mentre le giornate si riempivano di nuove sfide e prospettive.
Orfeo, invece, scelse una strada più diretta, più radicata alla terra che aveva sempre sentito come parte di sé stesso.
Grazie a un’opportunità politica ben sfruttata, riuscì ad ottenere l’assegnazione di tre ettari di latifondo.
Non era solo un terreno: era una possibilità concreta di dare forma alla sua visione, di trasformare il suo legame con l’ambiente in un’attività reale.
Mentre Gino affinava il pensiero teorico nelle aule universitarie, Orfeo metteva le mani nella terra, sperimentava, studiava i cicli agricoli e imparava a gestire le risorse.
Due percorsi diversi, eppure ancora legati da un filo invisibile.
Si cercavano, si confrontavano, condividendo idee e difficoltà.
Quella separazione non li allontanò.
Al contrario, rafforzò la loro amicizia, facendola evolvere in qualcosa di più maturo, radicato non più nella quotidianità scolastica, ma nelle scelte di vita.

Orfeo non stava cercando nulla di particolare.
La giornata era iniziata come tante altre, con il solito ritmo scandito dagli impegni e dalle abitudini consolidate.
Aveva appuntamento col tecnico della regione che gli aveva assegnato il terreno.
Bastava poco: bastava che apponesse la sua firma ed era fatta!
Stava attendendo il suo turno e, per passare il tempo, consultava le planimetrie affisse alle pareti.
Ecco, questa era quella che mostrava i suoi tre ettari e tutti i terreni viciniori. Riconosceva facilmente la forma dei suoi terreni serviti da una via di un colore diverso da quello dei suoi fondi.
Anche il vecchio casale che ne faceva parte integrante aveva lo stesso colore diverso-
La legenda recitava; giallo terreno agricolo, azzurro terreno edificabile.
In un lampo si rese conto della situazione; i lottizzatori avevano commesso un grosso errore a suo favore.
Forse ingannati dalla vetusta del fabbricato l’avevano totalmente ignorato ed Orfeo avvertiva nell’aria un profumo piacevole alle sue narici.
Fu chiamato allo sportello e firmò senza neppure leggere il documento sottopostogli ricevendone in cambio l’Atto di Proprietà.
Allegate una serie di mappe e documenti.
Ansioso cominciò immediatamente la loro consultazione: tra essi un foglio che sembrava far parte di una pratica di variazione urbanistica, un documento tecnico con annotazioni scarabocchiate a margine.
Man mano che i suoi occhi scorrevano le righe, un dubbio si insinuò nella sua mente.
La mappa allegata mostrava una suddivisione del territorio diversa da quella che conosceva.
Una modifica recente, mai comunicata, che sembrava stravolgere l’assetto originario.
Il nome del lottizzatore compariva in calce, accanto a firme e timbri ufficiali.
Orfeo sentì il battito accelerare.
Era una scoperta casuale, ma le implicazioni potevano essere enormi.
Si rese conto che quel cambiamento non era stato pubblicizzato e che molti, forse tutti, ignoravano la sua esistenza.
Si appoggiò alla scrivania, scorrendo il documento una seconda volta. Qualcosa gli diceva che era solo l’inizio.

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