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Le foto di mia moglie 4


di quartofederico
14.04.2020    |    23.504    |    28 9.8
"Poi aggiunse: “Un’altra cosa: Ti giuro che questo mio culo sarà sempre e solo tuo”..."
Ritornammo a casa la domenica nel tardo pomeriggio.
Lei svuotò il borsone dai panni sporchi e li mise in lavatrice.
Io in cucina stavo mettendo su la macchinetta del caffè, quando lei mi raggiunse.
Mi venne da dietro e mi abbracciò. Mi girai e la baciai in bocca: un bacio tenerissimo, le labbra appena poggiate sulle sue.
“E allora?” feci la stessa domanda di sabato notte.
“Allora?” ripeté lei; poi, guardandomi negli occhi,
“Credo, che ti debba ringraziare per avermi permesso di conoscere un altro uomo. Tu sei stato il primo e, fino a sabato, l’unico, ma forse ho sempre avuto il desiderio, il rammarico di non aver avuto qualcuno prima di te. Spero solo che questo fatto non metta in crisi tutto quello che abbiamo costruito insieme”.
L’abbracciai di nuovo e teneramente le dissi che ero felice e che quella esperienza poteva costituire l’inizio di una nostra seconda gioventù.
“Ma ti è piaciuto davvero?” chiesi
“Sì, non solo per il fatto fisico, ma principalmente per quello mentale. Il sentirmi desiderata da un altro mi ha fatto sentire ancor di più femmina”.
“Ti ha spogliata lui?"
“No mi sono spogliata da sola, mentre ballavamo e ho abbassato anche i suoi pantaloncini. Quel contatto mi ha creato un'eccitazione diversa da quella che generalmente c’è tra me e te”.
“Clara ti ha fatto godere?” volle sapere
“Sì, molto; era una novità anche per me, devo dire che ci sa fare, anche se… Lo sapevi che non l’ha mai preso dietro; è una pratica che ad Antonio non piace.”
“No, non lo sapevo, d'altronde, io e lei, pur essendo amiche e colleghe, non siamo mai state tanto intime da confidarci queste cose”.
Restò un attimo pensierosa, poi:
“Ho capito; vuoi il suo culo?”
"Mica sei contrariata da questo mio desiderio?" domandai
"No, ma devi vedertela da solo, non so come aiutarti e, con un pizzico di amarezza, non voglio aiutarti. Ti do il suo cellulare e le parli. Sai, quando sabato pomeriggio sei uscito dal salotto, per un attimo mi sono sentita abbandonata, poi ho capito il perché del tuo allontanamento e te ne sono grata. Credo che se tu fossi rimasto lì a guardarmi, non sarei riuscita a sbloccarmi, invece mi sono lasciata andare e….come hai visto, poi è stato tutto quasi naturale".
“Sei una donna fantastica, sono davvero fortunato di averti al mio fianco. Sono stato ad un passo dal rompere quell’incantesimo, ma poi ho capito che non era giusto, soprattutto per te; non era giusto che la bellezza del tuo corpo e l’intensità del tuo animo non fosse condivisa anche da altri: sono felice”.
Non mi rispose, ma, dai suoi occhi, compresi che era contenta per quello che le avevo detto.
Abbiamo dormito abbracciati, uniti, senza fare l’amore, ma vogliosi l’uno dell’altro.
La mattina dopo uscimmo assieme: io per recarmi al lavoro e lei per andare al suo.
Mancavano pochi minuti alle 10.00, quando il bip-bip del telefono mi annunciò un messaggio.
Era Giovanna; mi comunicava "tutto ok" con accluso un numero di cellulare e "Chiama fra qualche minuto; che c’è pausa caffè".
Ebbi quasi un ripensamento; perché si era rifiutata di aiutarmi? Era gelosa, contrariata oppure d'avvero non se la sentiva?
Comunque io volevo e dovevo portare a termine quello che avevo iniziato il sabato al mare.
Mi spostai dalla mia scrivania e fuori, sul terrazzo, composi il numero.
Squillò tre o quattro volte, poi mi rispose.
“Pronto?”
“Ciao, sono Federico, come stai?”
“Bene, c’è Giovanna a due passi da me, come mai questa telefonata?” chiese
“Dovresti immaginarlo, non credi? Non ricordi quello che mi sussurrasti all’orecchio l’altro giorno?”
Un attimo di silenzio, poi “Si certo, ma non voglio parlarne per telefono.”
“E’ il tuo numero questo?” Al mio sì:
“Ti chiamo io, appena posso. Devo chiudere. Ciao”.
Ritornai alla mia scrivania, ma fino all’ora di pranzo non riuscii a combinare un bel niente.
Mi chiamò pure Antonio per salutarmi e mi disse che dovevamo riorganizzare, che erano stati bene con noi e che Clara non faceva altro che parlare di me.
Seppur lusingato, avrei voluto sentirlo dalla diretta interessata, ma durante la telefonata del mattino non aveva accennato a nulla.
Ci salutammo con la promessa di un caffè assieme, al più presto.
Tenevo una pratica rognosa da sbrigare, ma ero fermo senza riuscire a chiuderla.
Il pomeriggio passò così senza nessuna telefonata.
A casa, Giovanna: “L’hai chiamata?”
“Sì, doveva richiamarmi, ma non l’ha fatto.” risposi
“Lo farà, dalle il tempo di trovare il coraggio”
“Ti ha detto qualcosa?” chiesi
“No, nulla, ma sono sicura che è interessata... intuizione femminile” disse
La questione fu chiusa lì, anche perché mi sembrava indelicato ed inopportuno insistere.
Quella sera, dopo cena, cominciai a fare le mie più intriganti avance, cui Giovanna non si era mai sottratta. Difatti, anche quella sera, ai miei baci seguirono i suoi e le sussurrai provocatoriamente:
” Cosa vuoi che ti faccia?”
“Andiamo sul letto e te lo spiego” e con uno sguardo da “Vamp” ammaliatrice si alzò dal divano e si avviò in camera.
Immediatamente la raggiunsi. Si fece trovare a pancia in giù sul letto, di traverso, con al fianco il contenitore del gel lubrificante.
“Spogliami e mettimelo in culo” ordinò
Capii che voleva non dimenticassi che il suo culetto doveva essere sempre il primo in classifica.
Inoltre “spogliami” era una parola grossa, giacché indossava solo le mutandine; aiutato dai suoi movimenti, glie le sfilai con la mano sinistra, mentre con l’altra lubrificai il buchetto.
Un brivido le fece venir la pelle d’oca: era il freddo del gel, ma anche l’eccitazione di quel momento.
Prima uno, poi due dita, scivolarono nel culo e subito mi poggiai steso su di lei ed entrai facendola gemere, forse anche di dolore ma, soprattutto, di piacere.
Venni dentro le sue viscere e rimasi ancora conficcato in lei, con il cazzo mezzo tosto, a mo’ di tappo.
Si staccò da me dopo un tempo infinito; mi scostò e girandosi mi baciò in bocca e:
“Mi tengo la tua crema nella pancia fino a domattina: dicono che faccia bene alla pelle” disse sorridendo. Poi aggiunse:
“Un’altra cosa: Ti giuro che questo mio culo sarà sempre e solo tuo”.
Il giorno dopo la telefonata arrivò! Erano passate da poco le 13.00 ed io mi ero quasi rassegnato, quando squillò il cellulare.
Risposi subito e dall'altro capo:
"Ciao Fede, come va?"
"Ciao Clara, bene: ero ansioso di sentirti" risposi.
"Ieri non ho potuto, ma, fondamentalmente, non avevo ancora preso una decisione"
"E allora?" chiesi.
"A che ora sei libero?" mi chiese
"Anche subito, se vuoi"
"No, vediamoci nel tardo pomeriggio, vado a fare un po’ di spesa al centro commerciale che hanno aperto vicino casa mia, hai capito quale? Uscirò appena va via Giovanna; non voglio darle spiegazioni; comunque tu avviati ed aspettami, anche in seconda fila, nel parcheggio "A"; diciamo che sarò lì prima delle 18" disse decisa.
Risposi solo "Ok, ci sarò anch'io"
Senza nemmeno un ciao chiuse la comunicazione.
Partii dall'ufficio alle 17.00; ero nervoso, non volevo arrivare tardi, e riuscii ad arrivare prima di lei.
Effettivamente non c'era spazio nel parcheggio che lei mi aveva indicato, per cui mi fermai all'inizio e in seconda fila.
Dopo nemmeno cinque minuti, vidi arrivare l'auto, la stessa che avevano usata per andare al mare. Lampeggiò e mi superò, facendomi capire che dovevo seguirla. Si fermò e parcheggiò. Feci lo stesso, scesi e mi avvicinai.
Aprii lo sportello e mi sedetti al suo fianco. Era nervosa, si guardava attorno, e, rassicurata che nessuno potesse vederla, si sporse a darmi un bacio sulla guancia.
Indossava un vestitino leggero che arrivava al ginocchio, ma data la posizione era risalito parecchio in alto, per cui ogni suo movimento metteva in risalto tutte le sue meravigliose cosce e, nel contempo, il respiro, appena accelerato, faceva gonfiare le mammelle che stavano per scoppiare nel reggiseno, di certo troppo piccolo.
"Come stai?" chiesi.
"Non si vede?" rispose.
"Dai... cerca di rilassarti" tentai di dire.
"Aspetta, lascia parlare me e non interrompermi" disse.
"Ho voglia di te, di provare con te quello che non ho mai fatto, ma a tre condizioni:
la prima: Antonio non dovrà saperlo; la prenderebbe troppo male; non ha mai voluto nemmeno provare; il solo parlarne, lo mette in crisi.
Non so il perché; forse, quando era ragazzo, ha subito qualcosa di brutto in quel senso.
La seconda: dove si va? Da me non è possibile, per ovvi motivi; da te, non so se Giovanna sarebbe disponibile ad ospitarci.
La terza: per me sarebbe la prima volta... non ho esperienza e quindi non so nemmeno come prepararmi, tipo pulizia" lo disse abbassando gli occhi, con il pudore di una donna che stava aprendosi con un estraneo.
"Capisci quello che voglio dire? Ho letto qualcosa in proposito, ma non ci ho capito gran che: immagina che imbarazzo o vergogna proverei, se dovessi sporcarti".
"Quanto a questo, potremmo utilizzare dei preservativi, così saresti meno preoccupata" proposi.
"No, sono allergica al lattice, mi provoca arrossamento, prurito e bruciore; figurati che non posso usare nemmeno i guanti da cucina".
Rimasi un attimo in silenzio, poi la rassicurai dicendole che avrei pensato a come ovviare al problema.
Poi riprese: "Giovanna lo sa?"
"Sì, non le ho mai nascosto nulla e da lei ho avuto il tuo numero"
"Speriamo che la prenda bene, perché né io, né Antonio, vogliamo incrinare questa nostra amicizia"
"Ora però, lasciami andare; ci aggiorniamo a domani appena posso ti chiamo. Non telefonare tu" concluse e mi lasciò con un leggero bacio sulla bocca.
Arrivai a casa e trovai Giovanna in giardino, che innaffiava i fiori.
Mi venne incontro e mi baciò sulla bocca.
"Come mai così tardi? Ero in pensiero" sussurrò, ed aggiunse:
"L'hai vista?"
"Sì" risposi
"Quindi? Dai... non farti tirare le parole di bocca" insistette infastidita.
Le riferii per filo e per segno la nostra discussione.
"Non so se continuare o rinunciarvi" dissi.
Si allontanò in silenzio, rientrando in casa ed io la seguii.
"Sai a cosa sto pensando?" disse.
"Ad Antonio, cosa può essergli successo di tanto grave, da aver una così forte avversione per il rapporto anale? Sarà stato violentato, chissà?"
Il discorso, al momento, finì lì, ma sapevo che l'avremmo ripreso.
Difatti, dopo cena, ero seduto in poltrona, assorto sul da farsi.
Giovanna mi portò il solito limoncello gelato e vedendomi pensieroso, disse:
"Dai... sbottonati: che posso o cosa vuoi che faccia, per te?"
"Vieni qua" e le feci segno di sedersi sulle mie gambe,
"Stavolta credo che non puoi fare proprio nulla; è difficile, senza che venga coinvolto Antonio" le dissi.
"Fammici pensare" rispose.
In ufficio, la mattinata fu impegnata in una riunione con i responsabili dell’azienda, per cui fui costretto a tener spento il cellulare.
Finita che fu, trovai tre chiamate: una di Giovanna e due di Clara.
“Cazzo” imprecai.
Clara mi aveva inibito di chiamarla e, quindi, non mi restava che aspettare; mi preoccupai, allora, di chiamare Giovanna, che subito mi rispose.
“Che fine hai fatto?” chiese in tono agitato.
“Ero in riunione, perché? E' successo qualcosa?” domandai
“Ne parliamo oggi da vicino; anche Clara, credo, deve averti cercato” rispose.
“Non puoi anticiparmi nulla?" e lei, con sadismo, replicò: “No!”
Non vedevo l’ora che finisse la giornata lavorativa e potessi tornare a casa.
Clara non chiamò, ma, certamente, Giovanna aveva escogitato qualcosa.
Invece era stata proprio Clara a sbrogliare la matassa.
Cosa era successo? Me lo raccontò mia moglie appena rientrato.
Fin dal mattino, Giovanna aveva notato in Clara uno strano comportamento.
Dapprima tanti complimenti sul suo abbigliamento, poi volle offrirle il caffè a tutti i costi; insomma cose che, abitualmente, non si erano mai verificate.
Più tardi, verso le 11.00, Giovanna si alzò dalla scrivania per andare in bagno e fu subito seguita da Clara; quando capì che l'amica era sulla tazza a fare la pipì, aprì la porta.
“Scusa” le disse, poi, con ammirazione, la guardò tra le cosce e sorprendendo Giovanna, prese della carta igienica e gliela passò.
Giovanna si rialzò, si tirò su le mutandine e giù il vestito, mentre Clara faceva il contrario.
Poi si sedette a sua volta sulla tazza e svuotò la vescica, senza curarsi dell'imbarazzante scroscio che ne seguì.
Mia moglie, quindi, si sentì in dovere di ricambiare la cortesia della carta igienica e, una volta ricomposta, uscirono assieme.
“Penso che Federico ti abbia riferito di quello che ci piacerebbe fare; non ci aiuteresti?” domandò Clara.
Al che Giovanna: “Cosa dovrei fare: lasciarvi la casa?”
“No, sempre che a te non dispiaccia, avrei pensato di realizzare, tutti e tre assieme, la mia sodomizzazione; tu hai già fatto questa esperienza e potresti guidarmi, farmi da maestra, che ne dici? Dai pensaci un attimo e poi me lo fai sapere.”
Giovanna rimase un po' interdetta da quella richiesta, ma, tutto sommato, si sentiva intrigata da quella cosa.
Andò con la mente a tanti anni addietro, quando, con una sua compagna di liceo, ebbe un'avventura saffica. Per vero me ne aveva messo al corrente prima del matrimonio, ma io non ci avevo dato peso.
Ora lei si sentiva combattuta tra quel piacevole ricordo ed accettare la proposta di Carla, che, in fondo, poteva servire a verificare, se quel tipo di rapporto potesse ancora interessarla.
Mi riferì tutto questo e aggiunse che l’indomani le avrebbe dato una risposta.
Capii anche che non era né il momento né la serata per chiedere altro; voleva restare da sola a riflettere per decidere, però il tutto mi confermava che l’incontro a tre ci sarebbe stato. Bisognava solo dar tempo al tempo.
La mattina successiva in ufficio non arrivarono né telefonate né messaggi da nessuna delle due.
Dovevo aspettare; sapevo che se il gioco era passato in mano a mia moglie, non dovevo né dimostrare ansia né chiedere troppo, altrimenti avrei ottenuto l’effetto contrario.
A casa, quel giorno ritornai per primo ed era strano, in quanto Giovanna non mi aveva avvertito del suo ritardo.
Ritornò ben oltre le 19.00 con tre o quattro buste del supermercato e capii che la spesa l’aveva fatta insieme a Clara.
“Oggi ho accettato di aiutarvi” esordì.
La liberai dalle borse e la presi tra le braccia, in segno del mio affetto ed assoluta riconoscenza.
La baciai e lei rispose al bacio con la stessa intensità di sempre.
“Vuoi sapere come è andata?” mi chiese.
“Se ti fa piacere?” risposi.
"Oggi sono stata io a seguirla in bagno. Credo mi stesse aspettando. Sono entrata e ho chiuso la porta a chiave. Mi sono fermata davanti a lei, che si è abbassati insieme jeans e slip e, guardandomi, con occhi da gatta affamata di sesso, si è messa a fare la pipì; ho strappato un bel po' di carta igienica; l'ho arrotolata sulla mano e le ho asciugato la figa.
Quasi veniva meno mentre l'asciugavo e la carezzavo con quel soffice tampone. Poi lei, sempre con i pantaloni abbassati, mi ha lasciato il posto; mi sono denudata e ho cominciato a mingere senza sedermi, in modo che potesse guardare, e non sentire solo, lo scroscio della pioggia dorata.
Mi ha riservato lo stesso trattamento, anzi, dopo che si è liberata della carta igienica, mi ha carezzato la figa con due dita.
Inoltre mi ha informato che Antonio, oggi pomeriggio, parte per Firenze, dove deve partecipare ad un congresso; tornerà domenica sera.
Ho preso l'iniziativa di invitare Clara a passare il week end qui da noi; domani pomeriggio, torneremo assieme: ti dispiace?"
"Sei grande" risposi con enfasi.


Quel venerdì chiesi un giorno di ferie, avevo diverse cose da fare; Giovanna mi aveva lasciato diversi post-it con l’elenco di tutte le cose da comprare. Aspettai la domestica ad ore, che ogni venerdì veniva per le pulizie settimanali, dopo di che presi la nota della spesa e uscii.
Passai prima al supermercato, dove comprai la maggior parte della roba e poi mi recai in farmacia, dove comprai, secondo l’elenco, delle lavande vaginali, alcuni clisteri alla glicerina, qualcuno alla camomilla, e della crema emolliente, specifico per la mucosa anale, nonché un gel lubrificante.
La signora delle pulizie mi stava aspettando e siccome era anche una ottima cuoca, Giovanna le aveva chiesto di preparare la cena.
Una cena fredda, a base di riso all’insalata come primo, spigola lessa, da condire al momento con una salsa rosa, e verdure per contorno.
Avevo messo in frigo una bottiglia di “Greco di Tufo”. Avrei preparato uno Spritz come aperitivo, da consumare in giardino.
Prima di andar via, la signora aveva rifatto il letto della nostra camera e preparato pure la camera degli ospiti.
Un po’ per il troppo daffare, un po’ per l’impazienza per quello che doveva succedere, non mangiai granché, e, verso le 16.30, feci una doccia e mi preparai a ricevere le mie donne.
Verso le 17.00, mi chiamò Giovanna e mi avvertì che stavano uscendo dall’ufficio e che sarebbero state a casa in una ventina di minuti.
Avevo comprato due bellissime rose rosse, e così le accolsi.
Mi baciarono entrambe molto eccitate, ma soprattutto felici dell’accoglienza. Giovanna si fermò in cucina; notò le cose comprate in farmacia; aspettò che Clara finisse di parlare a telefono con Antonio, e, quando riattaccò, le andò incontro. Le fece vedere il contenuto della borsetta e, chiaramente, Clara capì quello che la aspettava.
Assistevo sedotto al parlottio delle due donne; infine Giovanna:
” Avresti piacere che Federico partecipasse alla tua preparazione?’’, cui Clara rispose:
“Sì, mi piacerebbe; lo vuoi anche tu?”
Non ci fu bisogno di rispondere, perché il mio viso gaudioso parlò da solo.
Loro davanti, io seguendole di mezzo metro, raggiungemmo il bagno, quello grande, con la vasca; Giovanna mi bloccò sull’ uscio.
Dalla borsa della farmacia prese i clisteri che allineò sul bordo del lavandino e poi cominciò a spogliare l’amica. Clara passivamente si lasciò fare e, lanciandomi uno sguardo sottomesso, fece intendere che sarebbe stata pronta a esser guidata in questo gioco erotico.
Appena fu completamente nuda, inopinatamente si spogliò anche Giovanna, che si avvicinò alla vasca e cominciò a riempirla.
Mentre l’acqua scendeva, disse a Clara di fare la pipì e, senza aspettare che vi provvedesse, la fece accomodare sul vaso.
Il rumore della minzione giunse alle mie orecchie e, guardando Clara, mi sembrò di scorgere sulle sue guance un rossore, dovuto all’imbarazzo o, forse, anche ad un pochino di vergogna.
Fu Giovanna a pulire la vagina della nostra ospite, poi molto delicatamente le spiegò che doveva mettersi piegata in avanti e Clara si poggiò sul bordo della vasca.
Aprì il primo clistere, ungendo il beccuccio con un po’ di crema lenitiva, lo appoggiò all’ano e spinse.
Quando la cannula fu dentro, schiacciò la fiala di plastica e il liquido irrorò le sue viscere.
L’operazione durò meno di un minuto, ma credo che a Clara sia sembrato molto di più, dato che, dal primo schizzo, cominciò ad agitarsi come a volerlo togliere.
“Buona non muoverti” le disse Giovanna.” Non irrigidirti, resta rilassata”.
Io guardavo frastornato: non credevo che mia moglie potesse essere tanto severa e professionale, come una esperta infermiera; però ebbi l’impressione che ci stesse godendo a dominarla.
Finito il primo clistere lo sfilò dal culo di Clara e le tenne strette le natiche, invitandola a mettersi dritta.
“Dai, passeggia un po’, così l’effetto è più veloce” le disse.
Clara cercò di eseguire, ma il suo desiderio era di liberarsi.
“Non ce la faccio, mi sento piena” replicò
“Solo ancora un po' e vedrai l’effetto” la ammonì Giovanna.
Sembrò convincersi, ma, nel momento in cui ebbe i rivolgimenti di pancia, tornò a sedersi sul vaso ed io mi allontanai, per lasciarla a suo agio.
Giovanna la guardava soddisfatta e, mentre lei si puliva, le fece notare che l'operazione non era ancora finita: c'era un altro clistere ad aspettarla.
“No, ancora?” esclamò, quasi supplicante.
“Sì, ancora questo così saremo certi della pulizia interna” fu la risposta di Giovanna.
Pazientemente si rimise nella stessa posizione di prima e si sottopose al secondo clistere.
Questa volta, forse a causa del primo svuotamento, ebbe meno fastidio, tanto che trattenne per parecchio tempo il medicinale nella pancia.
Dopo l'ulteriore svuotamento, che rivelò la pressocché totale pulizia interna, Giovanna mi scacciò dal bagno e mi chiese di andare a preparare l’aperitivo.
Credo che quello fu il momento nel quale procedettero ad una reciproca lavanda vaginale (notai, dopo, i due flaconi di plastica abbandonati nel bidet), per poi rilassarsi con un bel bagno caldo.


Mentre esse si godevano il bagno caldo, scambiandosi, come due bambine, frizzi e lazzi, io preparai lo spritz e decisi di servirlo alle mie femmine, per cui, riempiti tre calici posti in un vassoio, mi sedetti sul bordo della vasca e brindammo alla gioia, al libertinaggio, al piacere del sesso privo di elucubrazioni mentali.
Dopo quella lunga e piacevole operazione, si sedettero a tavola seminude.
La cena, molto buona e accompagnata da un buon vinello, mise tutti e tre di ottimo umore.
Non sparecchiammo nemmeno, quando presi per mano Giovanna e Clara e le attrassi a me: ero il più felice degli uomini; avevo a mia disposizione delle autentiche ninfe, di cui io rappresentavo il loro satiro.
Ci baciavamo unendo le nostre bocche in un groviglio continuo, mentre le mani percorrevano con smania i nostri corpi.
Senza dire una sola parola, ci dirigemmo in camera e le due donne si denudarono con naturalezza: la prima fu Giovanna, che, nel soddisfare il suo potenziale saffico, volle provvedere alla spoliazione di Clara che, imbelle e, forse, con intima voluttà, lasciò fare.
Allo stesso modo, mi denudai anch'io e, appena tolti gli slip, presentai agli occhi di quelle ninfe, un cazzo ancor più duro e grosso del solito.
Notammo un velo di panico negli occhi di Clara, ma Giovanna la rassicurò, sussurrandole di restare serena ed abbandonarsi al piacere che presto le avrebbe donato fremiti e brividi da non credere.
Clara seguì il suggerimento e si mise ad ammirare come mia moglie si era inginocchiata davanti a lei, poggiando la testa tra le sue gambe.
Clara, al contatto della lingua di Giovanna sulla sua gnocca, ebbe un sussulto, poi la sua mano si intrufolò tra i capelli dell'amica, quasi a guidarla in quel lascivo cunnilinguo.
L’effetto fu immediato: era rilassata e, con le ginocchia al petto, artigliava la testa di mia moglie per meglio offrirsi alla lingua dell'amica. Quest'ultima, leccando e baciando, come solo una donna sa fare, non solo la vagina, ma anche quel buchetto che presto sarebbe stato profanato, la portò ad un passo dal baratro, ad un passo dal punto di non ritorno.
Qui si fermò e, raccolta una discreta quantità di gel tra l'indice ed il medio, glielo spalmò sul buchetto che, per le precedenti sollecitazione della lingua di Giovanna, già presentava una certa dilatazione.
Clara, spalancò la bocca: forse avrebbe voluto profferire qualcosa, ma dalla sua bocca emerse solo un gemito.
Giovanna spinse le dita e le fece penetrare per un bel po'; lei ebbe un movimento, non meglio comprensibile se di fastidio o di dolore per quella invasione, tesa ad ostacolare l’esplorazione /lubrificazione di quella parte. Comunque apparve pronta ed io più di lei.
Giovanna si fece di lato ed io puntai il cazzo sullo sfintere; la cappella forzò l’ano ed entrò. Clara emise un urlo soffocato, e poi supplicò:
“E’ grosso... è troppo grosso... non ce la faccio” rivolgendo gli occhi verso Giovanna, cui chiedeva aiuto.
“Dai, solo un attimo, poi ti piacerà“ e così dicendo mia moglie prese a massaggiarle la pancia e a stimolare il clitoride.
Per darle tempo di rilassarsi, mi ero fermato nella penetrazione e, quando vidi che i lamenti erano cessati, proseguii a spingere, molto lentamente, fino a farlo scivolare dentro, quasi per metà.
Mi fermai di nuovo e, a quel punto, Giovanna mi fece segno di tirarlo fuori dal culo.
Ebbe un attimo di smarrimento, mi guardò assatanata poi arrabbiata :
“No, perché l’hai tolto, lo vogliooooo….rimettimelo, lo voglio, ti prego” disse con una frenesia che mai avrei immaginato. “Girati “le disse Giovanna e lei si sistemò a pecorina.
Giovanna prese posizione fra le sue cosce e, raggiunta con la bocca, la vagina di Clara, riprese a leccare e stuzzicare il clitoride.
Clara, trovandosi davanti la vulva di mia moglie, cominciò a ricambiare il cunnilinguo e quest’ultima mentre proseguiva a frugare con la lingua la figa di Clara, la prese per i glutei e glieli allargò, offrendomi il buco bene esposto.
Questa volta penetrai in lei, con una pressione decisa e costante, fino in fondo, e seppi che ero giunto alla fine della corsa, quando avvertii che le mie palle sbattevano sul naso di Giovanna.
Mia moglie stava godendo della bocca di Clara e quest'ultima godeva, sia per le stimolazioni che riceveva da Giovanna, ma anche per quelle che le provenivano dal mio randello conficcato nel suo culo.
La penetrazione durò parecchio e la cosa consentì che entrambe le porcelle avessero orgasmi a ripetizione. Addirittura Clara ebbe uno squirt e Giovanna si ritrovò con la faccia e la bocca allagata dagli abbondanti umori della donna.
A mia volta, venni nel culo della donna con una eiaculazione abbondante ed uscii da lei, solo quando Giovanna smise di leccare l'amica.
Tutti e tre, sfiniti, ci distendemmo sul letto e, senza preoccuparci di pulirci, ci addormentammo con la consapevolezza che il domani sarebbe stato l'inizio, per ognuno di noi, di una esistenza ancor più birichina di quella finora condotta.
Mi svegliai nel cuore della notte, ma nel letto c‘ero solo io.
Nel buio mi alzai e alla tenue luce della lampada del comodino uscii dalla stanza.
Dall’altra camera proveniva il rumore del respiro pesante tipico di chi dorme profondamente e, avvicinatomi, scorsi le due donne abbracciate, completamente nude.
Che spettacolo, che erano! Mi venne da pensare che ero davvero un uomo fortunato: in quanti potevano vantare una visione di quel tipo?
In religioso silenzio, mi avvicinai e le coprii con il lenzuolo.
Giovanna, per un attimo, aprì gli occhi e mi guardò: mi regalò un sorriso, poi, stringendosi ancor più al corpo di Clara, riprese a dormire.
Mentre rientravo in camera, mi venne da considerare che Giovanna era stata la vera rivelazione della serata. Non la conoscevo nel ruolo autoritario che aveva assunto: decisa e determinata, sapeva come muoversi; praticamente, era stata lei a condurre il gioco.
Clara, che aveva subito passivamente le azioni dell'amica, faceva supporre di esser dotata di un’indole docile e remissiva, tale da, in futuro, poter essere la protagonista di un qualche nuovo scenario erotico.
Certo, aveva goduto e anche tanto, ma addirittura squirtare in bocca a Giovanna, mentre godeva su due fronti, non è da tutte.
Domani avrei dovuto proseguire nell'opera iniziatica.
Seguendo questi pensieri, ripresi sonno, dimenticando però di annullare la sveglia dal telefonino, cosicché, alle sei e mezzo, prese a squillare.
Saltai giù dal letto e lo spensi. Però ormai ero sveglio, quindi mi alzai e, dopo aver verificato che le donne non erano state disturbate nel loro sonno, andai in cucina a preparare la moka.
Il caffè era quasi pronto, quando, dalla camera degli ospiti, mi giunse il rumore di qualcuno che si stava alzando. Poi, dalle voci che provenivano dal bagno, compresi che entrambe erano là, insieme.
Il mio spirito "porcello" mi spinse ad osare e, senza bussare, aprii la porta.
Clara era seduta sulla tazza a far la pipì, mentre Giovanna si lavava i denti.
Pensavo d'esser rimproverato per quella mia irruzione nella loro intimità, invece mi rivolsero uno smagliante sorriso; allontanandomi le avvertii che le aspettavo di là, per il caffe.
Mi raggiunsero di corsa, a piedi nudi e con le tette che ballonzolanti.
“Buongiorno; stanotte mi avete abbandonato!” esordii.
“Per forza! Russavi come un trombone sfiatato” rispose Clara ridendo.
“Bugiarda! E' stata Giovanna ad imbeccarti?” risposi, proseguendo nello scherzo.
Era proprio una gran bella giornata, radiosa e piena di sole.
“Oggi che si fa?” chiese Clara
“Ho fame, per prima cosa, una bella colazione” rispose mia moglie.
E così apparecchiammo sul tavolo burro, marmellata e cornetti, mentre sul fuoco si riscaldava il latte ed una nuova dose di caffè fresco fatto.
Facemmo colazione in un clima allegro e goliardo; poi loro si ritirarono nel bagno grande, mentre io mi servii di quello piccolo, dove mi crogiolai sotto lo scroscio di una magnifica doccia tiepida.
Come dicevo la giornata era calda e, in alternativa ad una uscita di casa (per andare dove, poi?), optammo con lo starcene a prendere il sole in giardino.
In questa prospettiva, posizionai l’ombrellone, due lettini prendisole e tenni per me la sedia da regista che amavo tanto. Inoltre collegai la doccia mobile alla conduttura per l'irrigazione.
Data la posizione alquanto riparata da sguardi estranei, decisero di esporsi al sole nude.
Quell'atmosfera bucolica che mi ricordava immagini di ninfe e fauni, mi suggerì di armarmi della fotocamera, così da immortalare le mie donne in pose, qualcuna casta ma tante altre proprio hard.
Esse mi lasciavano fare, anzi, divertite, da quel gioco, si mettevano in posa, emulando alla perfezione modelle di rotocalchi.
Mi venne la curiosità di controllare il buchino di Clara: come era ridotto dopo la serata trascorsa assieme? Invero lei, con una disinvoltura quasi da sfacciata, si alzò dalla sdraio e, piegatasi in avanti, si aprì le natiche.
Era qualcosa di incredibilmente fantastico; con il pretesto di fotografare mi avvicinai e riuscii a baciare quel bocciolo, come si bacia la bocca carnosa di una femmina.
“Allora?” chiese
“Si è richiuso, e quasi non sembra che sia stato oggetto di profonde penetrazioni. Puoi star tranquilla: Antonio non si accorgerà di nulla, a meno che non sii tu stessa a riferirgli quanto qui avvenuto. Alla luce di tanto, e visto che sei dotata di buona elasticità, penso che possiamo dargli un'altra botta".
“Sì, ma senza la tortura della preparazione; ho ancora la pancia in subbuglio” aggiunse.
Quindi l'esperienza le era stata piacevole e desiderava ripeterla?
A questo punto intervenne Giovanna:
“Certo si può fare anche senza, però ti consiglio, già da ora, di umettare la parte con un po’ di quella crema lenitiva, che spesso uso anch'io.”
Poi, rivolta me:
“Ti dispiace di andarla a prendere?”
Era ancora in bagno, dove era stata lasciata dalla sera precedente; la consegnai nelle mani di Clara, che la porse a Giovanna, poi sistemandosi prona, aspettò che l'amica provvedesse alla bisogna.
Verso l'ora di pranzo, mangiammo dei toast al formaggio preparati da Giovanna, che furono accompagnati da loro con coca cola e da me con una birra; completò il frugale pasto una macedonia di frutta.
Dopo tutte quelle ore trascorse ad oziare, avevo proprio bisogno di sgranchire un po’ le gambe, per cui proposi una passeggiata in pineta.
Anche senza tanto entusiasmo, accettarono e, indossando solo pantaloncini e maglietta, uscimmo di casa e ci dirigemmo verso la meta
Fu veramente salutare: l’ombra offerta dagli alberi e l'aria profumata di resina nel fresco della pineta, ci ritemprarono il corpo e lo spirito.
Ritornammo a casa sotto braccio e con l'allegria di una comitiva spensierata.
Io feci subito una doccia, mentre loro due preferirono un bagno caldo.
Le raggiunsi in bagno quando stavano ancora distese nella vasca.
Che meraviglia quei corpi nudi; le tette che galleggiavano sul pelo dell’acqua piena di schiuma.
“Ho fame - esordì Giovanna - Che abbiamo in frigo?”.
Qualcosa c’era, e, tra un po’ di avanzi della sera precedente, con ancora formaggi e salumi, riuscimmo a riempirci lo stomaco senza problemi.
Dopo quel breve pasto, Giovanna ci prese per mano e ci condusse in camera da letto. Sotto gli accappatoi eravamo ancora nudi, per cui i giochi se aprirono immediatamente.
Giovanna, però, volle precisare: “Stavolta, mi dispiace, ma voglio anch'io la mia razione di cazzo, per cui - rivolta a me - devi accontentarci entrambe. Te la senti?”
Con fare candido, ma anche lezioso, chiesi:
”Tutte e due nel culo oppure la mia padrona ha altre prospettive?” ironizzai.
Giovanna e Clara si scambiarono un'occhiata e con un'intesa più che eloquente, si misero a pecora sul letto. Mi stavano offrendo alla vista, e non solo, i loro portentosi culi.
Il cazzo, ancora barzotto, prese a mostrare vigore; passai dall’altro lato del letto e lo offrii alle loro bocche che, ingorde, cominciarono insieme a succhiare e leccare, scambiandosi i ruoli a secondo del desiderio.
L’effetto fu immediato: ero pronto!
Giovanna mi passò il gel lubrificante ed io, a due mani, lubrificai ed esplorai i loro orifizi.
Mia moglie da perfetta padrona di casa diede la precedenza all’amica, che, nella circostanza, si teneva il culo ben aperto con le mani, mentre, più in giù, era carezzata da mia moglie.
In un attimo, lo poggiai sulla rosellina e lei, facendo un gran respiro, si spinse indietro, permettendo l'introduzione di buona parte del cazzo.
Non lo spinsi tutto dentro; mi fermai a metà strada, ma, stavolta, fu lei che in un soffio e con languore disse:
“ Dai... che aspetti... spingi, fammelo sentire tutto, fino in fondo”.
Quando il mio pube ebbe ad urtare contro i suoi glutei, iniziò a mugolare, a guaire come una cagna in calore, dicendo:
"Sìììììììììì, che bellooooooo; mi hai rotto il culooooo; sento il cazzo fin nello stomaco; daiiiiii, pompamiiiiiii" ed alle parole seguirono movimenti sempre più veloci e profondi, tanto da sentire un rumore come di schiaffi che le percuotevano le natiche.
Un po’ per mia natura, un po’ perché avevo già dato con abbondanza la sera precedente, riuscii a trattenermi e farla godere.
Venne urlando e, ancora una volta, la mano di mia moglie fu bagnata dai suoi umori. Le sue dita, farcite di quegli umori dal sapore leggermente acidulo, mi furono infilate in bocca, così da deliziarmi il palato e, con esso, la mia voglia "porca".
Clara si era accasciata sul letto e Giovanna mi chiese lo stesso trattamento.
Credo di averla inculata con ancor più entusiasmo del solito; del resto se lo meritava: doveva essere il regalo per il gran lavoro svolto. Senza di lei....... chissà?
E pensando a tutto questo e, con il cazzo ancora nelle sue viscere, venni sborrando dentro di lei, appena un attimo dopo che Giovanna, crollando sul materasso esplodeva nel suo godimento.
Clara con il viso estatico per il piacere provato, ancora sotto l'effetto della passione e della lussuria, distesa a pancia in giù, si stava carezzando il buco del culo, adesso spropositatamente dilatato.
Restammo così ancora una mezzora, poi Giovanna scappò in bagno, credo per liberarsi, e, rimasti soli, chiesi a Clara:
“Ti è piaciuto? Sei contenta?”
“Sì e tutto questo mi mancherà, ma forse……” rispose.
Non finì la frase, Giovanna era tornata, guardò l’amica e
“Andiamo a dormire di là oppure ci fermiamo qua?” chiese.
Clara la baciò in bocca, diede un bacio anche a me e, sorridendo, disse:
"No, di là ci vado da sola" e si allontanò.
Strinsi Giovanna a me. Soddisfatti e abbracciati, ci abbandonammo ad un sonno ristoratore.
Dormimmo il classico sonno dei giusti; il mattino successivo, dopo aver preso il caffè, giunse la telefonata di Antonio che annunciava il suo ritorno per mezzogiorno.
Clara non volle che l'accompagnassi all’aeroporto, ci strinse a sé con calore e, ringraziando per l’ospitalità e il piacere che le avevamo dato, si congedò dicendo:
“Giovanna, con te ci vediamo domani in ufficio”
“Grazie Federico, sei stato piacevolmente delicato…., e.... mi è piaciuto - e, con una punta di amarezza - chissà quando potrò rifarlo”.
Il giorno successivo Antonio mi chiamò, ringraziò per l’ospitalità offerta a sua moglie, e con tono ironico chiese:
“Quando vai, anche tu e da solo, a fare un congresso ?“
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