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Lui & Lei

Il prigioniero romano


di 4occhi
22.11.2015    |    11.138    |    11 9.2
"Lo vestirono con una tunica calda ma tutto questo accadeva sempre con gli occhi bendati, non riusciva a vedere nulla ed era sempre intontito quando lo..."
Prigioniero. Aveva combattuto fino allo stremo ma poi i Germani erano così tanti che aveva dovuto soccombere.
L'ultimo ricordo era lui combattente contro tre energumeni che veniva atterrato e poi un forte dolore alla nuca. Poi il nulla, buio.
Non riusciva ad aprire gli occhi, era molto debole e...legato.
Sentì un collare alto di ferro intorno al collo che gli reggeva la testa che altrimenti avrebbe ciondolato verso il basso. Le mani legate insieme dietro la schiena, era seduto a terra.
Sentiva il sapore di sangue sui denti, sete, aveva sete. Freddo, era completamente nudo, gli era stato tolto anche il licium.
Buio, era bendato, e da sotto la benda intravedeva la luce fioca di un braciere lontano.
Avrebbe preferito morire in battaglia, ora cosa ne sarebbe stato di lui? Sapeva che il console Gaio Mario stava arrivando con le sue armate ma sarebbe riuscito a sopravvivere fino ad allora?
Voleva lasciarsi andare e addormentarsi, non sentire più nulla. Nessun dolore, nessuna privazione. Appoggiarsi completamente al muro dietro di lui e via.
Si addormentò.
Calore , un propagarsi di calore su tutto il corpo, acqua calda!
Qualcuno versava su di lui acqua e lo riscaldava. Il sollievo si smorzava quando il liquido incontrava le piccole ferite che bruciavano ma che venivano così, in parte, pulite.
Aprì la bocca per catturarne un po’. Poi una ciotola arrivò alle sue labbra versando nella sua bocca qualcosa che sembrava vino ma era diverso, era forte, alcolico e speziato.
“Ancora!” , e ancora bevve di quella pozione che saziava il suo corpo ma che piano piano annebbiava la sua mente. Per Marte! Che importava , se doveva andarsene almeno lo avrebbe fatto disorientato, avrebbe sofferto di meno. Era confuso abbastanza quando sentì qualcosa aprirgli le gambe.
Una carezza partì dalle cosce lenta sui suoi peli, per arrivare al suo membro.
Delle mani soppesarono i suoi testicoli e il suo pene che piacevolmente stimolato da quel tocco delicato si stava indurendo. Che cosa stava accadendo?
Una mano si strinse intorno alla sua asta mentre l’altra maneggiava il glande. Per Giove, era bellissimo!
Gli venne in mente Didia, a Roma, la sua ancella preferita.
Quella donna lo faceva impazzire, i bagni con lei erano colmi di lussuria. Non si oppose a quel trattamento, era tanto che non provava tanto benessere ed era stanco di lottare.
Una lingua.
Si irrigidì.
Labbra.
Non poteva essere!!
Una bocca si era impadronita del suo pene, lo succhiava…argh!
Denti! Giocavano con il bordo del suo glande.
Il panico lo prese, non poteva essere torturato così, a morsi sul cazzo !! Cercò di ribellarsi, chiudendo le gambe ma così facendo circondò il corpo della persona, della donna?
Ansimava forte e si tirò con la schiena verso il muro.
Ma chiunque fosse, non mollò la presa. Il suo pene rimaneva incastrato nella bocca.
Le mani della persona andarono sulle sue cosce e le massaggiarono, mentre continuava a succhiarlo.
Si calmò, se voleva fargli del male forse lo avrebbe già fatto, quindi rilassò i muscoli. Che lingua!
Gli percorreva l’asta e succhiava fino a tiragli la testa con le labbra.
Si, così, voleva godere. Era il suo seminis che voleva !? L’avrebbe accontentata!!
Neanche gli avesse letto nella testa lei si staccò.
Nooo!!! Ora che stava per venire!!!
Era questa la tortura? Aveva tutti i muscoli contratti, gli tremavano le gambe, maledetta cagna!!
Mentre si lamentava tra sé sentì qualcuno sistemargli gli arti, accavallarsi su di lui e calarsi lentamente sulla sua virilità.
Quel qualcuno lo stava prendendo dentro di sé, lo avvinghiava, lo circondava e lo stava portando a ballare la danza più antica del mondo. Si muoveva, un po’ più veloce, un po’ più dentro, a volte con una botta decisa, a volte sfregando velocemente la punta all’entrata. Fantastica.
Una donna. Stretta, calda e umida, sfregarsi in lei senza poterla toccare, vedere, baciare, assaporare, forse era questa la tortura. Sentiva i suoi glutei picchiare sulla sua pancia.
Lei cambiava il ritmo, prolungando l'arrivo del culmine, un piacere sottile e perverso, perché lo portava al limite e poi riniziava senza arrivare mai alla soddisfazione finale.
Si, voleva morire così, torturato dal godimento! Poi la donna cominciò ad ansimare, era la prima volta che la sentiva emettere dei suoni. Si appoggiò sulle sue tibie con le mani e prese un ritmo serrato, continuo e veloce…si, si, ora c’era davvero!! Lanciò un grugnito e appoggiandosi sulle mani dietro la schiena spinse con i glutei tutto il cazzo in avanti, dentro , riversandole il suo seme.
Lei gli andò in contro gemendo forte e accasciandosi in avanti.
Caldo, ora faceva caldo.
Quel collare lo stava massacrando e le braccia dietro la schiena gli facevano male, ma tutto questo spariva appena spostava la sua attenzione al suo pene che era ancora dentro il suo corpo e lo faceva sentire al riparo, come se niente potesse accadere in quel momento.
Passò un po’ di tempo, poi la donna si alzò sfilandosi il membro barzotto, colando copiosamente e in silenzio se ne andò.
Ad interrompere quella pace fu un secchio di acqua fredda che gli arrivò addosso prendendolo in pieno.
Ma a che gioco stavano giocando?
Gli dettero da mangiare e lo misero legato con le braccia libere ma le mani legate a terra.
Lo vestirono con una tunica calda ma tutto questo accadeva sempre con gli occhi bendati, non riusciva a vedere nulla ed era sempre intontito quando lo muovevano, non riusciva a reagire per liberarsi.
Era legato così forte che la pelle dei suoi polsi non esisteva più, aveva la carne viva, ma il dolore riusciva a sopportarlo, ci conviveva.
La donna tornò, il rituale era lo stesso: gli alzava l’abito e si serviva dei suoi attributi, lo stuzzicava con la bocca e lo eccitava e poi lo montava dandogli sempre le spalle.
Lo capiva da come si appoggiava durante l’amplesso.
Non si lamentava, non capiva come fosse possibile che ciò accadesse in una tribù di Germani le cui donne odiavano i Romani, in quella zona molte, piuttosto che soccombere alle incursioni, preferivano sgozzarsi da sole, lasciando corpi inermi alle voglie dei centurioni.
Le sue ferite erano guarite, quanto tempo era passato? Una settimana, un mese, non sapeva darsi risposta e per tutto il tempo era stato usato per fare sesso, dormiva e mangiava, era lo schiavo più fortunato del mondo, se solo avesse potuto capire cosa davvero stava accadendo.
Le mani arrivarono, ormai le conosceva benissimo ma questa volta portarono un olio profumato, lo unsero ovunque era favoloso abbandonarsi a quelle carezze, l'odore era forte e intenso, dava alla testa.
Sentirsi scivolare addosso quelle due mani lunghe, sentirle calde sul suo corpo, sfiorare il pene e lavorarlo fino a farlo scoppiare di voglia, così unto tutto divenne più fluido, scivoloso.
Finito di godere e lasciato solo si accorse che l’olio era arrivato alle mani, strano che non si fosse accorta di averne messo così tanto proprio lì, sulle braccia. Sicuro di non aver nessuno vicino, sforzandosi fino a scarnificarsi riuscì a liberarsi dai ferri. La prima cosa che fece fu togliersi la benda e guardare.
Giunone !! Che meraviglia! La luce per fortuna era flebile e non ebbe problemi. Era in una casupola piccola di pietra, una stanza dove a parte lui, un giaciglio e un braciere non c’era altro.
Una porta.
Riuscì a liberarsi i piedi e faticosamente raggiunse la soglia e si mise in ascolto per capire cosa poteva esserci fuori di lì. Poi un tocco. Si appiattì dietro aspettando l’entrata del visitatore munito di una corda, pronto ad uccidere.
Una pertica di donna entrò con una coperta in mano, i capelli erano corti e ricci.
Chiuse la porta e le saltò addosso bloccandole subito qualsiasi suono con una mano sulla bocca.
Irrigidita si girò a guardarlo. I suoi occhi scuri erano calmi e fieri.
Qualche parola straniera l’aveva imparata. “Perché sono qui?” …”Perche?”. Lei gli prese la mano e dolcemente la staccò dal viso rimasto sporco del suo sangue.
Si guardavano. Lui era stregato, provava una fiducia disarmante.
Lei. Era lei. La sua donna. Il suo odore, lo riconobbe. La sua mano.
Gli si gelò il sangue nelle vene.
Era sua. La sentiva sua.
Non l’aveva mai vista, ne toccata eppure sapeva che era lei.
Lei non proferì parola ma gli prese una mano e la spostò sul suo ventre e sorrise.
Poi in un latino decente parlò: “Sono Elke, figlia di un capo tribù e dovevo andare in sposa ad Harigast dei Cimbri, ma al di là delle colline, prima che arrivassi qua, ti ho visto e mi sei piaciuto”.
Era stata in avanscoperta...“Ma come hai fatto, sono stato catturato dai vostri uomini?”
Gli raccontò di come era stato fatto passare per morto con l’uso di erbe e di come era stato portato via da lei e da sua sorella e messo in salvo lontano da tutti.
La guardò bene e vide che era una combattente, armata di ascia legata al gonnino.
Quella donna si era inventata tutta quella storia per poter stare con lui. Un'urgenza premeva.
Le prese il mento e finalmente la baciò. Fresca e dolce, l’aveva desiderato dalla prima volta che l’aveva avuta. Le loro lingue si incontrarono, scatenando una voglia di prendersi senza limiti, senza nascondersi, faccia a faccia. Ad armi pari.
Si spogliarono senza smettere di baciarsi, di mangiarsi con gli occhi, liberi di sapere dell’altro.
La toccava, la sua carne, la sua pelle liscia e setosa, i suoi muscoli, i suoi seni piccoli e pieni.
Si abbassò e prese un capezzolo, un pezzetto di lei da leccare.
Poteva assaggiare quello che aveva desiderato tutto quel tempo.
Lei ricambiava leccandolo a sua volta sul collo, sul petto. Si buttarono sul giaciglio, sentire la sua pelle sfregarsi addosso lo faceva impazzire, voleva conoscere tutto di lei.
Le apri le gambe e guardò la sua intimità, sorrise, era già bella bagnata, lo desiderava e questo lo eccitava ai limes. Voleva vedere.
Vedere lei prenderlo e godere.
Si dispose sopra in un continuo toccarsi con le mani e con la bocca e la penetrò.
Si guardarono e tacitamente in accordo, si mossero a prendersi e a darsi piacere.
Il piacere era immenso, non solo la penetrazione ma anche lo strusciarsi dei due corpi, l'avvinghiarsi delle lingue lo mandava in delirio.
Ora era lui a dare il ritmo, a decidere quando e come godere.
La schiacciava sotto di sé, le prese il sedere e diede il ritmo alle sue spinte.
Troppo facile!! Voleva godersela!
Si staccò col disappunto di lei e la girò prendendola per i fianchi, la penetrò da dietro senza lasciarle il tempo di capire e via di colpi incalzanti. Per Giunone gli mancava poco e sentire i gemiti della donna che sbattuta dal suo pene veniva, lo eccitò ancora di più!
Si abbassò sulla sua schiena e le prese i seni tra le mani e dandole gli ultimi colpi gridò tutto il suo piacere inondandola di sé.
Si staccò sfinito e le si mise di fianco. Vicini, respiravano profondamente cercando di riprendersi, senza mai smettere di guardarsi.
Poi un'immagine: lei che gli sorride e si mette la sua mano sul ventre.
Oh Minerva!! Era pregna di lui!
Come aveva fatto a non pensarci!
La strinse a sé, per la prima volta ebbe paura, ora lo aspettava la missione più importante della sua vita, riportare Elke con lui fino a Roma.

L'ho immaginato come un fumetto di Zanotto, tipo Barbara o Yor.
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