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Lui & Lei

La guerra di Leontina


di 4occhi
24.10.2015    |    11.690    |    19 9.5
"Gli prudevano le mani ma non voleva rovinare la festa e coinvolgere Leontina..."
Al primo sguardo già si sarebbero sputati in un occhio.
Lei : bionda, alta più della media, treccine , dente incisivo mancante... Espressione trucida da boss di quartiere peccato facesse la terza elementare.
Lui : appena trasferitosi con la famiglia in quel paesino della bassa lombarda, massiccio, due canini in fase di crescita, occhi di ghiaccio.
La competizione era il loro modo di rapportarsi, avevano iniziato con la scuola e lo studio, poi la cosa si era estesa a tutto : sport, gioco delle biglie, nascondino, qualsiasi cosa era una buona occasione per scontrarsi...e che scontri! Che botte si davano !! Si toccavano e le scintille partivano, e se le davano di santa ragione !
Non c'era distinzione di sesso, i cazzotti erano cazzotti, le pedate , i coppini, uguale, e volavano spesso, erano sempre attaccati a menarsi. I professori si erano rassegnati, avevano così tanti alunni che li potevano calmare solo a bacchettate sulle mani e sul fondo schiena.
Così fino alla fine delle commerciali (delle medie attuali che abilitavano al lavoro). Poi Leontina si mestruò , qualcosa cambiò nella sua struttura fisica, si riempirono le tette e la sua fisionomia si trasformò in una piccola donna. Niente più corse sfrenate tra i campi o in giro per il paese, niente più scazzottate.
Ora era una donna e fu costretta a mettere la gonna sempre e doveva aiutare in casa nelle incombenze domestiche e in cascina tutti i giorni. Ma l'odio non passava con i cicli mestruali e col lavoro, quello restava. Tutte le volte che incrociava Enrico a messa la linguaccia era doverosa, qualche gomitata all'uscita tra la folla partiva automatica, così pure una pestata di piede o un calcetto sulla tibia…lui era bastardissimo, quando poteva le tirava i capelli, lunghi e biondissimi raccolti spesso in una treccia.
Gli scherzi che si giocavano erano tremendi, durante una gara di pugnette, tutti in fila davanti al muro della casa del Rantolino (nomignolo dovuto alla sua risata terrificante) mentre i ragazzi si smanettavano pensando ad alta voce alle tette della moglie del macellaio del paese, lei col gruppo delle ragazze passò come una saetta in bicicletta tirandogli bombe di farinaccio addosso, con un tempismo imbarazzante, proprio mentre schizzavano il risultato delle seghe impiastricciandoli mostruosamente e mettendo in evidenza gli schizzi ai quali la farina restava incollata.
Per vendetta durante la messa di Pasqua molte femminucce si ritrovarono con i codini, code e quant’altro si potesse toccare, tagliati. Zac !
Tirata e taglio deciso, urlo disperato della damigella in questione e fuga tra risate e sventolamenti di scalpi. Insomma la guerra continuava senza esclusione di colpi e i due più agguerriti erano loro : Leontina ed Enrico.
Il tempo passava e arrivata ai diciassette anni, i genitori della ragazza decisero che per calmarla doveva avere un fidanzato. Una domenica lo fecero venire a casa con i futuri suoceri che erano conoscenti del padre, lei non fiatò, stette tutto il tempo zitta e con lo sguardo basso.
Il ragazzo era coetaneo, belloccio e ciacoliero, troppo per i suoi gusti.
Lo guardava di sottecchi e pensava che neanche morta si sarebbe fatta toccare da un damerino di città come quello.
La sera invece di andare a letto scappò di nascosto per andare dalla sua amica Vera che abitava in una villetta appena fuori paese , la sua stanza era al primo piano ed era abituata ad entrare dalla finestra arrampicandosi sul pioppo del giardino. Passò la notte da lei, sapeva che la madre non l'avrebbe sgridata se fosse tornata in tempo per svolgere i suoi compiti.
La mattina molto presto uscì dalla stanza, si buttò sul ramo vicino e scese lentamente per non fare rumore, il sole stava appena sorgendo.
Tutto bene tranne che fu troppo fiduciosa nell'appoggiarsi all'ultimo ramo... crack ! Spam!
Volò giù senza appigli a cui attaccarsi e cadde in pieno su qualcuno. Un qualcuno che non avrebbe mai dovuto trovarsi lì, ma che quando la vide scendere dall'albero si fiondò subito sotto e quando vide il ramo spezzarsi protese le braccia a prenderla. Ma il peso morto e la caduta lo fecero cadere per terra con la schiena e il colpo fu così forte che riusciva a malapena a respirare.
Spaventati entrambi restarono fermi, lei sdraiata sopra di lui. Le piaceva quel contatto, era più largo di lei e portava pantaloni, quindi era un maschio. Il suo lato ribelle la fece restare distesa su di lui, furiosa, voleva quella vicinanza, la calmava.
Per restare in equilibrio allargò le gambe e le piegò leggermente puntando i piedi ai lati delle gambe dell’uomo.
Sentì delle mani sotto la gonna, risalire le cosce, arrivare alle sue mutandine. Sfiorarono il tessuto proprio sopra la sua passera e continuarono lievemente a farlo. Era una sensazione piacevole lei istintivamente si allargò di più per permettere una maggiore azione. Intorno solo il silenzio della campagna di prima mattina, cinguettii, un cane abbaiava un lontananza.
Un calore nascente si irradiava nel suo corpo e lei ci si abbandonava .
Era distesa su di lui, non l'aveva mai avuta così inerme addosso, ovunque lo toccasse sentiva un fremito come una corrente che lo percorreva.
La sua pelle, com'era liscia, il profumo dei suoi capelli.
Doveva approfittarne… L’indice alzò il lembo del tessuto e le altre dita arrivarono al suo pelo, la mano calda tesa su tutta la sua intimità.
Poi insinuò le dita fra le labbra, gli sembrò di mettere le dita nella marmellata, la sensazione era la stessa: morbido appiccicoso da assaggiare. La sentì gemere, le piaceva, se no l'avrebbe già preso a gomitate e se ne sarebbe andata ...lui continuò il massaggio, la sentiva sempre più umida, sentiva il suo respiro accelerare, anche a lui capitava qualcosa : aveva più caldo e il suo pene si stava irrigidendo.
Si tirò su a sedere portando su anche lei che ora gli stava piegata in grembo. La sfregava più velocemente. Più velocemente lei respirava e gemeva.
Ad un certo punto lei trattenne un grido, gli artigliò le braccia bloccandolo e chiuse le gambe. Non poteva più essere toccata, le faceva male ora, era troppo sensibile. Che scoperta !!
Si calmò, tenendo le braccia del tipo ai suoi fianchi.
Si spostò di lato togliendosi dal corpo, era a carponi per terra quando si ritrovò faccia a faccia con...Enrico...si guardavano imbarazzati, Leontina era stupita, non si muovevano.
I loro occhi non si lasciavano, non si spiegavano.
Lei non disse nulla, un muro, si mise in ginocchio e gli tirò una delle sberle più forti mai date.
Lui per la prima volta restò inerme, si vergognò e non proferì parola, si coprì la parte schiaffeggiata sentendo di meritarsela. Non la guardava più.
Lei si alzò in piedi, " se provi solo a raccontare quello che hai fatto, giuro che ti rovino !! " e se ne andò lasciandolo seduto per terra.
Ora la guardava andare via, non si accorgeva del suo leggero ancheggiare che la rendeva ipnotica, bellissima. Non lo aveva mai notato prima.
E l'aveva toccata, intimamente. L'aveva sentita abbandonarsi e godere, cosa avrebbe fatto d'ora in poi incontrandola ? Il suo cuore batteva forte, era stata un’emozione immensa. Non la vide per tre mesi, niente più messa, niente più cinema in paese, niente mercato, nulla, era come sparita.
La vita era una vera noia senza la guerra, senza Leontina.
Sapeva che era fidanzata e il pensiero che un altro avrebbe fatto quello che le aveva fatto lui tutto a un tratto lo fece raggelare. L'immagine di un altro uomo che toccava Leontina...gli si bloccò il respiro, lo stomaco si compresse, gli venne la nausea e una rabbia furiosa si impadronì di lui.
Doveva sfogarsi, iniziò a correre, uscito dall'officina dove stava imparando a riparare macchine agricole si diresse verso il bar centrale del paese. Lì vide Alfonso fare il gradasso con Luigino, lo prendeva a sberle, ecco era l'occasione giusta, gli saltò addosso e diede vita ad una rissa che coinvolse tutti i presenti davanti al locale. Tornò a casa con un occhio nero e un labbro tumefatto ma molto con l'umore leggero e sollevato.
I giorni passavano e lui si diede da fare per capire che fine avesse fatto Leontina.
Gli amici dissero che era molto occupata con la nascita dei nipotini gemelli, che stava spesso in cascina per aiutare la sorella con i figli.
Poi finalmente con l’arrivo dell’estate la rivide in occasione di una festa proprio da lei, era stato invitato con tutta la famiglia per una cena che si teneva sull’aia. Una lunga tavolata occupava parte dello spiazzo, piena di vassoi carichi di cibarie, in un angolo dove la pavimentazione era più liscia coppie ballavano il liscio suonato da un’improbabile orchestrina. Enrico si era messo l’abito buono, si era rasato la sua lieve barba da diciottenne e tagliato i capelli neri e lisci cortissimi, era, a sentir le donne di casa, un bel ragazzo. Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
Be’ quella sera il ghiaccio tremava scosso da un terremoto sottaciuto e continuo.
Il desiderio era cresciuto lento e prepotente, la sola immagine di Leontina lo eccitava, via via tutti i dettagli di quella giovane e forte donna gli erano affiorati nella testa invadendola. I suoi capelli, i suoi occhi, la sua risata sguaiata strafottente, la sua bocca…quante volte l’aveva morso?
Fece un profondo respiro e si riportò al presente, doveva restare calmo.
Lei era seduta su una sedia con un neonato in braccio e rideva, lo vide e con sua grande sorpresa gli sorrise, poi riprese a parlare con la sorella. Durante la serata , si rilassò e si divertì, c’erano gli amici, nuove persone venute per l’occasione, si chiacchierava, si rideva, si ballava. Enrico era un bravo ballerino, gli piaceva e non si tirava mai indietro, quindi si scatenò lasciando libera la propria anima, leggera e canzonatoria.
Fu mentre girava sulla pista che vide con la coda dell’occhio Leontina tirata per mano da un uomo dentro al fienile. Smise subito e senza pensarci si diresse verso di loro, qualcosa gli girava male.
Piano piano si avvicinò, nel buio. “ No, Alfredo, non voglio. Dai lasciami andare. Noteranno la mia assenza!” , ansimi , “No!!” , la vide contro una balla di fieno, l’uomo le stava infilando mani ovunque, tentava di baciarla ma lei si girava…in un attimo prese la bestia per il collo della giacca e lo fece volare via, staccandolo da lei che si rassettò vergognosa, chiudendo la camicetta sul seno.
“Che cavolo vuoi ?” ringhiò Alfredo, lo riconobbe, il fidanzato ufficiale. Gli prudevano le mani ma non voleva rovinare la festa e coinvolgere Leontina. Ma non fece in tempo a pensare che quello si buttò su di lui, colpendolo al viso, almeno ci provò. Lui veloce si scansò e gli fece lo sgambetto facendolo cadere contro un muro. Picchiò forte e restò svenuto a terra. Leontina corse a controllare, agitata si calmò quando capì che l’ubriaco fidanzato stava dormendo profondamente. Guardò Enrico e scoppiò in una risata isterica, poi abbassò il volto e pianse.
La prese tra le braccia come una bambina e la portò via. Entrò in una stalla e la mise in piedi, “Che cosa pensavi di fare? Andare nel fienile con quel cretino?” Era arrabbiatissimo, l’avrebbe presa a schiaffi pur di farla reagire. Paff!
Un ceffone lo prese in pieno, e poi un altro e un altro ancora. “Imbecille!!”
Una furia ! Si era svegliata, ma male, lo assaliva cercando di riempirgli la faccia di schiaffi.
E ad ogni schiaffo che bruciava sul suo viso, qualcosa dentro di lui esultava, Dio che piacere!!!
Non era dolore, ma gioia pura…ora la riconosceva. La prese e la baciò. Gli prese le labbra con la sua bocca, le strinse, voleva farla soffrire, maledetta!
Lei mugolò qualcosa di incomprensibile mentre cercava di strappargli le orecchie. Le succhiò lasciandola lentamente libera, infilò la lingua a suo rischio e pericolo, un brivido di paura che lei potesse morderlo c’era…invece sentì una lingua contro la sua, non capì più nulla. Si baciarono furenti, si mangiavano, succhiavano a vicenda, era una lotta, una conquista. E lui l’avrebbe fatta sua, quel gioco l’avrebbe vinto lui.
Si sfregava contro di lei per farle sentire l’effetto che le faceva, le prese una mano e la portò sul pacco, gonfio. Lei cercò di resistere ma lui la tenne ferma a sentirlo. Una schermaglia. Lei si abbassò di colpo e gli aprì i pantaloni e li fece scendere sulle gambe, audace ma inesperta si bloccò davanti all’erezione di Enrico.
Lui dall’alto sorrise e la rialzò, ma lei spaventata lo prese a pugni sul torace. “Shh…ferma” le disse stringendola, “Non farò nulla che non vorrai, ti fidi di me?”. Fiducia.
Lo guardò e comprese che al mondo non c’era nessuno di cui si fidava di più. Il suo eterno nemico, la persona che aveva percosso di più nella sua vita, era anche quella a cui voleva più bene. E con quella consapevolezza, gli cinse il volto con le mani, era come se lo vedesse per la prima volta.
Lo baciò sulla guancia, sul naso, sul mento e lo baciò sul serio. Le spostò la camicetta e le baciò un seno, il suo capezzolo rosa, era frutta nella sua bocca.
Lui la sdraiò sul fieno per terra, le alzò la gonna e le sfilò le mutandine, lo aveva già fatto andando con donne più grandi di lui in città, ora era lui a dirigere la cosa.
Le toccò la passera trovandola umida e calda, la penetrò con le dita abituandola all’invasione. Andò sicuro visto che Leontina rispondeva con passione al suo tocco, lo baciava con trasporto. La sentì andargli incontro a prendere di più la sua mano. Capì che era il momento giusto, si mise tra le sue gambe e si sfregò il pene contro, era bellissimo. Una brezza li rinfrescava, loro, bollenti e sudati.
Lui la prese piano ma deciso, non si sarebbe fermato per nulla al mondo.
Lei si sentì riempire e il panico la fece agitare, iniziò a tempestare la schiena di Enrico di pugni,
“Maledetto, bastardo…ti odio…ti…” , un dolore acuto, un attimo e poi più nulla.
Lui si fermò un secondo a baciarla, poi riprese a muoversi dentro di lei. Avvinghiato nel suo corpo godeva immensamente, la vide cambiare espressione e buttare la testa indietro.
Andarono avanti parecchio, incuranti di tutto quello che accadeva poco fuori la stalla. Lui affondava e si perdeva, ogni colpo di più, non aveva mai provato un simile abbandono e godimento.
Lei presa dal piacere gli mordeva le braccia, il collo…era l’unico che poteva toccarla, nel corpo e nel cuore. Più veloci e gementi arrivarono all’apice quasi insieme, lui le venne dentro, riempendola di sé, non gli passò nemmeno nel cervello di fare altrimenti.
Restarono abbracciati, stesi a godersi l’ambito riposo, si guardavano come se fosse la normalità quella confidenza, senza vergogna lei restò a seno scoperto a godersi quella sensazione di pace…
Pace, dopo anni di guerra era finalmente arrivata. Chi depose per primo le armi fu tema di discussione successiva, ne discussero tutta la vita passata insieme. Ma quella fu un’altra storia e battaglia.






















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