Lui & Lei
Il patto silenzioso


04.07.2025 |
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"L le leccava il clitoride con piccoli movimenti, poi la penetrava con la lingua, poi tornava a succhiarle quel punto che ormai pulsava sotto la bocca..."
L non aveva mai pensato di tradire sua moglie. E non era una bugia che raccontava a sé stesso. Era un uomo corretto, preciso, educato. Di quelli che pagano il conto in silenzio, che sorridono ai vicini, che evitano gli sguardi troppo lunghi sulle cameriere. Non per mancanza di desiderio, ma per rispetto. E perché certe cose, se non succedono, è come se non esistessero. Almeno finché non accadono.Quel giorno era al matrimonio di un vecchio amico dell’università. Una festa elegante, sobria, in un casale immerso tra le colline toscane. La luce di fine pomeriggio accendeva i bicchieri e i volti, e la musica sembrava tenere insieme tutto, come un collante invisibile. L si muoveva tra i tavoli con il solito distacco garbato, stringendo mani, sorseggiando vino bianco. Poi, la vide.
Milena.
Non la conosceva. Forse era un’amica della sposa, o una collega del fratello. Ma non importava. Ci fu quell’attimo preciso in cui i suoi occhi la agganciarono, e non riuscì più a ignorarla.
Non era magra. Tutt’altro. Ma aveva un corpo che si faceva notare senza chiedere il permesso: seni grandi, pesanti, un punto vita generoso ma sensuale, fianchi pieni, la carne viva e femminile. Il vestito nero le accarezzava le curve senza costringerle, e il volto, occhi grandi, bocca carnosa, zigomi morbidi, sapeva di una bellezza matura, vera, non costruita.
E poi quello sguardo: diretto, consapevole, fermo, come se avesse già capito tutto. Come se avesse visto in lui qualcosa che nemmeno lui sapeva di avere.
Lo sguardo durò tre secondi. Poi altri dieci, poi altri ancora. L si sorprese a cercarla in mezzo alla gente. Ogni volta che si voltava, la trovava lì. E lei non si nascondeva.
Durante il buffet dei dolci, si trovarono uno accanto all’altra, con la scusa di un bicchiere di passito.
«Non ti ho visto ballare nemmeno una volta.»
«Non è il mio forte.»
«Peccato. Hai l’aria di uno che avrebbe bisogno di lasciarsi andare un po’.»
Lui la fissò. Il profumo che portava era caldo, speziato, sensuale ma non sfacciato.
«E tu? Balli?»
«Solo quando so che qualcuno mi sta guardando.»
Un altro sguardo, più lungo. Una risata. Poi ognuno tornò al proprio gruppo. Ma la linea invisibile era già tracciata.
Tre sere dopo, L era con amici in un locale in centro. Musica soft, luci basse, chiacchiere leggere. Entrando, la vide.
Seduta a uno sgabello, gambe accavallate, vestito scuro, bocca rossa. Parlava con due donne e un uomo, ma quando lo vide gli occhi le si accesero. Nessun gesto, ma quella scintilla era chiarissima.
Con il passare dei minuti, i due gruppi si fusero. Un brindisi, una battuta, poi una frase a mezza voce.
«Allora? Te lo concedi, finalmente?»
L finse di non capire. «Cosa?»
«Di lasciarti andare. Di togliere il freno.»
La fissò. Le parole gli si fermarono sulla lingua.
«Andiamo via.»
Milena prese la borsa, si voltò verso le amiche. «Ho da fare. Non mi aspettate.»
Lo guidò verso l’appartamento di un’amica, due isolati più in là.
Entrarono senza dire nulla. La porta si chiuse alle loro spalle con un tonfo morbido. Milena si voltò a guardarlo. L si tolse lentamente la giacca, in silenzio, mentre lo sguardo le scivolava addosso: quel corpo pieno, morbido, che prometteva più di quanto lasciasse vedere.
Lei non parlava. Si era tolta le scarpe. Ora era scalza, e più bassa. Ma il suo sguardo era ancora alto, fermo. Si avvicinò.
Con due dita gli slacciò il primo bottone della camicia. Poi un altro. Le mani sfioravano, solo un tocco. L non si mosse, ma respirava più veloce.
«Fermami, se vuoi.»
Lui non disse nulla. Le mani presero vita. Le toccò i fianchi, la stoffa liscia del vestito. Poi salì, lentamente, fino a trovarle il seno. Anche sotto quel tessuto, ne sentiva il peso, la forma piena, rotonda.
Lei fece un mezzo passo indietro e, senza guardarlo, sfilò il vestito con un gesto fluido. Nuda.
Solo un paio di slip neri. Il resto, pelle.
Il seno grande, naturale, scese appena, con il peso della gravità e la promessa del piacere. I capezzoli erano tesi, scuri, pronti. L si avvicinò. Le mise le mani dietro la schiena, la tirò a sé. Le baciò il collo, piano. Poi scese. Le prese un seno tra le labbra. La bocca piena. Il capezzolo che diventava più duro sotto la lingua.
Milena gli accarezzava i capelli. Gli muoveva il bacino contro il viso, lentamente.
«Hai fame…» sussurrò.
Lui la guardò dal basso. «Troppa.»
Si alzò. La prese in braccio. Lei sorrise sorpresa, e lo lasciò fare. La portò sul letto, e la fece stendere. Il corpo di lei si apriva come un frutto maturo.
L si chinò su di lei e iniziò a baciarla. Il collo. Il seno. La pancia. Le cosce. Le baciava ogni curva con lentezza. Lei ansimava piano, gli occhi chiusi, il respiro che saliva.
Con lentezza le sfilò gli slip. Il profumo della sua fica gli invase le narici. Un profumo di donna eccitata, matura, viva. Le baciò l’interno coscia. Le aprì le gambe.
Le labbra carnose, il clitoride teso.
Ci affondò la lingua.
Milena gemette.
L le leccava il clitoride con piccoli movimenti, poi la penetrava con la lingua, poi tornava a succhiarle quel punto che ormai pulsava sotto la bocca.
Milena gemette più forte. Gli prese la testa. Gli spingeva il viso contro. Si sollevava col bacino.
Veniva. Forte. La prima volta. Ma solo la prima.
Quando lui si rialzò, aveva il viso lucido, bagnato. Gli occhi accesi.
Lei lo guardava, stesa, con le cosce ancora tremanti.
«Spogliati. Voglio vederti tutto.»
L lo fece senza parole. La camicia già aperta. I pantaloni a terra. Il cazzo duro, teso, pronto.
Milena si inginocchiò davanti a lui. Lo prese tra le mani. Poi in bocca.
Caldo. Umido. Perfetto.
Lo succhiava profondo. Ogni volta più giù. Poi lo leccava con la punta della lingua, poi lo prendeva di nuovo in gola. Guardava in su, gli occhi dentro i suoi. Le mani accarezzavano le cosce, le palle. L gemeva. Le prese i capelli. Le guidava la testa. Ma lei era già maestra.
Quando si fermò, lo fece con lentezza. Gli lasciò il cazzo lucido, bagnato, teso come non mai.
«Vieni dentro di me.»
Si stese sul letto, lo prese con le cosce, lo guidò dentro.
Il calore di lei era irreale. Bagnata, stretta, viva. L affondava con tutto sé stesso. Lei gemeva, gli mordeva la spalla, gli graffiava la schiena.
Poi la prese da dietro, con forza. Il culo pieno, rotondo, che sbatteva contro il suo bacino.
Sudore. Pelle. Gemiti.
Un orgasmo lungo, che li fece tremare entrambi. Ma la notte non era finita.
Milena si alzò. Gli diede un bacio lento. Poi aprì un cassetto. Tirò fuori uno strap-on nero, elegante. Con l’imbrago in pelle morbida e un fallo lucido, realistico.
L lo guardò. Si irrigidì un attimo.
«Non l’ho mai fatto…»
Lei si avvicinò, seria.
«Allora fallo con me. La prima volta deve essere con qualcuno che ti vede davvero.»
L annuì piano. Il cuore gli batteva ovunque.
Milena lo stese. Gli baciò la schiena, i glutei. Poi prese il lubrificante. Un dito, morbido. Poi due. Movimenti lenti. Attenti.
Lui si lasciava andare. Tremava. Ma non era paura.
Era resa.
Quando fu pronto, lei indossò lo strap-on. Lo baciò sulla nuca.
«Pronto?»
«Fammi tuo.»
Entrò. Lentamente. Con rispetto. Con desiderio.
L gemette. Forte. Il cazzo duro sotto di lui. Il corpo che si apriva.
Milena lo penetrava con grazia e ritmo. Lo accarezzava mentre lo scopava. Ogni colpo una scossa. Ogni spinta più dentro.
Lo possedeva. Senza umiliarlo. Lo prendeva. E lui si lasciava prendere.
Quando lei si fermò, sudata, lo fece girare.
«Ora mostrami quanto vali tu.»
L la prese. Glielo infilò dentro con un colpo solo. Lei urlò. Gli artigliava la schiena.
Lui la scopava come un uomo che aveva appena conosciuto sé stesso.
Vennero insieme. Un grido comune riempi la stanza.
Restarono abbracciati, nudi, ancora bagnati l’uno dell’altra.
Lei gli baciò la spalla.
«La prima volta, eh…»
«Sì. Ma non l’ultima.»
«No. Questo non si finge. Né si dimentica.»
E la notte finì. Ma il patto silenzioso era fatto. Tra due corpi, due menti. E nessun giudizio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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