L'Erede 2

Presi la giacca e mi avviai con Andrea verso la scala, la discendemmo, percorremmo un lungo corridoio e poi una porta ci introdusse nel parco vicini alla piscina; Rita era già seduta e stava degustando un vino, lo trassi fuori dal cestello del ghiaccio, era uno Chateau d’Yquem del 1967, presi un bicchiere e ne versai un po’, era delizioso, fresco quanto bastava, non avevo mai bevuto un vino così buono.
Mi sedetti e François diede disposizione per il servizio a Catherine che cominciò a servirci: crema di scampi con crostini, salmone, caviale del Volga delle grosse aragoste e ostriche a volontà.
Guardai Rita che, avendo interpretato il mio sguardo, capì e cominciò a ridere, infatti tutto quel ben di Dio era di un afrodisiaco unico.
Appena finito di mangiare bevemmo il caffè, pessimo; noi siciliani, grandi degustatori di caffè non riusciamo mai a trovare, fuori dalla nostra isola, un caffè buono, comunque dicevo appena finito mi sdraiai su un’amaca posta tra una fitta vegetazione, stranamente osservai che dal di fuori non giungeva nessun rumore, eppure eravamo nella strada più frequentata di Parigi, erano circa le due, il personale era a chissà che faccende affaccendato, Andrea era andata a controllare i conti e l’andamento della casa insieme a François, e Rita?... Sentì dal fondo della vegetazione un avvicinarsi di passi.
- Ciao - disse ella.
Io guardai la donna che appariva vestita soltanto della sua pelle, calai gli occhiali dalla testa e la guardai attentamente; Rita si ergeva davanti alla mia amaca come una dea, statutaria: il suo corpo abbronzato pareva assumere i contorni dell’oro, mi guardava con un sorriso provocatorio poi con una falcata si avvicinò e mi piombò addosso.
- Ma cosa fai? sei matta? Tutta nuda, qualcuno potrebbe vederti! -
- No!, non avere paura, chi vuoi che ci veda in mezzo a questa foresta -
Già, nessuno poteva vederci. Rita cominciò a togliermi la giacca, la maglietta, e cominciò a passare la sua lingua su tutto il mio torace, evidentemente il pasto doveva averle fatto salire la pressione erotica, io mi senti travolgere da un vortice di concupiscenza così cominciai a carezzarle i seni che grossi e turgidi sentivo irrigidirsi al passaggio delle mie mani; i capezzoli si eressero in un istante ed io li presi in bocca, prima uno poi l’altro e cominciai a suggerli mentre Rita emetteva dei mugoli di piacere. Ad un dato momento ella si staccò e prese a sfibbiarmi la cinta, mi tolse i pantaloni e cominciò ad avvicinarsi al mio sesso che già eretto si ergeva, come un obelisco, dai miei boxer, fu un attimo, lei si impadronì del grosso fallo e se lo cacciò in bocca cominciando ad umettarlo con la lingua; adesso il piacere si era impadronito anche di me, cercai con la mano di raggiungere il sesso della donna e quando lo trovai mi accorsi che era già umido e la cosa mi eccitò alquanto. Sentì che da un momento all’altro sarei stato investito dal piacere e che sarei venuto nella bocca di lei, ma fermai la sua mano e tirandola per i capelli trassi la sua testa verso di me cominciandola a baciare. Ella si adagiò sull’amaca e mi venne addosso, afferrò il pene e se lo cacciò nella vagina, stette un istante ferma poi cominciò a dimenarsi come un’ossessa, in un attimo raggiungemmo il piacere poi giacemmo esausti uno sull’altro.