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Diario Frottole Ottobre 2008


di HeleneHoullier
12.05.2024    |    70    |    2 8.0
"Paula non fece nulla, ma si capì subito che era abbastanza scocciata di non essere stata informata sin dall’inizio..."
Ventunesimo episodio

Una celeberrima canzone italiana, cantata dai Gipsy Kings, le accolse all’interno del piccolo appartamento, situato nel sottoscala di un vecchio palazzo in via Baccina, nel rione Monti.
È uno di quei palazzi antichi che hanno le rampe di scale di marmo consumate e maleodoranti, con finestrone opache rivolte verso piccole e buie chiostrine con i panni appesi che pendono dai balconi.
Dentro l’appartamento, pieno di libri e di soprammobili, trovarono Paula in un abitino rosso tutto stretto attillato, e le altre due ragazze di Girona, di nome Solange e Maria Cristina.
Se la seconda era una ragazzotta con folti capelli ricci neri, vestita in jeans e completamente struccata, la prima era invece davvero assai bella ed elegante: aveva dei lunghi capelli di colore castano chiaro, ed indossava un maglioncino color panna, una minigonna marrone piuttosto succinta, ed un paio di sottili calze in tinta con la gonna, lunghe fin sopra le ginocchia, ad esibire due cosce in carne, lisce e levigate.
Si presentarono con cordialità e simpatia, accogliendo Chiara e Hélène come se fossero state due amiche di sempre; il vino versato nei loro bicchieri giustificava il clima euforico presente dentro l’appartamento, e la loro vivacità. Avrebbero lasciato l’Italia in soli dieci giorni, e certamente quello non era che il primo di una lunga serie di festini organizzati per celebrare il loro addio.
Maria Cristina era di sicuro la più normale delle tre ragazze: nacque immediatamente una buona intesa con Hélène; lei le raccontò di avere visitato Bruges tanti anni addietro, e le due presero a parlare a lungo della bellezza di quel luogo, e delle innumerevoli differenze rispetto alla Spagna; Hélène ricambiò la discussione, per quanto le fosse possibile nel suo italiano molto incerto, domandando notizie su Girona, e sullo stile di vita di quel paese.
Solange per parte sua, non era certamente una ragazza sfrenata, ma si intuiva benissimo quanto fosse piena di sé, ed assolutamente conscia del proprio fascino: non faceva davvero nulla senza prestare la massima attenzione all’armonia dei propri movimenti, al lento fruscìo dei propri capelli, ed alla delicata postura delle sue cosce bianche. Se non avesse avuto un carattere aperto e solare, sarebbe stata certamente una tipa odiosa; ed invece nel suo insieme era anche piuttosto simpatica.
Mentre Hélène e Maria Cristina se ne stavano sul divano a parlare come due vecchie amiche, le altre tre ragazze s’erano strette attorno al tavolaccio rotondo, e adesso sorseggiavano un bicchiere di vino bianco. Discutevano della casa e del contratto d’affitto; e certamente Chiara non era restata positivamente impressionata da quel luogo, per cui anche la retta mensile, solo di poco inferiore rispetto a quella già pagata per il Convitto, doveva apparirle in quell’istante, davvero oltremodo elevata.
Ma di quel posto le piaceva l’aria godereccia e leggermente peccaminosa, sembrava una specie di boudoir un po’ retrò, un bordello di inizio Novecento.
Hélène non aveva prestato troppa attenzione alla cosa, in cuor suo ancora non pensava minimamente, di dover rinunciare alla retta già pagata per la sua attuale residenza; ma se solo ella avesse dovuto esprimere un suo parere spassionato, avrebbe sicuramente detto di non amare particolarmente quel luogo, così scuro e disordinato.
Teneva le gambe accavallate, e con la punta della scarpetta senza il tacco, lambiva la tovaglia vicino alla sedia dove se ne stava seduta Paula, leggermente inarcata in avanti, con una vertiginosa scollatura lungo tutta la schiena.
Hélène trovava quel vestito un tantino esagerato, come del resto, un po’ esagerate erano anche le calze sopra le ginocchia che indossava Solange; certamente insieme a Chiara erano un bel terzetto, mentre lei e Maria Cristina erano decisamente più caste e bambinone, e proprio per questo si erano immediatamente intese.
Paula si alzò per cambiare il disco, e mise su una noiosa musica di chitarra flamenca. Ma subito dopo, forse per deridere un po’ le sue due coinquiline spagnole, invece di tornarsene al suo posto, si spostò al centro del salone, sul vecchio tappeto in stile povero; ed iniziò ad inscenare un ballo.
Dimenava le mani con scatti improvvisi verso l’alto, scuotendo i lunghi capelli neri leggermente mossi. All’inizio Hélène dovette pensare che Paula fosse già completamente ubriaca, ma solamente dopo pochi passi ella si rese conto che quel ballo non era affatto improvvisato, ed era anzi sempre più bello e ben coordinato; a conferma del fatto, Maria Cristina aggiunse che Paula aveva studiato danza nel suo paese, ma invece del tango – per il quale è indispensabile disporre sempre di un compagno – prediligeva il ballo flamenco. Aggiunse pure che nella sua città, Girona, quel ballo era pressoché ignorato per ragione del poco nazionalismo.
Mentre Maria Cristina parlava, Paula andava avanti con la sua danza sinuosa, e le altre due ragazze sedute al tavolo, ridevano con il bicchiere di vino nella mano.
Paula avanzò verso il divano guardando Hélène dritta negli occhi, poi fece un breve semicerchio sul tappeto e le volse le terga muovendosi ed ancheggiando nella direzione opposta; infine, a quel punto, mentre la musica iniziava dolcemente a rallentare, si piegò repentinamente in avanti, e a sorpresa si sollevò il vestitino sul didietro. Mostrando incredibilmente e senza alcuna vergogna, un gran bel culo del colore dell’ambra, impreziosito unicamente del filino nero della piccola e succinta mutandina.
Chiara si mise una mano sulla bocca per lo stupore, mentre Solange rise come una pazza.
In quel momento, con perfetto tempismo, qualcuno suonò al citofono; Paula ridendo disse: “… sono loro, sono arrivati”, e si sistemò la gonna.
Si udirono dei rumori e delle voci quasi baritonali lungo le scale; erano i tre amici delle ragazze, ed erano venuti lì per festeggiare insieme con loro. Chiara istintivamente si alzò in piedi, facendo cenno di non intendere restare ancora, se lei e Hélène fossero state di disturbo. Ma immediatamente Solange – con cortesia ed eleganza – la fermò pregandola col sorriso sulle labbra, di tornarsene seduta al suo posto: i tre amici erano venuti per fare baldoria, e sarebbero stati sicuramente molto felici se si fossero trattenute anche loro.
Così, mentre Paula apriva la porta ed uno alla volta i tre ragazzi venivano dentro, Chiara si sedette e fece cenno a Hélène di voler restare; quest’ultima si rivolse verso Maria Cristina, attendendo da lei qualche dettaglio in più.
Erano tre amici che frequentavano l’università pubblica assieme alle due spagnole; uno di loro era il ragazzo di Solange e si chiamava Costanzo; mentre un secondo amico si divertiva spesso con Paula, ragazza evidentemente di facili costumi. Il suo nome era Marco, ed era di gran lunga il più bello dei tre.
Il terzo amico invece si chiamava Lele; era bassino, con i capelli ricci e corti e la pelle piuttosto scura. Hélène fissò Maria Cristina, con uno sguardo che dovette apparirle di grande curiosità: ma la ragazza di Girona, intuendo quale fosse il pensiero che quest’ultima aveva in mente, subito chiarì in modo inequivoco il concetto: “Questo qui viene sempre assieme agli altri due, ma rimane sempre da solo a fumare quelle cose che non ti dico”.
Nel frattempo, Chiara si era nuovamente alzata, nella sua gonna lunga e stretta, e veniva presentata da Solange ai tre ragazzi; Hélène se ne ristette invece sul divano con Maria Cristina, e venne salutata con un cenno frugale solamente da due dei tre, senza alcun minimo interesse reciproco. Il clima della serata non sembrava coinvolgerle più di tanto, e con l’arrivo dei tre ragazzi era un po’ come se loro due, fossero divenute all’improvviso anche vagamente di troppo.
Marco e Paula non avevano perso tempo, e la ragazza argentina era già seduta sulle ginocchia di lui, che da dietro le carezzava la schiena, lungo la vertiginosa scollatura posteriore del vestito; era una schiena robusta, da atleta, levigata e scura.
Paula si atteggiava a donna matura e decisa, rispondendo alle provocazioni con risatine indisponenti, e con una voce tutto sommato piuttosto profonda, in proporzione allo slancio longilineo del suo corpo; era quasi priva di seno, e questo aspetto faceva sì che le attenzioni di Marco, fossero quasi unicamente concentrate sulla sua schiena e sulle sue gambe accavallate.
Solange aveva già versato del vino nel bicchiere di Costanzo, e adesso i due facevano verso di brindare con le braccia incrociate, in modo romantico e scherzoso. Si vedeva negli occhi di lei, una discreta passione, mentre ella lo fissava con le pupille dilatate ed un sorriso meravigliosamente bello. Lui la baciò sulle labbra, senza sprofondare il colpo, e poi ripresero a parlare.
In quel momento, a Chiara non era rimasto che Lele, il quale contrariamente alle sue abitudini, aveva provato a rendersi interessante ed attraente nei suoi confronti; la biondina aveva deciso di stare al gioco, per non sentirsi estromessa dal divertimento, e allora provocava a sua volta il piccolo ragazzo, facendogli credere di essere in fondo anche non del tutto disinteressata a lui.
Era rimasta con la sua canottiera, e la sottile catenina dorata che ella indossava, era scivolata amabilmente nel mezzo del suo decolté, suggerendo all’occhio del ragazzo seduto al tavolo accanto a lei, di osservarla fino in fondo.
Solange mise su un disco di Shakira, e fece cenno di voler ballare; Costanzo l’assecondò, senza scomporsi più di tanto nei movimenti; balzò su anche Paula, che riprese a dimenare i suoi lunghi capelli neri, riservando a Costanzo degli sguardi che avrebbero potuto far davvero morire di gelosia, qualsiasi altra ragazza al mondo. Ma Solange invece rideva di gusto, sapendo in fondo che la sua compagna d’appartamento amava scherzare con gli uomini, e sapendo anche che solamente di lì a dieci giorni, quel suo ragazzo, sarebbe stato felicemente alla mercé di tantissime altre.
Marco invece si alzò e fece per avvicinarsi a Chiara, che continuava la sua sterile conversazione con Lele; ci volle assai poco affinché i due si dessero il cambio, tanta era l’impossibilità per quest’ultimo, di tenere testa alle aspettative della bella biondina proveniente dal nord Italia.
Marco era davvero un malandrino, e subito Chiara comprese come la situazione si stesse facendo adesso ben più seria e pericolosa; era fidanzata, ma nel vederla così disposta, con la canottierina ed il decolté in bella vista, e le gambe accavallate, chiunque avrebbe colto in lei un chiaro segnale di offerta.
Maria Cristina indicò a Hélène la scena, e quest’ultima ristette spaventata; sembrava veramente che tra i due fosse nata immediata un’intesa, mentre Paula continuava imperterrita a danzare con Costanzo, sotto lo sguardo soave e divertito di Solange.
A un certo punto però Chiara, con una mossa a sorpresa, si sollevò dalla sedia senza alcun preavviso, e si incamminò rapidamente verso il bagno; era facile che Marco si fosse fatto avanti allungando le mani, e che lei, presa da timore e rimorsi vari, avesse deciso di tagliare corto la cosa. Hélène notò come, piuttosto che in bagno, la sua compagna d’appartamento si fosse semplicemente ritirata in una cameretta lì accanto. Ebbe l’istinto di alzarsi e di andare da lei, e fu seguita anche da Maria Cristina, che tutto desiderava tranne che di rimanere lì da sola, in quel clima da baccanale.
Si ritrovarono quindi in una camera da letto piccola e angusta; in quell’istante si capì che Chiara si era veramente ubriacata, e riusciva a malapena a mettere in ordine i suoi pensieri; disse a Hélène che era forse il caso di andarsene, e che si stava facendo tardi, anche se in realtà non erano nemmeno arrivate le dieci di sera.
Si affacciò nella stanzetta anche Lele, fumando una sigaretta e tenendo un bicchiere di vino nella mano sinistra; chiese immediatamente scusa, e mentre Maria Cristina faceva per uscire e tornarsene in salone, infastidita da quell’intrusione per nulla affatto desiderata, il ragazzo la bloccò per un braccio, spaventandola; poi si mise a ridere e le disse: “Non vorrai mica entrare in salone!?! … non sarai mica impazzita… vero? …”; Maria Cristina replicò assai irritata, e alzando leggermente la voce, che fino a quel momento era sempre stata pacata e gentile, gli rispose: “… questa è la mia casa, e io posso andare dove voglio !!!”.
Ma Lele ridendo ancora più forte, le disse carezzandole i capelli: “… e allora entra pure Delicia, ma devo avvisarti che potresti scandalizzarti assai …”, e sorseggiò in un istante quel che restava nel suo bicchiere.
Maria Cristina si affacciò, e subito ristette sulla porta, immobile; Chiara se ne stava seduta sul letto mezza addormentata, mentre Hélène si rese conto che là dentro doveva per forza esserci qualcosa di strano ed esagerato, per cui si mosse dal letto avvicinandosi anch’essa alla porta del salone.
Ai piedi del tavolo, leggermente stropicciate, due paia di mutandine, una nera sottilissima e l’altra bianca più elegante, giacevano miseramente abbandonate.
Lo sguardo delle due ragazze si mosse in maniera eguale, e con esso crebbe il loro stupore, verso la parete opposta, sul lato sinistro, dove vi era disposto il divano.
Seduti comodamente uno accanto all’altro, Marco e Costanzo reggevano su le rispettive ragazze, a cavalcioni sopra le loro ginocchia. Paula a sinistra e Solange a destra. Maria Cristina e Hélène si voltarono l’una verso l’altra e la prima fece cenno di volersi mettere una mano sugli occhi per non guardare; mentre Hélène invece si appoggiò allo stipite per poter vedere ed osservare meglio.
Un insistito rumore di cintura sciolte, e di braghe lentamente abbassate, lasciava intendere quello che era inevitabile: Hélène aggrottò le ciglia, e infine guardò lì dove non doveva; le due ragazze erano già state entrambe infilate, e adesso cavalcavano assieme i due maschi, oscillando in modo un po’ goffo e scoordinato tra di loro. Paula aveva il vestitino rosso rovesciato lungo la schiena, al punto che la vertiginosa scollatura era quasi del tutto scomparsa: Hélène osservò nuovamente che, per quanto priva di seno, la ragazza argentina di contro aveva indubbiamente un gran bel culo.
Solange invece era assai più composta anche nell’atto di venire posseduta: Costanzo la sorreggeva con dolcezza tenendole la gonna di color camoscio rigirata attorno alla vita, con un piccolo lembo leggermente stropicciato che le scendeva sulla parte posteriore da un lato.
Ma quello che più di tutto impressionò Hélène, era il membro di quest’ultimo; era oltremodo lungo, e si infilava per bene tra i glutei della bella Solange, compiendo un arco ampio e flessuoso verso il centro della stanza: doveva essere davvero lunghissimo, sembrava la pompa del giardino!
La ragazza rimbalzava mollemente sul ventre di Costanzo, con le sue calze poco sopra le ginocchia, e la pelle chiara e levigata delle cosce ed il didietro in bella mostra. Dopo qualche istante prese a mugolare in modo sommesso e delicato, poggiando le mani sopra le spalle di lui.
Paula invece si agitava molto di più, e cavalcava come una puledra selvaggia. Marco la provocava e la incalzava; a un certo punto le mollò anche uno schiaffone sul sedere, facendola sussultare per un istante. Poi riprese a sbatterla in su e in giù, con il suo membro tosto, scuro e consistente, infilato come un torrione di pietra dura in mezzo alle natiche di lei.
La voce di Shakira continuava ad accompagnare quella vista così inopinata ed oscena, ma già i mugolii di piacere delle due ragazze iniziavano a sopraffare il tutto, arrivando nitidi ed inequivocabili anche dentro alla camera da letto; in quel momento, Chiara si mise una mano sulla fronte, e piegandosi in avanti prese a vomitare sul pavimento di vecchio marmo sporco.
Allora Maria Cristina corse ad assisterla, e Lele si trovò pertanto da solo, accanto a Hélène che nel frattempo era rimasta appoggiata allo stipite, ad ammirare la scena. Il ragazzo non ci pensò su un solo momento, e vistosamente eccitato dalla situazione, senza alcun pudore mosse la mano verso la gonna di Hélène, e le afferrò il didietro stringendolo con forza: era davvero tutto grosso e molle, ed il piccolo ragazzo poté tastarlo per bene, riparato solamente dal sottile filino della mutandina.
Hélène ebbe un sussulto e ristette per un istante, davvero non si aspettava un simile affronto; ma poi – con un impeto di autentica rabbia – si voltò e mollò uno schiaffone a colui che l’aveva abusata, al punto che anche Solange in quella circostanza si voltò indietro, un attimo spaventata, con i suoi occhi da gatta socchiusi e offuscati dal piacere incessante.
Hélène si mosse con rabbia verso Maria Cristina, che nel frattempo stava trasportando Chiara verso il bagno più piccolo, tenendola su per un braccio. Quest’ultima rimise quel che le restava dentro alla tazza, piegata in avanti in maniera affannata. La manata sul didietro di Lele aveva lasciato in Hélène un sentimento strano, ma non si trattava di una sensazione sgradevole; fece così ritorno nella camera da letto, dove quest’ultimo s’era nel frattempo seduto alla scrivania, intento a prepararsi qualcosa per poter fumare.
Tornò dunque sullo stipite della porta; la musica nel salone era terminata, e adesso le due ragazze cavalcavano quasi allo stesso tempo, e i due culi perfettamente sodi e leggermente inumiditi per via del sudore e del gran caldo, andavano su e giù assieme, in una danza un po’ goffa e sensuale.
L’occhio di Hélène cadde nuovamente sul membro di Marco, dritto e fermo, impalato tra le cosce di Paula; ma soprattutto su quello di Costanzo, sempre più lungo e flessuoso, che entrava in mezzo alle natiche scomposte di Solange facendo un cerchio sempre più ampio in mezzo alla stanza. A quanto pare la ragazza catalana stava avendo degli autentici spasimi, e a tratti volgeva il capo verso la sua compagna, con gli occhi dolcemente schiusi rivolti in su, e la bocca aperta.
In quell’istante Hélène sentì la propria vagina inumidirsi, sotto lo slip stretto ed attillato; faceva davvero molto caldo.
Marco estrasse il membro, tosto e diritto, dalla vagina di Paula, che con la mano si tolse i lunghi capelli neri dal viso; poi tenendolo tra sé ed il grembo della ragazza, le inondò il vestitino rosso di sperma caldo e puzzolente. Lei non era stata ancora saziata, e così s’infilò l’altra mano in mezzo alle cosce sul davanti, finendo il lavoro che il suo maschio non era riuscito a completare.
Nel frattempo, era arrivato il momento di Solange: la gonna s’era srotolata e adesso le ricopriva quasi per intero il didietro; a un certo punto il pene di Costanzo schizzò di fuori, e solamente in quell’istante Hélène riuscì ad apprezzarne per intero la lunghezza: era molle e flessuoso, ma decisamente vivo e pieno di sangue; un’altra scossa di umido le riempì lo spazio stretto in mezzo alle cosce.
La infilzò nuovamente, e stavolta lo fece dal basso, penetrandola per intero come una candela lunga e turgida.
Ma proprio in quell’istante soggiunse Chiara e trascinò via Hélène, con uno strattone; si era completamente ripulita e truccata, così che adesso ella appariva misteriosamente più bella e gentile del solito; le fece notare l’orologio, dovevano assolutamente incamminarsi.
Non degnarono Lele neppure di un saluto, dal momento che questi era sempre piegato sulla scrivania a prepararsi un qualcosa per poter fumare. Maria Cristina le condusse attraverso il salone forzandosi di guardare dall’altro lato, mentre Chiara fissò con attenzione la scena e soprattutto il pene impressionante di Costanzo.
Hélène le seguiva con la vagina completamente bagnata, e la gonna tutta stretta attorno ai fianchi; salutarono la più tranquilla delle tre ragazze con cortesia, pregandola di fare altrettanto anche con Solange che di lì a poco sarebbe partita. E proprio in quell’istante, si udì quest’ultima, mugolare ed ululare come una tenera bambina, in preda agli spasimi del piacere: era giunto davvero il momento di andarsene.


Ventiduesimo episodio

Hélène attaccò il telefono che era di completo malumore. Non sentiva sua madre troppo spesso, e quando lo faceva non era mai una sensazione particolarmente piacevole. Ad infastidirla non era solamente il tono di voce della donna, completamente assertivo e perentorio, ma soprattutto il fatto che quest’ultima si fosse lasciata riferire dal suo uomo, per filo e per segno, tutte le azioni ed i comportamenti tenuti dalla figliola durante il loro lungo soggiorno in Italia.
Vi era nelle sue parole, un continuo accenno di rimprovero, ed una neanche tanto malcelata aria di minaccia; se qualcosa mai non era andato così come doveva, al suo rientro in Belgio avrebbero sicuramente fatto i conti.
Hélène non trovò nemmeno il coraggio d’accennare minimamente alla madre, la sua nuova intenzione di cambiare residenza: qualcosa in lei s’era smosso dopo la folle serata di quel mercoledì, e adesso non riusciva neanche più a sopportare la noia mortale del Convitto, ed il silenzio un po’ surreale di quelle stanze tanto pulite ed asettiche.
Attaccò il telefono senza avere nemmeno intrapreso la non semplice discussione, in relazione al problema della retta già pagata; avrebbe voluto comprendere, se era possibile in qualche maniera ottenerne una restituzione, anche in minima parte; erano ben quattro anni di contratto.
Si mise a letto, l’indomani era nuovamente un lunedì. Non riusciva a togliersi dalla testa le immagini del festino in casa di Paula; rivedeva le due ragazze sedute a cavalcioni sui rispettivi maschi e possedute assieme. Poi ripensava al membro di Costanzo, così lungo e ricurvo: l’aveva veramente impressionata. Non le veniva dato d’ammirare un pene in carne ed ossa, dai tempi passati trascorsi in casa di Pascal, ed invece che provare fastidio o ribrezzo, Hélène era incredibilmente confusa. Quella notte si addormentò a fatica, con la testa piena di strani pensieri e con non poca inquietudine.
Al mattino, durante la colazione, Chiara intraprese nuovamente il discorso relativo al cambio d’appartamento; Hélène si stava preparando il pane con la marmellata, e leccandosi le dita timidamente rispose: “Ieri volevo parlarne con mia madre, ma ho subito capito che non era aria …”; la biondina allora tagliò corto, e con fare leggermente indispettito le disse: “Non preoccuparti Hélène; comprendo benissimo la tua situazione. I primi due mesi non pagherai nulla, sarai nostra ospite”.
“E dopo ?!?...” domandò lei, con espressione mista di curiosità e di imbarazzo; “Dopo, a gennaio, ti dovrai trovare un lavoro, qualcosa di semplice, che ti permetterà di pagare l’affitto”.
Hélène non aveva minimamente pensato a questa eventualità; ma Chiara incalzandola riprese: “Io poi fossi in te, proverei a chiedere direttamente all’amministrazione di questo posto, se c’è qualche possibilità di recuperare parte del denaro lasciato in eredità da tuo padre”.
“Altrimenti terrò la stanza, e verrò qui unicamente per studiare, quando vorrò stare un po’ tranquilla …” rispose senza pensarci troppo su Hélène. Ed in quel momento, in cuor suo ella aveva già deciso: non avrebbe assolutamente detto nulla a sua madre, né avrebbe minimamente provato ad ottenere indietro il denaro.
Sciagurata com’era, Hélène aveva preso una decisione che l’avrebbe costretta a trovarsi un lavoro per mantenersi: ma oramai il dado era tratto. Durante il pomeriggio alla lezione di Diritto Privato, le due ragazze incontrarono nuovamente Paula, vestita con una giacchetta di pelle scura e con i jeans: sembrava un’altra persona rispetto alla femmina provocante e maliarda veduta all’opera durante la folle serata con le spagnole. Non la vedevano fin da allora, avendo quest’ultima saltato la lezione del venerdì.
Prese atto con meno entusiasmo del previsto, della disponibilità delle due ragazze a trasferirsi nel suo appartamento: era strano, ma in quella circostanza la bella studentessa argentina appariva più taciturna ed inquieta del solito. Solamente qualche ora dopo, si venne a sapere che Paula era stata appena bocciata, in un esame di recupero dell’anno precedente di Storia del Diritto.
Rientrate al Convitto, dopo un frappè bevuto dentro al bar affacciato sull’ampia piazza antistante l’Università, Chiara spinse Hélène a domandare notizie al portierato. Una suorina non troppo gentile, le diede il riferimento di una tale madre Iolanda, che amministrava la residenza; le fissò un appuntamento per la mattina dell’indomani, alle ore undici. Avvisò candidamente Hélène, di presentarsi nella circostanza, puntuale e ben vestita, trattandosi di una madre superiora oltremodo seria, severa ed intransigente.


Ventitreesimo episodio

Hélène si presentò puntuale dinanzi a madre Iolanda, vestita con una camicetta azzurra ed uno stretto pantalone nero; sembrava quasi una grossa balena, per quanto le stava abbottonato attorno ai fianchi e lungo le cosce.
La suora la guardò con sospetto e con aria di vaga superiorità, seduta dietro alla sua scrivania; poi la invitò ad accomodarsi. Esordì dicendo: “Mi hanno detto che la signorina intende parlarmi di faccende legate alla retta della residenza… è così signorina !?!”. Hélène intuì subito che la conversazione sarebbe stata difficile e per di più infruttuosa; replicò balbettando, nel suo italiano assai imperfetto: “… oh no, veramente no madre … volevo solamente fare una mia domanda, per questa retta di mio padre …”.
Allora madre Iolanda, guardandola dall’alto in basso, replicò: “… suo padre? … perché mi parla di suo padre signorina … che cosa c’entra adesso suo padre?”.
Hélène si fece scura in volto, e prendendo fiato a fatica rispose: “… mio padre è morto, ma questa retta l’ha pagata per me tanti anni fa …”.
La suora fece un cenno di scuse con il braccio, e poi aprì un pesante registro. Leccandosi l’indice della mano destra un’infinità di volte, raggiunse finalmente la lettera H, dove si trovava la scheda relativa alla retta d’affitto di Hélène.
Chiuse il pesante libro, lasciando un bel po’ di polvere nell’aria leggermente maleodorante della stanza. Poi rispose: “Signorina Houllier, suo padre ha pagato la retta per tutta la durata del suo corso di studio, fino al 2012. Erano quattordici milioni e seicento mila lire nel lontano 1993. Si rende conto?”, e ripose il librone sopra un ripiano alle sue spalle.
“Cosa vuole dire … che non posso più riprendere quei soldi?”, fece Hélène, con aria persa. E la suora rispose aggrottando le ciglia: “Riprendere!?! … riprendere? che cosa vuol dire … riprendere !?!”.
Allora Hélène si sedette meglio sulla sedia, sospirando profondamente, iniziava ad avere caldo; ristette e rispose tremando: “… veramente … veramente io … io vorrei lasciare questo posto …”, e si legò i capelli in una coda di cavallo, come non faceva da tempo.
La suora si alzò in piedi e la prese su per un braccio; le disse: “… e perché mai signorina vorrebbe andarsene?”.
Hélène si lasciò sollevare, e mentre seguiva a passetti lenti madre Iolanda, che intanto avanzava verso la grande finestra adornata da un pesante tendaggio, trovò a malapena le parole per risponderle: “… veramente … veramente io voglio andare a vivere in un appartamento …”.
Vide la suora aggrottare nuovamente le ciglia e farsi minacciosa; questa stringendo il braccio di Hélène, esclamò: “… tentazioni! … stia attenta signorina, queste sono solo tentazioni!”.
Hélène la guardò preoccupata, aveva lo sguardo basso; ma madre Iolanda aveva compreso quanto fosse inutile perdere del tempo con quella sciagurata, e tornandosene indietro alla sua scrivania, concluse la discussione esclamando: “In ogni caso signorina, l’accordo sottoscritto da suo padre non prevede alcuna restituzione !”, e chiosò: “Lei può andarsene dove vuole, a suo rischio e pericolo, ma non riavrà indietro nemmeno una lira di quanto fu pagato dal suo genitore … e adesso via, se ne vada … arrivederci …”.
Hélène se ne uscì a testa bassa, con la coda tra le gambe.
Raggiunse l’Università leggermente trafelata, mentre l’aula in cui si teneva la lezione di Diritto Civile aveva già i battenti delle porte completamente chiusi; si mise allora a sedere nel corridoio, senza osare entrare.
Quando la lezione di Diritto Civile si concluse, dall’aula uscirono Chiara e Paula, ridendo e scherzando. La ragazza argentina non frequentava quel corso, ma a quanto pare era entrata nell’aula dal lato opposto prima del termine, per poter parlare con la compagna d’appartamento di Hélène.
La ragazzotta belga si avvicinò, e udì che le due studentesse stavano parlando proprio di lei; stavano discutendo animosamente, su chi tra loro due, avrebbe dovuto farsi carico della quota d’affitto che lei non avrebbe pagato.
Allora ristette, e si fermò rimanendo leggermente indietro; si rese conto solamente in quell’istante del guaio in cui si stava per cacciare, e provò un senso di pena e di rimorso. Ma oramai la decisione era stata intrapresa, ed entro solamente cinque giorni, lei e Chiara avrebbero abbandonato la loro attuale residenza per trasferirsi nel disordinato appartamento dove abitava la ragazza argentina.
Le due coinquiline spagnole lasciarono l’Italia quel sabato, che era il primo giorno di novembre, con non poca tristezza e tanta malinconia. Chiara aveva chiesto ed ottenuto due giorni di permanenza aggiuntiva al Convitto, e alla mattina dell’indomani le due ragazze impacchettarono i loro bagagli, e si presentarono nel buio sottoscala di rione Monti.
Hélène prese posto nella cameretta in cui Chiara s’era ritirata la volta precedente, vicino al salone. Era la stanza in cui aveva abitato Solange, mentre Chiara divise la camera più grande con Paula, laddove precedentemente si trovava anche Maria Cristina. Non appena ebbero ultimato il loro breve trasloco, la biondina decise subito di telefonare al suo ragazzo, senza attendere la sera: avrebbe finalmente avuto un pied-à-terre per poterlo ospitare a Roma, e non chiese nemmeno alcun permesso alle sue compagne d’appartamento, pareva letteralmente impaziente di poterlo incontrare; si limitò a comunicare il suo imminente arrivo poco prima di cena, mentre Paula stava preparandosi una minestra e Hélène andava stirando alcuni vestiti.
Lorenzo avrebbe trascorso una sola notte, quella del fine settimana, insieme con loro. Paula non fece nulla, ma si capì subito che era abbastanza scocciata di non essere stata informata sin dall’inizio. Con aria seria e piccata, disse alla biondina: “Non sta bene che tu decidi questa cosa da sola … le regole di questa casa sono che si decide tutte insieme!”. Per un attimo Hélène temette che le due potessero litigare, ma dopo solamente qualche istante, Paula prese Chiara per i capelli in modo scherzoso, senza farle del male, e ridendo le disse: “… ma per questa volta mi sta bene … si vede tanto che stai morendo dalla voglia di averlo lì, il ragazzo!”; si riferiva certamente, alla voglia di fare l’amore, e allora Chiara diede un tenero bacio a Paula, per farsi perdonare di non averle chiesto il permesso.
Iniziò così una nuova vita, le tre studentesse uscivano assieme alla mattina, e prendevano l’autobus dirette verso l’Università. Hélène era sempre più isolata, non aveva imparato affatto l’italiano, ed ora che c’era anche Paula, Chiara aveva smesso di parlare con lei in francese quando erano riunite assieme; in più, provava un senso di perenne inferiorità, per il fatto di non potersi pagare regolarmente la sua quota d’affitto.
Quei giorni Hélène ricevette un’inattesa nota di cortesia da parte delle suore del Convitto: vi era una nuova inquilina, che avrebbe condiviso il suo stesso appartamento al posto di Chiara. Hélène provò in quella circostanza un po’ di curiosità mista al solito timido rimorso: la nuova ospite si chiamava Linda Prevet e proveniva da Grenoble, in Francia. Hélène per un istante pensò che avrebbe desiderato di poterla incontrare; con quel nome così semplice ed elegante, Linda avrebbe forse potuto essere, anche un’ottima compagna. Ma quello era un pensiero davvero insensato.
Si ritirò in camera sua a studiare, prima di cadere assopita in un dolce sonno ristoratore.


Ventiquattresimo episodio

Lorenzo si presentò alla porta preceduto da Chiara, che lo teneva amorevolmente per mano; era andata a prenderlo alla stazione, e di lì erano venuti a piedi fino all’appartamento, con lui che teneva la sua borsa in spalla.
Era alto e biondo, con i capelli piuttosto lunghi e scapigliati: se invece dello zaino avesse avuto una chitarra a tracolla lungo la schiena, avrebbe tranquillamente potuto essere un cantante inglese o americano, di musica folk. Chiara si era completamente trasformata in vista del suo arrivo, e quel pomeriggio indossava una minigonna piuttosto succinta di colore bianco, con calze velate e lunghi stivali neri.
Si era truccata in maniera ammaliante, come mai prima di allora aveva fatto; di sopra indossava una camicetta rosa abbottonata fino al collo.
Hélène fu presentata a Lorenzo, mentre Paula era andata in giro a fare la spesa. Lo guardò con irresistibile attrazione, ma questi – che era visibilmente stanco ed accaldato – si limitò ad un semplice saluto; sembrava piuttosto scocciato di vederla, come se in cuor suo avesse lungamente sperato, di non trovare nessun altro lì dentro quell’appartamento.
La verità è che aveva una voglia smisurata di fare sesso con Chiara, provava una pulsione davvero incontenibile: erano passati quasi due mesi da quando lui e la sua ragazza s’erano incontrati per l’ultima volta, e nonostante il lungo viaggio in treno, e la successiva camminata per giungere a casa, aveva in quel momento un chiodo fisso dentro alla testa. Per moltissimi giorni aveva tenuto le sue energie a freno, al punto che in più occasioni il sesso lo aveva sentito vibrare, come una creatura viva dentro ai suoi pantaloni; e adesso era giunto finalmente nel luogo dove tutte quelle energie sarebbero state spese: ma vi era ora questo impedimento, questa banale ragazzotta straniera a proibire loro di esplodere in tutta la loro passione.
Chiara avrebbe voluto dire a Hélène di andarsene, ma era vestita in maniera completamente dimessa, con una culotte bianca che sembrava quasi un pigiama, ed una maglietta a girocollo, per cui si sarebbe dovuta preparare a lungo per poter uscir di casa e lasciarli liberi.
Accompagnò Lorenzo nel salone, laddove egli avrebbe dovuto pernottare, dormendo sul divano. In quell’istante Hélène domandò al nuovo arrivato, se desiderasse di bere qualcosa; ma quegli, con fare sbrigativo ed anche leggermente inelegante le rispose: “Perché non ci lasci un po’ da soli adesso? …”.
Hélène ci rimase male, ma riprese alcuni fogli con gli appunti che aveva precedentemente appoggiato sul tavolo, nel momento in cui era andata ad aprire la porta, e si ritirò in camera da letto strisciando lentamente con le sue ciabatte; in quell’istante, si sentì tristemente sola e indesiderata, era quasi sul punto di piangere.
Si chiuse in bagno per un po’, e quando ne uscì, dal salone non si udiva più nulla. Aprì nuovamente la porta della sua camera con cautela, tutto avrebbe desiderato tranne che di essere vista, ma nel salone non vi era più alcuna traccia né di Lorenzo e né di Chiara.
Allora si mosse lentamente verso il tavolo, e poi successivamente nella direzione della cucina; in quell’istante udì in modo nitido, dalla camera da letto di Chiara e Paula, degli urletti soffocati, seguiti da alcuni sbuffi di piacere. Si fermò attonita su due piedi, ed a quel punto gli urletti divennero più distinti e riconoscibili. Era Chiara che stava godendo in modo sommesso, pareva quasi gemere.
Hélène non sapeva cosa fare, inizialmente pensò di tornarsene in camera con la coda tra le gambe; ma poi avvertì come uno scatto dentro alla pancia, e subito fu bagnata in mezzo alle cosce, dentro le sue culotte.
Allora decise che avrebbe voluto spiarli, e si piegò con non poca difficoltà verso la serratura della porta. Chiunque l’avesse osservata dal didietro in quel momento, avrebbe veduto l’enorme popò piegato in avanti, avvolto dalla misera culotte bianca, e le due mani aperte appiccicate alla porta, all’altezza di mezzo. Mise l’occhio vicino alla serratura, ed inizialmente non vide nulla; poi si allontanò un istante per riavvicinarsi di nuovo, e finalmente riuscì ad intravederli.
Chiara era in ginocchio su una vecchia poltrona, con gli avambracci piegati dietro allo schienale, e la minigonna completamente alzata.
Alle sue spalle, Lorenzo la reggeva per ambedue i fianchi, e la stava prendendo con energia e decisione. Non riusciva a vedere il pene di lui, ma doveva essere bello lungo e consistente, a giudicare dai mugolii di piacere della ragazza. Avvolte poco sopra alle sue ginocchia poi, le calze trasparenti e la mutandina di pizzo nero le impedivano completamente il movimento, cosicché Chiara era letteralmente immobilizzata, tra il dorso della poltrona, le cosce strette nel collant, ed il membro dietro di lei che la puntellava in modo fermo e inesorabile. Lorenzo sbuffava e godeva, e di tanto in quanto insultava la sua ragazza, chiamandola “troia”, oppure “maiala”.
A quanto pare questi insulti accendevano la passione in lei, che rispondeva ansimando in modo sempre più intenso, incitando il suo ragazzo a sprofondarla con più impeto ancora.
In un certo istante però, quando era sul punto di venire, Lorenzo la afferrò per i capelli e la fece voltare verso di sé; Chiara compì una specie di giravolta sulle ginocchia, ed infine piegando leggermente la schiena in avanti, assecondò il movimento del suo ragazzo, che spingendole la nuca le infilò letteralmente il membro nella bocca. Fu lì che Hélène poté finalmente vedere l’uccello di lui, che era pallido e deludente, per quanto fosse lungo e arcuato come una grossa banana.
Durò solamente pochi secondi, e Chiara si mosse rapidamente indietro, prendendosi un mare di sperma bianco e schifoso sul viso e sulla camicetta di colore rosa.
Lorenzo la fece voltare nuovamente, e completò l’opera svuotando tutto il pene, molle e sgonfio, sopra di lei.
Hélène arretrò, era in uno stato di totale confusione; in quell’istante un rumore di chiavi la ridestò, era Paula che era appena rientrata, e per una questione di pochi attimi non si era resa conto di quanto ella stava facendo. Notò tuttavia che la ragazza argentina era meravigliata di vederla in piedi dinanzi alla porta della sua camera da letto; si giustificò allora, senza che le venisse richiesto, dicendo: “… ho sentito … ho sentito dei rumori … credo che ci siano Chiara e Lorenzo lì dentro …”.
Paula allora sorrise, e le disse: “Li hai spiati vero? … è stato bello vedere ?!?”; allorché Hélène negò categoricamente, ma si vedeva benissimo come stesse chiaramente mentendo in quella circostanza; aveva ancora la vagina completamente bagnata.
“Vergognati!” le disse Paula, facendole cenno di tornarsene in camera sua. Hélène non si aspettava affatto un atteggiamento tanto duro da parte della sua coinquilina argentina; in quell’istante ella percepì nettamente, una grande diffidenza ed una profonda avversione da parte di quest’ultima. Tuttavia, non reagì e si allontanò via un po’ mestamente.
Entrò in camera sua, ed in quel preciso momento, avvertì fortissima l’esigenza di toccarsi; ma la porta non poteva essere chiusa a chiave, per cui si volse rapidamente e decise infine di entrare dentro al bagno. Lì finalmente poté rinchiudersi da sola per bene: si abbassò rapidamente le culotte, e si mise seduta sulla tazza.
Il pesante insulto di Paula le risuonava ancora, forte, chiaro e deciso dentro alle orecchie; mise due dita in mezzo alla peluria nera, in basso, e poté sentire in modo nitido il cosino umido e tutto tornito, che la tirava come un treno. Le culotte erano rimaste a mezza altezza, sotto le ginocchia divaricate.
Affondò l’intera mano, e ripensò all’insulto appena ricevuto; poi rivide Chiara piegata sul dorso della poltrona, con la gonna alzata, ed infine il pene di Lorenzo, mentre lui se lo ripuliva sul didietro di lei. Sprofondò, ed iniziò a gocciolare nella tazza, un liquido bianco denso e caldo, a fiotti.
Qualcuno in salone accese la musica, era un famoso brano di Elvis Presley: Hélène si rimise a posto le sue culotte provando un senso di vergogna indicibile; per sua fortuna Chiara volle essere gentile con lei, e bussando alla porta chiusa del bagno, le disse: “Ti va di venire con noi stasera … usciamo a bere qualcosa qui vicino …”.
Hélène ristette un istante, ma poi leggermente sollevata rispose: “… dove andate? … devo solo farmi i capelli …”.
Allora Chiara la tranquillizzò: “Non preoccuparti … c’è ancora Lorenzo sotto alla doccia, e poi tocca a me … faremo notte prima di uscire!”, e si mise a ridere di gusto; non si era ancora lavata, e quando Hélène aprì la porta del bagno, la sua coinquilina bionda era dinanzi a lei, con i capelli raccolti ed una lunga canottiera bianca che le ricopriva l’addome come se fosse stata un piccolo vestitino.
Hélène incrociò i suoi occhi, e provò nuovamente un bel po’ di vergogna; Chiara volle apparentemente infierire su di lei, e stiracchiandosi le disse: “... mi sento ancora come se mi avesse spazzolata …” e si mise a ridere nuovamente.
Era probabile che Paula le avesse rivelato, di avere intravisto Hélène mentre ella li spiava di nascosto attraverso la serratura della porta, così che adesso Chiara intendeva fare i conti giocando con lei ed umiliandola. Ma non avrebbe mai saputo se fosse realmente così.
Dopo quasi tre ore passate a dividersi il bagno per poter fare la doccia, Hélène per la prima volta in assoluto si ritrovò ad uscire la sera per gli allegri locali del rione, in un’atmosfera calda ed accogliente. Lorenzo e Chiara li seguivano tenendosi per mano, mentre Paula camminava davanti a tutti, e con lei c’erano anche Marco e Lele. Entrarono dentro ad una birreria arredata in stile bavarese, molto affollata e rumorosa, e si sedettero nella sala in fondo: Lorenzo e Chiara da un lato insieme a Paula, e Hélène con le spalle all’ingresso, davanti al ragazzo di Chiara e alla sinistra di Lele.
In quella circostanza si vide benissimo quanto Marco fosse attratto da Chiara: le fissava il viso in continuazione, al punto che anche Paula dovette accorgersene, tanto da apparire in quell’istante anche piuttosto infastidita dalla cosa. La biondina di Vercelli domandò ad Hélène, se avesse iniziato a capire un po’ meglio l’italiano.
Lele fece una battuta, e le disse: “... per esempio bella, sai che la parola scopare ha in italiano due significati?!? …”, e si mise a ridere. Marco rincarò la dose, e fissando sempre Chiara in maniera davvero insistita, aggiunse: “Anche la parola bocca in italiano ha due significati …”. La ragazza teneva infatti in quell’istante, le labbra leggermente schiuse; aveva compreso perfettamente il gioco, ed invece d’evitare di peggiorare il tutto, iniziava davvero a provarci un bel po’ di gusto. Indossava un bellissimo collarino di raso, su un vestito intero con spalline e pantaloni vaporosi di color verde oro; aveva i capelli legati, ed anche lei - alla pari di Hélène - non li acconciava spesso in questa maniera.
La ragazzotta belga rimase immobile sulla sedia, e fu proprio Lorenzo – che fino a quell’istante non l’aveva neppure degnata di uno sguardo – a metterla davvero in difficoltà dicendole: “... te l’hanno mai spiegato … il significato della parola scopare !?!”. Chiara allora prese la mano del suo ragazzo, e ridendo disse: “Lasciatela stare! … è in Italia da soli due mesi, perché siete così cattivi?”.
Tutti quanti risero, e Hélène provò un senso di fastidio e di abuso quasi fisico nel sentirli schiamazzare e rumoreggiare in quella maniera.
Dopo un po’ la biondina si alzò in piedi per andarsene in bagno, nel suo vestitino intero leggermente morbido e rigonfio all’altezza dei fianchi; Lorenzo prendendole una mano le disse: “Vengo anch’io con te”. Aveva notato il comportamento assai irrispettoso di Marco, ed iniziava a temere che questi intendesse provare a portargli via la ragazza; appariva oltremodo innervosito, ed in cuor suo sapeva benissimo che in moltissime altre occasioni, non ci sarebbe stato più lui lì a difenderla.
Paula sembrava del tutto indifferente a questi atteggiamenti, quella sera era stranamente meno brillante e divertente del solito; tuttavia, mentre Lorenzo e Chiara si allontanavano tenendosi per mano, fece altrettanto e strinse la mano di Marco, che sorridendo gliela baciò.
Lorenzo attese Chiara fuori dal bagno, e nell’istante in cui quella aprì la porta per avvicinarsi al lavandino, egli fece un passo in avanti dentro alla toilette, che era riservata alle sole donne; e le fu addosso con un attacco di passione rabbioso, per nulla gentile: le afferrò con ambedue le mani il pantalone lungo i glutei morbidi e profumati, stringendoglieli e sollevandoglieli tutti quanti sotto il cotone leggero.
Chiara non apprezzò affatto la cosa, ed alzando leggermente la voce, lo respinse dicendo: “Ma che cavolo ti prende!?! …”; era geloso da morire, e avrebbe voluto farla di nuovo sua in quell’istante, per sentirla posseduta e incatenata a sé.
La serata scivolò via, con Marco che apparentemente, s’era calmato un po’ e adesso dedicava più attenzioni a Paula; la quale s’era anche visibilmente rincuorata nel frattempo. Si spostarono in un piccolo locale della stradina accanto, dove due giovanotti dai tratti fisici vagamente irlandesi, suonavano la chitarra e cantavano in allegria.
Fu lì che Lorenzo commise il fatale errore di andarsi ad ordinare una birra, lasciando così la sua ragazza da sola assieme agli altri, in prima fila davanti al piccolo palco dove si esibivano i due giovani.
Nonostante Paula fosse solamente pochi metri più in là, ed anche Hélène li stesse osservando con attenzione, approfittando della luce molto bassa della sala Marco s’avvicinò alle spalle di Chiara, e con nonchalance le mise un palmo della mano su uno dei due glutei, tastandoglielo tutto quanto e facendogliela sentire per bene.
Hélène ristette, temendo il peggio, una reazione violenta e sconsiderata; e invece stranamente Chiara non si mosse, facendo finta di continuare ad ascoltare la musica dei due ragazzi irlandesi, ma sentendo benissimo l’impronta della manona di Marco lungo tutto il didietro, da cima a fondo.
Era inconcepibile, la sua compagna d’appartamento si stava facendo toccare il culo da un altro, proprio la stessa sera in cui ella aveva rivisto il suo, di ragazzo, il presunto innamorato che non incontrava da ben due mesi.
Hélène provò una strana sensazione di disagio, ed improvvisamente ricordò tutti i deliziosi capi di biancheria intima che aveva veduto nel cassetto della sua coinquilina: concluse in quel frangente che Chiara, contrariamente alla sua prima impressione, era tutt’altro che una timida santarellina. Ed in quella circostanza, ella stava sicuramente provando un gran piacere a venire toccata in quel modo.
Marco fu molto scaltro a mollare la presa delle natiche di lei, un istante prima che Lorenzo si riaffacciasse nella sala; questi tornò accanto alla sua ragazza, cingendole la vita in un abbraccio delicato. Quella notte avrebbero fatto l’amore di nuovo dentro al salone, al buio, in maniera discreta e silenziosa per non venire ascoltati; con Hélène immobile nel letto colta da brividi di voluttà lungo tutta la schiena.
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