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FRANCESCO E MICHELE, IERI OGGI E DOMANI


di only_a_boy
15.03.2023    |    4.827    |    6 9.3
"Gli aveva detto che non gli andava e che sarebbe stata una complicazione inutile..."
Questo racconto ha scene di sesso ma non penso sia un vero e proprio racconto erotico: vuole piuttosto cercare di illustrare l'evoluzione, negli anni, di un rapporto. Per questo ho spezzettato l'azione, mettendo consecutivamente la prima parte di ciascuno dei tre episodi, che sono cronologicamente distanti, seguita poi dalle relative seconde parti. Potete leggerli come li ho scritti io o, per avere una visione unitaria, potete usare per i tre episodi il seguente ordine cronologico: "INCONTRO - DICEMBRE 2010" "COITO - DICEMBRE 2010"; "INCONTRO - DICEMBRE 2011" "COITO - DICEMBRE 2011"; "INCONTRO - LUGLIO 2022" "COITO LUGLIO 2022". Naturalmente, un grazie a chi vorrà votare il racconto e a chi vorrà darmi un feedback, positivo o negativo che sia, nei commenti: è sempre utile avere un riscontro al proprio lavoro.


INCONTRO – DICEMBRE 2010
Appena il bus arrivò in piazza, Francesco fu pronto a balzare giù, diretto verso il palazzo delle poste. Mentre si stava recando a passo svelto verso il luogo dell’appuntamento, si era rimesso in testa il cappuccio, talmente preoccupato di arrivare il prima possibile da non accorgersi che aveva smesso di piovere.
Con il capo chino sul suo cellulare era di gran lunga più interessato a leggere l’ultimo messaggio di Michele, che gli diceva dove lo stava attendendo: “Sono di fronte alle poste, è la Punto rossa con le 4 frecce accese” gli aveva scritto e Francesco, benché il suo scarso interesse in tema di autovetture non gli consentisse di distinguere un veicolo dall’altro, cercava di individuare quello in cui era atteso.
Vista la vettura rossa, prima di aprire lo sportello si sporse al finestrino, che subito si abbassò: al volante c’era un ragazzo moro, dai capelli mediamente lunghi e con in testa un berretto con visiera, che gli ricambiò lo sguardo sorridendo. Francesco entrò in macchina, porgendogli la mano e presentandosi, con la solita vocina incerta che gli usciva a tradimento quando era imbarazzato. Anche Michele era abbastanza timido, ma, dall’alto dei suoi 25 anni, gli venne naturale essere l’elemento trainante in compagnia di quel ragazzino più giovane di quattro anni.
Si erano conosciuti solo pochi giorni prima su un sito di incontri e, come spesso accadeva, qualche chat su msn, lo scambio dei cellulari e, infine, l’appuntamento conoscitivo.
A Michele Francesco era piaciuto fin dalle prime foto e dalla CAM: aveva 21 anni, il volto pieno di chi ancora deve lasciare l’adolescenza, le gote ancora glabre, i capelli ondulati, castani, portati abbastanza lunghi, due occhi da cerbiatto e lineamenti regolari. A questi pregi erano anche da aggiungere, e Michele l’aveva notato subito con la coda dell’occhio mentre l’altro entrava in macchina, delle gambe ben modellate e un culetto sodo. Insomma, pensava Michele, Francesco sembrava proprio un tipetto carino, peccato solo che stesse sulle sue.
Dal canto suo Francesco osservava Michele: capelli castano scuro, lisci, sopracciglia curate (“me le devo fare, se no avrei un’unica arcata da un occhio all’altro” ammise a mo’ di scusa Michele), barbetta corta, un bel taglio degli occhi (castani), un naso dritto ed un corpo proporzionato, anche se piccolino di statura: non doveva raggiungere il metro e sessanta.
Mentre la punto rossa si muoveva tra le strade bagnate dalla pioggia, i due chiacchieravano. Non avevano una meta precisa, solo tanta voglia di conoscendosi. Così, ciascuno parlava di sé o ascoltava l’altro, con quella tipica cortesia di chi, al primo appuntamento, tiene a fare buona impressione.

INCONTRO – DICEMBRE 2011
Allo squillo del citofono, Michele chiese “Chi è?” ben sapendo che avrebbe ottenuto la rituale risposta “sono io”. Dopo aver aperto il portone, andò di corsa in cucina a spegnere il fuoco sotto al sugo e poi, al suono del campanello, tornò ad aprire la porta.
Di fronte a lui c’era il ventiduenne Francesco, che gli sorrise un po' malinconico.
“Entra dai”, lo salutò Michele, facendolo passare.
“Ho preparato l’amatriciana, ti va bene?”
“ottimo”, rispose Francesco, mentre il suo ospite era già tornato in cucina. Michele non faceva molte cerimonie e dopotutto Francesco conosceva bene quella casa, che ora guardava mogiamente. Negli ultimi mesi aveva frequentato spesso quel luogo, fin da quando Michele, dall’hinterland in cui viveva, aveva preso una stanza in subaffitto in città, ufficialmente per evitare di fare avanti e indietro per il lavoro, nella realtà per stare più vicino a Francesco, il suo ragazzo.
Era rimasto in quella casetta di fitto anche dopo la fine della loro storia, durata appena sei mesi. Dopo un certo periodo di tempo passato senza sentirsi, i due avevano deciso di incontrarsi nuovamente e da lì avevano ripreso a rivedersi con cadenza settimanale. Francesco osservava alle pareti i poster che in altri tempi gli aveva regalato, la tavola imbandita con cura e, soprattutto, ammirava Michele nel suo elemento: la cucina. A lui era sempre piaciuto stare ai fornelli. A Francesco sembrava ogni volta di fare un tuffo nel passato, un passato che però sapeva non esistere più e questa constatazione aveva un sapore amaro.
A tavola, Michele gli chiese a bruciapelo: “sei stato con qualcuno?”. Francesco rimase col boccone in bocca, indugiando qualche secondo prima di ammettere di sì.
Dopo una infinità di litigi e di incomprensioni si erano lasciati per incompatibilità caratteriale, decisione apparsa inevitabile ad entrambi ma che a Francesco era costata davvero tanto. I primi mesi si sentiva come mutilato, ogni cosa lo riconduceva a Michele, ma era determinato a cercare di andare avanti. Pur col cuore infranto, Francesco, studente fuori sede, giovane e single, con tanta curiosità di provare nuove esperienze, non aveva avuto problemi a darsi da fare.
Ad ogni modo, pur essendo a disagio nell’affrontare certi discorsi col suo ex, non aveva nulla da nascondere: dopotutto era lui che era stato lasciato. Così rispondeva a Michele che, invece, sembrava interessato a capire chi fossero i nuovi partner dell’ex e quali fossero i loro Nick nei vari siti, per poterli individuare.
Comunque, ascoltava torvo i dettagli che otteneva dal suo antico amante e quando Francesco gli chiese se in questo periodo avesse avuto incontri, lui rispose sgarbato: “no, e chi c’ha il tempo, io lavoro, mica sono come te che studi”.
Quando si sentiva in stato di inferiorità – e i casi non erano pochi - Michele aveva sempre un atteggiamento aggressivo, propenso a giocare in attacco per fare i distinguo tra loro, al fine di mettere in evidenza chi faceva sacrifici e chi no, chi valeva e chi no, chi era meritevole e chi no, chi aveva esigenze vere e chi no. Gran parte del loro rapporto era naufragato per questo modo di fare. Francesco sorrise tra sé un po' malinconicamente: sapeva che Michele aveva mille paure nell’approcciare il prossimo ed era aggressivo perché si sentiva inadeguato, purtroppo lui era fatto così.

INCONTRO – LUGLIO 2022
L’acqua era in procinto di debordare dalla pentola quando Francesco, precipitatasi, riuscì a scongiurare il peggio abbassando il livello del fuoco sui fornelli. Fatto questo, tornò precipitosamente a finire di mettere la tavola. Per fortuna aveva appena riordinato casa, almeno questo: mancavano solo gli ultimi preparativi gastronomici e sarebbe stato tutto pronto per la serata.
Dio, come odiava cucinare! Avrebbe preferito mille volte pulire e sistemare. E invece era tornato in cucina, a sbattere le uova per la carbonara, non gli restava che confidare in un ritardo di Michele, quando, puntualissima, arrivò la scampanellata all’ingresso.
Aperta la porta, Francesco si ritrovò davanti a sé un uomo di 40 anni, piccolino di statura come ricordava ma con i capelli portati corti, per occultare la stempiatura. Il sorriso, tuttavia, era lo stesso di sempre, al pari della sua voce nasale e il suo accento romano. Michele, come suo solito, non si presentava a mani vuote e consegnò al padrone di casa una bottiglia di vino.
“Hey, chi si rivede!” disse Francesco con sincero piacere, facendolo entrare.
L’attenzione di Michele fu catturata subito dalla casa in cui si trovava: lui che si svenava per pagare l’affitto in una zona periferica della città (“ma almeno ho una casa tutta per me, basta con le stanze in condivisione”) e viveva in 35 mq scarsi, ora era al cospetto della casa di Francesco, di proprietà, che troneggiava nei suoi 100 mq in una zona centrale.
Francesco, come era solito con chi veniva la prima volta, gli fece fare il giro del suo trilocale, con naturalezza, senza la minima intenzione di ostentare alcunché: in verità non avrebbe neanche invitato Michele a casa sua, era stato lui che, alla proposta di rivedersi dopo anni di lontananza, anni in cui però si erano scambiati puntualmente gli auguri di compleanno, aveva puntualizzato “ok, magari possiamo fare da te, così mi fai vedere la casa che ti sei comperato”.
Adesso, in quella casa, Michele osservava le stanze grandi, i mobili nuovi e quelli antichi, di famiglia, che Francesco aveva portato con sé: “complimenti, hai gusto” disse a mezza bocca. Francesco tra sé rideva divertito, pensando che sua madre non sarebbe stata d’accordo, dato che molti dei mobili si armonizzavano male, ma Michele certo non aveva avuto una formazione da interior designer.
“Allora, pronto per la carbonara? Non ti aspettare miracoli però!”, disse Francesco.
“Certo, ricordo come cucinavi!” gli rispose Michele scherzando.
Mentre erano a tavola, Michele osservava Francesco, intento a servirgli il piatto: quando l’aveva conosciuto era un cucciolo ma oramai era un uomo: aveva da poco compiuto 35 anni, i suoi lineamenti si erano induriti in un volto più scavato, ma conservava ancora quegli occhi di cerbiatto e – beato lui, pensava Michele, che stava ingrassando – aveva un corpo snello, dalle gambe muscolose ed un culetto ancora sodo.
I due, che non si vedevano da oltre un decennio, parlavano delle rispettive vite: Francesco era un impiegato, era tornato stabilmente in città, da anni era fidanzato con un uomo più grande, una relazione che aveva avuto alti e bassi ma che ora si era consolidata.
“Non convivete?” chiese Michele. No, non convivevano: ci avevano provato e non era andata bene, avevano trovato un equilibrio ognuno a casa propria, ognuno con i propri spazi.
Michele, invece, continuava il suo lavoro da infermiere, aveva lasciato la prima casa di tanti anni fa, in condivisione con un coinquilino, per realizzare il sogno di vivere da solo, di fitto ovviamente, perché non avrebbe mai potuto acquistare una casa col suo stipendio. Ed era single, qualche esperienza sentimentale finita male, qualche rara esperienza sessuale: si sentiva sempre bloccato, inadeguato, non viveva in serenità. Per la sua altezza, per i suoi complessi che si portava dietro dall’adolescenza. Queste cose non le diceva a parole, ma Francesco, che lo conosceva bene, gliele leggeva in faccia e l’affetto che provava verso di lui gli avrebbe fatto desiderare, in quel momento, di abbracciarlo.

COITO – DICEMBRE 2010
La porta si spalancò facendo entrare i due ragazzi. Francesco fece rapidamente strada per condurre Michele in camera sua. Era la classica stanza singola di una casa per studenti universitari, alle pareti poster, una vecchia tv a tubo catodico ad un angolo, lungo i muri una serie eterogenea di mobili stile Ikea, tra cui l’immancabile scrivania con la lampada, su cui giacevano una serie di libri sottolineati e il portatile.
Michele si era seduto sul letto: con le sue gambe corte (era alto 1.58) sembrava un bambino nel letto dei genitori, ma a Francesco sembrava davvero carino. Erano stati a cena al Mac Donald (e Michele aveva voluto offrire), chiacchierando e conoscendosi meglio e poi, dopo aver cercato senza grande interesse un film da vedere al cinema, erano saliti da Francesco. Ora erano seduti uno accanto all’altro sul letto, si guardarono negli occhi e si baciarono. Tra coccole e palpeggiamenti, si liberarono entrambi dei vestiti e rimasero nudi sul copriletto, ad accarezzarsi vicendevolmente.
Francesco istintivamente si abbassò per prendere in bocca il cazzo di Michele, un bel pezzo di carne incappucciato, che troneggiava monolitico con i suoi 15 cm di lunghezza, ma Michele lo fermò: “non mi conosci, non ti conosco”. Già dalle prime conversazioni Francesco aveva capito quanto il lavoro da infermiere rendesse Michele paranoico sulle malattie sessualmente trasmissibili e preferiva andarci cauto. Un po' disorientato Francesco disse “ok” e tornò ai piani superiori, abbracciandolo senza sapere bene cos’altro fare, dato che fino ad ora il ragazzo non era andato oltre i rapporti orali.
Dopo un minuto di silenzio, si sentì sussurrare all’orecchio da Michele: “Lo vuoi provare dentro?”.
“Si” gli scappò detto, senza pensarci due volte.
Michele si era alzato per prendere dal suo zaino i preservativi, il vederlo nudo, con la sua statura piccolina e quel bel corpo proporzionato, dai pettorali sviluppati, con quel pisello in erezione, fece intenerire Francesco, gli veniva voglia di abbracciarlo di nuovo.
Tornato sul letto col materiale necessario, Michele iniziò a dirigere l’azione, facendo sdraiare il suo partner a pancia all’aria dopo avergli messo un cuscino sotto la schiena, per fargli tenere il culetto in alto. Francesco, docilmente, seguiva tutte le istruzioni.
Michele guardò quel ragazzino in quella posizione, era davvero bello: il fisico magro, con ancora un accenno di addominali disegnati come tutti gli adolescenti, era decorato da una serie di peli che facevano un bel disegno, dal petto, rimasto acerbo, scendevano giù fino ad incorniciare l’ombelico, per espandersi poi attorno al pisello - un bel pisello all’insù dalla cappella scappucciata leggermente ingrossata - e scendere abbondanti sulle sue belle gambe muscolose. Ancora più sotto, messo in evidenza dal bacino sollevato dal cuscino, si vedeva il buchino, incorniciato da peli nerissimi, chiuso, che attendeva.
Francesco osservava Michele, che gli era sopra: con il buco del culo in bella vista, mentre guardava dal basso verso l’altro il suo partner, si sentiva vulnerabile ma tranquillo: quello sguardo che non lo perdeva un istante gli dava sicurezza. Michele indossò il preservativo, si mise le gambe di Francesco sulle spalle e iniziò a puntare il suo cazzo contro quel buchino. Dire che sembrava chiuso era un eufemismo, sarebbe stato arduo entrarci, ma c’era tutto il tempo..
Spingeva leggermente e poi si ritraeva subito, per far abituare il buco al volume che avrebbe dovuto accogliere, avanzando leggermente di più ad ogni nuovo accesso. Michele, pur assorbito da queste operazioni che faceva per la prima volta (fino a quel momento era stato passivo ma come riuscire ad esserlo davanti ad un ragazzino così giovane che si faceva condurre per mano in questo nuovo mondo con fiducia?), non perdeva mai il contatto visivo con Francesco che, imbarazzato dal trovarsi in quella posizione, restava comunque concentrato ad osservare Michele.
“Cerca di rilassarti, quando senti dolore espira forte dalla bocca e poi inspira”, gli diceva, buttando fuori aria dalla bocca per fargli capire come avrebbe dovuto fare.
Francesco espirava, Michele avanzava, allargando le pareti di un culetto davvero stretto. Francesco sentiva un po' di dolore, ma Michele ci andava talmente piano e aveva un tono di voce così premuroso che era determinato ad accoglierlo.
“Fatti una sega, ti aiuterà a rilassarti”. E Francesco, eseguendo coscienziosamente ogni istruzione, lui iniziò a masturbarsi, sempre senza perdere di vista il volto del ragazzo che era sopra di lui e che stava avanzando dentro di lui.
A un certo punto Michele si fermò, era riuscito ad entrare tutto. Francesco si sentiva riempito, ed era contento. Allora Michele si mosse in senso opposto, uscendo per poi rientrare, ad ogni ingresso le pareti cedevano un po’ di più, ad ogni uscita era come se gli venisse strappato qualcosa a cui oramai non voleva rinunciare.
A Francesco, nella sua passività, venne spontaneo sorridere e continuò a sorridere durante tutto l’atto, ricambiato da Michele che, montandolo, sempre con le sue gambe sulla schiena, gli accarezzava il volto. Michele provava sensazioni nuove, dopotutto stava usando il suo pisello da attivo per la prima volta, ma, proprio perché era stato passivo, aveva mille accortezze temendo di fare male a questo dolce ragazzo che lo guardava con fiducia.
Anche Francesco stava provando sensazioni nuove: dolore, mitigato però dalla masturbazione. L’iniziale fastidio alla prostata (gli sembrava di dover fare pipì) divenne una presenza a cui si abituò, così come il sentirsi allargate le pareti del culetto, che gli bruciavano: ma Michele era talmente premuroso che non avrebbe rinunciato ad averlo dentro per nulla al mondo.
Francesco non sapeva da quanto stava durando la scopata, non aveva orologio, restava rapito nel guardare gli occhi del ragazzo che lo stava montando, continuando a sentire solo il bisogno di arrendersi a lui e di sorridere. A un certo punto Michele, affaticato, sussurrò: “veniamo!” e uscì da Francesco.
Si tolse il preservativo e si masturbò il pisello, arrossato dalla sua prima penetrazione, e dopo pochi attimi venne abbondantemente su Francesco, che non aveva smesso di farsi una sega e di sorridere: appena si vide sulla pelle (e sul pisello) il seme del compagno, esplose anche lui, mischiando sul suo corpo il suo sperma a quello di Michele.
Appagato di aver visto Francesco venire, Michel lo baciò intensamente e lo abbracciò. Quella notte i due dormirono in quel piccolo letto a una piazza, rimanendo abbracciati, in parte per ottimizzare lo spazio, in parte per desiderio reciproco.
Francesco non dormì molto, era la prima volta che condivideva il giaciglio con qualcuno, ma era felice: il calore del corpo di Michele dietro la sua schiena, che lo abbracciava, gli dava sicurezza, e il bruciore che sentiva nel culetto dopo la sua prima volta era il ricordo di quella prima unione e lo lasciava contento, quasi avesse creato sul suo corpo un legame con quel ragazzo.
Gli baciò una mano e rimase in silenzio nella notte, mentre sentiva nascere in sé la certezza che da quel giorno, dopo tante delusioni, non sarebbe stato più solo.

COITO – DICEMBRE 2011
I due ragazzi si erano alzati dalla tavola, Francesco aiutava a sparecchiare, Michele, ignorando le proteste dell’ex, procedeva spedito a lavare i piatti. Come sempre era stata un’ottima cena, a Michele piaceva molto cucinare, Francesco ne aveva giovato più volte nel periodo in cui erano stati assieme.
E ora, in piedi appoggiato alla porta della cucina, mentre osservava Michele lavare i piatti, come una volta, sospirava: quante volte avevano vissuto questa stessa routine, ed era tutto così bello all’epoca: allora passavano assieme più tempo possibile, tutto il tempo che Michele aveva libero dal lavoro e Francesco dalle lezioni universitarie.
I primi mesi della loro storia gli erano sembrati un sogno: dopo tanto tempo in solitudine, ecco un ragazzo che voleva stare con lui, che condivideva la quotidianità con lui. Poi però, le differenze caratteriali, i continui complessi di inferiorità di Michele, vuoi per l’altezza, vuoi per le sue umili origini (era il solo in famiglia che aveva voluto studiare, pagandosi da solo l’università e lavorando), gli causavano un’insicurezza che riversava sempre aggredendo Francesco, che invece era “il figlio di papà”, di famiglia colta e benestante, che si esprimeva sempre con un linguaggio forbito senza accorgersene.
E, alla fine, la relazione era esplosa e i due si erano lasciati. Francesco l’aveva presa molto male ma aveva cercato di risollevarsi, sebbene ogni giorno l’assenza di Michele lo intristisse. Anche se il rivederlo, dopo mesi di lontananza, non gli era d’aiuto, non sapeva tirarsi indietro ogni volta che l’altro lo chiamava: pensava che avesse bisogno di lui, lo vedeva a sua volta solo, in balia delle mille difficoltà del suo carattere e del lavoro e desiderava cercare di aiutarlo, di dargli quello che chiedeva.
E, finito di asciugare i piatti, Michele non tardò ad avvicinarsi all’ex per esternargli, casomai ci fosse stato ancora bisogno, quello che voleva: lo prese per mano e lo accompagnò in camera da letto.
Ultimamente era diventata una triste routine, piuttosto meccanica, da quando si erano rivisti la prima volta dopo mesi. In quell’incontro, il primo da quando si erano lasciati, sembrava tutto molto cordiale, quasi un voler restare amici, ma, al momento di salutarsi, Francesco aveva sentito una tristezza e una solitudine sempre crescente appesantirgli l’animo e alla domanda di Michele - che fino ad allora aveva ostentato calma e serenità - “stai bene?” rispose scoppiando a piangere “no”. A quelle lacrime Michele rimase stupito, lo abbracciò, lo accarezzò, cercando di consolarlo: non si aspettava che quel ragazzino, che comunque ora scopava a destra e a manca come lui non riusciva a fare, fosse ancora così affezionato al suo ricordo e la cosa in parte lo lusingava. E mentre Francesco singhiozzando ammetteva che gli mancava, le loro labbra si unirono, si ritrovarono a baciarsi, e finirono, dopo tanto tempo, a letto assieme.
Da quella volta ripresero i loro incontri, con cadenza settimanale, Michele chiamava e Francesco veniva, e ogni sera finiva con una scopata. Solo che più la routine si ripeteva, più meccanico diventava il tutto. Così anche quella sera, Francesco si ritrovò nudo sul letto, a pecorina, con Michele dietro che entrava.
Michele di fronte a quel culo sodo, che era a sua disposizione, era sempre eccitato: gli piaceva ora vederlo a pecorina, con quelle gambe muscolose e quella schiena, di spalle. Il suo cazzo entrava con grande facilità adesso e questo non poteva che spingerlo a chiedersi, tra sé, a quanti maschi questa piccola troia si prendeva dentro. Questo interrogativo, che certo doveva frustrare il suo spirito di emulazione, lo fece adombrare mentre osservò a voce alta “che fatica quella volta a sverginarti”. Nel contempo, infilò totalmente il suo cazzo nel culo con rapidità, quasi a sottolineare come le cautele di un tempo non fossero più necessarie.
E in effetti al culo di Francesco oramai toccava l’onere di accogliere spinte sempre maggiori e con sempre maggiore foga. Il ricordo della dolcezza delle prime volte conduceva Francesco ancora lì, eppure il modus operandi era totalmente diverso.
Mentre riceveva il cazzo di Michele nel culo, Francesco andava col pensiero all’evoluzione nei loro rapporti a letto, dalla timidezza iniziale alla scoperta del piacere: e man mano che il suo buchino si allargava (ed era veramente felice che fosse fisicamente diverso da prima, felice di portare sul suo corpo il segno del passaggio del suo ragazzo), lui scopriva il piacere di accogliere, di sentirsi stimolato dentro di sé, iniziava anche ad auto impalarsi e a scoprire sé stesso.
Poi, quando nella loro storia le cose andavano male con i suoi alti e bassi, quando facevano l’amore Francesco si aggrappava a quegli attimi con disperazione, avrebbe voluto che non finissero mai perché erano i momenti in cui non c’erano tensioni né litigi ed erano un corpo solo.
Ora invece, dopo i litigi, dopo che si erano lasciati, dopo che si erano rivisti, quando scopavano le cose erano differenti: Michele lo prendeva, lo penetrava, veniva. Spesso lo metteva a pancia sotto e lo scopava con forza. In quella posizione Francesco avvertiva dolore e non riusciva a masturbarsi ma aveva anche smesso di protestare o di cercare di cambiare: sentiva la voglia dell’altro di soddisfarsi e di imporre la sua volontà e l’accettava fino a quando con le ultime spinte Michele non veniva.
Così quella volta, quando Michele tirò fuori il cazzo dal suo culo, Francesco si sentì sollevato. Nel guardare il preservativo, sporco di merda e di sangue, pensò con ironia al trasporto che aveva avuto i primi tempi, quando la prima volta che Michele gli venne nel culo, aveva sperato che il preservativo si fosse rotto perché avrebbe desiderato ricevere dentro di sé il seme del suo uomo.
Ora, invece, quel seme veniva buttato, assieme al preservativo, nell’immondizia e quello che non era più il suo uomo andava a lavarsi, senza preoccuparsi che l’altro fosse venuto o meno. Rimasto nudo, col culo aperto e col pisello moscio, in quella stanza, Francesco si scrollò di dosso i suoi ricordi, i soli che l’avevano portato lì e fatto rimanere tutte quelle volte in quella stanza.
La situazione era oramai squallida, si sentiva un oggetto per il piacere unilaterale dell’altro e non capiva perché anche questa volta gliel’avesse permesso. Quando si erano lasciati aveva sofferto ma si era dato come buon proposito il cercare di dimenticarlo e di stare bene. Ora si rendeva conto che serviva un altro buon proposito per conservare il rispetto di sé: così si disse che quella sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbe fatto usare da Michele. Si rivestì in fretta e quando salutò Michele sentì dentro di sé che non l’avrebbe più rivisto, almeno per un bel pò.

COITO – LUGLIO 2022
“E ora dove sta il tuo compagno?” chiese Michele, mentre Francesco terminava di mettere nella lavastoviglie i tegami.
“È sceso a trovare la famiglia, tornerà tra qualche giorno”, gli rispose, raggiungendolo in salotto. Avevano finito di cenare e si erano sistemati sul divano, continuando a chiacchierare. Michele chiedeva come andasse la vita di coppia e Francesco rispondeva tranquillamente, lamentandosi un po' per la monogamia, che dopo tanti anni gli stava stretta, ma queste erano le regole col suo partner, prenderle o lasciarle.
“Svagati tu fino a che puoi” gli disse. “eh…” rispose l’altro, facendo intendere che non stava concludendo un granché.
“Dai, io se fossi single mi godrei la vita eccome”.
“Già, ricordo che quando ci siamo lasciati ti eri dato alla pazza gioia”, rispose Michele, dandogli un buffetto sulla guancia.
Francesco sorrise tra sé amaramente: si, era vero, si era dato alla pazza gioia, ma il ragazzino che era all’epoca come sarebbe stato felice di tornare assieme a Michele e conoscere solo il suo cazzo in luogo di una moltitudine, se solo fosse stato possibile continuare a stare con lui!
Piano piano il discorso tra i due era passato al sesso, esperienze passate vissute con altri, cose che ancora non avevano provato, cose che amavano fare.. Era curiosa questa conversazione quasi da adolescenti in bocca a due uomini che, tra l’altro, avevano avuto un passato assieme.
Ma, dopotutto, di acqua sotto ai ponti ne era scorsa talmente tanta che, quasi persone diverse, dovevano ancora conoscersi per come erano diventati.
“E quindi ti piacciono gli specchi?” chiese Michele.
“Naturalmente, mi piace avere una doppia angolazione quando scopo, in questa casa ho cercato di metterne il più possibile”.
“Ma dai? Fammi vedere”.
E lo condusse prima nel bagno e nell’antibagno, dove una grande parete specchiata offriva una visione frontale e lo specchio del lavandino dava una prospettiva laterale. Poi lo portò in camera da letto, dove il medesimo gioco era riproposto dal grande specchio sulle ante dell’armadio, di fronte al letto, che offriva un’ottima visuale, e dalla specchiatura della cassettiera che, lateralmente, ricambiava la prospettiva.
“Vedi? Visione frontale e laterale, in modo tale che quando mi scopano posso vedere entrambe”.
“Hai capito a Francesco..” disse Michele con un filo di voce, per poi riprendere: “certo che tutti questi discorsi mi hanno fatto eccitare..”.
“E beh, apri Grinder e vedi chi c’è in giro e ti puoi svagare”.
“Eh, non mi va con sconosciuti… ma sarebbe bello farlo con te”.
Francesco lo guardò, senza essere stupito: dopotutto l’autoinvito a casa, qualche battutina infilata di proposito e il discorso che era caduto sul sesso gli erano sembrati proprio un tentativo per arrivare lì. Ma volle avere la prova del nove esclamando a mezza voce: “anche se volessi non sarebbe possibile, non ho preservativi né lubrificante”.
“Li ho portati io”.
“Come volevasi dimostrare” – disse tra sé Francesco – “uno non si reca ad una cena con quella roba in tasca se quanto meno non ha in programma di tentare di scopare il padrone di casa”.
E così erano lì, assieme, in piedi nella camera da letto. Con un “sì” Francesco avrebbe potuto scopare di nuovo col suo ex, con il suo Michele, con quel ragazzo a cui aveva voluto tanto bene e che aveva dovuto quasi strapparsi dal cuore per dimenticarlo.
Ora quei tempi erano passati e, in caso di scopata, si sarebbe trattato solo di togliersi uno sfizio, di vedere come se la sarebbero cavata assieme dopo oltre dieci anni. Ma, forse, l’idea di scopare nel luogo dove faceva l’amore con il suo compagno, la paura di beccarsi magari il Covid con le ferie alle porte, la semplice indolenza e la scarsa propensione al rischio gli fecero ammettere: “non mi va: sarebbe una complicazione inutile”.
Non lo diceva per il piacere tutto femminile di negarsi e di fare un dispetto, era sincero, si sentiva molto stanco da questa prospettiva.
A Michele non restò altro da fare che accusare il colpo e i due tornarono di là, cercando di riprendere una conversazione che divenne ben presto piatta. A serata finita Michele ringraziò educatamente il padrone di casa e uscì sul pianerottolo, con Francesco che l’aveva accompagnato ed era sulla soglia, aspettando di vederlo entrare nell’ascensore.
Rimase così per qualche attimo anche quando Michele fu andato via, ripensando al fatto che il suo primo amore ci aveva provato e che lui l’aveva rifiutato.
Gli aveva detto che non gli andava e che sarebbe stata una complicazione inutile. Ma c’era anche un altro motivo che l’aveva portato a dire di no: è che con gli anni aveva capito che fin dal principio Michele non l’aveva mai né voluto né stimato: si erano trovati così, casualmente, dieci anni prima, entrambi bisognosi di una relazione e si erano messi assieme. Ma l’atteggiamento che Michele aveva sempre avuto verso Francesco era stato quello tipico di chi desiderava altro, qualcos’altro che non era in grado di provare a conquistare, e che, quindi, si accontentava di quello che aveva sottomano, in quel caso di Francesco.
E quelle scopate piuttosto squallide fatte dopo che si erano lasciati, con Michele che aveva un atteggiamento quasi di chi si stesse masturbando in quel culo, erano solo un modo per lui di marcare il territorio, quel territorio che guardava sfuggirgli di mano e fare le esperienze che lui non si sentiva in grado di fare.
Francesco rimase ancora alcuni attimi così, nel condominio silenzioso, guardando nella direzione in cui Michele era andato via, poi si destò e chiuse la porta, ben sapendo che difficilmente si sarebbero rivisti ancora: non ce n’era proprio più il motivo.

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