Gay & Bisex
Il 1^giorno di lavoro -Seguito dal Colloquio

14.07.2025 |
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"Due cazzi duri, due uomini sopra di me, che parlavano come se fossi solo uno strumento da usare..."
Quel lunedì mattina arrivai in azienda con un misto di ansia e adrenalina. Avevo dormito poco, e il pensiero di rivedere Marco – il titolare – mi provocava una strana eccitazione che cercavo di nascondere sotto la divisa fresca e ben stirata.Mi accolsero con cortesia. Mi diedero il badge, mi mostrarono la postazione, e il capo del personale mi fece un breve giro di presentazione. Tutto normale… ma io sapevo bene che la mia posizione lì non era come le altre.
Era frutto di un “accordo” non scritto.
Un accordo sporco, eccitante, segreto.
Ogni volta che qualcuno parlava con me, mi salutava o mi chiedeva qualcosa, dentro di me si affacciava un pensiero fisso:
“Se sapeste che pochi giorni fa, in quell’ufficio al piano di sopra, mi sono inginocchiato e ho succhiato il cazzo del vostro capo fino a ingoiargli tutta la sborra…”
Alle 11:23 il telefono interno squillò.
«Enrico, vieni un attimo da me. Porta con te un foglio e una penna. Chiudi la porta quando entri.»
Mi alzai subito. Il cuore già in gola. Solo il tono della voce bastava per farlo indurire sotto la divisa.
Sapevo cosa mi aspettava. O meglio: speravo lo stesso trattamento ricevuto pochi giorni prima, in quel colloquio “alternativo” che mi aveva garantito il posto.
Bussai.
«Avanti.»
Entrai, chiusi a chiave.
Marco era dietro la scrivania. Camicia sbottonata sul petto, cravatta allentata.
Mi guardò come si guarda un giocattolo personale.
«Stai facendo una bella impressione, bravo. Gentile, educato… e molto discreto.»
Fece una pausa. Mi guardò da sopra gli occhiali.
«Ma oggi, oltre a me… c’è un altro che vorrebbe testarti.»
Fece un gesto verso la porta laterale.
Entrò un uomo distinto, sulla sessantina. Giacca elegante, sguardo affamato. Era uno dei manager in visita, lo avevo intravisto quel mattino.
Si chiuse la porta dietro alle spalle, senza dire una parola.
«Lui ha un impegno tra poco,» disse Marco, «ma non voleva rinunciare a un tuo servizietto. Così abbiamo pensato di divertirci un po’… insieme.»
Nel frattempo Marco aveva già aperto la zip. Il suo cazzo uscì con una naturalezza indecente, già duro a metà.
L’altro lo imitò. Due cazzi davanti a me. Uno più grosso, spesso, scuro… l’altro più lungo, con la cappella liscia e lucida.
Io… in ginocchio. In mezzo. Con il fiato corto.
«Fai il bravo, Enrico. Sai già cosa devi fare.»
Iniziai con Marco, il mio “padrone”. Gli baciai la cappella, poi la presi in bocca lentamente, con rispetto. Sentivo il manager che si avvicinava accanto.
Mi tirai leggermente indietro, e iniziai a succhiare anche lui.
Passavo da un cazzo all’altro, baciandoli, leccandoli, succhiandoli con sempre più voglia. Due cazzi duri, due uomini sopra di me, che parlavano come se fossi solo uno strumento da usare.
Poi la sfida:
«Secondo te, chi viene prima?» chiese Marco all’amico.
«Io sto trattenendo, ma questa puttanella di sicurezza ha una bocca fatta apposta…»
«Dici? Vediamo… io ci metto dieci spinte e vengo.»
Continuarono a chiacchierare tra loro, mentre io succhiavo entrambi.
Passavo da uno all’altro, leccavo le palle del manager, poi tornavo sulla cappella di Marco. La loro eccitazione cresceva.
Il manager cominciava a tremare, Marco respirava più pesante.
«Vieni qui, Enrico… voglio che tu finisca con me.»
Mi guidò sulla sua asta, afferrandomi per i capelli.
Il manager si tenne il cazzo in mano, accarezzandolo mentre guardava la scena.
Marco iniziò a spingere più a fondo, lentamente ma con forza.
«Sei nato per questo… Lo sai, vero? Una bocca come la tua deve solo servire.»
Poi venne.
Un getto improvviso, caldo, dritto in gola.
Ingoiai subito il primo, ma il secondo getto era troppo… mi colò sul mento. Marco, come l’altra volta, usò il suo cazzo per raccogliere le gocce e riportarmele tra le labbra.
«Tutto dentro, troietta.»
Quando mi tirai indietro, ancora con il sapore di Marco in bocca, il manager mi afferrò la testa e mi guidò sul suo cazzo.
Non servivano parole. Lo presi con fame, con bisogno. E dopo pochi secondi… anche lui venne.
Non in fondo. Ma sulla lingua, sulla lingua tesa, come se volesse segnare il territorio. Mi guardava mentre lo ingoiavo, mentre il suo seme caldo colava sulla lingua e sul palato.
Alla fine si ricomposero entrambi.
Marco sorrise:
«Hai perso la scommessa. Te l’avevo detto che sarei venuto prima.»
Il manager ridacchiò:
«Allora la prossima volta lo voglio per me da solo. Ma con calma. Magari in hotel, una sera.»
Marco mi guardò.
«Che dici, Enrico? Lo vuoi anche fuori orario? Lo vuoi un bel giro serale da vero uomo d’affari?»
Abbassai lo sguardo.
E dissi solo:
«Quando volete.»
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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