incesto

Chiara


di reveur
26.01.2013    |    22.390    |    1 9.7
"Ad un tratto, senza che me lo aspettassi, Chiara allunga la mano e la poggia sulla mia coscia destra..."
Le mogli, le fidanzate, le compagne di fratelli, di amici o parenti verso cui nutriamo un profondo e sincero affetto, per molti uomini sono off limits. Ovvero ci sono delle donne che per la loro particolare condizione siamo obbligati a rispettare, a non ritenerle desiderabili, appetibili od oggetto di reconditi sogni erotici. Non abbiamo e non possiamo avere nei confronti di queste donne alcuna mira, ce lo proibisce il rispetto dovuto ad una persona cara, oltre al senso morale e quello etico. Qualcuno ricorderà la legenda di Tristano ed Isotta, innamorati l’un dell’altro, addormentati l’uno accanto all’altro, ma fra di loro la spada del giovane a suggellare l’impegno del galantuomo a non oltrepassare la metà del letto ove giaceva una donna che non può essere sua, perché sposa del re, suo zio. Nella concezione di molti di noi queste donne sono inviolabili.
Ma, sono sempre inviolabili o ci sono delle eccezioni? Qualcuno più cinico o perlomeno più disincantato di me risponderebbe che molte delle nostre convinzioni o certezze hanno i piedi d’argilla e durano fin quando non vengono messe alla prova, dopodichè crollano ineluttabilmente. Nel mio caso si è verificato proprio questo…
La mia nipotina preferita aveva avuto una supplenza annuale per la cattedra d’informatica di un liceo di una cittadina friulana che dista dalla nostra città diverse centinaia di chilometri. I genitori le trovarono un piccolo bilocale ammobiliato che, tuttavia, necessitava ancora di qualche mobile, di suppellettili, attrezzature per la cucina e quant’altro necessario a rendere confortevole un appartamento per un lungo periodo.
Il materiale da trasportare era tanto e non bastava certo l’auto di mio cognato. I genitori della ragazza pensarono, quindi, a me, ovvero allo zio Carlo, che non mi feci ripetere due volte la richiesta, accettando con entusiasmo di accompagnarli con il mio camper. La partenza fu fissata per il venerdì successivo.
Il giorno fissato per la partenza però, mio cognato, per un imprevisto di lavoro, non potè accompagnarci, per cui dopo aver caricato fino all’inverosimile il camper, io, mia cognata Chiara e la mia nipotina facemmo rotta verso Nord-Est. Il trasloco fu massacrante, poiché il monolocale era ubicato al terzo piano di uno stabile senza ascensore, ma in compenso l’umore era alto per cui ridemmo tanto nel sistemare la roba, nel montare mensole, specchi, porta sapone ecc, stabilendo così un sorta di clima cameratesco, più intimo di quando non lo era stato fino ad allora e che divenne euforia al sabato sera, davanti ad una gustosa pizza e ad alcuni boccali di birra.
La domenica pomeriggio, subito dopo pranzo, io e Chiara, ripartimmo per far rientro.
Chiara, che all’epoca aveva quasi 45 anni, mentre io ne avevo 37, ha sempre avuto molta cura della sua persona, sia nel vestire, quanto nel mantenere tonico il suo fisico, frequentando palestra e facendo footing settimanalmente. Chiara era nel complesso una bella donna, ma la sua bellezza era la risultante del suo rigore, delle diete ferree, della sua infaticabile costanza, piuttosto che di dote naturale. Il risultato però era decisamente gradevole, anche se io non l’avevo mai considerata sotto una luce diversa da quella “di moglie di mio cognato” a cui ero fraternamente legato.
Durante il lungo viaggio parlammo del più e del meno serenamente, toccando vari argomenti, fino a quando il discorso scivolo su aspetti alquanto delicati e personali.
Chiara ad un tratto mi chiese se avessi mai tradito mia moglie, puntualizzando che avrebbe gradito una risposta sincera e non le solite e banali frasi di circostanza. La richiesta mi colpì come un pugno in pieno viso e mi fece sentire in gabbia, poiché la richiesta richiedeva una riposta chiara e sincera o quantomeno credibile. Dovetti risponderle di si e prima che lei potesse rilanciare, chiedendomi ulteriori dettagli, l’anticipai chiedendole a mia volta se lei avesse mai tradito il marito.
Dopo una lunga riflessione Chiara si avventurò in un discorso piuttosto lungo che qui cerco di sintetizzare: “Non sono mai stata un tipo facile e pochi uomini mi hanno avuta. Quindi la riposta, come puoi ben dedurre, è si, ho tradito mio marito, non molte volte, ma l’ho tradito. Due sono le componenti fondamentali del mio carattere, l’una forse in antitesi all’altra. In primo luogo mi reputo profondamente onesta e sincera con me stesa e con gli altri. Sono un tipo romantico ed ho sempre creduto e ricercato, per tutta la vita, l’amore. Il sentimento che mi lega a mio marito è appunto l’amore, senza se e senza ma. Ma, l’altra parte di me stessa è affetta dalla smania di evasione da tutto ciò ch’è quotidiano, routine, ripetersi delle cose. Io amo mio marito e non lo lascerò mai e cerco disperatamente, con tutta me stessa, di non tradirlo. Ma questo demone che cova dentro di me mi porta alcune volte al punto di scoppiare, di rompere gli argini, e di non rispondere più di me stessa. Quando si realizzano determinate condizioni e la pressione interiore è al colmo, mi lascio andare con l’uomo che in quel frangente ha saputo creare le condizioni giuste o, semplicemente, quelle condizioni sono state frutto del caso. In quelle poche ore e, tengo a precisare, in quelle rare occasioni, mi concedo con estrema passione, senza lesinare niente, conscia che i rimorsi mi attanaglieranno per anni e per anni non sarò più capace di lasciarmi andare. Te lo giuro, non ho mai reiterati un incontro con lo stesso uomo. D’altronde il rimorso per aver tradito mio marito si riflette in una maggiore profusione di attenzioni nei suoi confronti, in una maggiore carica di passione così da rinverdire il nostro rapporto. Quindi, tutto sommato, il mio tradimento ha un riflesso benefico sul menage familiare, anche se non so’ come in proposito la penserebbe mio marito”.
“ Ti capisco – intervengo io. - In realtà questa smania è qualcosa che prende anche me, con modalità diverse magari. Il camper, ad esempio, altro non è che la rappresentazione del mio desiderio di evasione dal contesto consueto che mi tiene legato alla mia casa, alla mia città per lunghi mesi. Ma quella del camper è solo una delle componenti del cosiddetto “Bovarismo”, termine derivato dal romanzo di Flaubert, “Modale Bovary”. Altra modalità è quella della lettura utilizzata con mezzo per svincolarsi dalla realtà, oppure quella del sesso, con o senza amore. Spinto da questa forza, che a tratti diventa irresistibile, anche io in qualche occasione mi son lasciato andare, ma al contrario di quello che tu mi hai detto, io tendo a far durare un po’ più a lungo la relazione, perché ho la necessità di stabilire con il mio partner un clima di maggior familiarità, con conseguente grave pericolo che mia moglie scopra tutto…”.
Ad un tratto, senza che me lo aspettassi, Chiara allunga la mano e la poggia sulla mia coscia destra. Resto di ghiaccio, non so cosa dire, evito di girarmi a guardarla fissando tenacemente il lungo nastro di asfalto. Un silenzio fosco e pesante scende tra di noi, ma la mano non viene ritirata. A questo punto Chiara dice: “E’ tanto che non si verifica più e, a dire il vero, evito accuratamente che si creino le condizioni perché succeda di nuovo, ma non si può disporre gli eventi della vita a proprio piacimento e questi, quando meno te l’aspetti, si verificano con spaventosa casualità, buttando all’aria tutti i nostri sforzi. Tu sei un bel ragazzo ma, dato il nostro legame, non ti ho mai considerato come un possibile partner. Ora però è diverso; siamo soli, abbiamo del tempo, nessuno può vedere ciò che facciamo, abbiamo a disposizione il camper che simboleggia un’alcova e, soprattutto, una smania incontenibile ha preso ad agitarsi in me da venerdì. Questo carica interiore è andata crescendo di ora in ora, nel sentire i tuoi muscoli contrarsi nello sforzo di portare su al terzo piano i carichi pesanti, nel sentire le nostre mani, i nostri corpi sfiorarsi casualmente nel sentire, quando ti ero vicino, l’odore della tua pelle, del tuo sudore o mentre sbirciavo furtivamente dalla porta socchiusa del bagno la tua nudità mentre facevi la doccia, con i brividi che inconsulti scuotevano il mio corpo, fino ad indurmi nella notte, mentre tu dormivi nel tuo camper a darmi requie, lacerando le mie carni con le unghia, con le dita…”.
Queste ultime rivelazioni di mia cognata ebbero il potere di trasmettere al mio pene una scossa elettrica che ebbe un guizzo repentino, quasi doloroso.
“Davvero?” – chiesi quasi balbettante, non sapendo cosa dire, né come gestire la cosa.
“Si”, risponde lei con un filo di voce.
Ancora una volta il silenzio scese tra di noi, ma l’atmosfera era satura di elettricità e da un momento all’altro sarebbe scoccata la scintilla che avrebbe provocato una deflagrazione irrefrenabile, incontenibile, che ci avrebbe travolto entrambi.
Pur sforzandomi di trovare un modo per ergere una barriera tra di noi, pur cercando apparentemente di trovare una via d’uscita che in realtà non volevo trovare, pur affranto da un lacerante conflitto interiore, i buoni propositi finirono per soccombere, le certezze a vacillare vistosamente di fronte all’imprevedibile prospettiva di un rapporto completamente diverso con mia cognata. Il mio corpo, d’altronde, teso come l’arco di un violino anticipava le conclusioni del mio cervello, predisponendosi a vivere con tutte le sue forze quella situazione nuova ed estremamente eccitante.
Allungai a mia volta la mano verso il suo viso che accarezzai con dolcezza. Fu quello il segnale per mia cognata di aver vinto la mia titubanza. La sua mano inizio quindi a percorrere la coscia per poi posarsi sulla patta dei miei pantaloni, dove faceva bella mostra il bozzo del mio pene in erezione. Lei si avvicinò ancor di più, sedendosi tra i due sedili, con la coscia destra sul suo sedile e la sinistra sul mio, mentre la leva del cambio le campeggiava tra le sue cosce. Le sue labbra bollenti raggiunsero le mia guance, la mia nuca, mentre la sua lingua si intrufolava perfidamente nel mio orecchio. I brividi violenti che mi diedero le sue labbra si ripercorsero all’improvviso sullo sterzo ed il camper ebbe un improvviso sbandamento che fortunatamente riuscii a controllare. Le sue labbra oltre ad essere molto calde, sembravano ventose, capaci di succhiare l’anima. Non osavo pensare cosa avrebbero potuto fare quelle labbra al mio pene…
Così come ero messo non riuscivo a far molto, se non far scivolare la mia mano tra le sue cosce comunque intrappolate nei jeans aderenti. Ma mia cognata era più previdente di me; infatti con un guizzo scavalcò lo schienale del sedile per accedere all’abitacolo, si posizionò alle mia spalle e mentre mi baciava il collo la nuca, le guance, le sue mani raggiunsero di nuovo la patta dei miei pantaloni. Ma la situazione non si prestava a quel tipo di esercizio per cui mi affrettai a parcheggiare in un’area di sosta.
Dopo un tempo che mi sembrò un’eternità riuscii a parcheggiare il camper e ad entrare nell’abitacolo. La trovai in mutandine e reggiseno e la visione fu di quelle che ti lasciano senza fiato. Avevo tante volte visto mia cognata in costume da bagno e tante volte i miei occhi si erano posati furtivamente sulle sue cosce magnificamente tornite, sui suoi glutei sodi e ben modellati, sulla perfetta attaccatura tra questi e le cosce e la schiena. Tutta quella grazia conturbante che in passato ero costretto ad ammirare con fugaci sguardi ora mi si mostrava in tutta la sua magnificenza senza dover distogliere lo sguardo e, soprattutto, pronta ad essere carpita.
Prima ancora che mi riprendessi dalla visione della sua nudità, mia cognata con un gesto preciso slaccio il reggiseno aggiungendo alla mia visione due seni consistenti, dalla forma perfetta, e due capezzoli turgidi con grandi e scure aureole che anelavano una bocca da sfamare; poi le sue dita s’insinuarono nell’elastico degli slip che tirò giù d’un sol colpo, mostrandosi a miei occhi nella sua totale e magnifica nudità. Tutta quella grazia mi dava le vertigini e quando le sue braccia cinsero il mio collo il suo profumo fini con l’ubriacarmi del tutto tanto che dovetti quasi aggrapparmi a lei, ma nel farlo il suo corpo nudo, morbido e caldo aderì completamente al mio, attizzando dolorosamente la mia eccitazione.
Le presi con forza il viso tra le mani e la baciai appassionatamente, cercando le sua lingua e bevendo avidamente il suo nettare afrodisiaco. Eravamo entrambi in tilt, troppo a lungo era durata la fase della reciproca esaltazione verbale, mentale, intellettuale e fisica e troppo intrigante era la situazione, l’ambiente in cui si era concretizzata; mostruoso era quindi il bisogno di alleggerire tutta quella tensione.
Dopo alcuni secondi febbrili e convulsi gesti per liberarci dei miei indumenti, ci ritrovammo distesi sulla dinette matrimoniale che ero già dentro di lei, di netto, con forza e passione, senza tentennamenti, con subitaneo e perentorio bisogno di annullarmi dentro di lei. E lei mi accolse spalancando le cosce ed attirandomi dentro di se, senza tentennamenti, senza remore, senza bisogno di ulteriori rinvii, sottolineando ed enfatizzando i miei affondi con le gambe che si erano intrecciate alla mia schiena.
I nostri fluidi corporali che sgorgavano copiosi si mescolarono contribuendo ad aumentare la consapevolezza della fusione pressocchè totale dei nostri esseri e man mano che si approssimava il culmine, il traguardo che intensamente cercavamo, la consapevolezza che nessuno avrebbe potuto sentire i nostri lamenti non fece altro che amplificarli e tanto più aumentavano d’intensità tanto più aumentava il piacere, in un crescendo continuo che ci portò al culmine: L’orgasmo arrivò per entrambi, impetuoso e sconvolgente, infinito, con un lungo ed intenso lamento, gridato a squarciagola….
Mi muovo lentamente dentro di lei, la sua intimità è un ricetto caldo e confortevole, grondante di umori, di linfa bianca e cremoso con cui l’ho inondata. della bianca espressione. Non osiamo dividerci, nessuno dei due è pago, per cui riprendiamo a baciarci, ed a percorrere i nostri corpi con lunghe ed estenuanti carezze. La nostre lingue s’intrecciano ancora una volta e riprendono il gioco del cercarsi, del catturasi e del succhiarvi appassionatamente.
Poi le mie labbra cercano altri contatti, il mio viso affonda tra i suoi seni eretti, i capezzoli turgidi che riempiono la mia bocca e che suggo avidamente come un bambino affamato; vien poi la volta della sua pancia, del suo ombelico, del pube da cui promana l’intimo profumo di donna, di donna eccitata. Le grandi labbra son già semiaperte, aspettano le mia dita che le aprono completamente e le mie labbra che catturano il clitoride paonazzo per martoriarlo con lunghi risucchi, mentre la mia lingua inizia a lappare le piccole labbra rosee con la stessa foga con cui un cane, in procinto di accoppiarsi, lappa la vagina della cagna in calore. Sento la sua eccitazione montare, le sue cosce son divaricate al massimo per offrire ogni centimetro di pelle alla mia lingua….
Ma non è ancora il momento di chiudere quella partita, si cambia scenario, la rigiro a pancia in giù, percorro con la lingua la sua schiena, anello dopo anello della spina dorsale, mi insinuo tra le sue natiche imperlate di sudore, annuso il suo piccolo ed immacolato pertugio, lo lambisco timidamente con la lingua. Quando poi sento le sue mani divaricare al massimo le natiche e spingere con forza contro la mia lingua la coroncina dell’ano, rompo ogni indugio ed inizio a leccarlo con foga, allungando la traiettoria della mia lingua così che ad ogni passata parto dalla vagina per arrivare all’ano. I risultati sono evidenti perchè Chiara impazzisce letteralmente.
Poi è lei a prendersi cura di me, e lo fa con una foga che non avrei mai indovinato in lei e con quelle labbra di cui accennavo prima che percorrono in lungo e largo il mio corpo, insinuandosi in ogni anfratto, in ogni piega e provocandomi lunghi brividi di piacere. Quando poi arriva al pene mi rendo conto che mi svuoterà come un’idrovora. Le sue labbra aderiscono alla mia asta e la percorrono tutta da sotto a sopra, poi di tanto intanto ingoia il glande congestionato, pronto ad eruttare ancora una volta. Sento di non poter durare a lungo a quelle labbra micidiali per cui l’afferro per le gambe, la porto sopra di me in posizione per un 69 e diamo il via libera agli ultimi affondi, così da esplodere ancora una volta e godere selvaggiamente….
Riprendiamo il cammino, occorre recuperare il tempo perduto, ma cose così non capitano tutti i giorni e quando arrivano sono una vera e propria benedizione, un valore aggiunto nella nostra vita che in massima parte, se ci riflettiamo, si svolge in modo forse un po’ troppo tranquillo.
“E’ stato davvero stupendo” dico a Chiara. “Non lo dico tanto per…”
“Si”, conviene lei, “è stato davvero molto bello e non lo avrei mai creduto possibile. Il fatto che tu fossi mio cognato aveva fatto si che io non ti considerassi minimamente in una luce diversa. Ora sono completamente ricreduta, però è bene che entrambi rientriamo nel nostro alveo naturale, alle nostre abitudini, alle nostre famiglie, senza concederci più deroghe che potrebbero mettere in pericolo i nostri rispettivi rapporti”.
La mia muta riflessione la induse a chiedermi: “Non sei d’accordo?”
“Si, si, certamente….Anche se mi rendo conto che sarà un vero spreco non concederci altre occasioni”.
“Renditi conto che se prendiamo sotto gamba la cosa e ci lasciamo andare a delle deroghe prima o poi qualcosa potrebbe trapelare, facendo nascere grossi casini nell’ambito della nostra famiglia. Carlo, non siamo estranei, per cui una scappatella potrebbe anche essere perdonata. La nostra trasgressione avrebbe un effetto duplice perché colpirebbe due volte la stessa famiglia, con effetti sicuramente devastanti”.
“Non posso darti torto, anche se la prospettiva di perderti mi rattrista”, concludo io con rammarico.
Il resto del viaggio trascorse tranquillamente, con un parlare lento e quieto, in un’atmosfera edulcorata e pregna ancora di eros, un’atmosfera certamente diversa, meno formale, più intima, di quella che c’era nel viaggio di andata. Per un po’ erano ancora ammesse deroghe al nostro status di “cognati”, per cui indugiavamo in carezze dolci ed insistenti che finirono di scatenare nuovamente un desiderio incontenibile.
“Facciamo l’amore ancora una volta”, proposi io. “Non possiamo Carlo, mancano pochi chilometri, siamo in ritardo e non avrei più il tempo per rifarmi il trucco e rendermi presentabile”…..
Sapevo che aveva ragione e non osai insistere, anche se dentro di me ero profondamente deluso.
“Se vuoi lo faccio solo a te”, riprese lei dopo un po’.
“Non ti secca?”, risposi riprendendo coraggio. “No, te lo faccio con molto piacere. Mi sentirò appagata ugualmente dal sentirti in mio totale potere” concluse la fantastica Chiara con un risolino malizioso.
Mi fermai ancora una volta e senza abbandonare il posto di guida mi girai verso di lei che si insinuò tra le mie gambe; slaccio la cintura, aprì la cerniera e tirò giù i pantaloni; insinuò la mano negli slip e tiro fuori il mio pene già pronto, cominciando un lento gioco di su e giù, mentre mi guardava intensamente negli occhi. Ogni tanto infilava un dito nello scroto e circumnavigava il glande provocandomi lunghi grugniti di approvazione. Abbassò definitivamente la testa tra le mia gambe, lo preso in bocca e cominciò a succhiarmi il glande con passione. Dall’alto della mia posizione vedevo le sue guance incavarsi nell’atto si succhiare e di tanto in tanto sentivo uno schiocco quando il glande gli sfuggiva dalle labbra. Alle succhiate al glande alternava le lunghe estrusioni con labbra e lingua sull’asta, fino ad arrivare alla base ed estendere il suo trattamento ai testicoli, all’inguine. I pompini di mia cognata sono davvero dei capolavori per cui non resistetti a lungo e gridai ancora una volta tutta il mio godimento riempiendole la bocca di lava incandescente. Bevve interamente il frutto che aveva fatto sgorgare come una sorta di ricompensa, come un fatto che gli era dovuto, e con la sapiente lingua fece si che non se ne perdette neanche una stilla, mentre io poverino ero stremato sul sedile.
Durante gli ultimi chilometri riconoscemmo entrambi che ciò che era avvenuto tra di noi era troppo bello per poterlo mettere da parte e sarebbe stato crudele far fitta che nulla fosse avvenuto. Il nostro rapporto era approdato ad un piano di gran lunga diverso da quello di prima, ma per far si che sopravvivesse era assolutamente necessario non abbassare mai la guardia e centellinare i nostri incontri per evitare sia il rischio di essere scoperti, sia la routine che avrebbe reso i nostri incontri meno scoppiettanti.
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