incesto
Il garage proibito

27.06.2025 |
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"Tu dentro di lei, forte, profondo, mentre lei si piegava quasi a cedere, ma ti tratteneva ancora, ancora un secondo..."
Era quasi mezzogiorno e l’aria era densa di odori d’estate e di polvere. Le tapparelle a metà altezza lasciavano entrare fasci di luce che illuminavano l’ingresso e le scale del condominio. Lei era lì, come ogni fine settimana, con il secchio, lo straccio e quella solita divisa che ormai conosceva a memoria: maglietta bianca aderente, senza reggiseno, e quegli shorts da pugile così corti da lasciare poco all’immaginazione.io rientravo dopo una corsa proprio in quel momento, con una scusa qualunque per scendere in garage: un cavo da prendere, un attrezzo da cercare. Ma in fondo lo sapevi bene: volevi solo vederla, incrociare quegli occhi azzurri e quel sorriso furbo che sembrava dire “lo so che mi guardi”.
55 anni biondina , eppure l'ho guardata sempre con desiderio..
Lei ti salutò con quel solito tono ambiguo, la voce un po’ roca:
«Sempre indaffarato tu… che combini giù in garage?»
idem pulisci.. le scale Debora? Le mie frecciatine erano dirette ..mentre la ammiravo aveva un sederino stretto.. abbronzatissimo
Ti fermasti qualche istante in più. Uno sguardo più lungo del solito.
«Se ti va… ti faccio vedere», rispondesti, aprendo il portone con un mezzo sorriso.
Lei rise, mordendosi appena il labbro. Appoggiò lo straccio sul secchio, come se fosse tutto calcolato. Poi, senza dire una parola, ti seguì.
Dentro al garage l’aria era più fresca, con quell’odore tipico di cemento, olio e metallo. Tu chiudesti lentamente la serranda. La luce filtrava solo da una piccola grata. Lei si guardava attorno, fingendo curiosità. Ma poi si girò verso di te, incrociando le braccia sul petto, spingendo in avanti quel seno morbido sotto la maglia trasparente dal sudore..
La tua erezione si sentiva chiaramente sotto i pantaloncini leggeri, tesa e pulsante, premuta contro di lei. Ogni movimento, ogni sfioramento la rendeva più evidente, più innegabile. E lei lo sentiva, lo sapeva… e non faceva nulla per allontanarsi. Anzi, sembrava volerla proprio lì, contro il suo ventre, mentre il bacio si faceva sempre più profondo
Il bacio si interruppe solo per un attimo. Lei ti guardò negli occhi, con quel lampo malizioso che non lasciava spazio a dubbi. Le sue mani scesero lungo il tuo torace, lente, sicure, fino a raggiungere l’elastico dei pantaloncini.
«Mmm… sei proprio come ti immaginavo», sussurrò, sfiorandoti con le dita.
Tu restasti immobile, il respiro pesante, mentre lei si inginocchiava lentamente sul pavimento del garage, incurante del freddo del cemento. Le sue mani afferrarono i tuoi pantaloncini, li tirò giù con un gesto deciso. Il tuo membro, ormai duro e teso, era lì davanti a lei, palpitante di desiderio.
Senza dire una parola, aprì la bocca e lo accolse, calda e affamata. La sua lingua iniziò a muoversi con dolcezza, poi sempre più profondamente, come se sapesse esattamente cosa fare per farti impazzire. Ogni gesto, ogni risucchio era preciso, favoloso. Il suono umido della sua bocca riempiva lo spazio, mescolandosi ai tuoi sospiri trattenuti.
Era bravissima. Ti guardava mentre lo faceva, con quegli occhi pieni di voglia, come se stesse assaporando ogni istante, ogni reazione del tuo corpo
Fu un raptus animalesco , mi prese il cazzo con due mani iniziò a succhiare come se non ci fosse un domani, volevo dirle che proprio in quel garage mi ero scopato sia figlia di 22 ..
Ma la lasciai fare , i capezzoli erano due spilli contro il mio petto
L’orgasmo era imminente, inevitabile. Le gambe leggermente tremanti, il corpo scosso da quella tensione elettrica che ti attraversava da dentro.
Lei lo capì prima ancora che potessi dirlo. Ti guardò con quegli occhi sicuri e maliziosi mentre continuava, più a fondo, più convinta. E poi… l’esplosione. Un piacere travolgente, violento e dolcissimo, che ti fece chiudere gli occhi e lasciare andare tutto, senza più resistere.
Nonostante il tuo orgasmo, la sua bocca era ancora lì, affamata, morbida, calda. La lingua continuava il suo lavoro lento, sapiente, come se volesse prolungare il piacere fino al limite della sopportazione. Ti stava svuotando completamente, ma con una delicatezza feroce, sensuale, mai frettolosa.
Ogni sua leccata ti faceva sussultare, ogni carezza era un colpo al cuore e al ventre. Sembrava divertirsi nel vederti così vulnerabile, tremante, in balia del suo tocco esperto. Ti guardava di tanto in tanto, con quegli occhi che brillavano di soddisfazione, come se volesse imprimere nella memoria ogni tua reazione.
Poi, lentamente, rallentò. Un ultimo bacio sulla punta, umido e affettuoso, come un sigillo su quello che era appena successo.
Si leccò le labbra con gusto, si rialzò con calma e, con un sorriso che diceva tutto, sussurrò:
«Era da un po’ che volevo farlo così…»
Lei si girò lentamente, con movimenti sicuri e provocanti. Ti voltò le spalle, ma prima ti lanciò uno sguardo da sopra la spalla, carico di malizia e voglia. Poi, con gesto fluido, si abbassò gli shorts da pugile, facendoli scivolare lungo le cosce sode, lasciandoli cadere a terra senza fretta.
Era lì, di schiena, con le gambe leggermente divaricate e il sedere perfettamente offerto, nudo, invitante, palpitante di desiderio. Si appoggiò con le mani contro il muro del garage, inarcando la schiena, spingendo il bacino all’indietro. Ti stava offrendo tutto, senza dire una parola. Solo il respiro affannato e il corpo tremante parlavano per lei.
«Voglio sentirti dentro», sussurrò con un filo di voce, graffiata dalla voglia.
Tu ti avvicinasti, ancora mezzo scosso, ma già duro di nuovo solo alla vista di lei in quella posizione. Le mani le afferrarono i fianchi con forza, il corpo di lei tremava leggermente sotto le tue dita. Era pronta, calda, bagnata… desiderosa.
E in quel momento, la guidasti con un solo gesto deciso. Entrasti in lei con un gemito comune, profondo, carnale. I vostri corpi si fusero di nuovo, stavolta con una fame diversa, più animalesca, più libera.
La penetrazione fu lenta, profonda. Lei gemette subito, il suono rimbalzò contro le pareti nude del garage come un'eco proibita. I suoi fianchi si muovevano all’unisono con i tuoi, guidati da un istinto puro, primordiale. Il suo corpo ti accoglieva con una naturalezza disarmante, come se fosse sempre stato tuo, come se vi foste cercati da tempo.
Le tue mani scorrevano sulla sua pelle calda, le dita le afferravano i glutei con forza, tirandola verso di te ad ogni affondo. I colpi diventavano più decisi, il ritmo aumentava, e ogni tua spinta faceva sobbalzare il suo corpo contro la parete.
Lei ansimava, graffiava il muro, spingeva all’indietro con i fianchi, chiedendoti più forza, più fondo. Ti lanciava frasi spezzate, oscene e dolcissime, cariche di desiderio e piacere.
«Così… sì… fammi tua… ancora…»
Il suono della pelle che si incontrava, il suo respiro caldo, il tuo… tutto era diventato un unico corpo, un’unica fame che si consumava lì, nel luogo più inaspettato.
La tensione cresceva, sentivi il piacere salire di nuovo, il corpo teso, il battito che rimbombava nelle orecchie. Anche lei tremava, il corpo attraversato da spasmi, la voce rotta che diventava un gemito lungo, crescente…
E poi, insieme — un’esplosione. Tu dentro di lei, forte, profondo, mentre lei si piegava quasi a cedere, ma ti tratteneva ancora, ancora un secondo.
Il piacere esplose di nuovo, questa volta più intenso, più profondo. Sentisti il secondo orgasmo montare rapidamente, travolgente e inevitabile. Il corpo si irrigidì, il respiro si fece corto, mentre dentro di lei sentivi la sua contrazione improvvisa, potente.
Lei non si limitò a lasciarsi andare. Con forza e voglia, spingeva con le mani sulle tue natiche, guidandoti dentro di lei, cercando di prolungare quel momento di estasi. I vostri corpi si muovevano in perfetta sintonia, come se fossero un’unica cosa, e in quell’abbraccio ardente il tempo sembrava essersi fermato.
I gemiti si mescolavano, il sudore bagnava la pelle, e tutto intorno al garage si riempiva dell’eco di quel desiderio finalmente appagato..
Lei si tirò su gli shorts con un sorriso complice, ancora leggermente ansimante per l’intensità del momento.
«Devo andare, Fabio», disse con un filo di voce, mentre ti lanciava un ultimo sguardo carico di promesse non dette.
Ti restò lì, il cuore che batteva forte, e la consapevolezza che quella storia era appena cominciata.
Rimasto solo nel silenzio del garage, ancora con il respiro pesante e il corpo segnato dal piacere, sentivi il battito del cuore martellare nel petto. Lei se n’era andata con la stessa leggerezza con cui era entrata nella tua giornata, lasciandoti addosso il profumo della sua pelle e l’eco dei suoi gemiti.
Tirasti su i pantaloncini lentamente, come se il corpo avesse bisogno di qualche istante in più per tornare alla realtà. Sul pavimento c’erano ancora le tracce del vostro incontro — silenziose, ma indelebili.
Sorridesti.
Non avevate detto quasi nulla… eppure era stato tutto chiarissimo.
Chissà se la prossima volta avrebbe solo pulito le scale.
Fine
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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