incesto
Mia sorella, musa proibita, 1

26.06.2025 |
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"Ogni dettaglio era stato curato con attenzione, creando un’atmosfera sospesa, pronta ad accogliere lo scatto perfetto..."
NOTA: Ho scritto questo racconto insieme alla mia compagna, Laura, per offrire una narrazione arricchita da un tocco femminile, capace di valorizzarne le sfumature con maggiore autenticità e sensibilità. Il suo contributo ha dato voce a sfumature che forse, da solo, non avrei colto. Spero possiate apprezzarlo, anche se lei rimane piuttosto restia nei confronti del tema dell'incesto.****
La stanza di Federico era un perfetto disordine con una logica tutta sua. Pannelli bianchi ancora avvolti nel cellophane erano accostati alla parete, mentre treppiedi, lampade a stelo e cavi intrecciati occupavano ogni angolo disponibile. Al centro, come un'isola in mezzo al caos, il letto con lenzuola nere appena stirate dominava la scena.
Federico, 22 anni, capelli biondi scompigliati con cura e occhi azzurri carichi di ostinazione, stava cercando di sistemare un pannello, lottando per tenerlo in equilibrio senza farlo franare.
Era all’ultimo anno all’Istituto Italiano di Fotografia di Milano, e questo progetto era più di un semplice compito: era la sua occasione per dimostrare al professor Martinelli, geniale e temuto in egual misura, di saper uscire dai suoi soliti schemi.
Aveva scelto di osare: uno shooting fotografico erotico, provocante ma raffinato, una sfida personale con l’ambizione di conquistare un voto eccellente, e, perché no, un po’ di attenzione in più tra i corridoi dell’istituto.
Daniele, il suo migliore amico fin dai tempi delle medie, era sdraiato sul pavimento, una lattina di Coca in mano e un ghigno malizioso stampato in faccia.
“Sul serio, Fede? Un porno? Posso partecipare o è già tutto prenotato?” chiese ridacchiando, mentre si grattava la gamba scottata dal sole.
Federico alzò gli occhi al cielo, impegnato a domare una staffa testarda. “Non è un porno, cretino. È un servizio fotografico erotico. E no, non ti unisci. Non ho nessuna voglia di vedere in azione quella tua, robetta.”
Daniele scoppiò a ridere, tossendo a metà sorso. “Chiedi a tua madre quanto è “robetta”.”
“Sei un genio del trash. Ora, invece di sparare cavolate, dammi una mano.” Federico lo fulminò con lo sguardo, indicando il pannello in bilico.
“Va bene, maestro dell’arte sensuale,” sospirò Daniele, rialzandosi con lentezza teatrale e afferrando l’altro lato del pannello. “Quindi lo fai davvero? Una escort che si spoglia davanti all’obiettivo? Dai, ammettilo: è solo un pretesto per divertirti un po’.”
“Non è per divertirmi, è arte,” replicò Federico, avvolgendo un telo nero attorno al letto per creare un fondale d’effetto. “È per il corso di Martinelli. Vuole che andiamo oltre i nostri limiti, e io voglio farlo con stile.”
Daniele sollevò un sopracciglio, bloccando la staffa con un gesto sicuro. “Con stile, certo. E quando quella escort si spoglia davanti a te, tu niente? Nessuna tentazione? Fede, sei proprio cambiato. O stai mentendo da schifo.”
“Non è una escort, è una modella. Si chiama Giada. È professionale, sa stare davanti all’obiettivo e non si scandalizza per nulla. Perfetta,” disse Federico, mentre tirava fuori il telefono e apriva il profilo Instagram di “Candy Giada”.
Le foto mostravano una ragazza dalle curve generose, capelli castani lucidi e un sorriso sfacciato che sapeva di guai.
“Guarda qua,” aggiunse, porgendolo a Daniele.
Daniele scorse le immagini lentamente, fischiando piano. “Wow. Sembra appena uscita da un set di Playboy, Ma aspetta, 350 euro? Per una così? È quasi un furto per te!”
Federico gli strappò il telefono dalle mani con un gesto secco. “Non sto pagando. È un favore. Ho citato l’Istituto Italiano di Fotografia, suo fratello ha studiato lì. E lei pubblicherà alcune foto taggandomi: pubblicità gratuita.”
Daniele gli diede una pacca sulla spalla, sogghignando. “Fotografi ragazze sexy, loro ti fanno pubblicità e magari ti pagano pure. Non male come idea di carriera. Quasi quasi mi compro una reflex anch’io. Ma dimmi, tua sorella che dice, quando porti a casa una strafiga da spogliare in camera tua?”
Federico alzò le spalle, accennando una smorfia. “Cristina? È al lavoro, le ho detto che viene una modella per un progetto. Non le interessa. E poi, lo sai com’è: vive in una realtà tutta sua.”
“Già, tipo “pace, amore e niente deodorante”?” sogghignò Daniele, mimando il gesto di un hippy con le dita a V. “Scommetto che sotto quei vestiti larghi nasconde un corpo da paura.”
“Dani, piantala.” Federico lo fulminò con lo sguardo, anche se un sorriso gli sfuggì. “Ha diciott’anni, sì, ma resta mia sorella. Non farmi incazzare.”
Daniele alzò le mani, ridendo piano. “Ok, ok. Solo un pensiero poetico.”
Federico scosse la testa, poi tornò serio. “E comunque no, non lo faccio solo per il voto. Voglio sperimentare, mettermi dall’altra parte dell’obiettivo. Posare con lei, magari anche in topless. Qualche scatto forte, tipo lei inginocchiata tra le mie gambe, con la lingua fuori. Mi ha detto che è disposta a simulare sesso, purché resti artistico.”
Daniele sbarrò gli occhi e diede una pacca sulla gamba dell’amico. “Lo sapevo! Altro che arte pura. Qui si lavora con stile, ma anche con pepe. “Professionale”, certo, ma con benefit.”
Federico rise, stiracchiandosi con aria spavalda per mettere in mostra i muscoli. “Penso di essere all’altezza. E poi, una modella professionista vera costerebbe troppo. Così mi tolgo anche uno sfizio. A basso costo.”
“Sì, sì, «a basso costo»,” fece eco Daniele, scuotendo la testa con un sorriso scettico. “Ma se volevi una professionista, perché non ne hai chiamata una verao? Una con un minimo di esperienza davanti alla macchina?”
“Perché non ne conosco e non ho il budget. E poi, fotografare è il mio mestiere. Ogni tanto voglio capire cosa prova chi sta dall’altra parte.”
Un colpetto secco alla porta interruppe la conversazione. Federico si voltò di scatto.
“Ehi, Fede?” La voce morbida e leggermente strascicata di Cristina si fece strada nella stanza. “Posso entrare?”
“Certo!” rispose Daniele al suo posto, con un ghigno malizioso.
Cristina entrò con l’aria di chi ignora volutamente ogni regola del buon gusto , e lo fa con disarmante naturalezza. I suoi lunghi capelli ricci erano raccolti in uno chignon disordinato, da cui sfuggivano ciocche ribelli che le incorniciavano il viso in modo quasi teatrale. Indossava una camicetta gialla a fiori, ampia al punto da sembrare presa in prestito da una tenda da salotto, abbinata a un paio di pantaloni larghi color arancione brillante. Ai piedi, infradito gialle con farfalle viola completavano un look così personale da sembrare un manifesto vivente del «faccio come mi pare».
Nessun trucco, unghie senza smalto ma curate con precisione: Cristina sembrava immune alla logica degli algoritmi e delle tendenze. Viveva secondo un’estetica tutta sua, e non le serviva l’approvazione di nessuno.
“Ciao, Cristina!” la salutò Daniele con un sorriso fin troppo entusiasta. “Scommetto che sotto tutto quel tessuto si nasconde una bomba sexy.”
Federico lo fulminò con lo sguardo, ma Cristina restò impassibile. “Il tessuto è leggero. L’ho cucito io,” rispose con la sua voce bassa, ruvida e calma, come se l’insinuazione non l’avesse nemmeno sfiorata.
“Eh, sì, si nota,” ridacchiò Daniele.
“Daniele stava proprio per andarsene,” intervenne Federico, con un tono secco e inequivocabile.
Ma Daniele non si lasciò intimidire. “Comunque, Cri, come va col design? Hai venduto qualcosa ultimamente o ancora in fase «work in progress»?”
Cristina inclinò leggermente la testa, come se ci dovesse riflettere davvero.
“Qualche braccialetto di perline, sì. I vestiti ancora niente. Ma va bene così, lo faccio per passione, non per soldi.”
“Dovresti creare roba che le ragazze normali vogliono indossare, sai? Tipo vestitini corti, un po’ di cosce in vista,” commentò Daniele con il solito sorrisetto insinuante.
“C’è già fin troppa roba del genere in giro,” rispose Cristina, pacata come sempre. “I miei vestiti sono per chi vuole sentirsi sé stesso. Non per chi vuole piacere a tutti i costi.”
Daniele alzò le mani, simulando una resa teatrale. “Ehi, è scortese non condividere quello che fumi. Sembri sintonizzata su un altro pianeta.”
Federico lo spinse con decisione verso la porta. “Ciao, Daniele. Vai a fare il cretino da un’altra parte!”
“Ok, ok, me ne vado,” disse Daniele, ridendo mentre usciva. “Buona fortuna con la tua modella, Fede. E tu, Cristina, continua a profumare di, natura.”
Appena la porta si chiuse, un silenzio breve ma carico rimase sospeso nella stanza.
Cristina si voltò verso il fratello con un sorriso sincero. “Mi dai una mano un attimo? Ieri sera ho finito dei nuovi braccialetti. Mi scatti qualche foto per il mio Instagram?”
“Certo, sorellina.” Federico prese la Nikon dal treppiede, sollevato all’idea di qualcosa di semplice. “Sei sempre all’opera, eh?”
“Be’, qualcuno dovrà pur mantenere alto l’onore di famiglia,” disse lei, sorridendo con quella sua espressione luminosa che sembrava rischiarare l’aria. “Tu fai foto, io creo gioielli. Siamo una squadra.”
“Una squadra, eh?” rise Federico, regolando l’obiettivo. “Ok, mostrami i tuoi capolavori.”
Mentre scattava, notò quel leggero aroma d’erba che aleggiava intorno a lei. Nulla di sorprendente: Cristina fumava, i genitori lo sapevano e lo tolleravano, erano liberali, con un pizzico di nostalgia per i loro anni giovanili. Lei era responsabile, con un lavoro part-time al McDonald’s, voti alti a scuola e nessuna distrazione seria. Federico non si preoccupava.
Eppure, guardandola sorridere con naturalezza davanti all’obiettivo, si domandò se quella sua apparente indifferenza al giudizio altrui fosse reale, o solo una corazza ben costruita.
Abbassò la macchina fotografica per un momento. “Sai, a volte mi chiedo se senti davvero le battute di Daniele. O se le lasci scivolare addosso apposta.”
Cristina lo guardò, con un’espressione pensierosa. “Le sento, ma non mi interessano. Sono loro a fare brutta figura, non io. Sai, le persone che si prendono cura l’una dell’altra contano. Come noi.”
Federico sorrise, colpito dalla semplicità della sua filosofia. “Hai ragione. Sei una brava persona, sorellina.”
“Solo brava?” Cristina fece una smorfia scherzosa. “Pensavo di essere la migliore sorella del mondo.”
“Ok, ok, la migliore,” rise Federico, dandole una pacca sulla spalla. “Ma ora vai, non fai tardi al lavoro?”
“Già, devo scappare. Ma tu fai il bravo con la tua modella, eh? Non farle fare niente di troppo, artistico.” Cristina gli fece l’occhiolino e uscì, lasciando Federico a contemplare il set.
Non aveva ancora finito di sistemare le luci quando il telefono squillò. Rispose d’istinto, senza nemmeno guardare lo schermo.
“Sì, pronto?”
“Federico? Sono Giada.” La voce, normalmente decisa, tremava appena. “Ho un problema.”
Federico si irrigidì. “Che succede?”
“Sono in ospedale. Mi sono storta la caviglia stamattina mentre correvo. Non è rotta, ma è una distorsione seria. Non riesco a camminare, figuriamoci posare.”
Il cuore di Federico saltò un battito. Chiuse gli occhi, come se potesse bloccare le parole.
“Mi stai dicendo che, annulli?”
“Mi dispiace davvero. Lo so che era importante. Ma non conosco nessuna che possa sostituirmi con così poco preavviso. Forse puoi chiedere una proroga al tuo professore?”
“Martinelli? Quello mi boccia solo per aver pensato di chiedergliela,” sbottò Federico, a mezza voce. “Spero che tu guarisca presto. Ciao.”
Riattaccò e lanciò il telefono sul letto, con rabbia trattenuta.
“Cazzo!” urlò, passandosi entrambe le mani tra i capelli. Tutto stava andando in pezzi. Il progetto, il voto, la sua occasione. E adesso?
Seduto alla scrivania, fissava lo schermo del portatile. Il cursore lampeggiava in modo fastidiosamente regolare sopra una casella di posta vuota. Sulla scheda accanto, una lunga lista di annunci di modelle locali. Aveva già inviato almeno una dozzina di email e messaggi, setacciando siti di fotografi e casting, ma le risposte erano assenti, vaghe o decisamente negative.
Una sola ragazza aveva mostrato entusiasmo, inviandogli due foto in lingerie nera. Ma quando aveva scoperto che il servizio si sarebbe svolto in casa, e non in uno studio professionale, si era dileguata con un secco “No, grazie.”
Gli studi in affitto, consultati freneticamente, erano tutti occupati nel weekend. E quei 350 euro risparmiati con fatica non bastavano nemmeno per coprire entrambi: modella e location.
“Cazzo!” sbottò di nuovo, colpendo il tavolo con il palmo.
Il progetto che avrebbe dovuto impressionare Martinelli si stava sgretolando sotto i suoi occhi. E già lo vedeva, il professore, dietro quegli occhiali spessi, con l’aria da giudice impietoso e quel mezzo sorriso beffardo:
“Tre settimane per prepararti, e questo è il risultato?”
All’ansia per il voto si sommava un senso di fallimento che gli saliva in gola. I genitori avevano creduto in lui, gli avevano dato fiducia e anche una mano con i soldi. E ora, ora non sapeva nemmeno come spiegare loro perché stava buttando tutto.
Si appoggiò allo schienale della sedia, passandosi le mani tra i capelli biondi, ora disordinati senza più traccia del gel che li teneva in ordine. La stanza sembrava chiudersi su di lui: i pannelli bianchi, le luci a stelo, il letto perfettamente preparato con le lenzuola nere, tutto pronto per un servizio fotografico che non sarebbe mai accaduto. Pensò di scrivere a Martinelli, implorando una proroga, ma scartò l’idea. Il professore era famoso per la sua durezza, e Federico aveva già sentito storie di studenti bocciati per molto meno. “Un ragazzo della tua età non può gestire un progetto erotico,” gli aveva detto Martinelli. all’inizio del corso, con un tono che sembrava una sfida. E ora, Federico stava dimostrando che aveva ragione.
Un rumore di passi strascicati lo distolse dai suoi pensieri. Cristina entrò nella stanza, ancora con la sua camicetta gialla a fiori e i pantaloni a zampa d’elefante arancioni, le infradito che schiaffeggiavano il pavimento. Teneva in mano una bottiglia d’acqua e un pacchetto di patatine, il suo sorriso grande e genuino che contrastava con l’umore cupo di Federico.
“Che succede, Fede? Sembri sul punto di scoppiare,” disse, appoggiandosi allo stipite della porta. La sua voce aveva quel tono fumoso e lento che sembrava sempre fluttuare in un mondo tutto suo.
Federico sospirò, girandosi verso di lei. “La modella, Giada. Ha appena chiamato. Si è storta una caviglia e ha annullato. Sono fottuto, Cristina. La scadenza è lunedì, e non troverò mai un’altra in tempo.”
Cristina spalancò gli occhi castani, lasciando cadere una patatina sul pavimento. “Aspetta, cosa? Ma non puoi trovare un’altra? Tipo, online o roba del genere?”
“Ci sto provando da tanto tempo!” Federico indicò il portatile, la frustrazione che gli incrinava la voce. “Nessuno risponde, o non vogliono venire a casa mia. E non posso permettermi uno studio. È un disastro.”
Cristina si avvicinò, posando la lattina di Sprite e le patatine sulla scrivania. Si sedette sul bordo del letto, con i piedi che dondolavano, e lo guardò con aria pensierosa. “Non puoi dire al tuo prof che è saltato tutto? Magari ti dà un po’ di tempo.”
Federico scosse la testa, ridendo amaramente. “Martinelli.? Quello vive per bocciare la gente. Mi ha già detto che non pensava fossi all’altezza per un progetto del genere. Se gli chiedo una proroga, penserà che mi sono tirato indietro. E poi, i miei mi hanno dato i soldi per questo. Come glielo spiego?”
“Wow, che schifo,” disse Cristina, mordicchiandosi un’unghia. “Ma dai, hai tutto il giorno. Qualcosa troverai, no?”
“Cristina, non capisci. Non è solo trovare una modella. Deve essere qualcuno con esperienza, che sappia posare per foto, provocanti. E che accetti di venire qui, a casa, con zero preavviso. È impossibile.” Federico si lasciò cadere sulla sedia, coprendosi il viso con le mani. “Sono un idiota. Dovevo scegliere qualcosa di più semplice, tipo un ritratto al parco.”
Cristina inclinò la testa, i ricci che le cadevano sul viso. “Provocanti? Tipo, lingerie e roba sexy?”
Federico annuì, evitando il suo sguardo. “Sì, tipo, lingerie, topless, pose che suggeriscono, sai, roba sensuale. È arte, non porno, ma deve essere audace.”
Cristina ridacchiò, con un lampo malizioso negli occhi. “Topless, eh? E tu che ci fai in queste foto? Ti limiti a scattare o,?”
Federico arrossì, grattandosi la nuca. “Be’, volevo posare in alcune foto. Tipo, con lei. Per dare un tocco personale. Ma ora non ha più senso parlarne.”
Cristina batté le mani, con un entusiasmo che lo colse di sorpresa. “Ok, ho un’idea! E se fossi io la tua modella?”
Federico la fissò, sbattendo le palpebre. “Tu? Cristina, stai scherzando, vero?”
“Perché no?” disse lei, incrociando le braccia con un’espressione offesa. “Sono una ragazza, so posare, e voglio aiutarti. È per il tuo voto, no? Non lascio che ti becchi una bocciatura per colpa di una caviglia storta.”
Federico scoppiò a ridere, ma si fermò vedendo che lei era seria. “Cristina, dai. Sei mia sorella. E poi, senza offesa, ma non sei proprio il tipo da servizio fotografico erotico. Guarda come ti vesti!” Indicò i suoi pantaloni arancioni e la camicetta oversize. “Sembri pronta per un festival hippy, non per un set sexy.”
Cristina fece una smorfia, ma non si scompose. “Ehi, potrei sorprenderti. Ho delle cose, carine nell’armadio. E non sono mica brutta, sai?” Si alzò, girando su se stessa con un movimento scherzoso. “Dammi una chance. Posso essere sexy se voglio.”
“Sexy?” Federico alzò un sopracciglio, scettico. “Cristina, ti voglio bene, ma non ti ci vedo a posare in lingerie davanti a me. E poi, è strano. Sei mia sorella!”
“Appunto! Chi meglio di me per aiutarti? Non devi pagarmi, non devo controllare se sei un maniaco, e so quanto è importante per te.” Cristina si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. “Fede, ti ho visto stressato per questo progetto per settimane. Non ti lascio fallire. Facciamo una prova, e se è troppo imbarazzante, ci fermiamo. Promesso.”
Federico la guardò, combattuto. L’idea era assurda, ma non aveva alternative. Ogni minuto che passava senza una modella era un minuto più vicino al disastro. E poi, c’era qualcosa nel tono di Cristina, una sicurezza che non le aveva mai visto prima, che lo fece esitare. “Non lo so, sorellina. È davvero troppo strano.”
“Strano?” Cristina rise, dandogli una spintarella leggera. “Strano è che tu pensi che non possa essere all’altezza. Fidati, ti farò cambiare idea. Dammi un’ora. Vado a farmi una doccia e mi preparo. Tu intanto sistema tutto qui, ok?”
“Cristina, aspetta,” Federico cercò di fermarla, ma lei era già sulla soglia, con quel passo leggero e sicuro.
Si voltò appena, con un sorriso complice sulle labbra. “Alle una in punto, signor fotografo. Non farmi aspettare.”
Gli fece l’occhiolino e sparì nel corridoio, lasciando Federico immobile a fissare il vuoto, con in testa un solo pensiero: Questa è una pessima idea.
Eppure, parte di lui cominciava a chiedersi se non fosse proprio l’unica che gli restava.
Si girò verso il portatile, la casella di posta ancora vuota. “Che cazzo sto facendo?” mormorò, passandosi una mano sul viso. L’idea di Cristina come modella era ridicola, ma non poteva negare che la sua determinazione lo avesse colpito. Prese la Nikon Z8 e controllò le impostazioni, quasi per distrarsi. Forse poteva funzionare, no? Magari qualche scatto semplice, niente di troppo spinto, giusto per avere qualcosa da presentare. Ma mentre regolava le luci, un pensiero lo tormentava: e se fosse stato un errore? Non solo per il progetto, ma per il loro rapporto. Scosse la testa, cercando di scacciare il disagio. “Un passo alla volta,” si disse, accendendo l’ultima lampada. “Vediamo cosa combina la mia sorellina.”
Federico aveva trasformato la stanza in un vero set fotografico. I flash con diffusori erano sistemati con precisione attorno ai pannelli bianchi, illuminando lo spazio con una luce morbida e uniforme. Ogni dettaglio era stato curato con attenzione, creando un’atmosfera sospesa, pronta ad accogliere lo scatto perfetto.
Le lenzuola di seta nera, distese sul letto, catturavano la luce con riflessi morbidi e profondi, come un invito silenzioso a perdersi in quel buio lucente. La Nikon, montata sul treppiede, stava lì come un occhio attento, pronta a catturare ogni fremito, ogni respiro sospeso. In sottofondo, una playlist di musica dai bassi profondi e ritmi languidi vibrava nell’aria, insinuandosi sotto la pelle come un battito pulsante, lento e inesorabile.
Federico passò una mano tra i capelli umidi di sudore, nonostante l’aria fresca che circolava nella stanza. L’orologio segnava le 13:29. Cristina aveva promesso che sarebbe stata pronta per l’una, ma ogni minuto si allungava, denso di un’attesa carica e quasi palpabile, che gli serrava lo stomaco. Si ripeteva come un mantra che era solo un lavoro, un disperato tentativo di salvare il progetto per il professor Martinelli. Eppure, l’immagine di Cristina, la sua sorellina, con quegli abiti larghi e il sorriso distratto, trasfigurata in un’icona di sensualità lo faceva sentire come un funambolo sospeso su un filo sottile e tagliente. Una miscela di curiosità bruciante e timore gelido gli inondava il sangue, facendolo dubitare di voler scoprire dove quella danza lo avrebbe condotto.
“Concentrati, Fede”, sussurrò a se stesso con voce roca, mentre le dita gli carezzavano l’obiettivo della Nikon, ancora una volta, in un gesto nervoso. “È solo arte. Solo arte.” Ma il pensiero di Cristina, la sua pelle illuminata dalle luci, nuda e vulnerabile sotto il suo sguardo, lo faceva vacillare. Si sentiva intrappolato in un gioco dal quale non sapeva come uscire, un gioco che non aveva scelto di iniziare, ma che stava già consumando ogni sua certezza.
Un fruscio leggero alla porta spezzò il silenzio. Poi, un profumo invase la stanza: dolce, persistente, con un fondo selvatico che colpì Federico come una scossa sotto pelle. Vaniglia e pelle calda.
“Pronto, Maestro?”
La voce di Cristina era bassa, impastata di malizia, un sussurro che sembrava fatto apposta per insinuarsi nei pensieri e torcerli. Federico si voltò, e in un istante tutto si fermò.
Cristina era lì, ma non era più “sua sorella”. Era un’apparizione erotica, il sogno proibito che nessuno osa confessare.
La vestaglia di seta blu scuro le si incollava addosso come una lingua calda. Aperta appena sul davanti, lasciava intravedere il completino nero che lo fece deglutire a vuoto: un reggiseno di pizzo trasparente che lasciava intravedere senza ritegno i capezzoli tesi, e uno slip sottile, quasi simbolico, che spariva tra le cosce. Ogni curva del suo corpo sembrava modellata per accendere il desiderio. I tacchi vertiginosi, lucidi e aggressivi, ne slanciavano il profilo, aggiungendo a ogni passo un’eleganza animalesca, letale.
I capelli, morbidi e ricci, le cadevano sulla schiena e sul petto, alcuni portati volutamente in avanti, ad accarezzare il seno scoperto sotto il pizzo. Aveva incorniciato il volto con due boccoli perfetti, lunghi e provocanti, come se sapesse esattamente l’effetto che le sue scelte avrebbero avuto.
Le labbra, rosse e piene, brillavano. Il rossetto le dava un’aria sexy, fortemente attraente. L’ombretto azzurro chiaro le illuminava lo sguardo, mentre il mascara ne allungava le ciglia fino a renderle ipnotiche. Un leggero blush le colorava le guance, rendendo la sua pelle di porcellana ancora più viva, quasi febbrile.
Federico restò immobile, trafitto da quella visione. Sentiva il sangue pulsare più in basso, dove nessuna ragione poteva più intervenire. Cristina lo guardava, in silenzio, con una sicurezza nuova, come se sapesse di aver appena superato un confine irreversibile.
E fu allora che capì: non era più un gioco, e nemmeno solo arte. Lei era lì per farsi guardare. Per farsi desiderare. Per lui.
“Cristina?”
La voce di Federico si spezzò in gola, un sussurro strozzato dal battito feroce del cuore. “Cazzo, sei, cosa,?” Le parole gli morivano sulle labbra, incapaci di contenere lo shock che gli incendiava il petto.
Cristina rise piano, un suono liquido, morbido e pericoloso, che sembrava scivolargli lungo la colonna vertebrale come un tocco invisibile.
“Chi, se non io, Fede?”
I suoi tacchi scandivano il tempo in battiti lenti sul pavimento, un metronomo del desiderio. Avanzò verso di lui con grazia predatoria, posando una mano sul fianco, e lasciò che la vestaglia si aprisse quel tanto che bastava. Un lembo si scostò, rivelando il bordo del pizzo nero e la curva piena di un seno che tremava lievemente ad ogni passo.
“Ti piace?” sussurrò, con un tono impastato di malizia, il fiato che sembrava già accarezzargli la pelle.
Federico sentì il sangue risalirgli in volto e poi scendere a tradirlo più in basso, duro e incontrollabile. Deglutì a fatica, afferrando la Nikon come se potesse nascondercisi dietro, o almeno mascherare il tremore delle mani.
“Sei, incredibile,” riuscì a dire, la voce bassa, arrochita. “Dove diavolo hai preso tutta questa roba?”
Cristina si voltò su se stessa con un’eleganza languida, lasciando che la seta della vestaglia ondeggiasse attorno alle sue gambe nude, scoprendo la pelle dorata dei fianchi, la linea sottile del ventre.
“L’ho fatta io,” disse, con un sorriso che era veleno e miele insieme. “Un piccolo esperimento, pensavo fosse troppo, per me. Ma oggi.”
Si fermò di fronte a lui, a pochi centimetri, guardandolo da sotto le ciglia incurvate, con le labbra appena dischiuse. L’odore del suo profumo, della sua pelle calda, lo stordiva.
“Oggi mi sento diversa.”
E quella differenza, Federico la vedeva tutta. La respirava. La desiderava.
(CONTINUA)
P.S. Grazie per aver letto il nostro racconto, spero che vi sia piaciuto e vi abbia ispirato! Lasciate pure un commento e un like se vi va, ci fa sempre piacere ricevere il vostro feedback! A presto, con il prossimo episodio. Alberto & Laura (coautori)
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