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PRANOTERAPIA 5 (il patto)


di Membro VIP di Annunci69.it Rosagiorg
27.04.2024    |    3.309    |    5 9.5
"Molti dicono che le misure non contano, ma lo sguardo ammirato della mia amica diceva il contrario..."
«Sai che la ragazza dietro al bancone è mia cugina?» con questa semplice domanda mi salutò, quando entrai al bar del centro, la mia amica.
«Veramente carina.» Tentai di svicolare io, subodorando qualche secondo fine nella domanda.
«Si, è proprio una bella ragazza,» riprese lei «ed ha anche un buon udito.»
«Di cosa stai parlando?» chiesi impallidendo «Non capisco perché mi parli dell’udito della barista, non sono un otorino, ho solo risposto che è carina, non ho detto che me la vorrei…»
«Dai smettila di girarci intorno,» mi interruppe «il locale è piccolo, come il paese del resto. Con me puoi sbottonarti liberamente, non sono gelosa.»
«Su questo non avevo dubbi, ma ritengo che sia tu che devi essere più esplicita,» colsi la sfida «faccio colazione in questo bar quasi tutte le mattine, incontro e parlo con tante persone, non riesco a ricostruire tutte le conversazioni che tua cugina ha inopinatamente ascoltato.»
«Va bene, giochiamo a carte scoperte,» disse con un sorriso malizioso sulle labbra «ti sei intrattenuto prima con mia zia e qualche giorno dopo hai avuto un’animata discussione con le tre beghine sue amiche e, se tanto mi dà tanto, conoscendo le passioni di mia zia, non ci metto molto a pensare che, in qualche modo, le possa condividere con le sue sodali.»
«E con ciò?» mi affrettai a domandare «Tua zia è assolutamente fedele al baffo…»
«Come lo sai?»
«Me lo hai detto tu,» risposi sempre più allarmato «comunque si, le beghine, in quanto a detta loro, custodi della moralità del paese, avendo trovato tua zia un po’ strana, volevano verificare se avevo qualche responsabilità.»
«E tu?»
«Io? Io niente,» balbettai «cosa dovevo raccontare loro? Che l’avevo vista sul divano con quell’oggetto vibrante proprio là? Ho tentato di cambiare discorso, loro mi incalzavano…»
«Quindi hai parlato?»
«No, figurati, è a lei che deve essere sfuggito qualcosa, perché, visto che tergiversavo, hanno tirato fuori la storia del calore delle mie mani, a quel punto è intervenuta tua cugina che ci ha imposto di levare le ancore, dando a me un’ancora di salvezza.»
«Ci sono pezzi di verità, ma tu non me la racconti tutta.» mi rimbrottò lei.
«Lo sai che non è nel mio stile parlare di chi non è presente,» tentai di chiudere la discussione «poi, che interesse hai a questa questione?»
«Pura curiosità. Comunque, visto che i panni sporchi si lavano in famiglia, cosa ne dici se ci troviamo da mia zia? Poi magari ci scappa che ci presta di nuovo il suo comodo letto.»
«L’ultima parte del tuo discorso mi interessa proprio,» dissi calando la tensione «fammi sapere quando. Intanto il caffè lo offro io.»
La prospettiva di un’altra splendida scopata con la mia amica era allettante, mi restava comunque l’impressione di essermi infilato in un ginepraio.

«Domani sera alle ventuno da mia zia,» la voce uscì allegra dal telefonino «ci sarà anche una sorpresa.»
Non era passata che un’ora dal nostro incontro al bar, si la questione era meglio risolverla quanto prima, ma ora una nuova ansia mi attanagliava: che sorpresa mi stava preparando la mia amica?
Nelle ore che precedettero l’appuntamento la mia inquietudine continuava ad aumentare. Per tentare di placare l’ansia, aprii il frigo in cerca di un prosecco o una birra, purtroppo l’elettrodomestico era inesorabilmente vuoto, così mi avviai verso il bar della piazza. Avevo scordato che il martedì, era il giorno del turno di chiusura. Mi avviai mestamente e mi sedetti su una panchina del parco prendendomi la testa fra le mani; non ero uso ad atteggiamenti di questo genere ed improvvisamente mi accorsi di un calore che mi penetrava nel cervello, o mio dio! Le mie mani avevano effetto anche su di me. Una calma olimpica mi pervase, mi alzai come in trance e mi avviai verso la casa della zia.
Da fuori la palazzina sembrava deserta, non fosse stato per le tre auto parcheggiate davanti, non c’era alcuna luce ne traccia di esseri viventi, suonai il campanello ed immediatamente si sentì il click della serratura elettrica. Salii con calma le scale che ormai conoscevo bene, la porta era socchiusa, entrai e fui investito da una luce intensa che, al momento, mi accecò non permettendomi di mettere a fuoco l’ambiente. Non appena l’occhio iniziò ad abituarsi alla luce notai che la stanza era affollata di persone. Piano piano inquadrai la situazione: adagiate sul divano c’erano le tre beghine; affondata in una poltrona, la cugina barista che teneva la mano ad un tipo sconosciuto seduto sul bracciolo accanto a lei; dall’altro lato, appoggiati alla cucina, i padroni di casa. Però non vedevo colei che mi aveva invitato.
Sussultai quando sentii una voce alle mie spalle: «Per colpa tua abbiamo scatenato un bel casino.» La sua bellezza faceva dimenticare la situazione imbarazzante in cui mi trovavo.
«Colpa mia?» balbettai «Siete state voi a coinvolgermi nelle vostre fantasie perverse, d’accordo che io non mi sono tirato indietro, ma, specialmente le signore con più esperienza, mi avevano chiesto e garantito riservatezza. Invece mi trovo qui con voi ed ulteriori altre due persone. Mi volete spiegare che succede e cosa volete ancora da me?»
«Una persona la conosci, te l’ho presentata come mia cugina, anche se non lo è (ci definiamo così per il grande affetto che ci lega), l’altro è il suo fidanzato, anche lui ha sentito i vostri discorsi al bar mentre, non visto, era intento a sistemare l’impianto di spinatura. Ora, se i maschi non si sono lasciati sfuggire qualche particolare o vanteria,» e guardò anche il baffo «il cerchio dovrebbe chiudersi qui.»
«Io sono una tomba!» precisai «Quindi la faccenda si può chiudere qui, peccato perché contavo stasera di fare un altro po’ di esperienza con le mie mani.»
«Ed anche con il resto…» una voce femminile che non riuscii ad identificare, fu seguita da una sonora risata che coinvolse tutti gli astanti.
«C’è ancora qualcosa da sistemare,» intervenne la padrona di casa «i due nuovi ospiti sono troppo marginalmente coinvolti, quindi potrebbe sfuggire loro qualcosa…»
«Hai ragione,» intervenne per la prima volta la finta cugina «continui a favoleggiare sul potere delle mani di questo ragazzo, vorremmo provarlo anche noi.»
«No, fermi un attimo,» misi le mani avanti io «non sono il vostro gigolò, poi chi mi garantisce che la faccenda non si allarghi.»
«Perché? Non siamo di tuo gradimento?» sentii, per la prima volta, la voce del fidanzato.
«Anzi, figurati, mi suscitate certi pensieri…»
Ero sconcertato ed al tempo stesso eccitato, da questa strana situazione in cui mi trovavo coinvolto. Il potere delle mie mani andava al di là della semplice fisicità, era divenuto altro da me: un’energia soprannaturale che era entrata, con la narrazione, nell’immaginario comune di questa piccola schiera di adepti. Dovevo uscire da questa situazione e l’unica via di uscita che mi era prospettata era quella di coinvolgere fino in fondo tutti i presenti.
«Cosa facciamo?» chiesi a bassa voce alla mia amica «io era solo te che volevo.»
«Che tenerone.» mi sussurrò dandomi un buffetto sulla guancia e poi, rivolta a tutti: «Allora facciamo così: gli adulti qui presenti hanno già avuto la loro dose di soddisfazione, se la situazione li ha attizzati, possono giocare fra di loro e, visto che ci sono di mezzo anche questioni di parentela e non voglio ci siano compromissioni di alcun tipo, io e gli altri ci ritiriamo nella camera da letto. Se siamo tutti d’accordo, facciamo un brindisi e diamo inizio alle danze.»

Lo schiocco del tappo del prosecco, fu come lo starter dei cento metri, neanche il tempo di riempire i flutes e già iniziavano a cadere vestiti. Rapidamente io, la mia amica e la coppia di baristi ci spostammo nella camera da letto. Lasciammo però la porta socchiusa, permettendo così, almeno ai suoni, di mescolarsi.
Appena varcato l’uscio i nostri vestiti, come per un gioco di prestigio, caddero a terra. La mia amica avevo già avuto modo di conoscerla, i due ragazzi avevano entrambi un fisico slanciato e tonico, tipico di persone che praticano sport aerobici. Il seno di lei non abbondante ma sodo aveva appuntiti capezzoli circondati da una piccola areola; al vertice di due gambe lunghe e ben tornite spiccava un curato triangolino di pelo nero ad ornare il ventre piatto e con i leggeri segni degli addominali. Il ventre del ragazzo sfoggiava una tartaruga da fare invidia, ma che faceva proprio invidia era la sua dotazione: il pene, già eretto, con la lucida cappella sfiorava quasi l’ombelico.
Molti dicono che le misure non contano, ma lo sguardo ammirato della mia amica diceva il contrario. «Mi avevi accennato qualcosa,» ruppe il ghiaccio «ma, così dal vivo, veramente mi lascia senza fiato.»
«Dai, bando alle ciance,» ruppe l’incanto, con il suo piglio deciso la barista «avremo modo tutti quanti di approfondire, smettiamola con i convenevoli, che di là, a sentire dai gemiti che giungono, si stanno già dando parecchio da fare, mentre noi siamo ancora qui come i collegiali che si misurano reciprocamente i piselli.»
Forse non ce n’era bisogno, ma quella frase scatenò l’inferno. Le mie mani erano ambite da tutti ed, al tempo stesso, ambivano a toccare e massaggiare corpi e parti di essi per distribuire intense sensazioni.
La finta cugina sembrava posseduta da un demone mentre si avventava come un’ossessa sul mio pene già in piena erezione. Nel frattempo il fidanzato si dava da fare con la lingua sulle stupende tette della mia amica, mentre lei aveva preso a masturbare il suo grosso uccello. Le mie mani, ambite più che mai, massaggiavano seni, culi ed il petto villoso del ragazzo. In un attimo ci trovammo tutti e quattro aggrovigliati ed, a una vista esterna, sarebbe stato certamente complicato distinguere chi leccava, toccava, scopava chi. Il piacere era alle stelle e come avevo appreso recentemente, finché le mie mani erano in azione, l’eccitazione rimaneva al punto massimo, quello che precede l’orgasmo, senza però permettere mai a nessuno di raggiungere l’apice del piacere.
Nel frattempo dall’altra stanza giungevano, inequivocabili, i suoni di un’orgia senza eguali. Le beghine, grazie al fatto che la zia fosse in compagnia del baffo, potevano scatenarsi in ogni combinazione e certamente non si tiravano indietro.
Dopo aver sperimentato tutte le combinazioni possibili, dalle eterosessuali, alle bisessuali, alle omosessuali, chiudemmo alternando la doppia con una e l’altra ragazza. Concludemmo, al mio alzare le mani, con un orgasmo collettivo in un profluvio di umori schizzati in ogni dove.
A questo punto, con la mia amica, unica coinvolta in un rapporto di parentele con qualcuno nell’altra stanza, riversa quasi esanime nel letto, ne approfittammo per una visita in salotto. Lo spettacolo che ci trovammo di fronte era degno del più hard dei film porno che potevamo immaginare: il baffo circondato dalle quattro donne sembrava sul punto di soccombere alla loro furia. Certo lì si vedeva l’esperienza delle persone mature che, al contrario di noi che credevamo di aver già concluso, portavano avanti il gioco con sicurezza e dosando eccitazione ed energie. Il nostro affacciarci fu per loro come l’esplosione di un ordigno. La prospettiva di passare da quattro donne ed un uomo a cinque femmine e tre maschi, scombinava le carte ma prometteva una scala reale.
«Cosa succede?» ci richiamò la mia amica.
«Lascia stare,» la esortai io «riposati un po’ in camera, poi torniamo da te.»

Ormai eravamo lanciati, mi girai un attimo e vidi che lei sul letto si era girata di spalle, potevamo buttarci nella mischia, l’eccitazione era tornata ad impossessarsi di noi, non c’era motivo di indugiare.
Descrivere gli atti e le combinazioni che si realizzarono sarebbe arduo perché, come in un sogno, la situazione non pareva decifrabile nemmeno dai protagonisti, fatto sta che ognuno ebbe modo di assaggiare qualcosa di ciascuno e le mie mani, contese da tutti distribuivano piacere senza soluzione di continuità. Ad un certo punto la situazione mutò: ci trovammo ad essere tre maschi e tre femmine. La mora e la rossa, ormai soddisfatte e vogliose di provare nuove combinazioni, erano andate di là a consolare la nipote del baffo. Il sestetto poteva così sperimentarsi in nuovi intrecci, il piacere trasudava da tutti i pori, gli spasimi ci avvolgevano ed anche dall’altra stanza giungevano gemiti: segnale inequivocabile che anche di là la situazione era tornata incandescente. Quando ritenni che ormai tutti fossimo allo stremo delle forze sollevai le mani e scoppiò il più grande orgasmo che potessi immaginare con grida, sospiri e schizzi. Con mia sorpresa, simultaneamente, anche dall’altra stanza giunsero, inequivocabili, urla e sospiri del tutto simili ai nostri, l’energia travalicava le pareti!

«Statemi bene a sentire,» dopo che tutti si erano ricomposti e rivestiti, prese la parola la leader delle beghine «ora tutti siamo al corrente, tutti siamo coinvolti, quindi: acqua in bocca!»
«Anche qualcos’altro.» tentai di stemperare il clima.
«No, non scherziamo,» intervenne la rossa «ne va della nostra e vostra reputazione.»
«Giusto,» ribadì la mora «se solo una chiacchiera, un sospetto aleggiasse in paese…»
«Non succederà,» la interruppe la padrona di casa «nessuno dirà una parola, anche i ragazzi qui hanno un futuro da costruirsi, non lo possono compromettere per dei pettegolezzi.»
«Avete ragione,» confermò il fidanzato della barista «però ci siamo divertiti…»
«Eccome.» Lo interruppe la fidanzata.
«Allora facciamo così,» tirò le fila della discussione la mia amica «abbiamo fatto un patto di sangue, ehm no, di sperma (che è anche meglio), siamo tenuti a rispettarlo. Sarebbe però un peccato chiuderla qui. Visto che abbiamo trovato la via del piacere reciproco, che non ci sono gelosie e che l’unico ostacolo che abbiamo di fronte, sono le chiacchiere. Potremmo trovare il modo per continuare il nostro ménage, con le combinazioni che più ci aggradano, senza però dare nell’occhio.»
«Io possiedo un appartamento in città, dove nessuno ci conosce, ben isolato e con entrata autonoma,» propose il baffo «lo arrediamo al meglio, le bollette le pago volentieri io, consegno ad ognuno un mazzo di chiavi e ognuno ne può usufruire, nelle combinazioni e nei modi che meglio crede, ma solo ed esclusivamente con le persone qui presenti e con nessun altro.»
«Affare fatto!» applaudirono tutti in coro.
«Ed ora festeggiamo!» chiuse la nipote «Zio, stappa il prosecco. Zia, tira fuori i tuoi mitici dolcetti. Ma fate veloci, prima che tutti si spoglino di nuovo!»
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