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L'IMPIEGATO SFIGATO


di maialazzo
09.01.2014    |    35.632    |    2 8.8
"Un minuto dopo mi chiamò Alessia con voce euforica: "Ciao Tesoro, guarda che ho da molto da fare, stasera mi tratterrò più a lungo, tu vai pure a casa..."
Lavorare nella stessa azienda della tua fidanzata a volte non è facile, specialmente se la fidanzata è come la mia Alessia. Anche se la conosco da molti anni e so quanto sia una ragazza per bene, molti colleghi, vedendola sempre vestita con minigonne e canottiere aderenti, fanno commenti e maldicenze su di lei. Io, anche se lavoro al piano di sopra in un reparto diverso, mi trovo spesso a doverla difendere contro le allusioni che si porta dietro. Alessia non ha ancora compiuto i trent'anni, mentre io vado per i quaranta, quindi capisco che la gente possa pensare di avere una sorta di lasciapassare verso di lei. Infatti ho il mio nomignolo in ufficio: mi chiamano il cornuto, ma io lascio perdere perchè so che è solo l'invidia che fa parlare i colleghi, visto che fra pochi mesi Alessia sarà finalmente tutta mia, e diventerà la signora Masello, mia moglie.
Negli ultimi tempi correva voce che l'azienda si sarebbe ridimensionata, lasciando a casa la metà degli impiegati. Potete immaginare il fervore che queste voci crearono. I dirigenti tenevano le bocche cucite ed in particolare l'ing. Lotti, un sessantenne ciccione pelato che tutti odiano ma che in fin dei conti, essendo il responsabile del personale, conosceva sicuramente ogni dettaglio della vicenda. Mentre tutti si dannavano l'anima per compiacere l'ing. Lotti, facendogli piaceri e zerbinandosi davanti a lui, io e Alessia utilizzammo un approccio più fantasioso, ma che speravamo fosse più efficace. L'idea era quella di metterci in una posizione di potere nei suoi confronti, così che non potesse più toccarci: pensammo così al più classico dei ricatti. L'ingegnere era un noto porco e si rumoreggiava che fosse anche un puttaniere. Comunque tutte le donne dell'azienda avevano subito avances da lui, ed Alessia non era da meno, anzi: più di una volta l'avevo visto mentre provava ad infilarle una mano dentro le mutandine, anche in mia presenza! Lei, spigliata e sveglia com'è, trovava sempre la battuta giusta per farlo desistere senza arrabbiarsi. Pensammo così di utilizzare Alessia come esca per fare in modo che lui si spingesse oltre il lecito mentre io avrei documentato il tutto, per poi metterlo di fronte alle evidenze e costringerlo così a non licenziare noi. Io sono appassionato di fotografia, così iniziai a mettere a punto il piano ed il materiale necessario per documentare l'evento. Dovevo trovare un posto discreto ma anche di facile accesso: pensai che in auto fosse la cosa migliore, e, se avessi trovato un punto di appostamento adatto, il grande parcheggio della nostra azienda poteva essere perfetto. Individuai una vecchia cabina del telefono, senza più il telefono, e la foderai con i giornali in modo da creare un punto di osservazione indisturbato, ma dal quale la mia fotocamera aveva vari accessi.
Il compito di Alessia era quello di aspettare l'ingegnere all'uscita dell'ufficio, convincerlo a salire in macchina con lei, e poi, una volta parcheggiato vicino alla cabina, riuscire a fargli tenere un comportamento sconveniente, cosa questa che non sarebbe dovuta risultare difficile, viste le premesse.
Mi appostai nella cabina del telefono alla fine del mio orario; avevo istruito Alessia su dove venire a parcheggiare per darmi una buona visuale. Aspettammo per quasi due ore ma l'ingegnere non si fece vivo. Decidemmo di riprovare la sera successiva.
Mi appostai quindi nuovamente nella cabina con il mio teleobiettivo, provando a fare anche qualche foto nell'attesa, visto che anche quella seconda sera si stava prolungando. Dopo un paio d'ore ci arrendemmo nuovamente.
La terza sera, dopo neanche cinque minuti che ero appostato, vidi arrivare l'utilitaria di Alessia verso la mia cabina. Mi acquattai per sicurezza e, quando mi rialzai, mi resi conto che Alessia aveva parcheggiato troppo vicino! La sua auto era a neanche due metri da me. Per fortuna era andata anche un po' più avanti, così che non ero faccia a faccia con l'ingegner Lotti, ma si sarebbe dovuto girare per vedermi. La mia visuale non era ottimale, riuscivo a vedere bene lui, ma non lei, però riuscivo quasi a sentirli parlare. Li sentivo ma la loro voce era troppo flebile per riuscire a capire cosa dicessero. Lotti è un uomo enorme, peserà 150 chili (quasi tutti nella pancia), sempre in completo di marca, con solo pochi capelli unti e viscidi intorno alla testa. Alessia invece è piccolina ed esile, quindi la sua manina che scorreva maliziosamente sulla coscia dell'ingegnere sembrava minuscola ed insignificante, ma io so che Alessia è molto abile nell'arte della seduzione, e con quella manina poteva fare molto. Iniziai a fare qualche scatto per scaldarmi e per capire cosa potevo inquadrare. Persi di vista la mia fidanzata, tolsi l'occhio dall'obiettivo (che era troppo spinto per la distanza ravvicinata, dandomi una visuale molto ridotta) e la trovai che stava limonando intensamente con il porco. Lui le teneva una mano dietro la testa e la teneva premuta la faccia contro la sua, con la bocca spalancata. Mi accorsi che, mentre lui le tastava le tettine da sopra il top, Alessia stava rovistando con i suoi pantaloni. Immaginavo che avrebbe avuto vita dura a trovargli il cazzo in mezzo a tutta quella ciccia, ma lui, con fare deciso, si abbassò pantaloni e mutande di colpo, rivelandone due cosce che sembravano prosciutti, con appoggiato in mezzo un signor mattarello! Aveva un cazzone che, per sembrare grande anche in mezzo a tutta la sua ciccia, doveva essere davvero notevole, ma soprattutto era già in tiro da matti. Alessia lo impugnò sorridendo, e io pensai. "Non devi sorridere, cazzo! Fai vedere che non vuoi!". Lui le mise di nuovo una mano dietro la testa e l'abbassò bruscamente sul suo ventre, spingendola con forza in mezzo alle sue cosce. Ecco, questo era quello che volevo! Scattavo a più non posso, sperando che dai miei scatti si sarebbe colta la rudezza e la violenza. Alessia, dopo averlo leccato a lungo, prese in bocca la sua cappella, e io iniziai a scattare foto ancora più dettagliate della mia bellezza e futura moglie con la nerchia di quel ciccione in bocca. Poco a poco le spinte dell'ingegnere sulla sua nuca si fecero più vigorose e più rapide, e man mano Alessia prendeva più cazzo in bocca. Se la stava letteralmente scopando in bocca! Poi le mani divennero due, e sulla testa. Le sue manone enormi intrappolavano la testolina a spazzola di Alessia, non lasciandole respiro, facendola ballare su e giù sul suo palo che oramai era diventato lucido di saliva e di umori. Mi resi conto che anch'io ero eccitato: nonostante tutte le dicerie sull'abilità di pompinara della mia ragazza, a me l'aveva fatto solo un paio di volte e senza molto trasporto. Vederla invece adesso ingoiare venti e più centimetri di cazzo ciccione era inevitabilmente eccitante.
Dopo una decina di minuti di questa pompata forsennata, la tenne schiacciata contro il ventre, con il suo cazzo completamente infilato nella gola di Alessia, e restò fermo così per qualche secondo, prima di lasciarla andare e consentirle di riprendere fiato. Per la prima volta da quando avevano iniziato la vidi in faccia: era tutta arrossata e le lacrime avevano fatto colare il rimmel lungo le guance (perfetto per l'effetto drammatico e violento che stavo cercando), gli occhi erano stravolti, la bocca spalancata a cercare aria, e un denso cordone di saliva ancora collegava un angolo delle sue labbra alla possente cappella del tanto odiato Lotti. La pausa fu breve; subito la riprese per la nuca e la obbligò a impalarsi nuovamente la testa sul cazzo. I minuti passavano lenti, mentre lui continuava a pompare la testa della mia fidanzata; sembrava quasi che si stesse facendo una sega a due mani, la testa di Alessia era solo l'intermediario per il suo godimento. Dopo un po' iniziò ad utilizzare una mano sola, sicuro oramai della presa sulla testa, mentre con l'altra, che non riuscivo a vedere, stava palpando in qualche modo il corpicino della mia donna.
Di colpo lo sentii urlare, come un maiale sgozzato, urla acute e lunghe, mentre con una mano si teneva l'asta e con l'altra governava la testa di Alessia in modo tale che la sborrata la andasse a colpire in faccia. Erano scatti perfetti per i nostri scopi!
Il primo fiotto la centrò in pieno viso, chiudendole anche un occhio. Per istinto si girò di lato per proteggersi, così che il resto dell'immonda sostanza le finì principalmente sulla guancia e sul collo, ma anche in parte sui capelli e sull'orecchio. Era una sequenza così degradante e umiliante a vedersi, che ero euforico mentre scattavo, certo che il nostro futuro in azienda sarebbe stato ormai blindato. Lei si ripulì alla meglio l'occhio per poterlo riaprire e, continuando un lento lavoro di mano sul membro ancora teso, lo guardò negli occhi con aria complice e compiaciuta.
Appena l'ingegnere ebbe finito di godere, si ricompose e poco dopo Alessia lo riaccompagnò all'ingresso della società per recuperare la sua auto. Attesi ancora un paio di minuti prima che Alessia arrivasse a prendere me: salii in macchina al volo. L'odore di sesso e sperma era invadente e inebriante, spalancai il finestrino per riprendermi. Feci per abbracciare e baciare la mia cara fidanzata che si era sottoposta ad una simile fatica, ma la sua faccia era conciatissima, con il mascara colato e il trucco sfatto, e con un fazzoletto di carta stava ancora cercando di ripulirsi un orecchio in profondità. Mi disse (con fare stranamente euforico) che l'ing. Lotti era un gran maiale, che le aveva detto porcate per tutto il tempo, che l'aveva soffocata con il suo cazzo, e che era arrivato anche ad infilarle due dita nel culo! E pensare che io non mi ci ero neanche mai avvicinato al suo splendido culetto...
Passai la sera a selezionare, riordinare e migliorare i 746 scatti che avevo prodotto. Alla fine stampai una selezione di una ventina di foto che maggiormente evidenziavano la violenza e la brutalità dell'atto e in cui il volto di Alessia risultava maggiormente sconvolto. Alcune le stampai in bianco e nero per aumentarne l'effetto drammatico.
La mattina mi presentai tronfio in ufficio, avevo una cartellina chiusa in cui avevo riposto gli scatti incriminati, in attesa di vedere in giro l'ing. Lotti e bloccarlo. Quando lo intravidi, gli feci un cenno da lontano e lo feci entrare nel mio ufficio. Senza dirgli niente, con aria di sfida, gli porsi la cartellina. Lui l'aprì e fu certamente stupito dal suo contenuto. Sfogliò le immagini con calma, e commentò:
"Wow, le ha fatte lei Moscello?", cosa che mi fece subito arrabbiare: "Masello! Non Moscello! Sì, le ho fatte io, e quella è la mia fidanzata....". "Gran belle foto, Moscetto, la ringrazio molto, le conserverò con cura." e fece per andarsene. Lo fermai: "Scusi, ma dove crede di andare? Forse non ha capito come stanno le cose! Se non assicura il posto di lavoro a me e alla mia fidanzata, quelle foto finiscono dritte dritte sulla scrivania del Presidente!". A queste parole si irrigidì, armeggiò con una cartellina che aveva con sé e ne estrasse un foglio che mi passò. "Vede Mosciarelli, stamattina mi è arrivata una nota dalla Questura, in quanto come sa sono anche il responsabile della sicurezza, in cui ci viene segnalata la presenza di un guardone nelle ore serali nei nostri parcheggi. Penso che anche la Polizia potrebbe essere interessata a visionare queste foto e a sapere chi le ha scattate, non crede?" e concluse la frase con un odioso sorrisetto beffardo. Restai ammutolito, feci per ribattere ma restai a bocca aperta, non sapevo cosa dire, allora riprese lui: "Se lei continua a fare foto così belle e la sua fidanzata a fare pompini così bene, stia pure tranquillo Moscetto, che avrete un lungo futuro in questa società... Ah, a proposito, questa sera avrò ancora bisogno dei suoi servigi, la chiamo più tardi per darle le istruzioni del caso". E così dicendo se ne andò senza girarsi.
Passai la mattina in una sorta di trance, senza riuscire a concentrarmi sul lavoro e pensando a cosa avrei dovuto dire ad Alessia. In pausa pranzo, quando la vidi, le dissi solo, estrapolando le parole di Lotti, che avevamo il futuro garantito, lei fu molto contenta.
Nel primo pomeriggio mi arrivò la preannunciata telefonata dell'ingegnere che diceva: "ore 18.00, motel Roma, stanza 103. Si chiuda dentro l'armadio Moscello, e non si faccia vedere o sentire finchè lo show non è terminato. Mi raccomando la qualità degli scatti!" e riattaccò senza neanche darmi la possibilità di rispondere. Un minuto dopo mi chiamò Alessia con voce euforica: "Ciao Tesoro, guarda che ho da molto da fare, stasera mi tratterrò più a lungo, tu vai pure a casa tranquillo, ti chiamo io quando ho finito!".
Il futuro nella società, anche se assicurato, iniziava a sembrarmi molto cupo...



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