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Tra le nuvole e il desiderio 3


di Riservato1987
27.06.2025    |    224    |    0 8.3
"Le sue dita sfiorarono le mie, indugiando appena, ma abbastanza da farmi venire voglia di toccarla ancora..."
Ci svegliammo avvolti nello stesso silenzio che ci aveva accompagnati nell’addormentarci, ma ora era diverso, più fragile, come se potesse rompersi da un momento all’altro. Il suo sguardo incrociò il mio mentre si stringeva le lenzuola addosso, e capii che nessuno dei due era pronto per quel momento.
La camera d’albergo profumava ancora di lei. Sul cuscino, un’orma di profumo e quella piega nel lenzuolo che sembrava trattenere un ultimo respiro condiviso.
"Dovrei andare," sussurrai, più a me stesso che a lei. Mi alzai con movimenti misurati, mentre mi rivestivo, lei restò a letto, seguendo ogni mio gesto con occhi che sembravano voler trattenere ogni istante. Mi avvicinai, le diedi un bacio sulla guancia e uscii dalla sua stanza con ancora il battito scomposto e il profumo della notte addosso. Il corridoio dell’hotel era stranamente silenzioso, come se sapesse.
Presi l’ascensore senza affrettarmi. Mi sembrava che ogni piano che scendevo mi staccasse un po’ da lei, ma non bastava. La città fuori era già sveglia, indifferente. Io no. Dentro avevo ancora il suo respiro sul collo e il sapore di una notte che non prometteva niente, ma che si era presa tutto.
Mi incamminai verso il mio hotel che non era molto distante. Era finita lì? Doveva?
Raggiunsi la mia stanza d’albergo con il passo lento di chi si è appena lasciato alle spalle qualcosa che non sa ancora definire. Ogni metro percorso sembrava un ritorno alla realtà, ma la realtà mi scivolava addosso come il ricordo della sua pelle.
Entrai, lasciai cadere la giacca sulla poltrona, e mi chiusi nella doccia. L’acqua bollente colpì la pelle come se potesse cancellare la notte, lavare via ciò che non doveva restare. Ma certi momenti non si scrollano di dosso, si infilano sotto pelle, e ci restano.
La città era già immersa nel caos del mattino mentre mi dirigevo verso l'ufficio, ma tutto mi sembrava ovattato, distante, i semafori, i clacson. Dentro di me, solo immagini della notte: la sua pelle, il suo respiro, il modo in cui aveva pronunciato il mio nome come se sapesse che sarebbe stata l’ultima volta.
Mi sforzavo di concentrarmi sulla riunione, di ritrovare quella versione di me ordinata e professionale, ma ogni grafico sullo schermo sembrava raccontarmi un altro tipo di curva. Poi, il telefono vibrò. Uno squillo breve, secco, era lei.
"Non riesco a smettere di pensare a quello che è successo stanotte, non mi sentivo così desiderata da anni, mi hai distrutto la figa!"
Lessi la frase tre volte prima di respirare davvero. Il cuore rallentò solo per ripartire più forte.Avrei voluto rispondere subito, ma restai a fissare lo schermo, il pollice sospeso sulla tastiera.
Alla fine scrissi: "Nemmeno io. È come se qualcosa di noi fosse rimasto là, in quella stanza...il sol pensiero me lo sta facendo venire di nuovo duro!"
Il telefono vibrò ancora. Lo presi con una calma apparente, ma dentro di me ogni parte aspettava quel messaggio.
"Finisco di lavorare e ti raggiungo in hotel."
Sette parole. Bastarono quelle a spezzare ogni equilibrio che avevo cercato di ricostruire. La giornata cambiò sapore, ritmo, direzione. Tutto sembrava ruotare verso quell’attimo futuro che ora era inevitabile.
La giornata trascorse lento a come se ogni minuto trattenesse il respiro in attesa di qualcosa.
Alle 17:30, il telefono vibrò, un nuovo messaggio: "ho finito, vado a farmi una doccia e arrivo… Mandami la posizione." Poche parole, eppure bastarono a rimettere in moto tutto ciò che avevo cercato di tenere a bada.
Le inviai l’indirizzo e il numero di stanza senza aggiungere nulla. Non ce n’era bisogno.
Mezz'ora dopo, la stanza era cambiata. La luce era più morbida, le tende leggermente chiuse. Sul tavolino, una bottiglia di champagne fredda, due calici pronti. Nulla di formale, tutto carico d'intenzione. Mi ero tolto la giacca, la camicia sbottonata appena. Non per vanità. Per verità.
Ogni piccolo suono nel corridoio mi sembrava il suo arrivo. Ogni secondo, un passo più vicino a quel momento in cui il presente avrebbe ripreso da dove il passato si era interrotto.
Non sapevo cosa ci fosse oltre quella sera. Ma sapevo che, appena avrebbe bussato… Tutto sarebbe ricominciato.
Il bussare fu leggero, quasi timido, eppure ogni fibra del mio corpo lo sentì con forza. Aspettai. Un secondo. Due.
Quando aprii, il mondo si fece più lento.
Era lì. Bellissima. Con la luce del corridoio a incorniciarle il viso e lo sguardo deciso di chi ha scelto di esserci, nonostante tutto. Il cappotto nero le abbracciava il corpo, ma non riusciva a nascondere l’energia che emanava, quella sicurezza che rendeva ogni movimento una dichiarazione.
Poi lo slancio: un gesto rapido, il cappotto che scivola via, e sotto… Un vestito che non lasciava spazio a dubbi. Corto quanto basta per giocare, elegante quanto serve per lasciare il fiato sospeso. I suoi anni le danzavano addosso con la grazia di chi li porta con orgoglio, senza finzioni, senza invidie anzi, lasciando indietro la concorrenza delle ventenni.
Ci fissammo. Nessuna parola. Solo uno scambio invisibile d'intenzioni, emozioni, promesse non dette.
Poi sorrise, con quella piega delle labbra che già conoscevo. “Allora,” disse, varcando la soglia, “avevamo lasciato qualcosa in sospeso, giusto?”
E io, con i calici già pronti sul tavolino, sapevo bene che non era finita. Era solo l’inizio… Di una nuova notte di fuoco.
Lei entrò e, per un istante, la stanza sembrò trattenere il fiato con me. La porta si richiuse lenta alle sue spalle, lasciandoci soli, di nuovo, come se il mondo esterno non fosse mai esistito davvero.
Si fermò a pochi centimetri da me, gli occhi nei miei, senza sorrisi di circostanza, solo quella scintilla viva, concreta, che bruciava sotto la superficie.
Presi i due calici, ne riempii uno e glielo passai. Le sue dita sfiorarono le mie, indugiando appena, ma abbastanza da farmi venire voglia di toccarla ancora. Sollevò il bicchiere, lo accostò alle labbra. “Hai aspettato?” Chiese, con un sorriso che non aspettava risposta.
“Siamo ancora in tempo per cambiare idea,” sussurrai, senza crederci davvero.
Lei sorrise, quel mezzo sorriso che già conoscevo, quello che le curvava appena le labbra ma le incendiava lo sguardo. “Lo abbiamo già fatto una volta,” rispose. “Questa… È la conseguenza.”
Quello che accadde dopo non fu deciso in quel momento, era già scritto tra le pieghe di ogni sguardo che ci eravamo scambiati fin da quella prima notte.
Mi si avvicinò e posò le mani sulle mie spalle, lentamente, come se volesse imprimere il momento nella pelle. Non era fretta, era fame. Non era solo desiderio, era richiamo.
Poi, senza più esitazioni, le nostre bocche si cercarono, si trovarono, e tutto tornò a bruciare.
Pochi istanti dopo, lei fa scivolare il suo vestito...era lì, nuda, pronta a essere presa.
"Wow esclamai" qualcuno non vuole perdere tempo... E ci perdemmo entrambi in una risata!
Ma lei non era l'unica, tanto da prenderla e sbatterla al muro, sfioro il suo fiore con le dita ed fradicia, vedendo il mio stupore mi disse " non mi capitava da molto essere così eccitata senza neanche i preliminari" non aggiunse altro, tirai fuori il mio membro già in piena erezione, lo puntai alle grandi labbra e lo feci scivolare lentamente dentro...ogni centimetro un gemito di piacere fino a sbalzare una volta che era tutto dentro...
"Non mi sono mai sentita così aperta" disse, la voce vellutata “È come una dipendenza,” continuò. “Ma non di quelle che consumano… Di quelle che fanno sentire vivi.
La sua voce tremava appena, ma non c'era incertezza. Solo consapevolezza. E desiderio.
"Ora scopami" fammi sentire tua...queste parole suonarono come una melodia nella mia testa! Aumento il ritmo e l'intensità dei miei movimenti e dei miei colpi...uno dopo l'altro senza sosta, sempre più forte.
"Sei incredibile,” disse ansimando, sei un vero toy boy...
“Sto venendo,” ansimò Alessandra, la voce spezzata, e il suo primo orgasmo la travolse. La fica si contrasse intorno al mio membro, il corpo che tremava mentre gridava e un getto di squirting che bagnò tutto il pavimento... Le grandi labbra che pulsavano, lucide di piacere.
"Non resisto piú" vengo anch'io.esclamai! Flotti caldi che inondano la sua figa fino a riempirla...restai lì fermo per qualche istante con il membro ancora pulsante dentro di lei…fin quando non scivolo fuori!
"Sei un porco" esclamo… È la prima volta che mi succede una cosa simile!
“Mi fai sentire viva. Ma non è solo questo,” sussurrò. “È che sto iniziando ad avere la dipendenza del tuo cazzo! Peccato che domani si ritorna a casa, alla solita routine...come farò?
Non la rispondo…la prendo per mano e ci avviamo sotto la doccia....
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