Racconti Erotici > trans > La mia prima esperienza con una TRAV
trans

La mia prima esperienza con una TRAV


di Membro VIP di Annunci69.it Ficanale
09.09.2018    |    19.315    |    32 7.9
"Vidi accasciata in un angolo una donna che piangeva, le lacrime che le solcavano il volto, erano tinte di nero, perché assieme ad esse, colava il rimmel e..."
Vidi accasciata in un angolo una donna che piangeva, le lacrime che le solcavano il volto, erano tinte di nero, perché assieme ad esse, colava il rimmel e il trucco pesante che aveva attorno agli occhi, e che ne stravolgevano i lineamenti, tanto che era difficile stabilire l’età e l’avvenenza della ragazza.
Sulle prime ebbi timore ad avvicinarmi, in fondo era uno straniero, in una terra lontana e che per certi versi avrebbe potuto rivelarsi anche ostile, ma poi il suo essere medico lo spinse ad approcciarsi, per chiedere se lei non avesse forse bisogno d’aiuto, man mano che si avvicinava a quella donna, il cuore gli batteva furioso nel petto dalla paura, magari sarebbe potuto essere aggredito dal suo compagno, oppure semplicemente essere non gradito, passare per un importuno. Inoltre più si avvicinava più avvertiva delle sensazioni strane, come di pericolo, una voce interna gli diceva di tenersi alla larga, ma si sa che spesso a noi esseri umani più una situazione sembra strana più ci incuriosiamo. La nostra mente è come scissa da un lato vorremmo dileguarci in fretta, per evitare di imbatterci in situazioni spiacevoli, dall’altro la curiosità, talvolta e il desiderio di conoscenza e di avventura, ci spingono ad approcciarci.
Fu proprio quest’ultima pulsione, la curiosità e la sensazione che forse sarebbe potuto essere di qualche aiuto, che infine prevalsero, quando però fu abbastanza vicino i lineamenti del suo volto, benché sfigurato dalle lacrime e dal make-up, che si andava sciogliendo, oltre ai suoi tratti somatici, piuttosto strani per una donna, lo stavano spingendo a ritornare sui propri passi e ad allontanarsi in fretta. La donna lo guardò, continuando a singhiozzare, allora Andrea, per non sembrare sgarbato, pensò che a quel punto fosse troppo vicino per tirarsi indietro, fu così che si avvicinò e le chiese se andasse tutto bene e se avesse potuto rendersi utile in qualche modo, premettendo subito, per non agitarla che era un medico e voleva solo accertarsi che tutto andasse bene.
Oltre all’impressione visiva, che lo confondeva sempre di più, fu il suo strano timbro vocale, che gli suonò assai strano pur, se parlavano in inglese e Andrea, non negava, di poter essere lui arrugginito nelle sfumature della lingua di Shakespeare, che per quanto conoscesse bene, era pur sempre una lingua straniera, che non praticava quotidianamente, e non era inverosimile che potesse comprendere male quello che gli veniva risposto.
Capì che la donna gli chiedeva di aiutarla a rialzarsi e se potesse accompagnarla al bagno delle signore, gliene sarebbe stata grata, perché aveva le gambe che le tremavano e non sapeva se fosse stata in grado di sollevarsi da sola.
Dopo un’attesa di circa venti minuti, che ad Andrea sembrò interminabile, quella strana donna uscita dal bagno, come rinfrancata, gli propose di uscire e di andare in un bar poco lontano, dove intendeva offrirgli un drink per ringraziarlo, per la sua gentilezza e premura. L’invito fu accolto con titubanza, ma accettato, sempre mosso da quella morbosa curiosità, che fin da subito, lo avevano attratto verso di lei.
Una volta sedutosi a un tavolo, situato in disparte in un angolo tranquillo, Andrea, ordinò un altro cosmopolitan, preferiva non mescolare troppo gli alcolici, anche se sapeva, essere ormai il terzo in meno di due ore! Lei ordinò, invece, un Martini “on the rocks” come dicono gli americani per alludere che vi sia aggiunto del ghiaccio.
Si presentarono, lui le disse di essere Italiano appena giunto da Milano via Londra, e di chiamarsi “André”, sapeva ormai bene, che solo in Italia Andrea è un nome da uomo, lei gli disse di chiamarsi Natasha, le titubanze che Andrea aveva da subito avvertite, si palesarono squarciando ogni dubbio, quando lei gli spiegò di essere una transessuale e poi si affettò intimidita a chiedergli, se la cosa non gli desse fastidio. Rispose di no, che viveva a Milano ed era abituato a tutto, e che comunque come medico non nutriva alcun pregiudizio, verso nessuno.
Le chiese se le andasse di raccontargli cosa le fosse accaduto e perché l’avesse trovata accasciata a terra in lacrime, forse che qualcuno le avesse fatto del male?
Natasha gli rispose di no, ma che prendendo, da anni ormai una cura ormonale, il suo carattere era diventato labile e ciclico, influenzato dalla ritmicità e alternanza del progesterone e degli estrogeni, che la rendevano facile al pianto, e ne avevano nel contempo accresciuto la sensibilità e l’insicurezza. Poi la transessuale, gli chiese se avesse la pazienza e il tempo di ascoltare la sua lunga storia, questo avrebbe aiutato anch’ella a distogliere i pensieri dalle sue preoccupazioni. Andrea, che non si sentiva per nulla stanco, forse un po’ alticcio per i drink bevuti, annuì.
Da uomo, gli disse di essersi chiamato Jonathan, ma aveva sempre saputo inconsciamente, sin da quand’era piccola, che quella di uomo, non era la sua vera natura e quando fu in età di comprendere e di muoversi liberamente, lasciò la provincia, per recarsi a NYC, sapeva che la grande città, con l’anonimato che offre, le avrebbe permesso di vivere la sua vita più liberamente, senza paura di alcun pregiudizio.
All’inizio, non sapendo bene come muoversi, cominciò a frequentare locali gay, quelli che le sembravano più “underground”, ecco fu proprio quella la parola che Natasha, utilizzò, che Andrea comprese subito ma che non gli riusciva di rendere al meglio in italiano. Erano quei locali, adibiti ad incontri particolari, con altri uomini, ma di gusti un po’ sadistici, poi all’età di vent’anni, conobbe un uomo che le disse di amarla, e che la spinse gradualmente a un percorso di “trasformazione”, dapprima in forma reversibile, come travestita, le procurava dell’intimo femminile e vestiti, da indossare solo in privato, la costringeva, inoltre, a indossare una parrucca, così che potesse sembrare sempre più femminile, e a truccarsi, e solo ed esclusivamente sotto questa forma, riusciva a fare l’amore con lei illudendosi che si trattasse di una vera donna. I soliti finti eterosessuali, che in realtà sono dei gay repressi, Andrea pensò immediatamente, senza lasciare, almeno così gli pareva trapelare le sue vere emozioni.
Lei, continuando il suo racconto, gli spiegava come vinse la sua iniziale timidezza e ritrosia, senza grossi sforzi in verità, perché stava solo seguendo quelle che erano le proprie pulsioni, e pian piano si spinse sempre oltre, gli incontri da privati divennero pubblici, usciva assieme ai suoi compagni anche a cena, in ristoranti, lei vestita goffamente da donna, lui incurante per la sua compagna. La introdusse gradualmente nell’ambiente dei travestiti e dei transessuali, partecipava anche a serate a tema, e si fece anche delle amiche con cui scambiare informazioni e consigli per migliorare il suo aspetto, partendo dal trucco e da altri dettagli quali scarpe e vestiti.
Lei premetteva a ogni incontro di essere solo all’inizio del suo viaggio nel mondo dei travestiti, ma che la cosa iniziava ad affascinarla, per l’ascendente che le sembrava di esercitare sugli uomini, e soprattutto sentiva, che in tal modo, stava liberando la donna che era in lei e che gridava da anni perché potesse venire a galla in tutta la sua prorompenza. Ma non ne aveva mai avuto il coraggio, anzi probabilmente non si sarebbe spinta a tanto se non avesse conosciuto James, così si chiamava quell’uomo, che aveva voluto che si travestisse per lui. Dopo quel primo incontro aveva iniziato a incontrare altri ragazzi sempre en femme e la cosa le era piaciuta, aveva capito, o almeno così le era sembrato, che gli uomini apprezzassero, la sua traboccante femminilità, poi James all’improvviso scomparve, com’era magicamente apparso nella sua vita, ma lei era entrata nel giro e continuava a uscire con le sue nuove amiche. Tutto sembrava come un gioco, anche se riflettendoci, a posteri, in quell’ambiente, poco sano, circolava di tutto da droghe pesanti, a leggere, sino alla vera e propria prostituzione, col rischio di finire nel vero e proprio racket della prostituzione. Gli uomini che incontrava, però, la incoraggiavano, taluni con un tono di superiorità, altri, invece, davvero eccezionali, incoraggiandola nel suo percorso e sembrando rispettare la creatura che v’era in lei, quella sua doppia identità, quella di una donna prigioniera nel corpo di un uomo.
Dopo qualche anno, proseguì, incontrò un altro uomo, un messicano, molto virile, che le diede l’illusione di essere la sua donna, con cui trascorse qualche settimana felice, ma questi voleva di più, voleva che lei intraprendesse un vero e proprio percorso di trasformazione e che da “banale” travestita qual era stata sino ad allora, si sottoponesse a un’operazione di cambio di sesso che l’avrebbe trasformata definitivamente, in una vera e propria donna, la sua donna.
Poiché Natasha era molto presa da quell’uomo e nella sua ingenuità giovanile, credette alle sue promesse d’amore, decise di fare ciò che quel virile latino le suggeriva.
Sembrava, che all’epoca, i migliori chirurghi plastici, quelli che si occupavano della chirurgia relativa al cambio di genere, si trovassero in Brasile, e perciò, si lasciò facilmente convincere a recarsi a San Paolo, dove trascorse più di un anno, ovviamente da sola, perché il messicano che sembrava tanto innamorato, si era già dileguato.
Natasha si sottopose a diversi interventi chirurgici e a una terapia ormonale. Poiché aveva bisogno di soldi per pagare la sua trasformazione, le sembrava che da bruco si stesse tramutando prima in pupa poi in una splendida farfalla, ma non aveva pensato che anche la sua, come quella dei lepidotteri sarebbe stata un’esistenza effimera e fugace, iniziò anche a prostituirsi, il lungo e difficile percorso era gratificato dall’ascendente sempre più forte che sembrava esercitare sugli uomini. Il che gratificava enormemente il suo ego e il suo edonismo, e compensava la fatica e le torture cui si stava sottoponendo.
Terminata la trasformazione e i controlli medici, decise di rientrare a NYC, dove riuscì a trovare lavoro, come estetista, lavoro che le permise di sopravvivere. Per alcuni anni visse felice volteggiando, proprio come una farfalla di fiore in fiore, ma come detto esattamente come per i lepidotteri anche per lei, la felicità fu fugace, dopo circa cinque anni, si rese conto di non poter vivere una vita normale, in fondo non era una vera donna e quando aveva iniziato la sua trasformazione, essa non poteva essere completa perché, ormai aveva superato da un pezzo, la pubertà e alcuni “dettagli” di uomo, come il timbro vocale, il “pomo d’Adamo”, alcuni tratti somatici del volto stesso, erano lì a ricordarle il suo passato.
Infatti, man mano che il tempo passava, sembrava svanire anche l’illusione dell’amore, dopo i trentacinque anni, incontrava solo uomini che volevano approfittare di lei, divertirsi e non impegnarsi in una vera e propria storia passionale, come lei all’inizio, più di dieci anni prima aveva invece desiderato.
Quando si erano incontrati al Limelight, circa due ore prima, lei si trovava in quella situazione di disperazione, in cui Andrea l’aveva trovata, perché era stata appena lasciata dall’uomo di turno. Alla delusione del momento, si era unita la disperazione di aver compreso, che tutti i suoi sforzi, tutte le sue energie, erano state spese in vano, perché sembrava, che nessun uomo, la considerasse, come lei aveva sperato, una vera donna, né avesse intenzioni serie verso di lei. Tutto quello che l’uomo, spesso sposato e con prole, sembrava chiedere alle transessuali era del mero sesso, di quel sesso spinto e selvaggio, che a una vera donna non si può chiedere, men che mai a una moglie, soprattutto quando questa è in carriera e/o oberata dalla cura della prole.
Gli disse, inoltre, che se non fosse intervenuto lui, quella sera stava meditando seriamente il suicidio. Ormai alla sua età, il sesso e l’avventura, che i primi anni le avevano procurato tanto piacere, tanto orgoglio e tanta gioia, non le bastavano più, tutto quello che chiedeva alla vita, era solo e semplicemente un uomo da amare.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 7.9
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per La mia prima esperienza con una TRAV:

Altri Racconti Erotici in trans:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni