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La donna, il ragazzo e lo scrittore - Prima Parte


di Diva-Scarlet
13.06.2013    |    5.148    |    1 7.0
"”C’è un annuncio che sembra fatto apposta per te” dice il ragazzo alla donna..."
”C’è un annuncio che sembra fatto apposta per te” dice il ragazzo alla donna. “Cosa?”, chiede lei, cominciando a spogliarsi.
Il ragazzo legge, mentre lei gli si sdraia vicino sul letto: ” – Scrittore cerca signora dalla bella voce, per letture private, anche a distanza, contro eventuale piccolo compenso. Scrivere ecc. ecc. – Cosa ne pensi?”
“Perché dovrebbe interessarmi?”
“Beh, hai una bellissima voce. E quanto ha bisogno di soldi…”
“Hmmm… eventuale piccolo compenso… non sembra molto allettante. Poi, è strano… chissà cosa vuole davvero?”
“Beh, a rispondere non ci si perde niente. Potrebbero essere dei racconti erotici. Li potresti leggere a me, mentre ti scopo. Lo trovo eccitante.”
“Basta che non voglia scoparmi lui, mentre glieli leggo. A questa eventualità non ci hai pensato?”
“Senti, non voglio mica obbligarti” protesta il ragazzo, posando il giornale sul comodino. Un’occhiata all’orologio: “Dài, facciamo presto, tra un quarto d’ora me ne devo andare.”
Lei apre le gambe, il ragazzo le viene sopra. Fanno l’amore in fretta, prima che tornino a casa da scuola i figli della donna.

IL PRIMO RACCONTO
“Ho una sorpresa per te” dice la donna, sorridendo con aria misteriosa.
Il ragazzo la guarda, senza parlare.
“Ti ricordi” riprende “l’annuncio che mi hai fatto vedere un paio di settimane fa?” e al suo cenno d’assenso, continua “beh, gli ho scritto, dicendo che potevo essere interessata. Ho lasciato il numero di telefono. Qualche giorno dopo mi ha chiamato. Sembrava imbarazzato, molto timido. Mi ha proposto di mandarmi del primo materiale, un racconto breve, anche per saggiare la mia voce. Mi ha detto che cercava un timbro di voce particolare. L’idea era che registrassi il suo racconto su una cassetta e glielo rimandassi; lui, poi, mi avrebbe mandato dei soldi, sempre per lettera, senza vederci. Io però non mi sono fidata. Gli ho detto che non avevo un registratore col microfono, che non potevo mica comprarlo per lui. Questa gli sembrava una difficoltà insormontabile, stava lì al telefono e non diceva niente. Ho dovuto proporgli io di registrarlo a casa sua. Ci ha pensato un po’, non sembrava entusiasta. Poi, ha detto che se andava bene per me… ha proposto un appuntamento, per ieri sera . Ci siamo prima visti in un bar; non mi fidavo tanto da andare diretta in casa di uno sconosciuto. Lì abbiamo parlato un po’; ha detto che la mia voce era proprio quella giusta per lui. Gli ho chiesto che mi mostrasse il suo racconto, ma non ha voluto; sembrava che si vergognasse. Abbiamo concordato la questione dei soldi. Mi dà 50.000 lire a lato di cassetta o per racconto, se è più breve.”
“Non è tanto, ma equivale ad un pomeriggio di straordinario. ” interloquisce il ragazzo “Vedi che non era una cattiva idea?”
“Alla fine ” riprende a raccontare la donna “siamo andati a casa sua. Non so, sembra che viva da solo, ma nella casa c’erano dei segni di presenze: fotografie di donne, di bambine; qualche giocattolo, libri di scuola. Non gli ho chiesto niente, chiaro. Insomma, mi ha fatto sedere in poltrona. Ha acceso una lampada alogena che illuminava solo il posto dove stavo io; il resto della stanza era al buio. Mi ha dato un paio di fogli, ha acceso il registratore, si è andato a sedere in un divano, nella penombra. Ho dovuto registrare così all’impronta, senza aver letto prima il testo. Comunque, è andata abbastanza bene.”
“E allora?”
“Allora, ecco qui” dice la donna, mostrandogli una cassetta “la mia prima lettura.”
“Ma, la cassetta non serviva allo scrittore?” si stupisce il ragazzo.
“Certo, ma lui ha una doppia piastra di registrazione. Gli ho chiesto di fare due cassette.” Gli strizza l’occhio “Una per noi, anche se questo non gliel’ho detto” conclude con una risata argentina.
“La sentiamo? E’ erotica?” chiede il ragazzo eccitato.
“Certo che la sentiamo. E’ quanto di più porco abbia mai anche lontanamente immaginato.” Inserisce la cassetta nel registratore, si dispone a quattro zampe sul letto, offrendogli la visione dei suoi apprezzabili quarti posteriori. “Dai, scopami.” ordina decisa, improvvisamente padrona.
Il ragazzo è già in erezione. La monta da dietro. Quando la voce armoniosa della donna, resa appena metallica dal registratore, riempie la stanza, il suo membro è già dentro di lei :
IL RITORNO
François torna a casa dopo il lavoro, alle due di pomeriggio di un giorno di agosto. La famiglia è in vacanza da qualche giorno e da lui si è installata Conquette; Conquette, con i suoi occhioni innamorati, le ciglia lunghe che sembrano finte, le unghie laccate di rosso; Conquette, con la bocca larga da succhiacazzi, il piccolo culo rotondo e perfetto, la figa stretta e profumata. La sera prima hanno provato, concordato il rituale del ritorno a casa; scendendo dalla macchina, François sa che anni di fantasie e desideri stanno per avverarsi; in ascensore pensa alla donna che lo aspetta dietro la porta, la immagina già eccitata e bagnata e sente l’uccello rizzarglisi nella patta dei pantaloni.
François suona il campanello e Conquette apre immediatamente, come se fosse già stata lì ad attenderlo. E’ splendida nel completino da sesso che si è preparata il giorno prima seguendo le istruzioni di lui: una vestaglietta leggera, intagliata all’altezza del seno per fare uscire le tettine piccole e sode, l’apertura triangolare in corrispondenza del pube da cui si affaccia timidamente un bel ciuffo di peli neri e, sul retro, un cerchio da cui prorompe la soffice rotondità del culo.
François chiude la porta, lascia cadere la borsa, bacia Conquette sulla bocca. Sente i denti contro i suoi denti, le labbra contro le proprie, la lingua che gli si insinua e lo fruga in bocca, mentre le sue mani corrono sul vestito leggero e indugiano sulle parti già scoperte del corpo della donna. Poi, tenendo a freno l’eccitazione che gli suggerirebbe di tirare fuori il cazzo già duro e scoparla lì nell’ingresso, François si china a baciare le tette, prima l’una, poi l’altra, indugiando con la lingua e i denti sui capezzoli duri e dritti. poi si inginocchia, mentre lei spinge il bacino contro la sua faccia, affonda il viso nel pelo pubico, bacia la figa calda e palpitante, inspira per assaporare il profumo del sesso che sente umido sotto la lingua.
“Ti sei toccata stamattina?” “Due volte” risponde lei “pensando a quello che avremmo fatto oggi”.
“Sei la mia troia” le dice, sapendo che per Conquette questo è il complimento più gratificante; e infatti lei si spinge ancora di più contro di lui, quasi a farsi penetrare dalla lingua avida.
Ma la parte più agognata del saluto di benvenuto deve ancora arrivare. Conquette si ritrae, si gira, si piega leggermente in avanti, in modo che il suo culo sia all’altezza del viso di lui, che rimane inginocchiato in venerazione. “Baciami il buco del culo, stronzo” gli ordina. François allarga le chiappe quanto possibile con le mani, sosta un attimo in muta ammirazione della perfetta rotondità del culo, poi punta il buco strettissimo in cui da mesi sogna invano di penetrare, vi appoggia le labbra, vi schiocca un bacio sonoro, lo lecca estasiato. Ed ecco che Conquette gli scoreggia in bocca; con la coda dell’occhio vede il buchino adorabilmente raggrinzito che si apre e si richiude in un soffio, mentre le sue orecchie sono estasiate dal suono dolcemente modulato della scoreggia e le nari aspirano il delizioso profumo che si sparge per l’aria. Conquette, che è riuscita nel difficile intento di scoreggiare a comando, è soddisfatta e dolcemente gli chiede: “Ti è piaciuto, stronzo?”
François è al colmo della felicità e dell’eccitazione: “Cara, ti amo” riesce a dire, mentre si rialza tenendo un dito nel buco del culo dell’amata. Si baciano; Conquette sente gli effluvii più intimi del suo corpo sulla bocca, sulle labbra di lui, che le sfiorano il viso. Gli apre la patta dei pantaloni, ne trae fuori un cazzo durissimo, gli stringe con tutta la forza la cappella, lo tira verso la cucina, sempre con un dito conficcato nel culo.
Si siedono vicini davanti alla tavola già apparecchiata, iniziano a mangiare allacciati, toccandosi, strofinandosi, baciandosi, lei sempre con la mano stretta a pugno sulla cappella, ma senza menarglielo per non farlo venire. Si scambiano oscenità come se fossero le parole più dolci dell’amore: “Stronzo, pezzo di merda, coglione” sono le espressioni preferite di Conquette; e lui replica:”Troia, puttana, bagascia rotta in culo”. Si amano come due ragazzini. Poi François chiede: “Fammi sentire il sapore della tua figa”. Conquette sorride, sbocconcella un pezzo di pane, allarga le gambe, si passa il pane più volte dall’alto in basso per tutto lo spacco della figa, perché si imbeva bene dei suoi umori, lo mette lei stessa in bocca al suo uomo che lo riceve come un profano sacramento del dio d’amore. “Sei amara” le dice. “E’ l’amore che è amaro” risponde lei con un sorriso velato di tristezza. “Ma adesso senti l’altro buco”. Prende un grissino già imburrato, si appoggia sullo schienale della sedia, con un dito si apre leggermente il buco del culo e vi introduce il grissino, che, ben lubrificato, scivola nell’ano senza apparente difficoltà. Lentamente, ma sicuramente, almeno dieci centimetri di grissino scompaiono nel culo di Conquette, che poi inizia con la mano un movimento di su e giù, quasi a simulare un’inculata, e geme leggermente di piacere. François intuisce che la donna non ha resistito all’eccitazione e ha cominciato a farsi un ditalino; si abbassa sotto il suo ventre, volge la testa verso l’alto, riesce ad abbracciare con lo sguardo le dita di Conquette che si muovono sicure e veloci in mezzo alla figa e sul grilletto e nel contempo il grissino che entra ed esce dal buco del culo. “Riesci a scoreggiare adesso?” le chiede. Conquette interrompe per un attimo il movimento, si irrigidisce, si concentra, scoreggia sonoramente. A François sembra che il cazzo gli stia per scoppiare, tanto è eccitato. Ora Conquette si estrae dal culo il grissino su cui ha appena scoreggiato, si abbassa su di lui, glielo infila in bocca, lo dà da mangiare al suo uomo che è quasi in trance.
François si riscuote. “Adesso devo scoparti” “Anch’io” conviene Conquette che ha interrotto il ditalino. Lui si risiede, lei gli si accovaccia in braccio, lo stringe, allarga le gambe, si cala sul cazzo in erezione, se lo conficca nella figa e inizia a muoversi in su e in giù, prima lentamente, poi a un ritmo sempre più veloce. François le morde le tette e si concentra sulle sensazioni che dalla cappella iniziano a raggiungergli il cervello. E’ una scopata velocissima “Sto per venire” le dice. “Anch’io” risponde Conquette accelerando il ritmo. “Non ho mai avuto un benvenuto come questo” “Perché non sei mai stato così amato”. Conquette geme negli spasimi del piacere, François sente la sua sborra straripare nella figa accogliente della donna. Si slacciano l’una dall’altro, si ricompongono, si baciano leggermente. “Ciao, come stai, come è andato il lavoro?…”
Sono stesi sul letto, ancora uniti insieme, il ragazzo stretto alla schiena di lei. La donna ha un rivoletto di sperma che le scivola freddo giù per la coscia. Allunga un braccio, spegne il registratore ormai silenzioso.
“Dio che porcata” geme il ragazzo al clic del meccanismo che si arresta.
“Non ho letto bene?” chiede lei sorridendo, slacciatasi dal suo abbraccio.
“Tu hai letto bene. E’ quello che hai letto che non mi piace.”
“Ah non ti piace? Non si sarebbe detto mentre mi scopavi. Non te l’ho mai sentito così grosso…” Lui tace. La donna continua: “Non è grande letteratura, è vero; è porco, ma è eccitante… Del resto, c’era da aspettarsi che non mi avrebbe fatto leggere i sonetti di Petrarca.”
“Già, c’era da aspettarselo” annuisce il ragazzo. “E com’è finita, con lo scrittore?”
“Niente, ho preso i soldi, ho salutato e me ne sono andata. Ci vediamo la prossima settimana per un’altra lettura.”
“Ah, pensi di farlo ancora?”
“Perché, cosa c’è di male? Il bello è che mi ci hai mandato tu…” Poi, in fretta: “Senti, ne riparliamo; ora vestiti e vai, che stanno per tornare i miei figli.”

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