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Lezioni di Anatomia - Cap. I - L'idea di Lara

03.03.2023 |
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"“Spiegami”, disse Martina sgranando gli occhi, “un intestino animale ti fa schifo ma l’apparato riproduttivo no?”..."
Tra gli esami del primo anno, spiccava – per la voluminosità del manuale – anatomia. Molti suoi colleghi di università avevano iniziato con scansare quella materia, rinviandone l’esame a fine anno. Lei no: lei, pur ubriaca di nozioni, a causa del frastuono mentale dato dal passaggio dal liceo all’Università, era affascinata da quelle articolazioni scientifiche, da quelle immagini idonee a svelare i misteri del corpo umano.
Da sempre curiosa delle materie scientifiche, subiva il magnetismo della progressiva scoperta di organi, funzioni, il miracolo della vita che diviene oggetto di analisi, e – finalmente – di consapevolezza.
I pomeriggi di studio si susseguivano, a volte favorendo la sua concentrazione, a volte scorrendo sonnacchiosi mentre lei dilatava le proprie pause, talvolta riempiendole con uno spuntino, talvolta orientandola su pensieri più audaci….
Fu un pomeriggio primaverile, il palcoscenico della sua concentrazione, allorquando si trovò ad affrontare un titolo promettente: “L’apparato riproduttivo”.
Le fitte didascalie facevano da cornice ad eloquenti illustrazioni, che mostravano vagine in sezione, labbra che immaginò accoglienti, ed un membro maschile, che – anche se soltanto disegnato – la fece sussultare tra le gambe….Trovò magnetica la sezione di profilo, accattivanti le dimensioni generose fatte apposta per rendere agevole lo studio..
Per un attimo sfiorò con le dita il foglio di carta..come a volere che quel maschio prendesse vita..
Si trovò a scattare una foto di quella rappresentazione, e mandarla al Padrone, con un commento eloquente “che bel cazzo…”.
Decise quindi di affrontare l’argomento, ma i suoi occhi continuavano ad essere attratti da quel disegno.
Le venne in mente quando, nei primi approcci, aveva una sorta di disagio ad affrontare il pene: come se fosse qualcosa di strano, o di sporco, o che voleva tenere lontano da sé, per timidezza, o per paura di non saperlo maneggiare. Uno sconosciuto, insomma.
Da qualche tempo, invece, aveva imparato ad amare le sensazioni che la virilità contenuta nelle sue mani poteva donare. E l’orgoglio che il pene del Padrone le dava, ingrossandosi, mentre le mani forti si impossessavano della sua pelle.
Il cazzo. Il cazzo del Padrone: è così che si chiamava, è così che lo amava.
Si ritrovò a sorridere nel pensare alla reazione del suo Signore le prime volte che lo chiamava “pene”: “non è un trattato di anatomia…ho un cazzo, troietta”. “E che cazzo!”, mormorò…mentre la mano scivolava tra le sue gambe e, scostando l’elastico dei leggins, si intrufolò nelle sue mutandine.
Bagnata. Era quello l’effetto che le faceva la mazza del Padrone….immaginò le vene in rilievo, la cappella gonfia ed arrogante, e lasciò ai suoi polpastrelli la libertà di carezzarsi il clitoride.
Guardò di nuovo l’immagine sul manuale di anatomia: che desiderio di baciarlo, sentire tra le labbra la magia del cazzo che cresce. Puntò i piedi sul pavimento, allargando di più le gambe.
Proprio in quel momento, la notifica sul suo cellulare le ricordò chi era: “per te esiste soltanto il mio cazzo, puttanella” …Ricordò anche un’altra cosa: i suoi sensi appartenevano al Padrone, e le regole erano chiare…
Digitò rapida: “Posso toccarmi, Padrone?”…
”Concesso…se pensi a come mi hai servito l’ultima volta….”.
Le immagini si accavallarono nella sua mente: un cazzo disegnato, dinanzi a lei, l’evocazione del Padrone – maschio, imperioso, da servire con ogni sua cura, con ogni dedizione, con ogni suo buco – e gli altri sensi si acuirono: le sembrò di sentire odori, sapore..lo voleva, voleva essere riempita dal Signore..
Le parve di sentire il rumore della cintura, la mano sulla testa.
Respirò forte…roteò i polpastrelli sul clitoride, regolare, con piaceva a lei…pensò a come pochi giorni prima il Padrone l’avesse posseduta…Dopo aver marchiato la sua pelle, i suoi seni, le aveva forzato la bocca col palo di carne: per lei, bocca piena e vagina umida, pelle segnata, e mano sulla testa….
Un lieve capogiro di piacere, una folla di immagini, di bisogni, di consapevolezza di volere essere di nuovo presto a disposizione del suo Signore…e strinse le gambe, venendo in silenzio come quasi sempre accadeva quando era sola.
Si rilassò per un lungo minuto.
Riguardò il disegno sul libro, e ormai placata dalle sue dita - si ritrovò a sorridere della sua follia quasi infantile…. “Un disegno”, mormorò…
Fu in quel momento che pensò che nessun modello di pene poteva – per lei – superare in virilità l’uomo che adorava. “Mi piace guardarlo, sfiorarlo, studiarlo..”, pensò.
E le venne in mente che era un peccato che la sua migliore amica, alle prese con la stessa materia, non fosse altrettanto fortunata. Un’idea. Una fantasia. Un lampo di genio. “Ehm..e perché mai non avrebbe potuto esserlo?”.
L’idea di coinvolgere Martina nella sua pazza fantasia, sopraggiunse nella quiete post-orgasmica di Lara come una carezza lasciva.
Martina era una sua buona amica. Fin dai primi anni del liceo, la timidezza che le accomunava le aveva tenute lontane da tanta parte delle banalità adolescenziali, non sempre senza il disappunto che la mancanza del “branco” produce in chi si scopre, a volte suo malgrado, lupo solitario.
Avevano imparato a conoscersi, rispettando le reciproche diversità, e condividendo talune passioni comuni: dallo sport, alle gite all’aria aperta, alla cucina sana di cui entrambe, fin giovanissime, si erano scoperte appassionate.
Se, crescendo, un elemento era venuto a divaricare i percorsi esistenziali delle due fanciulle – e le gambe di Lara, s’intende – era stata la scoperta del cazzo da parte di quest’ultima.
Mentre infatti Martina era sostanzialmente cresciuta senza apparenti curiosità relative al sesso, Lara da quelle curiosità era rimasta avvolta ed era stata condotta: talora scottandosi, ma di certo non rinnegando la voglia di contatto fisico che, fin quindicenne, le aveva acceso dentro il fuoco della scoperta del proprio corpo, e del potere che aveva.
Adesso, erano sempre amiche, ma tra loro vi era un silente convitato di pietra: il cazzo, per l’appunto. Che per Martina, ormai ventenne, restava oscura materia di studio, da maneggiare a distanza, quale pura teoria biologica, spogliandolo di qualsivoglia implicazione antropologica, edonistica e – giammai, per la sua educazione religiosa – peccaminosa. “Ma”, pensò Lara, “le cose stanno per cambiare, amichetta mia…”.
Era la tarda mattinata di un sabato primaverile, quando – dopo una passeggiata all’aria aperta che le aveva condotte a rifornirsi di farine biologiche per i loro esperimenti culinari all’insegna della salute – Lara chiese alla sua amica di sempre come procedesse lo studio di anatomia, materia che lei stava trovando affascinante quanto ostica.
Martina le espose le sue difficoltà, ma fornì all’amica un insperato assist allorquando si lasciò scappare che “per approfondire l’apparato digerente, ho messo da parte tutte le remore etiche e ho deciso di chiedere al fattore della cascina di poter esaminare le interiora degli animali!”.
Ma certo!!! Ci vuole pratica, per familiarizzare con l’anatomia, come aveva fatto Lara a non pensarci prima?
“Certo che a me farebbe assai impressione stare li a guardare interiora…”, buttò lì la sua osservazione Lara.
“beh, in effetti si, magari anche a me..ma bisogna provare nella vita, no?”, ribattè sorridendo Martina, aggiungendo: “e poi, mica si tratta solo di guardare, ma anche toccare, esplorare…capirci qualcosa insomma! Sennò tanto vale che resto a guardare le illustrazioni sul manuale!”.
Eccolo il secondo assist! Ma certo: bisogna guardare e maneggiare, sennò come si impara?
“Guarda, Marti, io pensavo la stessa cosa..infatti sono al capitolo dell’apparato riproduttivo”.
“Spiegami”, disse Martina sgranando gli occhi, “un intestino animale ti fa schifo ma l’apparato riproduttivo no?”.
“Non animale, sciocca! Lo studio con Max!”, sorrise Lara.
Il nome del Padrone, che per Martina – ignara della specialità del rapporto - era semplicemente “il fidanzato di Lara”, fece arrossire la timida studentessa, che si limitò ad un “ah…ehm..”. Lara controsorrise all’amica, aggiungendo: “e puoi studiare con me anche tu!”. Martina rimase a bocca aperta, accennando un sorriso cui non sapeva dare seguito con le parole: fu Lara a riempire il breve silenzio, precisando “anzi, perché sabato non vieni da noi?”. Martina, dopo un “dai, Lara, sei sempre la solita…”, si rivolse all’amica con meno insicurezza: “cioè, cosa vorresti fare?”.
Lara, prendendo atto che l’amo era stato lanciato, assunse un tono serio, idoneo ad allontanare qualsiasi dubbio di cazzeggio, e spiegò all’amica che non ci vedeva nulla di strano. In fondo, lei stessa aveva sottolineato che la difficoltà dello studio dell’anatomia era connessa all’estrema fumosità dell’approccio manualistico, che faceva apparire lontana una materia che invece era oltremodo concreta.
Martina non solo concordò, ma sembrava aver abbandonato ogni dubbio circa la serietà dell’idea di Lara.
“Scusa, ma Max si farebbe studiare da me?”.
“Certo! Innanzitutto siamo amiche..e poi lo abbiamo già fatto, lo fa divertire mettersi lì a disposizione con uno sguardo femminile sul suo gioiello!”. “Mmm..non so, mi sembra così strano!”. “Sapessi quanto mi sembra strano andare da un macellaio a chiedere frattaglie da studiare! Dai, dimmi di sì, che stasera gliene parlo, e ti do l’ok per sabato”.
“Va bene, va bene…so già che morirò di vergogna..”.
Lara sorrise, e cambiò argomento di conversazione…
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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