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Lui & Lei

Non capita mai, ma se capita ...


di massimocurioso
06.07.2025    |    607    |    0 6.0
"Brucio di autocombustione, dentro, e inizio a sospettare che Agnese mi abbia stregato..."
Non ho notizie di Agnese. Da quando ha lasciato casa mia, la mattina dopo il sesso a tre (io, lei e Gino), non si è più fatta sentire, e così ho fatto io. Una parte di me è sollevata, perché tornare su quel che è successo, sarebbe solo fonte d’imbarazzi. L’altra parte, però, continua a rigirare su quella folle relazione, ancora e ancora, come se stesse cuocendo a fuoco lento infilzata su uno spiedo, sopra il fuoco della passione. Sento un peso allo stomaco, come se ci fosse una questione insoluta che mi sta divorando dentro, lentamente.
La proposta di Marta mi alletta sempre più. Diventare lo scopamico della mia ex moglie, nelle occasioni in cui torna in Italia, avrebbe i suoi vantaggi: godere del sesso con una donna che conosco molto bene, senza l’impegno di una relazione stabile. Parlando con lei ho capito che stare con Agnese, ma soprattutto con il suo alter ego Giusy, è stato un errore per me ma anche per lei: non sono il tipo di uomo che cerca, anche se le esperienze da cuckold che mi ha fatto vivere mi hanno scosso fino al midollo.
Acqua passata! Si diverta con Gino, senza di me, io preferisco tornare nel mio mondo.
Neanche a farlo apposta, mentre rientro dal lavoro, trovo l’amante della mia ex ragazza che mi aspetta dentro un’auto in sosta a pochi da casa mia. Appena mi vede esce e mi raggiunge a gran passi, poi esordisce senza nemmeno un convenevole: «Ti devo parlare.»
Non mi sono mai piaciute le sorprese, soprattutto se non gradite. Cerco di fare, comunque, buon viso a cattiva sorte,
«Gino, che sorpresa. Certo, entriamo.»
Lo invito ad accomodarsi, ma lui rifiuta e rimane in piedi, appena dentro il portone.
«Non ci vorrà molto. Volevo chiederti il permesso di scopare Giusy.»
Lo dice in modo brusco, è chiaro che non è una cosa che fa spesso. L’umiliazione che gli sta costando fare questa cosa, per arrivare al suo scopo, riaccende quella fiamma che, sempre lui, ha acceso in me, la prima volta che mi ha chiesto di poter fare sesso con la mia ragazza. Tante cose mi aspettavo dalla sua visita, ma questo era decisamente fuori della lista. Mi verso da bere, dandogli le spalle, e rispondo in modo altrettanto brutale: «Non stiamo più insieme, chiedilo a lei.»
Lui ha la risposta già pronta, sulla punta della lingua.
«Già fatto: vuole che sia tu a darmi il permesso ...»
Sbuffo: che stronzata. Mi sembra un tentativo maldestro di Agnese per farmi rientrare nella sua orbita. Mi giro ed emulo con ironia una benedizione papale.
«Hai il mio permesso. Ora vai e pecca.»
Ma lui non si muove.
«… e devi venire con me.»
Inizio a scocciarmi. È chiaro che la ragazzina mi vuole provocare, usando il vecchietto.
«Per fare cosa? Tenerla ferma mentre la inculi?»
Bevo e mi accorgo che la mano che tiene il bicchiere trema a causa della scena che torna nella mente come lo tsunami dopo un terremoto. Per fortuna non se ne accorge, anzi, solleva il capo e mi squadra con i suoi occhi vispi e arroganti.
«Se ti fa piacere … basta che vieni.»
Mi ha già classificato: sono l’uomo smidollato che gode solo di propria mano, regalando tutto quello che ha all’offerente più intraprendente. Si sbaglia, e glielo devo dimostrare senza esitazioni.
«Ero ironico. Ho chiuso con voi due. Mi ha fatto piacere rivederti.»
Appoggio il bicchiere e apro la porta, invitandolo ad andarsene. Che seccatura! Il fatto, poi, che Agnese cerchi in un modo così subdolo di riavvicinarmi a lei, mi manda in bestia.
Appena richiudo la porta, guardo il soggiorno e mi sembra di tornare all’altra sera: lei sul pavimento a quattro zampe, nuda e provocante. Poi noi tre sul mio letto, il pene lungo e lucido di Gino che entra ed esce dallo sfintere di Giusy, mentre io le tengo una gamba a mezz’aria, guardando inebetito la vagina. Le piccole labbra che sembrano parlarmi, mosse di riflesso dagli affondi di Gino dentro il fiorellino. Quell’aprirsi e chiudersi, al ritmo degli affondi del vecchio, mimavano un mantra che sono riuscito a interpretare solo il mattino successivo: vattene, finché sei in tempo. Ma, a quel punto, era troppo tardi.
Finisco il drink, sperando che l’alcool mi aiuti a offuscare quel ricordo, renderlo abbastanza sfumato da convincermi che non mi è piaciuto, che non sono un cuckold, bensì un maschio vero. Neanche a farlo apposta, poco dopo si apre nuovamente la porta: è Marta.
Sotto la giacca da ufficio indossa lo stesso vestito di ieri, ha in mano una valigetta e la borsa.
«Ciao, vengo direttamente dal lavoro. Non ho molto tempo.»
Appoggia le borse in ingresso e sfila i sandali, con chiare intenzioni. Conosco quella strategia: dare per scontata una cosa che non lo è, confidando che così sia tutto più facile.
Non avrei accettato il suo gioco, fino a poco prima. Ma la recente visita di Gino che mi fa cambiare idea: lo devo fare, subito, per spazzare via dalla mente il recente passato, per seguire il consiglio che mi ha sussurrato la fica di Agnese. Lei mi legge nel pensiero (o forse azzarda) e si sfila il perizoma davanti a me, poi si stende sul divano. È proprio bella.
«Non ti ricordavo così …»
Lei completa la frase: «Troia?»
Faccio cenno di no.
«Disinibita e sensuale. Quasi non ti riconosco. Devo ringraziare Robert?»
Le sfugge una risata.
«In un certo senso … adesso, però, basta parlare.»
Sorvolo sulla sua reazione: approfondirò più avanti la sua ilarità rispetto al nuovo compagno, adesso ho altre priorità. Mi spoglio, poi mi stendo sopra di lei e ci dedichiamo a qualche preliminare, come ai vecchi tempi.
Fare sesso con Marta è come tornare nella casa dove sono cresciuto: vecchie emozioni e dolci ricordi riaffiorano, rendendo il presente ancora più piacevole. Quando, però, mi bacia con trasporto, sento che è cambiata.
«Wow, non ti facevo così …»
Lei alza lo sguardo e ripete per la seconda volta: «Troia?»
Volevo dire altro, ma a quanto pare è quello che vuole: un alibi per tradire il suo nuovo compagno con quello vecchio.
«Sì, troia.»
Sorride, soddisfatta, e mi fa l’occhiolino. Adoro la sua bocca, guidata da questo demone che si è impossessata di lei durante la permanenza londinese. Una volta non era così bramosa di sesso, e tutto si risolveva in una mezz’ora alla missionaria. Adesso, invece, si muove agilmente mettendosi sopra di me, poi scorre lungo il mio corpo, baciando e toccando. Chiudo gli occhi e mi godo il viaggio, almeno fino a che non si ferma e mi chiede: «Va tutto bene?»
La guardo, tenendo il busto steso.
«Sì, perché?»
Abbasso lo sguardo e vedo che sta facendo oscillare il mio pene floscio tra indice e pollice, inerte. Non me ne ero accorto, anzi, sentivo delle belle sensazioni …
«Oh, mi sembrava duro. Prendilo in bocca, vedrai che si sveglia. Lo chiamano “pompino” anche per questo, no?»
Sorrido per nascondere il disagio: non era mai successo prima, di solito il mio migliore amico è sull’attenti prima ancora che l’altra si spogli! Marta obbedisce, mentre io torno a stendermi e mi concentro per convogliare tutto il sangue in quell’unico punto, e prego che funzioni.
Trascorro degli interminabili minuti durante i quali non ho il coraggio di guardare. Sento la mia ex moglie che si accanisce sul membro in agonia, sembra quasi stia facendo una respirazione a bocca a bocca. Getto un’altra occhiata, sgomento, e poi contraggo il bacino come un pazzo. Mi sento come un’auto in folle: spingo a fondo l’acceleratore, al punto da sentire fischi alle orecchie, ma non si muove niente!
Dopo diversi minuti sono madido di sudore e non ho il coraggio di guardare. Lancio un’ultima disperata spinta ma capisco che la linea è ancora piatta, subito dopo Marta si alza, mettendosi cavalcioni sopra di me, e dichiara il decesso.
«Forse sei un pochino stanco.»
Non rispondo, sono troppo scosso per reagire. Lei si siede sul pavimento e mi consola accarezzandomi. Arriccia con un dito il pelo sul petto e mi guarda, ignorando la desolazione che giace sotto l’ombelico. Io rimango immobile e guardo in alto, fissando una macchia di muffa sul soffitto.
«Sì, probabile. Se voi, ti aiuto.»
Annuisce e si stende, sollevando ancora una volta il vestito.
«Mi basta che guardi.»
Triste destino. In altri tempi, la visione di una donna che si masturba davanti a me, per me, mi avrebbe tolto il sonno per una settimana. Ora mi sembra di essere un ragazzino che ammira un’auto di lusso fuori della vetrina del concessionario: la mia libido è morta. Guardo le sue abili dita muoversi su seni e vulva, stimolare il clitoride, come mi ha insegnato a farle. Ha gli occhi chiusi, ammiro le smorfie che fa con le labbra ormai prive di rossetto. Mi sento come una lattina di coca cola che è stata ripetutamente agitata, senza essere aperta. Brucio di autocombustione, dentro, e inizio a sospettare che Agnese mi abbia stregato.
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