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Lui & Lei

... solo fantasie?


di Membro VIP di Annunci69.it Ubaldo
07.11.2024    |    15    |    0 6.0
"Avvertivo nettamente il calore del suo corpo..."
Fantasie di un onesto uomo insospettabile… e se non fossero solo fantasie?
Sono un uomo affidabile. Lo so da come mi trattano tutti. Credo anche belloccio, ma penso di essere apprezzato per la grande affidabilità, per la generosità e per la gentilezza. Inoltre, la mia stazza possente, la mia forza fisica, il tono della mia voce, assicurano il senso della sicurezza. Aggiungiamo pure che sono abbastanza colto e raffinato. Insomma… un uomo ideale: da sposare!

Eppure in quasi 60 anni di vita nel segreto della mia intimità ho covato le passioni più smodate e pensieri lascivi, forse come pochi altri.

Sono le quattro e mezza del pomeriggio e sono arrivato in anticipo a scuola alla riunione di dipartimento. Le bidelle mi hanno salutato con il solito gentile sorriso “Salve Prof. già qui?”.

Si affrettano ad avvisarmi che l’aula non era ancora pronta. Immaginavo. Ma non ero in anticipo per errore. Avevo il desiderio di incrociare lo sguardo dell’unica bidella che in questi 30 anni di insegnamento aveva destato in me l’ardente desiderio di una avventura erotica smodata da vivere fra le mura di una scuola. Non mi era mai sfiorato il pensiero di associare il mio luogo di lavoro, al sesso pornografico. La scuola era il luogo per eccellenza della mia pudicizia.
Neanche l’idea di avere un flirt con le colleghe mi sfiorava. Finché si scherzava, per rallegrare le giornate era un conto. Ma finiva lì e davvero non avevo mai provato attrazione per nessuna.
Mi piaceva, si, far corpo unico nei momenti di pausa goliardica con colleghi e colleghe a quel chiacchiericcio tipico, vagamente ammiccante al sesso. Ma nulla di più.
Nella mia vita ho sempre rispettato il confine invalicabile tra lavoro e sesso.
Eppure ora mi ritrovavo in balia di pensieri banali degni di un film di cassetta.

Non c’era. Aveva finito il suo turno. Avrei dovuto immaginarlo.
Deluso non potevo fare altro che rinchiudermi nelle mie constatazioni. Nell’imbarazzo che mi creava la cosa.
Molte volte fra i colleghi maschi si accennava alle fantasie probabili e improbabili, alle avventure amorose da intrecciare, all’attrazione dell’una o dell’altra. L’ho già detto, finché si scherzava… Era un modo per stare in compagnia e rendere il lavoro più piacevole.
Altro argomento di simili provocanti discussioni erano le mamme che venivano ai colloqui. Anche lì tutto un gioco di battute facili, di bassa lega, ma assolutamente innocue.

Curiosamente, i gusti si evolvevano seguendo il declino della nostra età.
Nonostante l’ingresso di giovani bellissime docenti, in coscienza, lo “stuzzichìo” dell’attrazione erotica si aggrappava alla compiacenza della nostra stessa attempata età. Forse spinti dalla complicità delle battute che esse ci offrivano, e che, molto più spesso, esse stesse esortavano.
Una reciproca simpatica presa in giro. Un gioco delle parti, insomma.

Al cospetto di bei culetti svettanti in aderenti jeans, dei fianchi stretti avvolti teneramente da soffici indumenti, dei tonici e vispi muscoli snelli e agili, delle giovani puledre che si avvicendavano al nostro mestiere, si rimaneva in sospensione: ci affacciavamo sul baratro tra il lascivo desiderio, conscio dell’inadeguatezza, e il paternalismo confortante, orgoglioso del proprio innocuo compiacimento estetico. Una forma di eneuchismo destato dal sospetto dell’impotenza probabile di fronte a tanta disinvolta selvaggia fisicità.

Ma ritorniamo a noi: la bidella.
Donna sposata, sui 40 anni. Siciliana. Fisico molto lontano da quello delle giovani insegnanti: alta e formosa; giunonica; glutei potenti e cosce vigorose, seni gonfi e petto prepotente. Rasentava le caratteristiche di una lottatrice. Ma un viso dolce e affettuoso, con un nasino simpatico lievemente all’insù, labbra carnose e occhi sorridenti. Insomma al tempo stesso, esprimeva uno stile materno e affettuoso.
C’erano in lei una serie ben congeniata di ingredienti, rispetto ai quali, mi rendevo conto, di non avere difese.
Il piglio deciso, la capacità intuitiva emersa nelle diverse occasioni, il senso pratico dell’agire, unito all’attenzione materna nei confronti degli alunni (ella stessa mamma e moglie) facevano di lei un riferimento. Non si perdeva in chiacchiere. Ispirava fiducia.
Paradossalmente, era proprietaria indiscussa di una decisa e per nulla nascosta pigrizia di iniziativa. Non esagerava mai nel fare e si manteneva sempre nello strettamente necessario.
Ebbene, anche questo era confortante. A volte l’eccesso di disponibilità delle altre, sovente apparente e non concreto o, peggio, incompetente e inconcludente, creava disagio. Con lei non c’era pericolo. Schiettamente esprimeva la sua indisponibilità o incapacità. Non si perdeva tempo. Non c’era pericolo di fuorvianti e inutili generosità.
E certi atteggiamenti di noia, ammiccati da quegli occhi sorridenti, erano decisamente sexy.
Inoltre aveva una innata capacità di ironia. Si poteva scherzare.

Qualche giorno prima, forse, avevo osato troppo… Non ne avevo avuto l’intenzione.
“Come siamo sexy oggi” le avevo detto quella mattina seguendola nel corridoio per recarmi nella mia classe. E per dirglielo mi ero affiancato alle sue spalle; nel tentativo, sicuramente riuscito, di nascondere ai minori questa frase, avevo allungato il collo verso il suo orecchio. Non avevo voluto fare una avance, ma solo una battuta, anche piuttosto ufficiale, visto che vicino c’erano le sue colleghe che avrebbero capito al volo il tono scherzoso e non lascivo della mia frase.
Ma non avevo ben calcolato i modi. Non volendo mi ero avvicinato talmente tanto al suo corpo da avvertire precisamente la sensazione di aver superato la soglia di sicurezza, di aver valicato l’area dell’intimità. Prima di infilarmi nella porta dell’aula, lì, nel corridoio, stavo quasi per cascarle addosso, sfiorandone il corpo massiccio. Fu un attimo: mi ero sentito come un predatore sul collo della sua preda. Avvertivo nettamente il calore del suo corpo. Avrei potuto possederla. Sono sicuro che ella stessa aveva avuto il medesimo sentore. Fu un attimo ripeto, prima di destarmi e fare ingresso fra gli alunni, per fortuna ignari.
Ribadisco che tutto accadde senza nessun volere. Infatti, pochi istanti prima, avendo già notato l’abbigliamento di quel giorno, scollacciato per via del caldo, mi ero già spinto a commentare la cosa con un accenno rivolto alle sue colleghe, pensando che la battuta fosse udita anche da lei. Una delle bidelle, la veterana, mi rispose pure con una smorfia fra il disappunto e il rassegnato, evidentemente aveva avuto già modo di criticare l’inappropriatezza del vestiario in quel contesto. Essendomi reso conto che non ero stato udito da lei, che invece era il mio latente reale scopo mi ero affrettato a raggiungerla, lei di spalle, allungandomi e sussurrandole con dolcezza quella frase, per poi virare verso l’uscio della classe.

Da quel momento i desideri nascosti che pullulano nella mia testa repressa hanno preso una direzione precisa.
Il corpo possente, il seno abbondante, il ventre rotondo, i glutei massicci, il solco fra le sue cosce paffute. Desideravo immergermi in quel mare di voluttà. Affogare nel tepore di quel corpo. Fantasticavo sulla forma dei capezzoli, sull’areola ampia - così la immaginavo - sul probabile colore marcato. Mi apparivano i suoi seni come se fossero il marchio della femminilità mediterranea, solare e calorosa: e sognavo capezzoli irsuti, ben piantati su una base areolata cromaticamente definita, in vetta a due montagne di carne gonfia e soda. Succhiavo avidamente biscicando di saliva come una lumaca, leccavo e mi agitavo come un vitellino insaziabile.
Che monumento di fisicità femminile!
La desideravo. Mi immaginavo cavalcarla da dietro, entrare nel solco della sue natiche, afferrate e palpate, schiaffeggiate rumorosamente mentre percuotevo le anche a ritmo nel suo culo: volevo sodomizzarla, possederla, sottometterla. Immaginavo di inondarla di sperma le labbra, tenerle la testa fra le mani lasciandomi svuotare di tutta la virilità che possedevo.
Pornografia pura.
Cosa mi rendeva così attratto da lei. Non era bella. Le strane fantasie di un uomo represso.
Su questo riflettevo mentre ero in attesa quel pomeriggio.

Ma quella mattina qualcosa aveva scardinato l’idea che la fantasia potesse diventare realtà.

A scuola i bagni dei docenti sono al piano terra, dietro le scale. Da uno stretto e buio corridoio si accede al bagno femminile e a quello maschile. Ognuno è dotato di zona antibagno con il lavabo; da questo si accede a due wc chiusi da sipari a mezza altezza in legno e relativa porta, sospesi sui propri telai metallici. Un ulteriore simile sipario divide i due wc fra loro.

Quella mattina sono entrato in uno di essi a fare una pisciata. Nel bagno dei docenti maschi, ovviamente. Sento la porta aprirsi e qualcuno entrare, qualcuno che ha avuto la stessa necessità. Dal wc di fianco provengono i chiari suoni dell’operazione: sbottonamento, pausa, fruscio …
Esco dal wc e mi accingo al lavabo per l’abluzione. Nell’attimo in cui mi rendo conto che si erano esaurite le salviette per asciugarsi, mi sorprende la voce dell’”altro”: “Eh, Prof. sono finite, ora le metto subito”. La persona che aveva pisciato di fianco a me, non era un collega. Non era maschio. Era lei: la bidella.
“Prof. mi scusi, ma il bagno femminile è ancora bagnato, l’hanno appena pulito e quindi ho usato questo. Ora metto le salviette”

In un attimo ho rivisto tutta l’esperienza in modo diverso… lei entra, sente la mia presenza, anzi mi avrà seguito. Mi sente di fianco mentre urino, si sbottona i pantaloni, abbassa le mutandine, si piega di spalle sul water abbassando il suo culo senza sedersi e fa partire lo scroscio di “pioggia dorata”, che sgorga dall’uretra, fra quella carne succulenta della sua vagina. Afferra della carta igienica e si accarezza il pube si tira su i pantaloni affrettandosi per incrociarmi.
Lei era lì per me!
“Prof. mi scusi, ma il bagno femminile è ancora bagnato, l’hanno appena pulito e quindi ho usato questo. Ora metto le salviette” “Non si preoccupi” rispondo nascondendo l’imbarazzo, sfoggiando indifferenza. Ed esco, seguito da lei.
Che occasione persa.

Sicuro “prof”? Ma hai proprio la mente malata. Sei davvero così represso? Tutta questa fantasia montata dietro ad un desiderio puramente masturbatorio e solitario. Fatti una sega che ti passa!
...O forse….?
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