Gay & Bisex
I gemelli ed io

18.06.2025 |
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"E che muscoli!» fa Manuel o Gabriel..."
Oggi soffia un vento forte a Frangokastelo, tanto da impedirci di scendere nella spiaggetta e passare i giorni che ci rimangono della nostra vacanza della maturità, a godere almeno del mare e a sbollire le nostre sacrosante incazzature. Così quando arriva il pomeriggio e la prospettiva è di stare barricati ancora in casa in un clima da guerra fredda, penso che io debba escogitare qualcosa per salvare questa nostra vacanza, ma soprattutto salvare la nostra amicizia.
I gemelli, anche se irritati, sono intenti a sfidarsi su Brawl Stars. Pigiano compulsivamente sui display dei loro smartphone e si mandato sistematicamente a fanculo. Io me ne sto in disparte a leggere un libro, anche se avrei necessità di soddisfare altre voglie. Soprattutto vorrei trovare una soluzione per appianare le nostre divergenze che si sono create nei giorni passati. Rispetto a loro sono più propenso alla pacificazione.
Non ci sto di certo bene nel far prosperare l'ostilità. Sarò serioso o palloso o quello che vuoi ma sono fatto così, nonostante la mia giovane età. E non mi interessa una minchia che mi chiamino il “vecchio saggio”. Anche se mi piace essere identificato per la mia arte: gioisco quando mi dico “poeta”.
«Oh, dai raga, venite qua» gli propongo. Loro mi guardano con gli occhi svuotati dalla noia. Si alzano malvolentieri e mi raggiungono nel lettone, con l’andatura da zombie di Walking Dead.
«E quindi?» chiede uno di loro, con un tono scocciato.
«Che c’è?» chiede l’altro. Acido e irritante. È evidente che nessuno dei due ha tanta voglia di fare altre discussioni. Preferiscono chiudersi nelle loro sacche d’animosità. Sguazzare nell’avversione è meglio che fare un passo verso l’altro per incontrarsi. Perdendosi così la delizia dell’incontro.
«Vi voglio qui. Posso?» dico usando un tono autorevole che prendo in prestito dal mio insegnante di greco. «Distendetevi accanto a me che vi devo parlare e non rompete i coglioni, una volta tanto!»
Intanto che loro si sdraiano ai miei lati, io faccio scivolare le mani lungo i corpi tonici e le infilo nei loro boxer. Alla mia destra, Gabriel inizia a divincolarsi, il porcellone ce l’ha subito duro, mentre Manuel è ancora nervoso e fa fatica a rilassarsi. Insisto di più con lui, meno male che sono mancino.
«Questo sì che è parlare da persone adulte» ride Gabriel. Parla lui che è molto puerile!
«Beh, dai, anche questa è una forma di comunicazione» ribadisco con un tono di voce emancipato, mentre mando su e giù la pelle dei loro piselli simultaneamente. Compiaciuto dalle mie contraddizioni.
«Vi insegnano queste cose al Classico?» chiede Manuel.
«Anche» sostengo con una certa ilarità. Accelero.
«Cazzo, Manu, perché non abbiamo fatto anche noi il Classico!?» esclama Gabriel.
«Perché, siamo due cazzoni?!» risponde il fratello con un tono sarcastico. «È già un miracolo che abbiamo finito il Tecnico. Nostro padre non ci sperava più! Secondo te perché non si è fatto pregare per sborsare i soldi di questa vacanza!»
Aumento il ritmo, ancora di più, gioendo dei loro gemiti all’unisono, e quando avverto che l’erezione di Gabriel è granitica, mi metto a cavalcioni su di lui e lo sovrasto, senza però perdere di vista Manuel, che continuo a segare da un’altra prospettiva.
Gabriel vedendomi tutto per sé cerca di darsi da fare, vuole infilarmelo dentro subito, è impetuoso come sempre. Mi allarga le natiche e posiziona la punta del cazzo in corrispondenza del mio buco. Sento che ce l’ha bagnato ma non abbastanza da permettergli di entrare, almeno non così facilmente. Provo a rilassarmi un po’ per agevolargli l’entrata. Mi sollevo e mi lubrifico con la mia stessa saliva: mettendomi due dita dentro fin dove riesco ad arrivare. Anche lui si sputa sulla cappella e passa la mano per lucidare l’asta.
Gabriel mi prende i fianchi, e io inizio a sedermi molto lentamente sul suo cazzo e a farmelo scivolare dentro man mano che il mio anello si allarga. Dopo avermelo sistemato per bene, inizio un lento saliscendi, facendo leva sulle ginocchia.
«Vieni più in qua» chiedo a Manuel. Lui si fa scivolare fino a ridosso della testa del fratello, in ginocchio sul lettone, tanto da garantirmi il suo cazzo in bocca. Lecco la sua cappella rosa, dopo averlo scappellato a dovere. Poi lo pompo con energia.
Gabriel mi martella il buco con sempre più forza. I suoi gesti sono rozzi e intenti a ricavarne un egoistico piacere. Mentre io reclamo il triangolo perfetto, quel qualcosa che ci fa sentire un tutt’uno e non singole sperdute esistenze.
Andiamo avanti per un tempo indefinito. Tempo che si espande e che si restringe, che perde ogni significato. Tempo che pulsa. Sono solo i gemiti dei gemelli a scandire il mio tempo, oltre la brama e l’odore acre del sudore che bagna i nostri corpi.
Mi alzo sulle ginocchia e mi sfilo Gabriel da dentro. È come uscire dall’acqua dopo una nuotata tra le onde.
«Che fai?» mi chiede, con la voce impastata dal sonno della goduria e gli occhi intinti nell’estasi. È sbigottito e contrariato. Mi porto l’indice alle labbra per invitarlo al silenzio, mentre il mio orifizio anale, divaricato e vuoto, reclama di essere riempito.
«Manuel, vieni, prendi il posto di tuo fratello» gli propongo. Tra i due è quello più remissivo e disponibile ad ogni coinvolgimento.
«Sì, certo mio poeta, ti accontento subito» ribadisce agitando il manganello. Quando Gabriel si posizione dove è stato Manuel prima, mi concedo la stravaganza di assaporare gli umori selvaggi di cui è impregnata la sua verga, che è appena stata dentro di me.
«Guardalo il poeta come lo succhia bene!» fa gratificato Gabriel.
E mentre Gabriel e Manuel si divertono nel darsi il cambio, io penso a quali versi utilizzerò per descrivere questa scena nei miei componimenti, molti dei quali dedicati a loro.
I gemelli non sono ancora sazi di questo nuovo gioco di cui detengo la regia. Le loro maschere di piacere mi appagano dello sforzo che sto facendo. Ogni cambio è una festa, mentre io rimango il perno sul quale loro girano e mi sento un potere immenso, enfatizzato dalla vertigine di godimento che loro riescono a darmi. Sono da sempre la mia ispirazione, i gemelli, questo prodigio della natura che si traduce in sensualità.
Il ritmo ossessivo e snervante, i loro continui cambi, di cui perdo volentieri il conto, gli odori pungenti e selvaggi e i sapori inebrianti e quella voglia di venire, che rasenta la felicità, sono segnali che mi annunciano che stiamo per arrivare al culmine. Non vedo l’ora di sborrare.
Incito anche loro a lasciarsi andare. Per tutta risposta grugniscono all’unisono con veemenza. Le bocche si spalancano in urla di goduria. I muscoli si contraggono come corde di violino. Si sfilano entrambi dal mio corpo per vedersi esplodere, come bambini meravigliati del prodigio che si rinnova. Gabriel e Manuel si contorcono come serpi nel mentre i loro fiotti di sperma disegnato parabole in quell’aria consumata dal trino amplesso.
Anch’io sento il richiamo di questa comunione di orgasmi che si sta consumando sotto ai miei occhi lussuriosi e ne voglio prendere parte. Ora. Esplodo in vampate bianche che mi riempiono il ventre del mio seme caldo e denso. Non ne ho mai prodotto così tanto!
Come cani famelici, i gemelli lo leccano con la punta della lingua e poi a turno mi baciano, fino a quando non ci uniamo in un unico bacio con lingue che si contorcono e condividono quel sapore acre del prodotto del mio corpo.
Il nostro sodalizio che si spoglia di quella antica amicizia è più saldo che mai alla conclusione di questa celebrazione della passione. E quello che prima era divisivo diventa vanto e fusione di corpi e ancora voglia che ritorna ad essere sollecitata fin quando non ci siamo saziati del tutto.
«Grazie Ale, sei stato fantastico, ci voleva!» ribadisce Gabriel.
«Sei un grande!» afferma Manuel, commosso.
«No. Non ho fatto niente di speciale» gli rispondo appagato. Avrei anche aggiunto: vi ho dato la possibilità di scegliere se continuare ad essere competitivi o è meglio essere cooperativi, ma mi avrebbero preso per “vecchio saggio” oltre che poeta. Meglio non sforzargli troppo il cervello!
Quando siamo arrivati a Creta, per festeggiare i nostri diplomi, mai avrei immaginato una simile conclusione. Ci siamo lasciati ragazzini e ci ritroviamo giovani adulti, con le barbe lucenti e folte. Abbiamo abbandonato i giochi infantili che gratificavano la nostra sfrenata fantasia, per intraprendere altri giochi che soddisfano le impellenti esigenze del corpo. Sono ormai lontani i tempi trascorsi a giocare per le strade del paese con una palla, sempre insieme a combinare monellerie.
Ricordo con esattezza quando ci siamo separati, dopo anni vissuti praticamente indivisibili. I genitori li hanno trascinati a Bologna, facendo svanire il nostro sogno di fare le medie e le superiori assieme.
All’inizio venivamo a giugno e andavano via a settembre, stavano dai nonni un’intera estate. La crisi economica, gli impegni lavorativi dei genitori, altre mete più allettanti e poi la pandemia, hanno ristretto gradualmente il tempo della loro permanenza in paese, fino a quando non sono più venuti.
Noi ostinati, ci siamo sempre scritti, telefonati, videochiamati, per suggellare ogni giorno il nostro patto di sangue. È stato sul nostro gruppo WhatsApp – “Three Twins” - è stato sempre il nostro canale comunicativo principale, a maturare l’idea di questa vacanza assieme, subito dopo il diploma. Li ho spronati a studiare per non farsi bocciare così da poter stare assieme, più di quanto facevano i loro genitori.
All’aeroporto di Heraklion, i primi attimi l’emozione ci travolge ma una volta superato l’imbarazzo iniziale, riprendiamo a sparare cazzate, prendendoci per il culo, per i nostri fisici e l’abbigliamento.
«Guarda Ale, è peloso come una scimmia. E che muscoli!» fa Manuel o Gabriel. Non li distinguo più. Anche loro hanno dei muscoli che reclamano attenzione da sotto le magliette e i bermuda che indossano. Le persone lì attorno li guardano.
«Beh, raga, anche voi siete ben messi» rispondo. «Anche se sono sicuro che vi batto ancora entrambi a Wrestling.»
«Seee, vabbè, Ale, sogna!! Ci fai una pippa!» dice Gabriel.
E mentre ci pavoneggiamo davanti agli sguardi degli astanti all’aeroporto già immagino le lotte e i grovigli, che faremo in questa vacanza che ci attende. Ma prima gli voglio dare un assaggio di cultura.
La sera ci vestiamo eleganti e gironzoliamo per la città, che devo dire che è molto vivace. Ci addentriamo nel centro storico, deliziandoci dei sapori locali e della loro musica e dei loro canti.
L’indomani li trascino prima al museo e poi al Palazzo di Cnosso, facendo sfoggio dei miei apprendimenti classici appena conclusi, mentre gemelli si lasciano affascinare dalle spiegazioni di una guida che parla di come sono riusciti a rinvenire il palazzo dall’oblio.
Nel pomeriggio, carichiamo l’auto a noleggio con i nostri bagagli e partiamo alla volta di Frangokastelo. Gabriel si mette alla guida, Manuel si siede accanto e io dietro. Solchiamo l’isola, valichiamo i monti e arriviamo a destinazione in meno di tre ore soste - per farci i selfie con le capre arrampicate sulle rocce - comprese.
Le sfinenti gare di nuoto nell’acqua cristallina, le nostre continue prove di forza, le sfide, gli aggrovigliamenti, la lotta libera, hanno come palcoscenico la spiaggia di Frangokastelo. La voglia irrefrenabile di toccarci va oltre qualsiasi comprensione, se non quella di assecondare una tensione erotica che si può affettare con il coltello.
La sera sotto una doccia fredda che ha l’obbligo di smorzare i pensieri audaci che surriscaldano la mia mente, succede qualcosa che non ho previsto. Manuel è andato a prendere del cibo d’asporto con l’auto, in casa rimaniamo Gabriel ed io.
«Ale, dai fammi un po’ di posto che così quando arriva Manuel siamo già belli e docciati, io ci metto un casino ad asciugare i capelli» mi dice. Entrambi hanno delle chiome rilevanti e così mi convinco a farlo entrare.
«Siamo molto stretti» gli faccio notare.
«Dai, ciccione, spostati.»
«Ciccione sarai te!» ribatto. Bevo dell’acqua della doccia e gliela spruzzo addosso.
«Ma sei una merdaccia…»
Ci dimeniamo nello stretto spazio del box, con i gomiti che sbattono nelle piastrelle e la rubinetteria. Lividi emergono all’istante sulla pelle arrossata dal sole. La tentazione dall’abbandonare il campo di battaglia significherebbe dargliela vinta. Resisto. Entrambi nascondiamo le nostre eccitazioni con sonore risate.
«Dai, amore vieni dalla mammina che ti lavo per bene le palline e il culetto» dice lui emettendo una vocina stridula e irritante. «Oh oh, ma qui c’è qualcosa di duro! Ale?!» fa quando prende in mano il mio cazzo.
L’imbarazzo mi divora la faccia fin quando anche lui non mette in mostra la sua erezione, che mi fa arrivare il cuore in gola. Con disinvoltura, m’insapona i pettorali mentre, inevitabilmente, le nostre erezioni urtano l’uno contro l’altra, quasi a sfidarsi, a cercarsi.
Il mondo si chiude in quei settanta centimetri quadrati, quando lui sorride e dopo avermi insaponato gli addominali e il pube, si mette a menarmelo. Le nostre bocche di uniscono in automatico quando lui mi si avvicina facendomi respirare il suo fiato caldo.
Il getto dell’acqua solca e modella i nostri corpi vibranti e accalorati, rendendo l’atmosfera surreale. Il mio cuore è in tumulto e le gambe tremano, incapaci di sorreggere tanta emozione.
«Dai, Ale, rilassati, va tutto bene!» mormora un attimo prima d’inginocchiarsi sul piatto doccia e avermelo preso in bocca. Non va tutto bene, non so se quello che sta facendo è bene. Non mi sottraggo, però.
L’estasi mi giunge come una botta alla testa. Preso dalla bestialità lo faccio rialzare, gli impongo di girarsi e dopo averlo insaponato dietro, gli infilo il cazzo dentro, incurante del suo urlo di dolore.
Lui accoglie tutto il mio impulso senza esitazione e quando lo tengo stretto per i fianchi e assesto delle spinte pelviche, mi incita a proseguire. Il gemello si divarica e regge tutti i colpi della mia furiosa cavalcata verso l’orgasmo, che arriva prima del previsto. Lo sperma che erutto viene lavato via dall’acqua che gli scorre sulla schiena, dove mi sono scaricato, facendo emergere le mie vergogne per quello che è appena stato.
Nei giorni che seguono la nostra vacanza prende una piega improbabile. In spiaggia mascheriamo le nostre voglie facendo delle sfinenti gare di nuoto. Ci aggrovigliamo e ci sbattiamo sulla sabbia, unti di crema protettiva, poi corriamo in acqua e ci tuffiamo. Massacrati dal caldo e dai nostri ormoni in tumulto, ci sdraiamo sui teli immersi nel profumo di salsedine, sotto un sole cocente, che ci osserva connivente dall’alto.
La doccia diventa il nostro appuntamento fisso serale in cui scaricare la nostra tensione sessuale accumulata durante l’intera giornata. Io non sono più sicuro che sto scopando sempre con lo stesso gemello, che dovrebbe essere Gabriel. Ho il sospetto che a mia insaputa si alternino nel box doccia, facendo una sera per uno, finché il loro giochino di essere indistinguibili non si inceppa.
Mentre a me sta anche bene ciò che sta succedendo, loro eternamente in competizione di afferrano come cani per chi deve fare la doccia con me. Finiscono per azzuffarsi. Non sono più fratelli ma bambini capricciosi che gareggiano per avermi. Mi sento quasi un oggetto, un loro giocattolo. Finisco per non concedermi a nessuno dei due e quando chiudo a chiave la porta del bagno è finita la lieta vacanza.
Poi ci si mette anche il vento, e la vacanza tanto desiderata, carica di desideri, si trasforma in una gabbia claustrofobica. Così mentre siamo chiusi dentro casa con le finestre serrate, per non fare entrare le mitragliate di sabbia, mi faccio venire quell’idea che salverà la nostra vacanza e la nostra amicizia anche se dovrò sacrificare la mia verginità anale.
Continuo a soddisfarli allo stesso modo fino all’ultima sera. Dopo che scendiamo dal lettone e ci andiamo a lavare i corpi sudati e sborrati ci vestiamo di tutto punto: tutti e tre con pantaloni e camicie bianche andiamo in un ristorante nei paraggi. Ordiniamo della fantastica moussaka, pesce e quant’altro, il tutto innaffiano da un buon vino.
Arrivati a casa dopo esserci sfondati Ouzo, ci denudiamo e torniamo a salire sul lettone. Torniamo a baciarci e leccarci i capezzoli. Condividendo il sapore dell’alcol di cui odorano i nostri aliti.
«Vogliamo farti un regalo» mi dice uno dei due gemelli. Con l’alcol in corpo faccio davvero fatica a distinguerli. «Tu sei stato molto paziente con noi e adesso noi vogliamo ricompensarti. A modo nostro!»
«Ragazzi, vi do carta bianca. Fate di me quello che volete» dico con un tono di voce alticcio. Godo nel vederli affiatati e complici. Osservare i loro sguardi intriganti, mentre si danno da fare. Piazzano gli smartphone in punti strategici della camera e mi fanno indossare una maschera. Lo stesso fanno loro.
«Ma che cazzo è sta roba?! Cosa facciamo Eyes Wide Shut?» bofonchio, ridendo. Non capiscono la battuta, non sono poi così eruditi, ma gli voglio un mondo di bene lo stesso.
«Non ti preoccupare, cerca di essere più naturale possibile» dicono loro.
«Ah, ho capito, interessante!»
Gabriel si stende sul bordo del lettone, altare delle nostre porcherie di questa nostra erotica vacanza, e mi invita a sdraiarmi sopra di lui, a pancia in su. Obbedisco senza neanche riflettere su quali sono le loro intenzioni. Sono disteso sul suo corpo, quando Manuel mi divarica le gambe e inizia a leccarmi con insistenza l’anello anale che al contatto della sua lingua inumidita si dischiude come uno scrigno.
Un attimo dopo ho il cazzo di Gabriel conficcato dentro, che inizia a stantuffarmi prima con un ritmo ipnotico che vira verso un più intenso sfondamento fino a farmi perdere la concezione del mio corpo. Mi sento come una zattera in un mare in tempesta, in balia di onde giganti. Poi di colpo si arresta, dandomi la sensazione di inquietudine e vertigine. Lui mi rimane dentro e io rimango ancorato a lui, in attesa di soddisfare le loro bramosie.
«Vieni dentro anche te, Manu» propone Gabriel al fratello. Oggi la regia è sua. Non capisco cosa stia succedendo, fino a quando capisco dove vogliono arrivare. Manuel cerca di inserirsi lì dove il posto è occupato. Ed io non riesco a oppormi, cerco come sempre di accontentarli. Manuel si aiuta con la mano e affonda la punta che ha lubrificato per bene. Poi spinge. Un’altra spinta pelvica ed è quasi dentro.
Nonostante sia anestetizzato dall’alcol, sento lo stesso la pressione forte, il mio orifizio anale che cede e inizia a divaricarsi a dismisura per adattarsi alle due verghe che si contendono il mio sfintere. Si fanno strada dentro di me, alternandosi nelle spinte. Mi sento uno strumento nelle loro mani e loro mi stanno suonando a dovere, con i loro cazzi che stanno slittando l’uno sull’altro, divaricandomi l’ano in una maniera innaturale.
Sono fuori di me. La sensazione è allucinante. Ma nulla può eguagliare il godimento che provo nel momento in cui percepisco che entrambi mi stanno venendo dentro. Il calore dello sperma mi inonda, tanto da farmi venire senza neanche toccarmi. Intercetto solo due schizzi sincroni che partono dal mio uccello e colpiscono il petto per inzuppare l’esigua peluria del petto.
Tutti e tre esausti rimaniamo immobili sul lettone.
«Fantastico, ragazzi, non mi sono divertito mai così tanto nella mia vita» affermo. «Peccato che è l’ultima sera e domani si ritorna a casa, ognuno per conto nostro. Io da solo, voi due a litigare come dei coglioni…» Rido. Dentro mi sento riecheggiare una risata amara.
«E se invece ti proponiamo di venire a vivere a Bologna?» fa uno dei loro.
«Seee» faccio io. «E come me li pago gli studi a Bologna, che è cara da morire e non si trova nulla.»
«La risposta potrebbe venire da qui» dice Gabriel. Ha in mano il suo smartphone e sta guardando le immagini appena registrate.
«Anche qui» gli fa eco Manuel, scorrendo il suo registrato, ovviamente da un’altra angolazione. «Con un buon montaggio la monetizzazione è garantita quando lo carichiamo sul nostro profilo Pornhub, categoria video amatoriali “Three Twins”. Sai che quelli con i gemelli sono i video più cliccati?!»
Sono piuttosto incredulo che ciò possa accadere, fino a quando, qualche mese dopo, in pieno autunno, non constato con i miei occhi che il nostro video è diventato virale mentre noi ci ritroviamo a brindare con dell’Ouzo in un ristorante greco a Bologna.
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