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Gay & Bisex

Spaccato in due - parte seconda


di Roland_Ozone
21.05.2025    |    6.893    |    10 9.8
"Percorreva la strada della linea della mia colonna vertebrale con la lingua, fino sostare tra le natiche..."
Dopo quella lunga notte con lo sconosciuto, giurai che non avrei mai più ceduto alle mie pulsioni sessuali. Non mi sarei mai più trovato in quella situazione. “Mai”, però, è una parola traditrice: quando la si pronuncia il rischio che ti torni indietro, come un boomerang, è molto alto.
Al parco del Valentino mi sentivo più disinibito. Non potevo fare a meno di andarci, era più forte di me. Avendo avuto il mio battesimo del “cazzo”, ero pronto a nuove avventure. La parte meno disinibita di me invece mi invitava alla prudenza, anzi al pieno controllo e se non all’astinenza.
Ascoltai quella sensazione che mi dava un nonsoché di ebbrezza e mi faceva sentire vivo. Ero stufo di fare sempre il bravo ragazzo del cazzo, per poi rimanere a bocca asciutta. Avevo 23 anni, non potevo soccombere alle mie paure.
Il sole illuminava ogni cosa, anche i miei pensieri più oscuri, facendoli evaporare, mentre rimaneva a terra il desiderio come sale a insaporire i miei voleri.
Dello sconosciuto non vi era più traccia.
Notai invece con stupore che quel pomeriggio la folta vegetazione che copriva parte del parco accoglieva un gran flusso di uomini.
Aspettai e colsi il momento giusto e ne seguii uno particolarmente attraente. Ed eccomi di nuovo lì dentro, dove tutto è iniziato. Il magrebino che avevo seguito vedendomi iniziò ad ammiccare al mio indirizzo con il suo cazzo in mano. Era molto ben messo e invitante. Pronto a soddisfare le mie voglie.
Lo raggiunsi, mi fermai davanti a lui e glielo presi in mano.
Aveva un cazzo scuro e venoso, con la cappella di un marrone più chiaro simile al color nocciola, che faceva un tutt’uno con la possente asta che la sorreggeva. Era la prima volta che toccavo un cazzo circonciso.
Iniziai a masturbarlo mentre lo fissavo nei suoi intensi occhioni neri contornati da ciglia folte, che mi fissavano mentre continuavo a dargli il piacere che chiedeva. Andavo a un ritmo costante, come se stessimo conversando tra conoscenti, e in un qualche modo lo stavamo facendo.
I suoi tratti arabi mi attraevano, soprattutto la sua pelle scura ricoperta da peli arricciati come la testa.
«Con bocca!» mi chiese, con un tono supplichevole, tanto che volli assecondarlo subito.
Mi abbassai senza staccare lo sguardo e inumidii con la lingua quella cappella secca, come avevo visto fare alle ragazze nelle videocassette porno che condividevo con i miei amici.
Ora ero lì inginocchiato con il cazzo di un magrebino in bocca e stavo dando sfogo alle mie fantasie inibite per anni e anni. Glielo succhiavo a dovere quando notai un’ombra dietro di lui che si materializzò in una sagoma.
Mi fermai all’istante e mi alzai di scatto. Entrambi ci allontanammo facendo finta di fare altro.
Quando, prendendo coraggio, mi girai e focalizzai meglio la nuova figura, mi accorsi che era il mio sconosciuto. L’uomo che mi aveva spaccato in due, qualche sera prima.
Era il momento di farlo ingelosire. Così, almeno, mi convinsi in quel momento. E siccome mi sentivo particolarmente disinvolto dentro quella vegetazione, come se fosse il mio regno, credetti che avrei potuto fare tutto quello che mi passava per la testa. E così fu.
Raggiunsi il magrebino che stava facendo finta di pisciare poco più in là. Ripresi in mano il suo cazzo che si era un po’ afflosciato e iniziai a masturbarlo sotto lo sguardo statico dello sconosciuto.
Il magrebino sulle prime era confuso ma quando si rilassò mi diede ciò che volevo. Ero io ad avere la regia. Tornai a prenderlo in bocca e a succhiarlo.
Feci un cenno d’intesa al nuovo arrivato. Un invito a partecipare. Lo sconosciuto non se lo fece ripetere, si tirò giù la lampo ed estrasse a fatica la sua erezione che avevo imparato a conoscere, e si accostò al magrebino.
Mi sfilai dalla bocca il membro del magrebino e presi il suo.
Aveva quel sapore che conoscevo già, distinto dal quello dell’altro uomo.
«Bravo…così!» mi disse con un tono paterno lo sconosciuto. Accovacciato per terra per dare godimento a due uomini contemporaneamente, uno con la bocca e l’altro con la mano, mi faceva sentire stordito, con la testa leggera, come se avessi bevuto due bicchieri di vino di troppo.
Eppure ero perfettamente a mio agio tanto da non riconoscermi. Ero alienato da me stesso.
Presi di nuovo in bocca il cazzo del magrebino e me lo feci arrivare in gola, tanto da quasi soffocare. Lo succhiai a più non posso.
Lo sconosciuto non tardò a invitarmi a prendere il suo. Lo compiacqui, un attimo prima di sentire il fiotto caldo di sborra del magrebino che mi colpiva l’orecchio destro. Gli altri spruzzi caldi giunsero nel collo e colarono dentro la maglia, bagnandomi il petto.
Mentre lo sconosciuto mi scopava la bocca, il magrebino pulì la sua cappella, ormai sgonfia, sulla mia guancia, poi mi diede un bacio in testa e lo vidi andar via con un passo svelto e soddisfatto.
Io mi concentrai sul cazzo del mio sconosciuto, sul suo ritmo e sui suoi gemiti. Aumentavo il ritmo facendomelo arrivare fino in gola per poi sfilarlo quando mi sentiva in sofferenza e dovevo respirare.
Avvertii che gemeva di più un attimo prima che mi riempisse la bocca di quel sapore amaro di cui sapeva il suo seme. Quando il suo corpo smise di sussultare ed emettere sperma, perdendo di consistenza, anch’io mi rialzai, non prima di aver sputato sull’erba quello che avevo in bocca.
Rimanemmo uno di fronte all’altro, come due conoscenti mentre lui riponeva il suo membro, ormai innocuo, dentro i pantaloni.
«Adesso puoi anche dirmi come ti chiami» gli chiesi con un sorriso malizioso.
«Alberto, mi chiamo Alberto» rispose.
«Ti chiami veramente così?»
«Vuoi vedere la carta d’identità?»
«Non ne ho bisogno. So dove abiti!» feci con un tono minaccioso ma al contempo scherzoso.
Lui frugò nella borsa che aveva a tracolla e mi porse dei fazzolettini per pulirmi l’orecchio e il petto dallo sperma del magrebino.
Quando finii notai che suoi occhi di ghiaccio che celavano una vita misteriosa mi fissavano. «Visto che orami sai dove abito. Vuoi tornare a casa mia stasera?» mi chiese con voce titubante ma al contempo carica di sfida.
Lo guardai al lungo prima di rispondere. E quando le sue sopracciglia si abbassarono in segno quasi di scuse e il suo sorriso divenne gentile, mi resi conto che questa volta sarebbe andata di gran lunga molto meglio.
«Perché no!» gli risposi con la spregiudicatezza che non mi riconoscevo. Stavo veramente diventando un’altra persona. In che direzione stavo andando? E dove mi avrebbe portato questo mio ardire? Ero spaccato in due.
«Bene» la sua bocca si allargò ancora in un sorriso di gratitudine, come se davvero volesse essere perdonato. «Ti aspetto al solito orario e al solito posto!»
Nel pomeriggio andai in un supermercato e comprai dei detersivi, avevo intenzione di fargli una sorpresa.
Quando arrivò l’orario del nostro incontro mi feci trovare alla fermata del bus, con una busta in mano.
«Ti sei fatto la spesa?» mi chiese. «Guarda che a casa ho da mangiare!»
Sorrisi e non risposi.
Arrivati a casa lui, si mise a preparare la cena e io mi diressi in bagno. Infilai i guanti e presi il disinfettante e iniziai a pulire come se fosse casa mia. Anzi meglio, visto non l’avrei mai fatto a casa mia.
Fu in questi piccoli gesti che notai che stavo maturando, verso quella persona che sarei diventato.
Ero arrivato a buon punto quando lui giunse in bagno.
«Ehi, stai bene? È venti minuti che stai qui dentro. È pronto da mangia…» s’interruppe sgranando gli occhi. «Ma cosa stai facendo?!»
Mi girai e gli sorrisi. Per tutta risposta lui mi abbracciò. Un gesto tenero che non mi sarei aspettato da lui, malgrado lo conoscessi da poco. Poi mi fece poggiare la testa sul suo petto ampio e muscoloso, come per accogliermi a sè. Sentivo il battito del suo cuore. Aveva un cuore.
«Dai, fammi finire» gli dissi con un tono di voce maturo e accomodante, mi sfilai dal suo abbraccio nascondendo la mia erezione imbarazzante. Nessuno dei due era ancora pronto a mettere a nudo i propri sentimenti. Ogni passo in avanti era seguito da un passo indietro.
«Vieni a cenare, continui dopo a modo mio» insistette lui con uno sguardo malizioso, togliendomi i guanti e lo spray dalle mani.
Mi sedetti a tavola e iniziammo a conversare mentre mangiavamo quello che aveva preparato. Non era un granché come cuoco e neanche come interlocutore. A stento riuscii a cavargli qualche informazione, sotto la pressione incessante delle mie domande, che ormai potevo permettermi.
«Sono separato, lei se n’è andata» disse arrossendo.
«Perché se n’è andata?» feci sporgendomi verso di lui.
«Per questa cosa qui!» fece, allargando la mano al mio indirizzo ma in maniera generica. Ma non seppe proseguire.
«Questa cosa qui? Cosa?» mi sporsi ancora più avanti, fino a urtare il piatto.
«Questa cosa dei ragazzi più giovani che ogni tanto mi prende…» disse prima perdere lo sguardo verso un punto indefinito della stanza.
«Lei l’ha scoperto?» sgranai gli occhi.
Non disse altro. Notai che i suoi occhi s’inumidirono e cessai di colpo il terzo grado.
Abbassò la testa. «Si è portato anche mio figlio. Mi ha minacciato…» queste furono le ultime parole poi si ammutolì del tutto.
«Vado a continuare a pulire» dissi quando il silenzio divenne insostenibile. Lo lasciai lì seduto e imprigionato al suo passato.
Stavo concludendo quello che avevo iniziato prima quando giunse in bagno. Prese la mia maglietta e me la sfilò.
Stava anche per abbassare i pantaloncini. «Ti prego, aspetta, fammi finire di pulire e poi facciamo quello che vuoi» gli dissi svincolandomi dalla sua presa vigorosa.
Ero intenzionato a igienizzare il bagno prima di doverlo usare. «Ci metto un attimo, sarò velocissimo come quella della pubblicità…» dissi in tono ironico.
Lui mi mise un dito davanti alla bocca per zittirmi.
«Fallo nudo che mi eccita» la proposta era così indecente da farmi rimanere perplesso. Volli accontentarlo.
Mi cavai d’addosso in un attimo i pantaloncini e le mutande. Tolsi anche le scarpe. E nudo mi rimisi a pulire con energia il bagno.
Lui sostava sulla soglia e si accarezzava il pacco mentre io mettevo in bella vista il mio sedere, sempre più eccitato nell’attesa di avere lo stesso trattamento dell’altra sera. Gesti che entravano nel mio repertorio senza che neanche me ne accorgessi.
Avevo quasi finito, quando lui, stanco di attendere, venne a baciarmi la schiena con ardore. Erano più morsi che baci.
Le sue mani andarono sui miei capezzoli e iniziarono a torturarli fino a farli diventare aculei. Poi scese a leccare sempre più giù. Percorreva la strada della linea della mia colonna vertebrale con la lingua, fino sostare tra le natiche.
Poi sentii la sua lingua che tintinnava nel mio buchetto e il mondo assunse colori densi.
Volevo svenire. Una sensazione indescrivibile. Nessuno mai si era addentrato fin lì, con la lingua.
Preso l’impeto di un animale, strizzava le mie natiche e affondava la lingua.
Poi si rialzò di scatto, abbassò la cerniera lampo, estrasse il suo membro e me lo piantò dentro senza preavviso. Era tornato ad essere l’impetuoso egoista dell’altra sera, con quel suo respiro affannato e famelico, di una bestia che si accoppia.
Rimasi senza fiato, ma stavolta il piacere prevalse. Mi scopava con foga all’impiedi mentre io accoglievo il suo cazzo veemente, divaricandomi a più non posso. Mi aggrappai al lavandino per reggere i suoi colpi sempre più determinati. E in quel momento mi specchiai vedendomi diverso, quasi a non riconoscermi.
Mi piacqui.
Mi piacque osservarmi mentre un uomo mi trafiggeva da dietro e ora anche io stavo godendo.
Sentivo che ero in balia della sua forza, dei suoi muscoli tutti in tensione, e mi chinai sul lavandino perché stavo per svenire dal piacere. Lui sempre più intento a sbattermi aveva accelerato il ritmo inducendomi al delirio.
Non vedevo l’ora che finisse e nello stesso tempo volevo che non la smettesse mai, fino a farmi uscire di senno. Mi sentivo impazzire.
Quando lo sentii ansimare inondandomi il retto con il suo seme caldo e denso, tirai un sospiro di sollievo. E mentre lui si sfilava l’uccello lasciandomi di nuovo quella voragine scoperta, io venni dentro quel lavandino che avevo appena pulito. Poi mi sedetti sul bidet per espellere il seme e lavarmi il buco che andava a fuoco. Lui avvicinò il suo cazzo ancora semieretto e intriso di sperma alla mia faccia e non indugiai un attimo a pulirglielo con la lingua.
Lo feci con piacere e inghiottii quelle poche gocce, voglioso di berne ancora di più.
La notte era giovane e sapevo che il mio uomo non più sconosciuto mi avrebbe abbeverato a dovere.
Bisognava solo attendere che si riprendesse.
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