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Gay & Bisex

Il figlio del mio migliore amico


di Roland_Ozone
25.05.2025    |    12.650    |    24 10.0
"«No, sono innamorato di te…sono sempre stato innamorato di te» sbotta a piangere..."
Nudo e con il ventre ancora imbrattato dei nostri fluidi mi sporgo alla finestra che mi regala una vista sulla vallata. Elia sta facendo la doccia. Sento l’acqua scorrere e immagino il suo giovane corpo sotto il flusso dell’acqua calda che cancella quello che abbiamo appena vissuto. Ora che abbiamo sfogato le nostre pulsioni torna inevitabilmente la ragione.
Apro la finestra facendo disperdere l’aria ancora carica dei nostri umori che aleggia nel soggiorno, come a sbarazzarmi delle prove. Respiro l’aria fresca che entra di prepotenza, ho bisogno di schiarirmi le idee prima di affrontare questo gigantesco guaio in cui sono andato a cacciarmi.
Il paesaggio che ho di fronte, questo perdersi di onde verdi accarezzate dal vento, mi appare d’un tratto così familiare e mi rasserena. Penso a come possa uscirmene indenne senza che nessuno si faccia del male in questa situazione.
Questo piccolo appartamento che ho sempre trattato con sufficienza, adesso si appresta a divenire come una fortezza che si contrappone agli attacchi della vita, quelli che immancabilmente mi toccherà affrontare
Dinanzi questa natura a tratti incontaminata la mia vita urbana con i suoi tanti rumori di sottofondo, mi odora d’un tratto di stantio.
Quale altro compromesso dovrò accettare per fare tornar l’equilibrio nella mia vita? Sempre lo io lo voglia.
Il primo grande compromesso è stato quello di sposarmi con una donna. Le ho sempre voluto molto bene ma non credo che si è mai potuto chiamare amore. Ormai da diversi anni ci siamo talmente allontanati, pur restando accanto e incatenati alla nostra routine, da sembrare come due binari di una ferrovia: vicini ma equidistanti.
La mia non è una crisi di mezza età. Ho sempre saputo di essere attratto dai maschi. Da ragazzo, ma anche da adulto, ho avuto parecchi incontri con coetanei per sfogare le mie pulsioni. Quindi non è solo adesso che mi ritrovo a cinquant’anni passati ad avere questo impellente bisogno.
Mi attraggono i tanti ragazzi che abitano le chat, negli ormai decuplicati siti d’incontri per soli uomini. Una volta c’erano gli annunci sulle riviste e il Fermo Posta, ora c’è internet ma nulla è cambiato. C’è forse una maggiore attenzione all’immagine. Io però non metto la foto del viso, ma soltanto parte del mio petto villoso con un capezzolo turgido in bella vista.
Inizio una chat solo con chi accetta le mie condizioni, mentre lascio perdere i pretenziosi. Mi propongo come daddy (della domenica, aggiungerei). Forse è un modo per sublimare quella voglia di paternità che non ho potuto realizzare.
Certo, queste mie condizioni restringono il campo e anche di tanto, così come la possibilità di soddisfare le mie voglie nascoste. Ne sono consapevole ma non posso farne a meno. Talvolta rimango all’asciutto per mesi e mesi. Per fortuna che c’è Pornhub con video della categoria “daddy and son” che riescono a colmare i vuoti, e mi aiutano a svuotare i coglioni e il cervello.
È ormai più di sette mesi che nella mia casella di messaggi ci sono le ragnatele, che quando sento quel suono quasi non mi sembra vero.
Sono le nove e mezzo di sera. Sto guardando una serie tv sul divano mentre mia moglie lavora sul suo portatile quando il mio telefono s’illumina. Una notifica galleggia sul display.
Seppellisco il telefono tra i cuscini prima che lei possa chiedermi qualcosa.
Corro in bagno e mi chiudo. Clicco sopra l’icona, con ansia. È un ragazzo e mi ha mandato un saluto. Rispondo subito, poi aspetto seduto sulla tazza. Lui si fa attendere. Passa più di un quarto d’ora. Devo per forza uscire dal bagno per non dare nell’occhio.
Quando rientro nel soggiorno mia moglie mi chiede se va tutto bene, rispondo con il pollice alzato e torno a sedermi sul divano. Clicco sul play per mandare avanti la serie Tv. Lo smartphone in modalità “silenzioso” lo nascondo tra me e il bracciolo.
La serie tv perde il mio interesse. Più volte prendo il telefono e guardo se c’è qualcosa di nuovo. Passano i minuti e i quarti d’ora ma non succede nulla. Penso che dopo che abbia letto il mio profilo restrittivo ci abbia rinunciato. Peccato!
Poi finalmente qualcosa si muove. È il mio telefono che vibra. Ecco arrivata la risposta. Prontamente rilancio, facendo attenzione agli sguardi indagatori di mia moglie.
Nel suo profilo primeggia un viso angelico coperto da una mascherina stile veneziano. Petto nudo, ben definito, e glabro dove nascono due capezzoli impertinenti, come due boccioli.
Ha altre foto in cui solletica il visitatore con una maglietta attillata e pantaloncini mozzafiato che mi fanno andare il sangue al cervello. Mentre il viso rimane sempre oscurato in tutte le foto da smiley sorridenti. Anche lui ha qualcosa da nascondere, come me d’altronde. E come tanti altri.
Lancio qualche altro amo; faccio qualche domanda. Chiedo dove abita. Lui corrisponde, con i suoi tempi: lenti.
Gli richiedo l’età, voglio essere certo. Va bene giovani ma che non siano troppo giovani però.
Mi assicura che ha diciannove anni compiuti, quasi venti. Rispondo che prima di farlo entrare in casa gli chiederò la carta d’identità.
Mi manda una faccina che sghignazza.
Percepisco la sua timidezza, risponde a singhiozzo e perde tempo tra un messaggio e l'altro, si fa desiderare. Anche questo fa parte del gioco. E io da bravo giocatore mi presto.
Questo suo indugiare mi eccita, mi fa venire una erezione granitica e dolorosa ben evidente sotto la tuta, che sono costretto a nascondere come un adolescente.
Arriva un’ulteriore notifica. “Hai altre foto?”
Certo che ho altre foto, tesoro mio, un album intero! Le ho già ben preparate nella mia galleria del secondo telefono.
Lo mitraglio. Foto del mio cazzo turgido. Foto del mio cazzo a riposo. Foto dopo che sono venuto. Foto del petto con testa decapitata. Di nuovo foto del cazzo visto dal basso. Poi dall’alto e di lato, per non farci mancare nulla. Il set fotografico è il mio bagno.
Il ragazzo apprezza e corrisponde.
Mi invia le foto del suo magnifico didietro bianco-latte, con l’orifizio anale rosso scuro mentre le sue mani divaricano le natiche per permettere di metterlo in bella mostra.
Immagino già di leccarglielo fino allo sfinimento.
«Puoi ospitare?» mi chiede
«Sì» rispondo.
È fatta.
Ho un appartamentino in una palazzina sull’appennino, ereditato dal nonno. Ben servito. C’è la stazione ferroviaria a pochi passi. D’inverno rimane sfitto mentre d’estate riesco ad affittarlo a persone anziane che vogliono sfuggire alla calura gommosa della città e godersi la natura.
Gli do appuntamento già per il weekend. Io ho sempre la scusa pronta: la partita allo stadio. Questa domenica la mia squadra del cuore gioca in casa. Ed io sto andando in tutt’altra direzione.
Non appena entrato nell’appartamento, apro le finestre per far uscire l’odore di chiuso e accendo dell’incenso. Accendo anche i riscaldamenti, è primavera ma fa un po’ freschino qui su. Poi faccio una doccia e mi lavo per bene il pisello e le palle, fantasticando su quello che gli farò fare.
Esco dalla doccia che è quasi ora del nostro appuntamento. Suona il campanello e mi risponde una voce timida.
«Secondo piano» rispondo.
Quando apro il portone e me lo ritrovo davanti il cuore mi salta in gola. Sono sconvolto, tanto da non riuscire a dire una parola.
«Cosa cazzo ci fai tu qui?» gli urlo.
Lui se ne sta lì impalato sul pianerottolo a fissarmi. Vorrei cacciarlo via, dirgli che è uno scherzo ma il mio dirimpettaio sta aprendo il portone per curiosare, così tiro dentro il ragazzo.
«Ciao Vittorio» risponde una volta che siamo dentro l’appartamento. Ha la voce tremante ma non sembra poi così tanto sorpreso. Almeno non tanto quanto me.
Mi porto le mani al viso, come a voler spegnere quella situazione di merda in cui mi sono cacciato.
«Elia, Elia, Elia…» ripeto come un folle mentre cammino alla cieca per il soggiorno, inciampando sulla poltrona e il tavolinetto.
Nella foga non mi accorgo che mi si è aperto l’accappatoio mettendo in mostra tutto il mio repertorio. Lui indirizza lo sguardo sulle mie parti intime. Mi riallaccio l’accappatoio all’istante.
«Tuo padre sa che sei qui?» dico con una voce stridula che non mi riconosco. Ho il fiatone.
«No, non sa niente di me» risponde.
«Ma come minchia è potuto succedere?! Questo è uno scherzo del destino!»
«Vittorio, io …»
«Stai zitto, zitto, ti prego» gli ordino. Non ho voglia di sentirlo parlare. È un incubo.
«Dimmi una cosa, come è potuto accadere che tu ed io ci ritroviamo qui!» gli urlo adirato.
Lui si spaventa.
«Ok, ok, calmiamoci» dico a me stesso continuando a camminare frenetico per il soggiorno arredato da un mobilio di un marrone scuro degli anni sessanta. «Solo con la calma si riesce a risolvere tutto.»
Gli faccio cenno di andarsi a sedere sul divano. «Elia, riesci a dirmi come mai sei qui?»
«Sei stato tu a invitarmi…» dice con la voce tremante.
Mi porto le mani ai capelli. «Ok, è vero, ma io non sapevo che fossi tu…tu?»
Lui non dice nulla. Abbassa la testa, fissa il pavimento.
«Elia, ripeto, sapevi che ero io?»
Finalmente annuisce.
«E come? Come cazzarola hai fatto!?»
«Sei stato tu a inviarmi le foto e a confermare il mio sospetto» afferma guardandomi. Intravedo un sorriso da diavoletto che fa capolino in quel volto di angelo.
È una frustata in faccia. «Le foto? Quali foto? Io non ti ho mandato delle foto del viso. Cosa cazzo stai dicendo?»
«Se ti calmi e mi lasci spiegare, ti dico tutto.»
«La tua foto del tuo profilo…»
«Non c’è il viso, quindi?» non lo lascio parlare. Mi va il sangue al cervello.
«Conosco il tuo petto, il neo sotto il capezzolo è stato il primo indizio»
Mi sbatto la mano in faccia.
«Ho capito, ma da un neo…mica c’è tatuato il mio nome. Sai quanti potevano essere…»
«Non solo. Conosco bene anche il bagno di casa tua, da dove mi hai mandato le ultime foto» dice guardandomi negli occhi. «Qualche mese fa quando siamo stati a cena da voi sono andato nel vostro bagno e mi sono masturbato e dopo mi sono fatto un selfie.»
«Cosa, cosa cosa? Ti sei segato nel mio bagno? Te sei mala…»
Lui continua non curante di quello che dico. «Avevo già notato quel profilo, ho aspettato tanto prima di mandarti il primo messaggio, non ero sicuro che fossi tu e così ho iniziato a indagare. Così quando l’altra sera mi hai mandato le foto ho chiuso il cerchio. Tanti altri indizi. Il quadretto sulla tazza, il termo-arredo, gli asciugamani. Tutto coincideva.»
Sto per vomitare. Mi sale la rabbia, vorrei prenderlo sberle. «Sono un coglione…e tu, tu sei malato» gli punto il dico contro.
«No, sono innamorato di te…sono sempre stato innamorato di te» sbotta a piangere.
Rimango paralizzato. Lui è il ragazzino che ho tenuto tante volte sulle ginocchia, con cui ho giocato tante volte e ora me lo ritrovo qui davanti a me che mi dice di essere innamorato di me.
Vado lo afferro per la maglia e lo sollevo. Vorrei spaccargli il muso. Vorrei ma non ci riesco. «Ma ti rendi conto in quale situazione di merda mi hai messo?»
Lui è inerme mentre le lacrime rigano il suo viso. «Anche io sono nella stessa situazione. Ho solo seguito i miei sentimenti» bofonchia piagnucolando.
«Ma quale cazzo di sentimenti, Elia, io sono il migliore amico di tuo padre…lo capisci!!!»
Bestemmio.
Preso dall’impeto lo abbraccio forte, forse gli faccio male. Vorrei stritolarlo.
Tanti sentimenti percuotono la mia mente.
Sono arrabbiato con me stesso, con lui, con il mondo intero.
Anche lui mi abbraccia forte. Bagna il collo dove è poggiata la sua testa con le sue lacrime.
Non posso fare altro che consolarlo. «Scusami, scusami, non ce l’ho con te…» dico. In effetti ce l’ho di più con me. Sono io ad andare alla ricerca di ragazzi e sono abboccato al suo amo.
Il pescatore che viene pescato.
La butto sull’ironia, che mi salva quasi sempre da tutte le situazioni.
Se fosse stata un’altra situazione l’avrei raccontata subito a suo padre per farci due risate sulla mia coglionaggine.
Ci stringiamo sempre di più. E inevitabilmente che mi eccito, il mio corpo segue l’istinto e non la ragione. Mi sento in colpa, almeno fino a quando la sua erezione spinge sul mio ventre. Allora mi lascio andare.
Le nostre bocche si cercano e si trovano: ci baciamo. Le sue labbra sono carnose e fresche e respiro il suo alito inebriante.

Rimaniamo a baciarci per così tanto tempo che perdiamo le nostre identità: siamo due persone che vogliono darsi solo piacere. Non esiste nessun Elia, non esiste nessun Vittorio. Non siamo più mariti, padri o figli o quant’altro, solo goduria che si espande, che ci lega a doppio filo.
In un impeto di eccitazione lo spoglio per liberarlo da ciò che è stato, nudo è tutt’altra persona. Almeno così mi convinco. Lascio cadere il mio accappatoio sul pavimento e gli appaio come mai prima d’ora.
La sua mano titubante accarezza il mio cazzo, mentre io torno a baciarlo con foga come per abbeverarmi a quella fonte che toglie la sete.
Lui scivola dal mio abbraccio e cade in ginocchio mentre io, sovrastandolo, continuo a fissarlo. È veramente molto bello, quasi un angelo.
Lo prende tra le mani, e fa scivolare la pelle avanti e indietro mentre i suoi occhi scuri fissano i miei.
Il cuore sembra esplodermi nel petto. Oso avvicinare il bacino al suo viso e lui spalanca la bocca e avvolge il mio pene in un calore umido che allaga tutto il mio corpo, arrivando come uno tsunami al cervello. Un’onda devastante mi travolge.
Cosa sto combinando? Davvero non riesco a fermarmi? Voglio fermarmi? Lascio che la mia parte animale prevalga.
È l’istinto che spinge avanti il mondo e non la ragionevolezza.
Elia inizia a succhiarmelo così forte da togliermi il respiro. È bravo, ciò significa che è esperiente, almeno così voglio pensare per alleviare i miei sensi di colpa galoppanti.
Smetto di pensare a qualsiasi cosa. Faccio ciò che ancora non mi ero concesso di fare, lo sollevo di peso, lo sbatto sul divano e glielo prendo in bocca. Ce l’ha grosso. Mi riempie la bocca. Quel sapore lievemente salato di pre-sperma invade le mie papille gustative. Non mi concedo pensieri secondari. Lo faccio con maggiore foga. Tutto in lui traspira giovinezza e io gliela sto vampirizzando.

Siamo complici di questo delirio. Nessuno di noi due può tornare più indietro. E quel ragazzo che ho sempre visto così timido, imbranato e avvezzo ai videogames tanto da impensierire il padre, me lo ritrovo a farmi godere come una bestia.
Con la stessa animalesca incoscienza passo a leccargli l’orifizio, quello stesso della foto che mi ha mandato qualche giorno fa, in cui divaricava con le mani le natiche per metterlo più in mostra possibile.
Infilo timidamente l’indice per iniziare a esplorarlo. Lui mugola e si contorce a gambe divaricate, con una splendida leggera peluria chiara che gli ricopre le cosce, ora bagnata da una patina di sudore che emana quell’odore di giovinezza che mi appresto a leccare.
Lo raggiungo e lo abbraccio. Elia si dilunga e mi porge il bacino. Mi sta invitando a prenderlo. Glielo poggio appena e lo sento pulsare. Pone delle resistenze.
«Vitto, è la prima volta!» mi confessa spaventato.
Lo rassicuro con lo sguardo e gli accarezzo una guancia.
«Farò piano, amore mio» gli sussurro.
Nell’addentrarmi uso tutta la cautela possibile. Non ho alcuna fretta di godere e me ne guardo dal fargli del male. Non me lo perdonerei.
Aspetto. È come se avessi in mano un oggetto prezioso, ho così paura di romperlo che mi ritraggo. Elia però mi invita a continuare. Ansima e piagnucola.
Gli sono dentro ormai. Attendo che lo sfintere mi conceda udienza ma nello stesso tempo forzo la mano. Lui strilla, i muscoli del suo collo sono corde di violino e, inevitabilmente, il suo corpo si ritrae. Sembra un cucciolo spaventato. Mi fermo all’istante. Arretro.
Quando sento che finalmente si rilassa insisto in un ritmo ossessivo che lo manda fuori di testa.
È la prima volta che pongo il piacere degli altri davanti al mio.
Ora sono pronto a guardarlo in faccia. Non è più tempo di nasconderci. Non posso fare finta che non sia lui. Gli divarico le gambe il più possibile e gli sono di nuovo dentro. Lo vedo gemere e contorcersi. Respiro con voluttà il suo fiato ansimante mentre mi avvicino per baciarlo. È in procinto di esplodere, e lo incito a liberarsi. Il suo corpo sussulta. Lo vedo da fuori e lo sento da dentro.
Fiotti caldi e densi raggiungono il suo collo e il mento. Altri allagano il petto. Impazzito di gioia con la bocca lecco quel nettare che il suo corpo ha appena prodotto, di un sapore salato e una consistenza viscosa. Anch’io esplodo addosso a lui.
Lui mi sorride. Io ricambio.
Ora non posso fare a meno di ammirarlo e mi soffermo su quei lineamenti tanto somiglianti al padre. Quel mio migliore amico che tanto ho desiderato che fosse al posto in cui si trova il figlio adesso.

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