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Gay & Bisex

Racconti [parte seconda]


di paspartout69
06.05.2008    |    20.949    |    0 7.4
"A lei il mondo omosessuale piaceva molto..."
[parte seconda]

Dopo quell’esperienza ritornai alla vita “normale”; mi dedicai nuovamente al sesso opposto, con degli ottimi risultati dovuti alla mia foga giovanile. Qualche volta però la mia mente divagava ed usciva fuori dai binari. Provavo a mettermi qualche indumento intimo della mia ragazza (così come facevo anche da piccolo coi vestiti di mia madre e le sue scarpe), davanti allo specchio mi rimiravo l’uccello duro dentro i collant senza mutandine, oppure mi divertivo a vedere come usciva da solo dagli slip quando s’induriva, altre volte mettevo i tanga e mi riguardavo le chiappe bianche e poco pelose; così facendo la mia mente cominciava ad immaginare tante cose, di possedere ed essere posseduto da qualcuno che non avesse un volto, la mia eccitazione mi portava a prendere qualche oggetto duro (prima di piccole dimensioni, poi sempre più grandi) per potermelo infilare nel buchetto; era doloroso, ma piano piano riuscivo a superare il dolore per lasciare spazio al piacere e a delle stupende sborrate. Dopo però mi ritornava il senso della vergogna e dello schifo e, insieme ad essi, anche mille dubbi sulla mia vera natura sessuale e psicologica.

Una sera, dopo la partita a calcetto, con altri tre amici andai in un locale a ballare, era mercoledì sera, periodo di carnevale, sbagliammo sera perché quel locale al mercoledì si trasformava e diventava un locale per gay, ma noi attratti dai travestiti entrammo lo stesso; credevamo che fossero travestiti perché mascherati invece erano proprio travestiti, transessuali. Comunque una volta giù ci ritrovammo intorno tanti maschi e anche qualche donna, tutti gay. All’inizio era imbarazzante stare lì dentro, insieme a maschi che si limonavano davanti ai nostri occhi, ma poi grazie anche all’alcool cominciammo a disinibirci; naturalmente non c’era nessuna intenzione di avere esperienze extra da parte nostra, ma solo la voglia di divertirci e sfogare la nostra adrenalina. Notai una ragazza che ballava da sola, molto bella, dopo qualche titubanza le slacciai il fiocco che le chiudeva la camicetta sulla schiena pensando “è omosessuale, non dovrebbe arrabbiarsi”; invece si girò e mi rimproverò molto, poi però scoprii che era l’unica ragazza etero quella sera presente nel locale. Facemmo amicizia e anche qualcosa di più; era lì perché usciva sempre con suo cugino e degli amici, tutti gay. A lei il mondo omosessuale piaceva molto. Cominciammo a frequentarci e lei insisteva per portarmi in qualche locale “strano”; una sera mi portò in un locale non riconosciuto di scambio di coppie, ma noi ci limitammo solo a bere qualcosa. Un’altra sera mi portò davanti un locale frequentato prevalentemente da transessuali, ma non entrammo; comunque conducevamo una vita di coppia etero, anche se sotto-sotto c’era qualcosa di diverso in noi; si può dire che eravamo una coppia fuori dal normale.

Era una notte di fine primavera del ’95, per stare con lei persi l’ultimo treno utile per ritornare a casa (in quel periodo vivevo nella periferia milanese), senza soldi per prendere un taxi non mi restò altro da fare che gironzolare lungo i navigli aspettando che si facesse mattina per prendere il treno. Così facendo passai vicino al locale dei trans, situato nei pressi di un piccolo parco; scoprii che era un locale di intrattenimento, con tanto di palco teatrale per qualche spettacolino, frequentato anche da gente apparentemente “normale”, uomini e donne. Fuori alcuni trans battevano, cominciai a parlare e a fare conoscenza con uno di loro, abbastanza alto e non molto femminile, a parte gli indumenti da vera troia; rimanemmo insieme fino alla chiusura del locale, tanto per lui/lei non era serata perché non si fermava nessuno. Ad un certo punto venne verso di noi un uomo, sulla cinquantina e ancora truccato (aveva fatto uno spettacolo nel locale), facemmo amicizia e il trans se ne ritornò alla sua postazione nella speranza di poter battere chiodo.
Ad un certo punto il mio sguardo andò verso il basso e mi accorsi che l’uomo era visibilmente eccitato, troppo direi, dato che il suo grosso affare si vedeva benissimo attraverso la tuta; i nostri sguardi si incrociarono e senza dire una parola ci capimmo subito, mi si avvicinò in modo tale da poterglielo toccare con la mano; nascosti nel giardinetto al buio e lontano da occhi indiscreti cominciai a masturbarglielo da sopra la tuta; lui era tutto infoiato, io pure anche se ero un po’ timoroso. Ce ne andammo nella sua macchina parcheggiata a pochi metri e lì lo tirò fuori; era grosso, troppo e lui ne andava fiero, ad occhio era lungo più di 20 cm ed era molto largo e dritto, facevo fatica a tenerglielo in mano, comunque sia la mia mano continuava a muoversi e lo sentivo iniziare a gemere. Venni preso da una gran voglia di provarlo in bocca e così feci, cominciai a succhiarglielo mentre con una mano lo masturbavo, mi piaceva e lo facevo come piaceva a me quando me lo faceva la mia ragazza; alternavo leccate all’asta a delle succhiate a delle scopate in bocca a labbra strette, sempre facendo attenzione a non andare troppo in fondo; nel frattempo lui prese in mano il mio arnese e cominciò a masturbarlo, ma data la posizione scomoda e la vergogna che provavo per la differenza che c’era tra il mio cazzo normale e il suo cazzo esagerato gli dissi di lasciar stare e che continuavo io. Lui mi chiese se lo volevo prendere nel culo, io dissi di no, era troppo grosso per il mio culo vergine, ma gli proposi di portarmi a casa sua a passare la notte così avremmo potuto divertirci meglio e magari avrei provato a farmi infilare da quel palo; mi disse che non poteva perché viveva con la madre, allora continuammo così, con la masturbazione fino a quando lui non godette nella mia mano perché mi rifiutai di bere la sua sborra; il senso di nausea era più forte della mia libidine ed eccitazione. Ci lasciammo come due ladri, lui soprattutto, aveva paura di lasciare tracce nella macchina. Continuai a gironzolare fino a che non trovai un posto dove potermi sedere e lì mi addormentai, col cazzo duro per il piacere provato e con la testa piena di piacere ma allo stesso tempo piena di schifo per quello che avevo fatto. Al mattino dopo presi il treno che mi riportò a casa e me ne andai a dormire; prima però andai in bagno a svuotarmi pensando ancora a come succhiavo quell’enorme cazzo e come avrebbe potuto sfondarmi; fu una mega sborrata, gli schizzi arrivarono fino al muro e mi toccò anche pulire.
Al mio risveglio ricominciò la mia vita “normale” e finì quella nascosta.
[CONTINUA]
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