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Gay & Bisex

Sirio e Leo


di Superperv
12.03.2024    |    2.415    |    5 9.8
"Forse era un pareggio, mi dissi..."
Erano passate tre settimane, ed io avevo divorato i libri dello zainetto, ed ero tornato a restituirli, e a prenderne altri, ed ogni volta mi fermavo di più a parlare con la Montello, capivo che il suo piano era convincermi a tornare a studiare, ma manco se ne parlava.
Ero tossico, marchettaro, e non potevo chiedere a mamma di pagare lezioni, visto come era ridotta pure lei con la roba, e poi non ci stavo con la testa, tutto era troppo complicato per aggiungere qualsiasi impegno..
Anche la Montello capiva che non era il caso di forzarmi, ma stava lavorandoci.
Con Ale dopo la scopata tutto era come al solito, era il mio migliore amico, ed io il suo, anche se iniziavano ad esserci segreti, lo capivo, e lo capiva.
Forse eravamo diventati adulti troppo in fretta e fra le cose che ci avevano tolto c’erano anche i beati anni in cui al tuo “fratello” dici tutto, anche perché non hai nulla di cui vergognarti, o che temi che lo possa allontanare da te.
Io sapevo che fra Ale e Luchino qualcosa doveva essere successo, non si erano mai frequentati , e ora Luchino era parte della nostra compagnia di piccoli disperati, non che mi dispiacesse, per carità, anzi, poterlo aiutare mi sembrava giusto, specie ora che Asso stava pochissimo a casa.
E forse Ale si stava rendendo conto che io stavo cambiando, anche in peggio. Ero sempre più dipendente, sempre più pronto a tutto per la roba.
Come lui mi diceva sinteticamente che aveva visto Renato, senza aggiungere altro, io gli dicevo che ero andato a battere e che avevo rivisto Leonardo, senza troppi dettagli
E, in effetti, le cose con Leonardo avevano preso una strana piega.
Ed era stato alla terza volta che ci vedevamo, io avevo già fatto una marchetta, perché ero arrivato presto, e stavo a chiacchierare con due ragazzi.
Già perché lì si prostituivano tossici che in gran parte conoscevo, qualche arabo o rumeno che si spacciava per solo attivo, e un poco manteneva le distanze di disprezzo, e un poco faceva l’amicone, e qualche raro non tossico che aveva bisogno di integrare i propri guadagni, vuoi per necessità, vuoi per qualche lusso fuori portata, o vuoi perché gli girava così.
Insomma, non nascevano amicizie, ma una certa solidarietà c’era., costituivamo un sottogruppo sociale che si incontrava, e frequentava soltanto lì, salvo che per qualche tossico con cui ero amico a prescindere, tipo Mattia che pure lui era finito a vendere il culo., o il misterioso Tariq.
Già Tariq è uno che fatico pure io ad inquadrare, è un ragazzino, è bellissimo, ma perché si faccia mica lo so, della sua vita parla pochissimo, pure da fatto quando parla molto, ma di cose effimere
Lo strano è che lui batte e, visto il suo aspetto, lo pagano perché si faccia inculare, mentre, di tanto, in tanto, viene qui suo fratello maggiore Roy, che ha tipo 8 anni di più, e batte da maschione, cioè si fa pagare per farselo succhiare o per scopare, ma a detta sua non fa altro.
Mi domando come sia il resto della famiglia.
Ecco in questo quadro io ero a parlare con Mattia e Simone, un altro che conosco, ma di cui non mi fido per niente, quando arriva la macchina di Leonardo. La riconosco dai fari, e Simone commenta che da due giorni passava, ma non prendeva su nessuno, come se nessuno fosse all’altezza.
Mi spostai un poco e d ecco che Leo fa retro e si ferma, mi sorride, io ricambio, e anche per dare una smerdata a Simone che si crede ganzissimo, salgo su, come una diva di Hollywood.
Lui evidentemente capisce e scoppia a ridere. A quel punto si mise a raccontarmi.
Era stato via per lavoro una decina o più di giorni e poi era ripassato, sperando di vedermi, ma non c’ero, e Simone si era messo molto in mostra, senza successo, e la sera dopo idem.
A quel punto gli chiesi perché mai non lo avesse caricato, senza dubbio è un bellissimo ragazzo, e fa proprio tutto, oppure Mattia, che è esotico e molto intrigante…lui mi fermò prima che finissi il catalogo dei migliori.
E lì scoprii una cosa folle. Quel famoso primo incontro, quel fatidico venerdì, lui stava solo prendendo una scorciatoia, ovvio che sapeva cosa accadeva, ma non era lì per quello, ma nel vedermi aveva avuto una sorta di colpo di fulmine, ed aveva deciso di pagare una marchetta per la prima volta in vita sua.
Mi sentii lusingato, anche perché Simo o Tariq mi sembravano più belli di me, o almeno così la pensavo io.
Sorrisi ed istintivamente abbassai gli occhi, lui mi scompigliò i capelli, e mi disse: “tranquillo, lo so, e ti pago…”
Ed io decisi che, siccome, avevo già “lavorato” e avrei potuto tornare dopo a farlo, quella sera non volevo soldi.
Nella mia testa mi sentii come l’eroe di un potenziale romanzo, insomma, in quel momento avevo il mio personale film che mi scorreva in mente.
Andammo a casa sua, come al solito, anche questo andare nella sua vera casa mi faceva sentire bene, cioè se avesse voluto lui poteva pagarsi dieci scannatoi, non uno, eppure mi portava nella sua villa, senza preoccuparsi che io, tossico, marchettaro minorenne potessi prendermi qualcosa di valore.
A casa furono baci appassionati, ma anche un grado di dominazione molto maggiore delle altre volte.
Era quasi come se la dinamica di potere del pagare, cioè del comprare il corpo altrui, avesse ceduto il passo ad una differente forma di gioco di forza.
Lui si era scoperto dicendomi che, alla fine, mi cercava, ed ora doveva riguadagnare il suo ruolo, io, dicendo che lo avrei fatto gratis, a mia volta, volevo che fosse vera forza e vera potenza quella che mi avrebbe messo sotto e reso suo.
Era come se ci fossimo letti nella mente, e lui usò quasi violenza, questa volta le sberle furono vere, non simulate, i “taci e succhia, tossico di merda” erano detti col la durezza di una frustata in faccia, così come la sua ironia quando dallo zainetto mi cadde “un libro: “ La violetta del Prater”, e lui che disse “ ah adesso cosa fai dai via il culo a Umberto Eco, stronzetto’?”
E quando dopo un interminabile pompino, con me nudo, in ginocchio, e con le sue mani nei miei capelli, a opprimermi e guidarmi, ci ribaltammo sopra al suo letto, lui lo infilò dentro, davvero a forza, senza neanche sputarci sopra.
E commentò ai miei gemiti “ non fare finta, troia, senti come è entrato, sei un fottuto vero rottinculo da strada, ti sei fatto aprire bene la fica, piccolo puttanello, cagnetta di merda!”
E mentre lo diceva andava dentro e fuori, sentivo quel grosso pistone di carne che mi fotteva, e lo sentivo per davvero, come se fosse il primo, come se stessi rivivendo la nostra prima volta.
La sua voce che mi insultava era la vocalizzazione di quello che di me avevo pensato quella notte.
Io mi lascia andare, mi concessi davvero senza più remore, lasciai anche che i miei occhi piangessero un poco, mentre lui mi guardava con aria feroce, questa volta non si stava ribaltando il gioco, non era il cliente che vuol far godere la marchetta, era il maschio dominante che vuole il suo orgasmo, e lo vuole ad ogni costo, lo vuole splendido e ruggente.
Ed io ero l’efebo che non ha altra scelta se non arrendersi e lasciare che il suo corpo sia preso dal guerriero, non con la lama, ma con una fiammeggiante spada di carne.
Mi chiavava con forza, sentivo i suoi muscoli, così più grandi e potenti dei miei, sentii il suo potere, la sua forza, mi baciava, sputava in faccia, insultava, come se volesse distruggermi, mangiarmi, possedermi per sempre. SI fermò un istante, usci dal mio culo, aprì un cassetto prese due paia di manette e mi ritrovai ammanettato alla testiera del letto.
Il mio cazzo vibrava d tanto ero eccitato, mi disse solo: “ti voglio veder soffrire, voglio vedere quanto saprai resistere, prima di voler scappare”.
Di lì in poco mi si aprì davanti un mondo nuovo in cui umiliazione e forza, sottomissione e piacere erano parte essenziale del gioco, un mondo in cui sentivo lenire il mio disagio del vivere, come se alla fine, la disciplina ed il dominio di altri su di me fossero una sorta di esoscheletro che sostituiva le ossa che non avevo abbastanza forti di mio.
Furono abusi sui miei testicoli, insulti, il suo cazzo in bocca mentre nel mio veniva inserita una sonda d'acciaio lucido e lubrificato, la negazione del mio pene, se non come oggetto di piacere sadico per il solo maschio alfa della stanza., fu cera calda sul corpo e colpi di frustino, stando legato, prigioniero come una mosca nella tela di un ragno, eppure felice di stare li, implorando pietà, per avere il suo esatto contrario.
Era come una danza, col fuoco, ed io sentivo che quel fuoco mi stava eccitando, proprio perché proveniva da lui.
Lasciaci cadere i colpi di frustino sui miei addominali, sul pene, sullo scroto, li contai ringraziando a ciascuna verberata..
Leo, poi, si piazzò ancora fra le mie gambe, e tornò a chiavarmi, a secco, i colpi di reni facevano sussultare il letto, mi stava trombando come non mai.
Sentii che il mio piacere non era richiesto, non quella volta, non in quel momento, eppure lo sentivo, ed era un piacere diverso, sottile e cerebrale, il dargli piacere era la fonte del mio godimento, della mia pace, almeno per quella notte, e lui venne, mi inondò di sperma il culo, mentre io gemevo in estasi fra male ed estremo godimento.
Balzò fuori e mi schizzo sul viso, mi guardò, e poi commentò. “ sei di una bellezza insana, ed io un poco mi vergogno di averti aperto la strada , però non posso evitare di volerti”, lo disse e poi, incurante delle lenzuola e del materasso mi pisciò addosso e sul volto.
Io, istintivamente aprii la bocca, e in quel momento venni, senza toccarmi, venni in un orgasmo strano e mai avuto prima, compresi che stavo leggendo troppo e, fumando troppa roba, erano due tensioni verso destini diversi che mi laceravano, e con Leo sentivo che forse esisteva un punto di equilibrio che io non avevo mai voluto vedere.
Ridemmo, poi ci facemmo una doccia, non mi propose di fermarmi, ed io mi rivestii.
Scendendo giù trovai i soldi nella tasca, tenuti arrotolati da un ciondolo a forma di uovo. Beh come sempre aveva vinto lui, come sempre, ma alzando lo sguardo vidi che era alla finestra a guardarmi allontanare, a piedi, senza taxi.
Forse era un pareggio, mi dissi.
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