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DALIA, TROIA D'ESTATE - Cap,11: L'officina


di DonEladio
05.02.2014    |    13.018    |    1 8.1
"“LA VOSTRA, SONO LA VOSTRA TROIA!”… i quattro alle sue spalle esplosero in una fragorosa risata…..."
Rientrai in casa verso le 19 e Dalia era chiusa in bagno: si stava preparando per la gran serata, seguendo le indicazioni di Alfio. Cercai di dare una sbirciatina, ma mi rispose di stare al mio posto e lasciarla fare.
Verso le 21, quando finalmente uscì, restai senza fiato: mia moglie indossava esclusivamente un paio di calze autoreggenti nere su un paio di sandali aperti dal tacco vertiginoso, il suo pube accuratamente depilato trionfava in quell’oscena nudità, il suo sedere rotondo e abbondante ondeggiava ad ogni passo incerto su quei trampoli, il suo seno generoso fluttuava al ritmo del suo incedere, il suo corpo nudo, accuratamente lavato, depilato e profumato, così sfacciatamente esposto era uno spettacolo da assaporare e godere centimetro per centimetro fino ai lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta, unico accessorio il piercing all’ombelico. Completava l’opera un trucco pesante da baldracca di strada.
“Sono pronta!”, esclamò con un sorrisino beffardo.
Restai inebetito a fissarla mentre si diresse verso il pacchetto di sigarette, ne estrasse una, se la mise in bocca e se l’accese; poi indossò il cappotto, imbracciò la borsetta e prese le chiavi di casa.
“Allora io vado…”, il suo tono era quello di una normalissima mogliettina che esce di casa per andare in ufficio, ma la sua passerina che faceva capolino dal cappotto non ancora allacciato faceva decisamente a pugni con quell’immagine innocente.
Mi venne incontro e si piegò verso di me per darmi un bacio (appena accennato, non rischiamo di rovinare il rossetto), i lembi del cappotto si aprirono e le sue tette si mostrarono in tutta la loro prorompenza; con una mano le pizzicai un capezzolo, con l’altra mi infilai furtivamente tra le cosce: era già umida, la troia.
“No, no…mi aspetta parecchio lavoro da fare!” esclamò con un mezzo sorriso mentre mi scostò le mani. Si tirò su, diede un’altra boccata di sigaretta, si girò e uscì. Mi ritrovai solo, seduto sul divano di casa in preda ad un’erezione mostruosa.
Speriamo abbia chiuso il cappotto uscendo, pensai. Ma anche se non fosse così, almeno un vicino l’aveva già vista come mamma l’aveva fatta… E se ne avesse parlato ad altre persone? Il sig. Gatti non era più l’unico a sapere che mia moglie era diventata una troia? E se anche fosse stato? A questi pensieri mi resi conto che la mia eccitazione cresceva. Forse perché sapevo che alla fine del vialetto c’era quel maiale di Alfio ad attenderla in macchina: dopo quanti secondi dal suo ingresso avrebbe voluto controllare che l’abbigliamento di mia moglie fosse consono ai suoi ordini? Dopo quanti istanti la sua lingua sarebbe stata nella sua bocca e le sue mani ruvide addosso al suo corpo nudo? Si sarebbe fatto fare un pompino d’aperitivo o avrebbe atteso di scoparsela insieme agli altri?
Non ero in grado di gestire questo vortice di pensieri, mi girava la testa, non potevo fare a meno di immaginare Dalia sbattuta da quei cinque, dovevo vederla: mi costrinsi ad aspettare 10 minuti che sembrarono 10 ore, poi mi alzai, indossai il giubbotto e uscii di casa a mia volta.
Raggiunsi l’officina di Max in pochi minuti, nel parcheggio c’erano 2 macchine, ma non quella di Alfio. Non feci in tempo a pormi domande che la vidi sbucare da dietro l’angolo, raggiunse il parcheggio e si fermò. Come immaginavo, quel porco non aveva rinunciato ad un assaggio delle grazie di mia moglie prima di condividerla con gli altri quattro. Scesero dalla macchina e si avviarono al portone, Alfio suonò il campanello e mentre aspettavano che qualcuno venisse ad aprire infilò le mani nel cappotto di Dalia palpandola dappertutto: le aprì i lembi e si chinò a leccarle avidamente i capezzoli mentre con l’altra mano le infilava già due dita in figa. Antipasto o no, lo vedevo bello carico.. quando cominciai a temere che avrebbe spogliato mia moglie completamente nuda in mezzo alla strada, Max aprì il portone e li fece entrare. Dalia entrò per prima, Max, da vero padrone di casa maestro di gentilezza, le prese il cappotto e glie lo sfilò: prima che il portone si chiudesse alle loro spalle, vidi mia moglie di schiena completamente nuda che si avviava verso il centro dell’officina mentre Alfio e Max l’accompagnavano ai suoi fianchi pastrugnandole le chiappe senza ritegno tra gli applausi e i fischi d’approvazione dei tre meccanici che l’aspettavano.
Feci il giro del capannone e raggiunsi un cumulo di ferrivecchi e copertoni ammassati sul retro, accatastai un po’ di roba raggiungendo, non senza rischio di capicollarmi, la finestra semichiusa del bagno al primo piano e sgattaiolai furtivamente all’interno. Col cuore che mi batteva all’impazzata aprii con la massima cautela la porta che dava all’interno del capannone e mi ritrovai sul soppalco che domina l’area di lavoro; poi mi sistemai dietro uno scaffale traboccante cianfrusaglie di ogni tipo e, forte del mio nascondiglio, guardai in basso.
Dalia era piegata sulle ginocchia, alla turca, circondata da Alfio, Max e i tre meccanici nudi e succhiava i loro cazzi a turno con foga; ne prendeva uno, poi un altro, poi un altro ancora, cominciava leccandogli le palle, poi gli sputava sopra e se li infilava dentro fino in gola; la sentivo sbuffare quando il fortunato di turno la soffocava tenendole ben ferma la testa con entrambe le mani sulla nuca per poi liberarla di colpo e vedevo abbondanti rivoli di saliva colarle dalla bocca sulle tettone; poi ruotava e riservava lo stesso trattamento al successivo, mentre quello alle sue spalle non perdeva occasione di chinarsi e infilarle dita nella figa e nel buco del culo agevolato dalla sua posizione; la scoparono in bocca a turno per una decina di minuti, quando finirono mia moglie aveva le tette letteralmente grondanti saliva e liquido preseminale e le chiappe già arrossate per gli schiaffoni ricevuti.
Alfio l’afferrò per la coda dei capelli e la sollevò in piedi, le infilò quattro dita in bocca e la insultò pesantemente: “Lurida cagna che non sei altro, ti piacciono tutti questi cazzi, vero? Rispondi troia!”, Dalia provò a rispondere ma la mano di suo cognato quasi interamente nella sua bocca le fece emettere niente di più di un gemito incomprensibile. Sempre tirandola per i capelli Alfio estrasse la mano dalla sua bocca e le tirò uno schiaffo in pieno volto “Che cazzo hai detto, bagascia, ripetilo a voce alta, non ho capito bene!” mentre gli altri quattro non smettevano di martoriare il suo corpo allargandole le chiappe e infilandole dita nei buchi e strizzandole le tettone gocciolanti. “SI!”.. “Si che cosa?”, altro schiaffo… “SI!!!”…. “Si che cosa, dillo che cosa sei, avanti, voglio sentirtelo urlare!”…. “SI, SONO UNA TROIAA!!!”… “Ecco, cominciamo a ragionare, e di chi sei la troia???”…. “LA VOSTRA, SONO LA VOSTRA TROIA!”… i quattro alle sue spalle esplosero in una fragorosa risata…. “Brava puttana, così andiamo bene… E adesso lo sai cosa ti facciamo? Lo sai?? Dillo… DILLO!!!”…. “Mi scopate!”….”Ti scopiamo??? Ma porca troia… tiratela su!”.
Due meccanici la sollevarono da terra prendendo ciascuno una coscia, mia moglie per non cadere in avanti si appoggiò con le braccia ognuna sulle spalle di ciascuno dei due: era a cosce oscenamente spalancate davanti agli altri tre, senza possibilità alcuna di difendersi in nessun modo.
Senza mai smettere di tirarla energicamente per i capelli Alfio appoggiò la fronte a quella di Dalia e la fissò dritto negli occhi, poi con la mano libera cominciò a penetrarla in figa, prima un dito, poi due, poi tre, poi quattro, stantuffava avanti e indietro senza delicatezza alcuna mentre i due che la sorreggevano le sditalinavano il buco del culo.
“Ti scopiamo?? Adesso ti sbattiamo come una cagna, adesso ti sfondiamo il culo, adesso ti diamo una tale ripassata che non potrai sederti per un settimana, adesso ti chiaviamo fino a farti svenire e continuiamo a sbatterti anche da svenuta, ti rispediamo a casa che non saprai nemmeno come ti chiami! HAI CAPITO ADESSO TROIA???”
Fu un attimo: Dalia venne scaraventata su un materasso sudicio che sarà stato in quell’officina da chissà quanto e le furono addosso come belve feroci sulla preda inerme; era circondata e completamente in loro balia, dalla mia posizione non vedevo altro che un groviglio di corpi sudati e ansanti, i suoi ansimi di piacere erano sormontati dagli ululati e dai versi gutturali, animaleschi dei cinque uomini che se la stavano sbattendo. Sembrava non vedessero una donna da una vita o che questa sarebbe stata l’ultima scopata della loro vita, la scoparono con foga, violenza e disprezzo per tre ore senza sosta, quando un paio si prendevano una pausa per bersi una birra o fumarsi una sigaretta, lo facevano osservando e commentando lo spettacolo di mia moglie presa dagli altri tre, menandosi il cazzo pregustando il momento in cui sarebbe toccato nuovamente a loro.
Le fecero di tutto, sviluppando anche una certa armonia e un certo affiatamento: Dalia veniva presa quasi sempre da tre alla volta, mentre uno la scopava in figa un altro le sfondava il culo e un altro ancora le scopava la bocca tenendola per i capelli; le sue tette non erano mai trascurate, c’era sempre qualcuno che le leccava o le mungeva o le schiaffeggiava o le strizzava i capezzoli fino a farle male; le sue chiappe erano sempre preda di sonore pacche e vigorosi strizzamenti, quando Alfio disse che non avrebbe potuto sedersi per una settimana non stava esagerando. Le infilarono due cazzi in bocca, ridendo di gusto e complimentandosi con lei perché era una brava troia succhiacazzi; le infilarono due cazzi in fica e non pensavo potessero farcela, ma cambiai idea quando vidi mia moglie godere come una matta a fronte di quel trattamento; cercarono di infilarle due cazzi in culo, esternando con insulti e sputi il loro disappunto quando si arresero al fatto che non ci riuscivano. Leccò a turno i culi di tutti, mentre nel suo, di culo, venivano introdotti utensili di ogni genere.
Dopo tre ore si accasciò senza forze sul materasso lercio, quasi priva di sensi: Alfio e Max esausti la guardarono masturbandosi mentre i tre meccanici approfittarono ancora del suo corpo inerme, sbattendolo come un pezzo di carne privo di vita, poi le sborrarono tutti addosso chi per la terza, chi per la quarta volta, aggiungendo l’ennesimo strato di sperma al suo corpo già ricoperto di chissà quanti strati essiccati, mischiandosi al sudore e alla saliva e al trucco disfatto e infilandosi tra le autoreggenti ormai ridotte in brandelli.
Io, dal canto mio, avevo perso il conto degli orgasmi: inizialmente avevo cercato di trattenermi, ritardando il più possibile il momento del piacere, ma avevo ben presto desistito e in quel momento il cazzo mi faceva male ma non riuscivo a smettere di segarmi. Dalia era nuda priva di sensi abbandonata sul quel materasso ricoperta di sperma e altro ne colava dai suoi buchi con quelle calze praticamente a pezzi e il trucco da troia disfatto sul viso, circondata da cinque energumeni nudi sudati che ridevano e si battevano il cinque non smettendo mai di rivolgerle i peggio insulti… era un’immagine devastante, troppo forte per resistere…ancora pochi colpi e ci sono, mi avvicino ancora qualche centimetro per vederla ancora un po’ meglio, ecco, ci sono quasi, si…. e fu proprio in quell’istante che persi completamente di vista dove mi trovavo e urtai lo scaffale dietro il quale ero nascosto, perdendo l’equilibrio e rovesciandomi addosso tutto ciò che ci era sopra.
Il frastuono fu assordante e improvviso come un fulmine a ciel sereno; i cinque si fiondarono sul soppalco convinti di avere a che fare con un ladro, ma appena mi liberarono fu evidente per tutti che non ero lì per rubare nulla.
Lo sguardo di Alfio inizialmente fu di sgomento; poi l’occhio gli cadde sulla mia patta aperta e sulla mia mano ancora gocciolante sborra e allora capì tutto esplodendo in una fragorosa risata proprio nell’istante in cui un paio di meccanici mi sollevavano di peso da terra e stavano per riempirmi di mazzate. “Calma, calma ragazzi, è tutto a posto, lo conosco..” Divertito di fronte agli sguardi interrogativi dei meccanici, continuò, fissandomi beffardamente negli occhi: “E’ mio cognato. Il marito della troia.”
Esplose in una seconda fragorosa risata, sembrò quasi perdere l’equilibrio quando si appoggiò alle spalle di Max che mi aveva riconosciuto anch’egli. “Ti è piaciuto lo spettacolo, vedo!”, mentre tutti a quel punto notarono il mio “stato” e scoppiarono a ridere a loro volta.
“L’hai sempre saputo, vero?”… annuii di rimando…”E io che pensavo che ti mettesse delle gran corna alle tue spalle…invece sei un maiale che gode a vedere sua moglie montata dagli altri…”.
La situazione, manco a dirlo, era a dir poco imbarazzante.. capii che il punto di non ritorno era superato ormai, e che non potevo uscirne in nessun modo. E allora feci l’unica cosa che potevo fare: “Si, l’ho sempre saputo. L’ho portata io in quella trattoria dove l’hanno fotografata e poi ti hanno fatto vedere le foto, ho sempre saputo che te la scopavi, mi ha sempre raccontato tutto, E mi piace da morire. Mi eccita. Voglio vederla sempre troia e pronta a farsi scopare da tutti sotto i miei occhi.”
Ci fissammo negli occhi per un attimo che sembrò eterno, poi, d’improvviso, Alfio scoppiò ancora una volta in una grassa risata e mi abbracciò :”Ma porca di quella troia, ma chi l’avrebbe mai detto? E che cazzo, a saperlo ti riservavamo un posto d’onore in prima fila sulla poltrona di Max invece che startene rintanato quassù!”…. Anche Max annui ridendo, seguito dai tre meccanici.
Poi, insieme ai miei nuovi amichetti del cuore, scendemmo dal soppalco e raggiungemmo Dalia: era esattamente come l’avevano lasciata, ancora priva di sensi, ricoperta di sborra e col corpo martoriato da schiaffi e pizzicotti, di fianco a lei sul materasso lurido giacevano ancora un martello e una chiave inglese che le avevano infilato nel culo.
La sollevarono di peso, l’avvolsero nel cappotto e me la misero in braccio; poi mi accompagnarono al portone. “Sicuro che non ti serve aiuto per portarla a casa?”.
“No, grazie”, risposi, “sono abituato. Alla prossima”
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