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orge

Sotto le stelle, tra le onde e i sospiri


di NicklaNicole
13.06.2025    |    18    |    0 6.0
"E in quell’ultimo respiro prima del sonno, sentii che non ero mai stata così viva..."
La spiaggia era quasi deserta, solo qualche ombra in lontananza e il rumore ovattato del mare a scandire il tempo. La sabbia, ancora tiepida del sole del giorno, mi accoglieva ad ogni passo, mentre il vento serale giocava col mio pareo color lavanda, facendolo sollevare con malizia attorno alle mie cosce nude. Non indossavo nulla sotto. Lo facevo per sentirmi più viva, più libera. O forse per sfidare le stelle.

Camminavo piano, respirando l’aria densa di salsedine e mistero, lasciando che i pensieri si sciogliessero come zucchero nella pelle. Una sensazione di attesa aleggiava attorno a me, come se qualcosa – o qualcuno – mi stesse per accadere.

E accadde.

Li vidi venire verso di me, uno leggermente più avanti, l’altro poco dietro. Due sconosciuti, sì, ma con quell’aura che non si può ignorare. Nessuna parola, solo sguardi. Il loro modo di guardarmi non era invadente, ma deciso. Come se mi conoscessero da sempre, come se sapessero esattamente cosa cercavo, senza che io avessi mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.

Un cenno del capo, un mezzo sorriso. Il pareo si spostò ancora con il vento, rivelando una curva in più. Era un invito. E loro lo accolsero.

Ci sedemmo su un telo, steso su un angolo appartato della riva. La luce lunare disegnava i contorni dei nostri corpi come un pittore ubriaco di desiderio. Uno di loro mi offrì un bicchiere di vino che sapeva di frutti rossi e promesse. Le prime carezze furono leggere, quasi timide, come a chiedere permesso. Ma sotto quella dolcezza, c’era una fame lucida, rispettosa, antica.

Il pareo scivolò giù, senza forzature. Ero lì, nuda, offerta alla notte e alle loro mani. Una mi sfiorava il polso con lentezza, l’altra risaliva il fianco, disegnando cerchi. Mi sembrava di sentire il cuore battere in ogni angolo della pelle. Un brivido partì dal collo e si perse nei piedi.

Lentamente mi stesi, lasciando che le loro bocche esplorassero ogni parte di me, alternandosi come se stessero seguendo un rituale segreto. Mi baciavano come si bacia qualcosa di sacro. Una bocca si posò tra i seni, mentre l’altra lambiva l'interno della mia coscia. Sentivo l’attesa crescere, e con lei il calore tra le gambe. Ma non avevo fretta. Nemmeno loro. Era un gioco di pazienza, di sguardi rubati, di sospiri trattenuti.

Quando mi penetrarono, uno alla volta, poi insieme, lo fecero con una dolcezza che sconvolgeva. Il primo davanti a me, stringendomi la mano. Il secondo, dietro, baciandomi la schiena come a chiedermi perdono per il piacere che stava per darmi. E io… io mi lasciai andare. Del tutto.

Non era solo sesso. Era fiducia. Era una resa dolce e violenta al tempo stesso. Il mio corpo vibrava, guidato dalle loro mani, dalle loro voci basse all’orecchio, dai loro gemiti che diventavano i miei. E in mezzo a tutto questo, l’odore del mare, il sapore del vino sulle labbra, e il fruscio lontano delle onde che sembravano applaudire.

Quando arrivò il piacere, fu come una marea che travolge e purifica. Gridai, ma il vento portò via tutto. Lacrime dolci mi scesero dagli occhi. Non per tristezza. Perché mi sentivo finalmente viva.

Rimanemmo lì, nudi, pelle contro pelle, mentre le stelle sembravano avvicinarsi a guardarci meglio. Nessuno parlava. Le parole non servivano. I nostri respiri erano diventati una sola musica, lenta, calda, eterna.

Le loro mani ancora mi esploravano, ma ora con una calma nuova. Nessuna fretta, nessuna urgenza. Solo presenza. La pelle era calda, i respiri umidi, e i corpi si erano adattati come tessere perfette di un puzzle segreto.

Uno si alzò, andò verso l’acqua. Lo guardai allontanarsi, il suo corpo nudo illuminato dalla luna, gocce di desiderio ancora scivolavano lungo le sue gambe. Tornò con le mani bagnate, e lasciò che quelle dita fredde scivolassero lungo la mia schiena. Un brivido mi attraversò, così forte da far tremare la sabbia sotto di me.

«Ancora?» mi sussurrò all’orecchio l’altro, mentre il suo petto sfiorava la mia schiena. Annuii appena, ma il mio corpo gridava già sì.

Mi misero in ginocchio, con dolcezza. Una carezza sotto il mento, un bacio tra le scapole. Il primo tornò a esplorarmi con la lingua, dal basso verso l’alto, fino a perdercisi dentro. Il secondo mi tenne per i fianchi, mentre le sue dita mi aprivano come se fossi un frutto maturo, pronto per essere gustato.

Il piacere tornò, ma era diverso. Più profondo. Un’onda più lenta, più sensuale, come un tango danzato sulla pelle bagnata. Ogni tocco era una promessa, ogni spinta un giuramento.

Ero loro, completamente. Ma più ancora, ero mia.

Quando uno si sdraiò sulla sabbia e mi prese sopra di sé, sentii il mio seno toccare il suo petto caldo, mentre l’altro si mise dietro di me, accarezzandomi piano il collo, mordendomi piano l’orecchio. Sentivo il battito dei loro cuori confondersi con il mio, mentre il mio corpo si apriva, si stringeva, si dilatava al ritmo della notte.

Le stelle sembravano impazzite, il mare ora urlava, come se sentisse il nostro piacere. E io… io mi persi. Un’altra volta. Senza difese, senza vergogna.

Poi ci fermammo. Non perché fosse finita. Ma perché era il momento di sentirci, di guardarci. Mi stesi tra loro, una mano tra le dita dell’uno, l’altra sulla coscia dell’altro. Sorrisi. Nessuno aveva bisogno di parole. Solo silenzi pieni, carichi di senso e di fuoco.

Loro si addormentarono prima di me, ma io restai lì a fissare il cielo. La luna mi sembrava più vicina, come se volesse posarsi su di me. Chiusi gli occhi.

E in quell’ultimo respiro prima del sonno, sentii che non ero mai stata così viva.

Non era ancora l’alba, ma il cielo cominciava a sfumare in un blu più profondo, quasi a voler preparare un nuovo capitolo. Li vidi parlare sottovoce, poi un cenno d’intesa. Mi avvicinarono con delicatezza, occhi ancora pieni di quella fame elegante che avevo imparato a riconoscere.

«Abbiamo degli amici», mi sussurrarono con un sorriso.

Non provai imbarazzo. Solo curiosità. Una curiosità calda, avvolgente, viva. E un pizzico di brivido, quello che nasce quando sai che stai per attraversare una soglia.

Li vidi arrivare: quattro uomini, corpi scolpiti, sguardi profondi come la notte. C’era rispetto nei loro gesti, nessuna fretta. Solo un desiderio condiviso, quasi tribale, di danzare insieme al piacere. E io, al centro, ero la melodia.

Mi accarezzarono con calma, come se il mio corpo fosse un tempio sacro. Ogni gesto era un’ode, ogni sfioramento un inno alla bellezza del femminile. I loro corpi si alternavano attorno a me come onde sincrone, ognuno diverso, ognuno portatore di un’energia nuova.

Il mio corpo rispondeva, si apriva, si tendeva e si rilassava al ritmo delle loro mani, delle loro bocche, dei loro sospiri. Il calore saliva, avvolgente, profondo. Sentivo le dita intrecciarsi, le pelli toccarsi, i cuori battere all’unisono.

E poi... arrivò il momento in cui il piacere diventò puro fuoco. Una sequenza di attimi in cui il mio corpo fu celebrato, venerato, travolto. Mi sentivo come una Puttana in calore in una notte senza regole, dove l’unico comandamento era il piacere, dato e ricevuto, con rispetto e totale abbandono.

Quando tutto fu compiuto, eravamo stesi sulla sabbia, esausti e felici. I loro sguardi erano grati, come se avessimo partecipato a un rito che ci aveva resi tutti più veri.

La brezza del mattino cominciava a soffiare. Mi tirai su, il pareo ritrovato ma ancora aperto. Camminai lungo la riva, i piedi nell’acqua, un sorriso segreto sulle labbra.

Quella notte mi aveva insegnato una cosa: che il desiderio può essere anche un atto d’amore verso se stessi, se vissuto con consapevolezza, rispetto e libertà.
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