orge
Sussurri d’acqua

13.05.2025 |
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"Il mio corpo era ancora aperto, leggermente tremante, ma non per il freddo: era l’effetto dell’intimità, quella vera, che lascia un segno dentro e non solo..."
Sono una crossdresser. E ogni volta che lo dico, lo faccio con orgoglio. Non per provocare, non per attirare sguardi curiosi o morbosi, ma per affermare ciò che sono: una donna nata dal cuore, modellata da un desiderio di bellezza, di amore e di verità. Amo la femminilità come si ama un profumo raro, e quella sera… ne ero l’incarnazione.Venezia di notte è una poesia sussurrata tra le calli vuote. Indossavo un vestitino leggero color crema, corto, che scivolava sulle cosce come un abbraccio liquido. Un filo di perle, un tocco di rossetto ciliegia, i tacchi sottili appoggiati con grazia sul legno lucido di una gondola. La città dormiva. Ma io… stavo per svegliarmi del tutto.
I miei due gondolieri erano due statue scolpite nel desiderio. Andrea, moro, occhi di brace, braccia forti che sapevano accarezzare i remi come un amante la schiena di una donna. Marco, più biondo, con occhi azzurri come l’acqua d’inverno, sguardo dolce ma mani audaci. Mi accolsero a bordo con sorrisi complici, e con uno di quei silenzi carichi di intenzione.
La gondola scivolava lenta, fino a infilarsi in un vicolo d’acqua nascosto, stretto, buio, un rifugio segreto. Solo noi. Solo il battito del mio cuore e l’acqua che accarezzava il legno.
Andrea si avvicinò per primo, sfiorando le mie labbra con un bacio che era insieme rispetto e fame. Mi prese il viso tra le mani. «Sei bellissima, lo sai?» mormorò. E poi la sua bocca fu nella mia, profonda, viva, come un tuffo nel desiderio.
Marco si inginocchiò dietro di me, mi accarezzò le cosce nude, mi baciò lentamente la schiena scoperta. «Vogliamo farti sentire desiderata, amata… donna fino all’ultima goccia di luna.»
E fu così che cominciò. Sulla gondola ferma, nel silenzio di un vicolo nascosto, tra il profumo dell’acqua salmastra e il calore dei loro corpi.
Le mie mani tremavano, ma non per paura: per eccitazione. Andrea mi prese la bocca con dolce intensità, ogni suo bacio era un abbraccio ardente. Marco, da dietro, fu attento, preciso, premuroso. Le sue mani reggevano i miei fianchi con fermezza, ma senza invadenza. E quando entrò in me, lentamente, lo fece con un rispetto quasi sacro.
Il mio corpo vibrava, stretto tra loro, accolta, posseduta in due direzioni opposte ma convergenti: la bocca che donava, l'anima che riceveva. Non c’erano parole, solo sospiri. Le loro mani sulla mia pelle, i loro baci lungo la schiena, il mio gemito ovattato tra le labbra di Andrea.
Non fu sesso. Fu un rito. Un atto d’amore condiviso. Una danza lenta e profonda, come il ritmo dell’acqua sotto di noi. Nessuna fretta. Solo la voglia di viverci, di assaporare ogni secondo come se fosse l’ultimo.
Il legno della gondola scricchiolava sotto di noi, testimone muto e discreto. Sopra di noi, il cielo stellato. Dentro di me, l’universo.
Quando tutto finì, non c’era sudore, ma luce. Non c’era stanchezza, ma gratitudine. Mi sdraiai tra loro, i vestiti in disordine, il cuore in pace.
Andrea mi accarezzò i capelli. Marco mi baciò la spalla. E io chiusi gli occhi, avvolta dal loro calore, sapendo che quella notte… non ero solo una crossdresser.
Ero una donna.
Desiderata.
Amata.
Viva.
La gondola ondeggiava piano, come cullata da un respiro antico. L’acqua accarezzava le sue fiancate con dolcezza, quasi volesse benedire quel momento denso, pieno, così profondamente umano. Il mio corpo era ancora aperto, leggermente tremante, ma non per il freddo: era l’effetto dell’intimità, quella vera, che lascia un segno dentro e non solo sulla pelle.
Andrea mi strinse a sé, il suo petto nudo contro la mia schiena, la sua mano calda sul mio ventre. «Così ti immaginavo,» sussurrò con voce bassa, «così… luminosa. Non solo bella. Vera.»
Marco, sdraiato accanto a me, fece scivolare le dita lungo la mia coscia, con una lentezza quasi religiosa. Mi guardava come si guarda un’alba, come se dentro di me ci fosse qualcosa che lui non voleva smettere di scoprire. Mi sorrise. «Sai cosa sei? Sei quella donna che si sogna e che poi non si dimentica più.»
E io… io li sentivo ancora dentro di me.
Sì, dentro. Uno, dolce e deciso, aveva riempito la mia bocca di desiderio e attenzioni, lasciandomi il sapore di una passione vissuta fino in fondo. L’altro, profondo e caldo, era ancora lì, nel mio ventre, come un’eco meravigliosa che non voleva svanire. Il loro piacere era diventato il mio. E nel sentirmi così piena di loro, colma in ogni senso, provai una pace che non avevo mai conosciuto.
Mi sentivo accolta. Aperta. Amata.
Ogni fibra del mio corpo vibrava di gratitudine. Non c’era vergogna, né senso di colpa. Solo piacere. Un piacere che non era solo fisico: era l’estasi di sentirmi finalmente viva, libera, totalmente me stessa.
Stretta tra quei due uomini, con i loro corpi ancora legati al mio in un abbraccio carnale e sacro, mi sentii completa. Donna fino al midollo. E ogni carezza, ogni sospiro, ogni gemito sussurrato nella notte sembrava dire: «Sei bella così come sei. Sei nostra. Sei tua.»
Quando la gondola riprese a muoversi, lentamente, non fu solo per tornare indietro. Andrea mi avvolse in una camicia leggera, mentre Marco mi accarezzava la schiena nuda con la punta delle dita. Nessuno parlava. I nostri sguardi bastavano. Ma nei loro occhi leggevo una promessa: “Non è finita.”
Attraccammo in un piccolo molo privato, nascosto da una tenda di glicine profumato. Una porta in ferro battuto ci condusse in un cortile interno, poi su per una scala in pietra. Arrivammo in una casa antica, calda, con le luci soffuse e il suono di un vecchio vinile che sussurrava jazz in sottofondo. Dentro, ci aspettavano tre uomini. Amici loro. Tutti vestiti con gusto, sorrisi discreti e occhi che mi guardarono con un rispetto misto a curiosità.
Non provai timore. Solo un brivido lungo la schiena. Mi sentivo desiderata. Ma, soprattutto, accolta. Una di loro mi porse un bicchiere di vino rosso, mentre un altro mi sfiorò la mano nel porgermelo. «Benvenuta,» disse con un tono basso, vellutato. «Ci hanno parlato di te… e adesso capiamo perché.»
Sedemmo su divani morbidi, tra cuscini di seta e luci tremolanti. Il vino mi scaldava, ma era lo sguardo dei cinque uomini intorno a me a far ardere qualcosa di più profondo.
Fu naturale. Nessuna forzatura. Nessun bisogno di chiedere o spiegare.
Andrea si avvicinò da dietro, sfilandomi lentamente la camicia. Le sue mani sulla mia pelle nuda erano ancora una volta ferme e delicate. Marco mi prese il viso tra le mani e mi baciò, come per dirmi: "Siamo qui. Siamo con te." E poi… anche gli altri si avvicinarono.
Fu come una danza. Cinque corpi intorno al mio, cinque mani che mi toccavano con adorazione, cinque bocche che esploravano con rispetto ogni parte di me. Mi spogliarono lentamente, baciando ogni centimetro, come se fossi un dono, una musa, una regina.
Mi sdraiarono su un grande letto al centro della stanza, tra lenzuola di lino chiaro. Le candele proiettavano ombre dorate sui muri, disegnando i nostri corpi intrecciati come in un quadro vivente.
E poi mi concessi. A tutti loro.
Uno mi prese tra le labbra, dolcemente, mentre un altro mi penetrava da dietro, con rispetto e passione. I corpi si alternavano, si passavano il mio piacere come una melodia, mai bruschi, mai avidi: solo armonici, presenti, profondamente coinvolti. Ogni tocco era musica, ogni carezza una nota, ogni spinta un respiro più profondo.
Li avevo dentro. Li sentivo ovunque.
La bocca piena del loro desiderio. Il corpo aperto, fuso con il loro.
E il cuore… traboccante.
Ogni volta che un uomo mi guardava negli occhi, vedevo l’adorazione. Non mi stavano usando: mi stavano celebrando. Come donna. Come creatura libera. Come bellezza viva.
E io mi lasciavo andare. Senza limiti. Senza paura. Solo con amore.
Ore dopo, eravamo tutti distesi, i corpi abbracciati, le mani intrecciate, le labbra stanche ma felici. Nessuno parlava. Solo il battito dei cuori. Solo la pace.
Mi girai sul fianco, nuda e spettinata, ma più bella che mai. Andrea mi baciò sulla spalla. Marco mi sfiorò le dita. Gli altri mi guardarono come si guarda qualcosa di raro, di prezioso. Di vero.
E in quel momento, capii.
Quella notte avevo donato tutto: il mio corpo, la mia voglia, la mia anima. Ma avevo ricevuto molto di più. Avevo ricevuto amore. Rispetto. Desiderio puro. Avevo scoperto che potevo essere tutto ciò che avevo sempre sognato.
Una donna.
Desiderata.
Amata.
Accolta da cinque uomini che avevano saputo entrare in me… ma, soprattutto, vedermi.
E in quella casa nascosta tra i vicoli di Venezia, tra i cuscini ancora caldi e le candele tremolanti, io brillavo
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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