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Il mio primo tradimento: 7° ed ultima parte


di martan
12.10.2012    |    11.446    |    8 9.4
"Cominciai a scendere sul quel paletto di carne mantenendolo con le mani in mezzo alle mie natiche e lentamente lo feci entrare in culo..."
Spegni moccolo
Aspettai il tempo giusto per farlo riprendere e dopo un caffè e un paio di sigarette durante quell’ora di attesa, lui mi parlava dei suoi progetti nei quali voleva coinvolgere anche me. Mi diceva che se avessi avuto la pazienza di aspettare che si risolvesse la sua attuale situazione sarei potuta andare su a Rimini dove viveva. Mi avrebbe aperto una boutique per farmi impegnare con un lavoro e così avremmo potuto vivere insieme. Ascoltavo quelle sue parole con attenzione ma anche con disincanto perché sapevo che quelle situazioni difficilmente trovano una soluzione. In quel momento vivevo quella storia per invaghimento, passione, desiderio, intrigo, gratificazione e altro, non certo per interesse in un futuro improbabile. E allora appena pensai che poteva essere pronto e di nuovo col cazzo in tiro, iniziai le mie manovre per farmi l’ultima chiavata della giornata prima di rientrare a casa ed incontrare il mio fidanzato. Gli dissi che avrei diretto io il gioco e lo feci stendere sul dorso a pancia all’aria. Presi a leccarlo dappertutto e la mia lingua assaporava ogni angolo del suo corpo. Arrivata al cazzo notai con piacere che era oramai pronto e gli diedi gli ultimi tocchi prima di infilarmelo nella fica. Salì sopra di lui e gli misi la fica sulla faccia per farmela leccare un po’. Non c’era bisogno di lubrificarla, ma una leccatina prima della penetrazione aiuta sempre. Scesi col bacino verso il suo cazzo e cominciai a scivolarci sopra per preparare la strada. A volte lo avevo fatto con il mio fidanzato, scivolavo con la fica sul cazzo senza farlo entrare dentro e così raggiungevo un orgasmo clitorideo. Adesso con lui lo feci solo per un poco, in modo da farlo eccitare ancora di più, e poi me lo infilai dentro senza aspettare ancora e cominciai a cavalcare. Cercavo con i miei movimenti del bacino i punti che mi procuravano maggior piacere e lui sotto di me afferrava i seni che gli ballavano in faccia e me li succhiava con avidità. Lui aveva imparato che quando mi succhiava i capezzoli durante le nostre chiavate mi dava un piacere che mi faceva subito raggiungere l’orgasmo ed allora per prolungare il mio divertimento glieli toglievo di bocca e mi concentravo sul cazzo che tenevo dentro la fica. In fondo sia io che lui non sapevamo mai se fosse stata l’ultima chiavata quella che facevamo, tanto era incerto il nostro rapporto. Lui lontano centinaia di chilometri, sposato e con una figlia, io fidanzata felicemente con un mio coetaneo, una famiglia alle spalle molto tradizionalista, poteva finire tutto da un giorno all’altro, ed allora vivevamo quei momenti di intimità con una tale intensità che sembrava che ogni volta dovesse essere l’ultima. Anche quella chiavata a spegni moccolo non fece eccezione e la portammo avanti finché i sensi non ebbero il sopravvento. In uno dei momenti in cui lui riuscì di nuovo ad afferrare i miei capezzoli e cominciò a succhiarli ed io mi ero fatta arrivare il suo cazzo fino all’utero, raggiunsi, rantolando, l’acme del piacere ed esplosi in orgasmo indimenticabile. Lui venne quasi all’unisono coinvolto da quelle sensazioni travolgenti che ci prendevano in quegli istanti ad alto tasso di erotismo. Il tempo era quasi finito, se non volevamo correre grossi rischi, dovevamo rientrare. Così ci riprendemmo e dopo una mezz’ora ci avviammo verso casa, ancora una volta soddisfatti e sazi di sesso.

L’ultimo incontro

Ci fu, dopo questo incontro a Marzo, un lungo periodo di lontananza dovuto ai suoi impegni di lavoro che gli impedirono di tornare per oltre due mesi. Poiché anche io ero impegnata in quel periodo perché lavoravo da un avvocato, approfittai di un concorso, che si teneva ad Ancona, al quale dovevo partecipare a fine Giugno e mi organizzai per andare da lui. Un po’ lo facevo per la curiosità di vedere se quello che mi raccontava corrispondesse in qualche modo alla realtà, un po’ perché la lunga attesa ed il fatto che ci sentivamo spesso al telefono alimentava ancora il nostro desiderio sessuale. Partì qualche giorno prima del concorso e andai ad alloggiare da parenti che abitavano nelle vicinanze. Una volta arrivata mi organizzai una mattina e lo raggiunsi in treno. Lui venne a prendermi alla stazione ferroviaria e mi portò subito in albergo. Una volta arrivati avvertì l’addetta al ricevimento ospiti di non disturbarlo e ci chiudemmo in camera. Non mi diede neanche il tempo di rinfrescarmi la faccia che cominciammo a baciarci con passione, quasi a presagire che era l’ultima volta che avremmo fatto sesso. Senza spogliarmi completamente ma sfilandomi solo il jeans che indossavo in quel fine Giugno e naturalmente gli slip, mi fece stendere sul letto di quella che doveva essere la sua stanza, e come piaceva spesso fare a lui mi infilò il suo cazzo nella fica e cominciò la sua cavalcata. La fica probabilmente gli piaceva più delle altre varianti perché in tutti gli incontri avuti, anche se in fondo furono pochi, l’aveva sempre preferita e soddisfatta per prima. Mi sussurrava i tipici complimenti degli amanti ed intanto trapanava con forza ed io l’aiutavo inarcando la schiena sotto i suoi colpi. Lo trovai molto arrapato in quanto con la moglie lontana e me che non vedeva da mesi e tra l’altro con la stagione turistica non ancora avviata, forse era stato in astinenza per diversi giorni. Io invece avevo fatto sesso il giorno prima di partire con il mio fidanzato e non avevo tutto questo arretrato sessuale. Comunque il desiderio cominciò ad aumentare nel momento che iniziammo a chiavare ed anch’io fui coinvolta in quell’amplesso prepotente e dopo alcuni minuti di quei colpi nella fica, ci travolse un orgasmo liberatorio con una sua abbondante sborrata accompagnata dai nostri gemiti di piacere. Restammo avvinghiati alcuni minuti prima di alzarci per asciugare lo sperma che scorreva dalla mia fica. Finalmente ci rinfrescammo dopo quel primo assaggio di sesso e poi con calma ci spogliammo completamente e rimanemmo sul letto completamente nudi ad attendere che il desiderio montasse di nuovo. Nell’attesa presi a leccargli il cazzo assaporandone tutte le pieghe e mentre continuavo questo lavorio di bocca mi resi conto che il suo cazzo si era indurito abbastanza da poter essere introdotto nelle mie calde tane. Lo feci stendere sul letto a pancia all’aria e gli montai a cavalcioni. Afferrai il suo cazzo e lo puntai sul buchetto del mio culo. Lo avevo lubrificato abbastanza con la bocca, e con qualche veloce passaggio nella fica sempre bagnata completai una sufficiente lubrificazione. Cominciai a scendere sul quel paletto di carne mantenendolo con le mani in mezzo alle mie natiche e lentamente lo feci entrare in culo. Mi fermavo a tratti per abituare il buchetto alla dilatazione e poi riprendevo a scendere e lentamente lo infilai del tutto e mi fermai soltanto quando sentì il contatto delle sue palle contro le mie natiche. Stetti ferma così per molti secondi ansimando insieme a lui per il godimento. Poi lentamente riprendemmo a muoverci, lui spingendo da sotto ed io da sopra finchè non arrivammo ad una sincronia di movimento che ci vide per diversi minuti dibatterci corpo a corpo. Il mio culo era completamente imbottito dal suo cazzo che si faceva strada nelle mie viscere dandomi quella sensazione di pienezza così soddisfacente. Mentre mi muovevo sul suo palo lui afferrava con la bocca i miei seni succhiandoli e con piccoli morsi sui capezzoli mi procurava piacevoli sensazioni. Mi dondolavo su quel cazzo alternando ritmi variabili e, padrona della situazione, trovai il punto giusto da stimolare, con il cazzo nel culo, per raggiungere l’orgasmo. Lo feci con un ultima accelerata e gli mostrai tutta la sensualità e l’erotismo di cui era capace una ventenne pienamente consapevole delle possibilità del proprio corpo non più acerbo e, ancora per un lungo periodo, non ancora maturo. Lui restò impressionato e coinvolto da quella mia intraprendenza e restò senza parole per molti minuti. Assistette ammirato a quel mio intenso orgasmo e quando ebbi la forza di estrarre il suo cazzo dal mio culo mi accolse nelle sue braccia dandomi tutto il tempo di riprendermi, ed io non mi accorsi nemmeno se lui aveva goduto o no.
Dalla prima chiavata nell'auto a Novembre erano passati otto mesi ed ero arrivata a quel giorno di fine Giugno, lì nella stanza del suo albergo, con la consapevolezza di aver percorso tutta la curva di una passione erotica e sentimentale, che era iniziata per caso, e che aveva raggiunto l'apice tra Gennaio e Marzo di quel 1978, portandomi a fare cose che non avrei mai immaginato di fare. Ora quella curva era inconsapevolmente arrivata alla fase più bassa e me ne resi conto proprio in quella giornata che mi aveva visto andare da lui per la prima volta da quando lo avevo conosciuto. Mi rendevo conto che stavo facendo sesso con lui perchè mi piaceva il sesso e non più per la passione per lui, che mi aveva accompagnata per tanti mesi. Ma quella mattina ero lì e volevo godere ancora, forse proprio perchè inconsciamente sapevo che era l'ultima volta. Passò il tempo necessario per un paio di telefonate e poi bevemmo qualcosa di fresco. Non gli dissi niente di quelle mie sensazioni e ricominciammo i nostri giochi sessuali. Iniziò a mettermi il cazzo tra i seni per farsi fare una spagnola, poi stando da sopra me lo tolse dai seni e me lo mise in bocca affondandomelo fino in gola. Lo feci fare per un po' e poi mi tolsi da sotto e lo feci stendere. Gli presi ancora il cazzo in bocca e gli succhiai anche le palle facendole entrare tutte e due in bocca. Sentendo un poco di dolore per quella manovra delle palle in bocca, mi mise di nuovo sotto e cercò di infilarmelo nella fica. Io strinsi le cosce e lo costrinsi a fare una specie di petting col suo cazzo umido che penetrava in mezzo alle cosce ma non riusciva ad entrare nella fica. Eccitati da quei giochini gli proposi di farci una doccia insieme. Andammo nella cabina e regolammo l'acqua ad una temperatura piacevolmente tiepida. Ci insaponammo a vicenda più per carezzarci e toccarci che per lavarci come era logico. Avevamo giocato abbastanza, l'eccitazione di entrambi era evidente nei sospiri e nei gesti, allora mi girai di spalle appoggiandomi alla parete e gli chiesi di essere chiavata da dietro. Il getto d'acqua ci colpiva in pieno, portandosi via una parte del sapone ma il suo cazzo scivolava comunque e posizionatami con la schiena inarcata mi imbottì la fica col suo bastone bagnato. Mi teneva per i fianchi, quasi a sollevarmi, e penetrava fino in fondo col suo pene inturgidito dall'eccitazione. Mi sentivo piena di cazzo e nonostante l'equilibrio precario staccavo una mano dalla parete per afferrare le palle che sentivo sbattermi sul culo. Volevo sentire l'effetto che gli facevo facendomi possedere in modo così carnale. I nostri sensi stavano per lasciare il passo all'orgasmo. Cominciai ad incitarlo chiedendo sempre più cazzo, e lui aumentò la presa e la spinta. Gli chiesi di riempirmi di sborra e farmi sentire tutta la sua potenza e lui stimolato da queste parole e dalla lunga penetrazione mi diede gli ultimi colpi di cazzo quasi piegandomi in due per arrivare quanto più in fondo poteva. Iniziò a godere gridandomi frasi spezzate dal piacere dell'orgasmo raggiunto ed io soddisfatta e con la fica squassata dall'intenso rapporto gli chiesi alla fine di rimanere sotto l'acqua ancora per un po', forse a calmare i bollori del sesso. Delicatamente finimmo la doccia e ci asciugammo stendendoci sul letto per riprendere il controllo di noi stessi.
Queste battaglie sessuali ci avevano provocato un certo appetito ed allora decidemmo di andare a mangiare prima di intraprendere eventualmente qualche altra performance erotica.
Durante il pranzo quelle sensazioni degli ultimi giorni e di quelle ore si confermavano sempre più nitide e fu probabilmente in quei momenti che dentro di me presi la decisione che quello sarebbe stato l’ultimo incontro sessuale con lui.
Avevo raggiunto la piena consapevolezza che quello che mi piaceva era l’aver fatto sesso e specialmente come volevo io. Non mi coinvolgeva più la passione per lui e quindi non mi preoccupavo di accontentarlo nei suoi desideri. La soddisfazione provata era legata semplicemente al mio desiderio di fare o meno qualcosa. Ero finalmente diventata padrona di me stessa.
Dopo il pranzo chiacchierammo ancora un po’ scambiandoci ancora qualche tenerezza e poi mi feci riaccompagnare alla stazione per rientrare dai miei parenti, con l’intima convinzione che dopo qualche giorno l’avrei chiamato al telefono e gli avrei detto di non cercarmi più. Era stata bella e coinvolgente quella esperienza di quasi nove mesi ed aveva partorito un mio nuovo modo di vedere le cose. Dovevo voltare pagina e perseguire questa convinzione. E così feci.
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