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Le voglie della signora


di Alternos
18.03.2021    |    1.939    |    1 9.7
"Al suo ingresso la camera si fa più piccolina..."
Ci sentiamo a tarda notte, quando i suoi bimbi sono ormai nel mondo dei sogni e il marito collassa sul divano all'ennesimo cognacchino. A volte prima chiede l'elargizione di un pompino, ma poi collassa sempre.

Sono quindici anni che sono sposati, dopo lungo fidanzamento. Praticamente stanno insieme da quando erano poco più che ragazzini. Se non l'ha trovata vergine poco c'è mancato. Ora non scopano più, mi riferisce la signora. Solo pompini. Le eccezioni negli anni si sono molto rarefatte. Quell'uccello moscio preso in bocca e portato a eiaculare dopo lungo lavorio, testimonia che c'è ancora tenerezza in lei per quel marito, che proprio non riesce a scuotere dalle sue debolezze.

Non l'aveva mai tradito, mi racconta. Poi a un certo punto ha detto basta. Già una volta aveva perdonato il marito beccato con una stagista. Solo un bacio, la debolezza di un momento, mi sentivo trascurato: queste le giustificazioni in lacrime del consorte. La signora aveva tirato una riga ed era andata avanti. Come sempre.

Poi, però, ci si è messo di mezzo anche A69 e le cose sono cambiate. La goccia ha fatto traboccare il vaso. Sono i casi della vita, se non il destino, o il karma. Fate voi. Quella sera, mentre il marito ronfa sul divano, la signora fatica invece a prender sonno e decide di alzarsi dal letto. Magari una camomilla potrà aiutarla a rilassarsi e a trovare finalmente sonno.

In salotto trova il marito steso sul divano. Sul tavolino accanto vede il posacenere e la bottiglia di cognac. Completa il quadro il laptop del marito, che si è dimenticato di spegnerlo prima di crollare. La lucina è accesa. Quando ne sfiora la testiera, lo schermo riprende vita e agli occhi della signora compare in tutta la sua scioccante nitidezza la pagina che il marito leggeva e che non ha potuto chiudere. Il collassamento dev'essere stato perentorio. .

La signora ha dimenticato il proposito della camomilla e voracemente ha preso chiara visione dell'annuncio su Annunci 69 fatto dal marito, con pena e un certo raccapriccio, per poi tornare a rigirarsi nel letto. Finché si è detta basta, la cura contro l'ipocrisia e gli intrighi sarebbe stata omeopatica. Stavolta al marito non avrebbe detto niente. L'indomani la signora aveva il proprio annuncio su A69, nuovo fiammante, ruggente. Così si fa.

Prima di entrare in contatto con me attraverso i racconti che scrivo, in un anno e mezzo, aveva inanellato una manciata di storie di sesso in tutto, procurate attraverso A69 e non. Storie concluse in fretta perché mancava la scintilla, il tanto sospirato "intrigo", che altro non era che un barlume di quella parola che in questo luogo è quasi impronunciabile, e cioè amore.

Per mesi siamo andati avanti con le nostre calde confidenze a distanza, troppo lontani per incontrarci. Fino all'estate, quando la signora viene in vacanza, al mare, con tutta la famiiglia, suocera compresa, proprio dalle mie parti. O quasi, una mezz'ora di macchina al massimo. Quale migliore occasione?

Il primo appuntamento è alla luce del sole. In spiaggia siamo vicini d'ombrellone, ci riconosciamo e ci sorridiamo a distanza, con discrezione. Il marito è uno che il giornale lo legge tutto e anche la suocera ha la sua scorta di riviste da sfogliare, mentre la signora si occupa dei bambini, asciuga il piccolo e li sfama dopo il bagno infinito, per il resto non mi perde d'occhio. Quando vado a fare un tuffo le passo vicino e lei si morde un labbro. Così, quando si alza per fare una passeggiata da sola lungo la battigia, la seguo a distanza, sempre con discrezione, confuso tra i bagnanti che affollano il lungo arenile.Sembrerebbe diretta al chioschetto e invece allunga, in corrispondenza di una duna svolta verso l'interno, tra alti ginepri. Ovviamente la seguo. Finalmente siamo a tu per tu.

Allora, mi dice, come mi trovi? Ti piaccio? Si è tolta gli occhiali da sole e mi fissa negli occhi con bramosia, sorride confidenziale. Faccio più di un mezzo passo indietro per rimirarla tutta. Perché è tanto di donna, alta quasi quanto me e di forme decisamente generose. Annuisco. Possiamo abbracciarci, mi dice, e prima che io ci ragioni un istante per capire se è una domanda o un'affermazione, mi ritrovo completamente avvolto dall'abbraccio della signora.

Il secondo appuntamento, due giorni dopo, non è più alla luce del sole, anche se è una mattinata luminosa. La camera del B&B che ho prenotato in città è invece un po' buia. La finestra deve restare chiusa perché si trova al primo piano e dà sulla strada. Troppo forte, da ospedale, anche la luce della lampadina sul soffitto, meglio quella bassa, soffusa e rosea dell'abat jour. C'è un piccolo bagno con doccia e, ovviamente, il letto matrimoniale, per il resto è un ambiente piuttosto spoglio e sciatto. Di meglio non si trovava con l'alta stagione. Non devo però aspettare molto, la signora è puntualissima. Al marito ha detto che andava in un centro estetico e balle varie. Una scusa con i mariti, disattenti e non, si trova sempre.

Arriva un po' accaldata, per fortuna il climatizzatore, anche se datato, funziona. Al suo ingresso la camera si fa più piccolina. La porta si chiude magicamente con il tacco della signora. Ogni via di fuga è preclusa. Alle mie spalle, incombe il letto matrimoniale.

Ha una caramellina in bocca e mi fissa compiaciuta. Poi con un piccolo accenno di sconforto mi fa: Ma ti piaccio? Ancora non mi ha detto se ti piaccio.
Ma certo, certo, rispondo. Vorrei aggiungere: se siamo qui...
Ma lei ancora corruccia le labbra: Ma quanto ti piaccio?
Mi piaci un bel po', rispondo.
Solo un po'?
Dicevo un bel po', come per dire... parecchio. Parecchio.

Mi squadra per qualche istante ancora, ma infine sorride. Allora possiamo anche baciarci, dice. Anche, rispondo, ma non faccio a tempo ad aggiungere altro. La signora torna ad avvolgermi tra le sue braccia, incolla le labbra sulle mie, cercando decisa la mia lingua, di cui si impossessa in un vortice. Mi sembra quasi che anche i suoi lunghi, corvini, capelli da gorgone mi avvolgano.

Quando si stacca sono un pochino scosso, pure malcerto sulle gambe. Deve averlo intuito e con un ondeggiamento potente dei fianchi mi mette alla prova, ridendo. Reggo l'urto, ma ondeggio pure io e le basta una leggera spinta per farmi cedere. O crollare, fate voi, sul letto, lungo disteso. Avvolto e poi travolto, che sarà di me?

Faccio per risollevarmi, ma è già sopra di me, con le cosce che rinserrano i miei fianchi. Mi dice: Siamo qui per questo, no? E cala su di me per tramortirmi di baci. Poi mi libera, ma è solo un'illusione. Mi slaccia la cintura e mi cala i pantaloni come fossi un bimbo piccolo, fino alle caviglie, senza togliermi le scarpe, con le gambe impastoiate.

Vediamo se al naturale è pure meglio che in foto, sussurra ottimista. E così, via anche i boxer. Il mio cazzo sparisce nella sua bocca in un batter d'occhio e per un bel po' non ne rivedrò neppure un pezzettino. Anche quando l'erezione si fa prepotente e lo fa lievitare, la sparizione continua, uccel di bosco. La golosità della signora è profonda, sembra non aver fondo. Per farla desistere dovrei tapparle il naso e mandarla in apnea, ma dato che sono un porco vizioso, le infilo una mano tra i gorgonici capelli e le spingo ancor più giù la testa, ma non c'e' fondo e, semmai, pure le mie grosse palle rischiano il risucchio.

Senza qualche trucchetto non me ne vengo tanto facilmente con un semplice pompino. Questo la signora lo ha capito subito e ne ha approfittato, con foga idrovora, ingoiandolo per intero. Quando ne viene fuori dalla sua gola, il mio cazzo grondante è rosso porpora, incandescente.
La signora lo stringe alla base, trionfante, lo lecca con calma per intero, voluttuosa. Riesco a infilare una mano e le stringo un seno, che non sta tutto nella mia mano, per contro lei si dedica esclusivamente alla cappella, raspandola con la lingua e facendomi sussultare di continuo, sempre impastoiato con i pantaloni stretti alle caviglie.

Se a un certo punto decide di sbarazzarmene del tutto è per fare altro. Anche lei poi deve pur spogliarsi. La prossima prova che mi attende è la signora distesa a sua volta sul letto, in completa, giunonica nudità, con i capelli sparsi sul cuscino, moltitudine di serpenti. Le cosce per mia fortuna sono ben disposte ad aprirsi, altrimenti ciao belli. Anche la figa le si schiude ch'è una bellezza tra le mie dita. E' ben curata, ma è una figa tropicale, tribale, grazie a quelle gocce di sangue africano che le scorrono nelle vene per via degli arabi o dei pirati saraceni.

La trovo già decisamente umida e non resisto, infilo in quella fornace, in quel fiore dei tropici, il dito indice e quello medio per intero. La signora geme, ansima vogliosa, colma di libidine a lungo tenuta compressa, a lungo repressa. E' il mio momento, penso. Alla riscossa! Ci so fare, ovviamente, fidatevi. E poi mi piace, sì, mi è sempre piaciuto far godere con le dita, la bocca, la lingua. Il godimento della signora aumenta vistosamente, rumorosamente. Immagino si sia creato un capannello di curiosi oltre la nostra finestra, nella trafficata strada cittadina. Può essere che ci attenda un applauso all'uscita.

La lecco tutta come un cane, ingozzandomi con le grandi labbra. Il clitoride però lo tratto in punta di lingua, lo lavoro bene. Se lo merita. Ogni tanto riesco ad alzare gli occhi per vederla in estasi che si stringe forte il seno, la lingua sembra volerle scappar via dalla bocca. E' fradicia e lo è pure il mio muso.

Voglio sentirti dentro, mi dice, non con le dita. Non ci metto molto ad afferrare il concetto, ma le chiedo di girarsi, è così che voglio prenderla. Ho voglia di sbatterla forte da dietro. Quando la vedo predisposta mi si spalanca un mondo e non posso fare a meno di declamare: Che culone, proprio un gran bel culone.

E' troppo grande?  Non ti piace? Domanda, contrita, la signora.
Tutt'altro, è proprio un gran bel culone, insisto. Molto interessante.
Come interessante? Domanda lei, poco convinta della mia approvazione.
Sì, è un culo importante, grande, ma sodo. Si vede che ha una sua forte personalità. Ci sono culi, pure di ridotte dimensioni, che non dicono niente. Sono anonimi.
Nel frattempo che disquisisco, lo palpo e lo saggio, iniziando a frugare tra le grosse chiappe, cercando dove la signora è più liquida. Poi ci affondo il viso intero. Voglio leccare il buchetto del bel culone, sento che non potrà che apprezzare, magari mi sarà riconoscente.

Quando riemergo, ribadisco: Molto interessante.
Ti ho detto che non l'ha avuto mai nessuno, neppure mio marito.
Nessuno? Mai? Davvero? Che gran peccato!
Sì, mio marito qualche volta ci aveva pure provato, ma niente, mi faceva troppo male.
Ce l'ha bello grosso, l'arnese. E pure tu non scherzi.

La rassicuro puntandole il cazzo sulla figa fradicia, mi appendo alle sue chiappe e inizio a sbatterla con affondi sempre più ravvicinati e profondi.
Sculacciami, mi chiede, sculacciami forte. Fammi il culo rosso. Obbedisco ed eseguo.
Godo a montarla, e quel culone meriterebbe proprio una bella spruzzata, ma voglio prima vedere e sentire il suo di orgasmo, il grand'orgasmo della signora. Così, anche se era davvero una goduria quello sbattimento, appeso a quelle belle chiappone, godendo della vista delle tette grandi e sode, perfettamente tonde, che sballonzolavano come luminarie di Natale in balia del maestrale, ho smesso con le sculacciate e le prese per i capelli, e sono uscito da quell'anfratto, con qualche rammarico.

Ho ripreso la posizione distesa, immaginando che fosse quella giusta. La signora si è issata e in un amen ha fatto scivolare tutto il mio cazzo dentro di sé, fino alla radice. E ha iniziato la sua danza tropicale, una rumba, una samba, non me ne intendo, sono ignorante in materia.

Colando i suoi umori copiosi sul mio ventre e sulle palle, la signora ha intrapreso la centrifuga del mio cazzo, alternandola a sbattute poderose, sconquassanti. Ho resistito anche quando il ritmo si è fatto indiavolato. I suoi ansimi si sono fatti sempre più forti e rauchi, come di una pantera ferita. E' venuta con la bocca spalancata, mentre le stringevo forte le tette.

Non è uscita subito, ma è invece calata su di me come per divorarmi. Era piuttosto un bacio profondo, a cercare la mia lingua, mentre si godeva gli ultimi movimenti sussultori del suo ampio bacino, prima di acquietarsi del tutto.
Ora tocca a me, le dico.
Sì, mi risponde, accarezzandomi il viso, voglio vederti mentre vieni, ma non dentro di me.

Mi accoglie con le cosce spalancate, la figa gonfia e colante attende di essere ancora riempita. La chiavo mentre lei mi incita a scoparla sempre di più, abbrancandomi ai fianchi e dettando lei stessa il ritmo folle da tenere. Non demordo e anzi le ficco due dita in bocca e le strizzo forte i capezzoli per creare un diversivo, ma lei non desiste e, anzi, viene ancora, con un secondo orgasmo, inaspettato quanto intenso. Per premiarla le mordo un capezzolo.

Stando così le cose, non tardo anch'io a raggiungere l'acme del piacere. Devo abbandonare in fretta quella calda fornace però, l'obbiettivo, in teoria, sarebbe la bocca vorace che la signora mi protende. Ma, si sa, a volte è proprio questione di attimi: infatti il primo schizzo la coglie ancora protesa e le riga copioso il viso, dal labbro fino ai capelli, passando su parte del naso e su un occhio. Il resto, ottimo e abbondante, transita invece direttamente dalla gola della signora, che inghiotte senza lasciarne in bocca la minima traccia, anzi con la lingua sugge lo sperma colato sulle labbra.

Si riveste in fretta, neppure il tempo di una doccia: il marito, i figli, la suocera sono lì che attendono. Prima di uscire mi scocca un ultimo bacio, seguito da una carezza. Mi dice che una delle prossime sere, tra qualche giorno, potremo riuscire ancora a vederci. Le dico che va bene, che magari per allora sarei riuscito a rianimarmi e qualcosa saremmo riusciti ad organizzare.

Prima di voltarsi definitivamente mi chiede: Sì, ma io ti piaccio? Molto? Quanto ti piaccio?
Certo che mi piaci. Parecchio, però adesso vai, se no fai tardi.
Mentre varca la soglia, non resisto e la congedo con una bella pacca sul culone. A presto!
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