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Luciana, il video e la finestra [5]


di foreignpress
29.04.2018    |    7.220    |    2 8.7
"Per un attimo desiderai che si unisse in qualche modo, leccando il clitoride di Luciana..."
Spalancai la porta, aprii la finestra e le dissi di spogliarsi. Mi spogliai anche io. Quando si sfilò gonna e mutandine notai che i peli sul pube sembravano più chiari, dopo il sole preso a Fuerteventura. Mentre si slacciava il reggiseno mi chinai, lei allargò di poco le gambe e mi permise di baciarla piano sulle labbra. Era già umida, intensa nell’odore e nella portata del desiderio: mi spinse la testa verso il clitoride, e si strusciò nervosamente contro la mia bocca per qualche secondo. Urlava, ed era quello che volevo.
«Urla», le avevo detto prima di iniziare, «facciamo casino, che ci sentano».
«Chi?»
«Dario, i vicini, la gente là fuori».
«E se bussano? Se si affacciano?»
«Beh», incrociai le dita. «Speriamo».
Fuerteventura, quell’orgia improvvisata e feroce con Camilla e il Riccardo G., il terrazzo da cui ci avevano visto, erano la mia nuova ossessione. Mi stordiva l’idea di mostrare quella fica scura, le tette pesanti, la voglia che le si leggeva nella bocca spalancata, negli occhi persi, e l’incavo tra i seni irrorato dalla mia sborra, il mio cazzo pulsante che le si sfregava contro piedi, capezzoli, buco del culo: era uno spettacolo a cui, piano piano, volevo assistessero più persone. In fondo eravamo uno scandalo, un taboo ambulante: un ragazzino ordinario, arrapato, per niente elegante e una donna di vent’anni più grande, divorziata, innamorata, incinta di otto mesi. Eravamo la rivoluzione.
Mi scostai dalla sua fica e raccolsi il perizoma che aveva appena sfilato. Lo portai alle narici, poi mi asciugai con esso una goccia di liquido che, abbondante, mi colava già dalla cappella. Ero nudo, eccitato, e mi pulivo il cazzo davanti a Luciana e a metà del mio cortile interno: balconi, finestre che davano su famiglie, studenti, giovani coppie.
«Stenditi», le dissi.
Lei annuì, poi raggiunse il letto e si stese. Alzò e allargò le gambe, immaginando che volessi leccarla. Le presi i piedi e succhiai le dita, leccai le piante, baciai lentamente tallone e caviglia, e quando furono umidi e coperti di saliva mi chinai sulla fica. Nera, odorosissima. Respirai su di essa, bocca e naso a pochi centimetri, ma non mi mossi.
«Allargala», dissi. «Apri le labbra»
«No. Mi vergogno»
Risi. Immaginai per la prima volta quanto potesse essere relativa, la nudità, per una donna: c’è sempre qualcosa di più nascosto, di infinitamente interno che possono preservare.
«Del ginecologo ti vergogni? Di questa gente», e indicai la finestra aperta, «ti vergogni?»
Lei non rispose. Mi fissò dritto negli occhi e mi raggiunse il cazzo coi piedi umidi, cominciando una sega lenta. Intanto si accarezzava la pancia, poi il seno sinistro. Gemeva. Sentii un piede che mi raggiungeva lo scroto, poi la pressione di due dita sul glande. Appena chiusi gli occhi, quando cioè cominciavo ad abbandonarmi al piacere, Luciana si fermò. La vidi che cambiava posizione, e roteando sul culo veniva con il viso proprio sotto di me, tra le mie gambe, a continuare con la bocca ciò che aveva iniziato coi piedi. Mi leccò a ritmo costante lo spazio tra le palle e l’ano, indugiando su quest’ultimo con la punta, mentre con la mano destra aveva cominciato a masturbarmi.
«Se fai così sborro», dissi, con una voce che non sembrava la mia. Lei s’infilò i coglioni in bocca e succhiò un po’, e fu così bello che dovetti sfilarmi e ricambiare il favore. La feci mettere a 90 e leccai culo e grandi labbra senza l’ordine e la costanza che mi aveva dedicato lei, ma come se stessi mangiando un gelato direttamente dalla vaschetta, privo di palette intermediarie. Provai a giocare col clitoride usando due dita della destra, ma una sua mano portò le mie sopra il pancione e mi sostituì, con più energia. Godeva, lo sentivo. Ogni tanto diceva Cazzo, cazzo, ad altissima voce, e finii per considerarlo un suggerimento. Scostai la bocca dai genitali di Luciana – no, continua, leccami – e mi posizionai in modo tale da scoparla. La penetrai senza gentilezza – d’altronde non c’era abituata – e spinsi forte, fino in fondo, colpi cadenzati e violentissimi. Fu allora che urlò, due o tre Sì, così inequivocabili, e scorsi i primi volti spuntare oltre le tende. Donne, perlopiù, e un maschio giovane che ci fissava, forse uno studente, fumando in balcone. Quando trascorsero cinque minuti che pistonavo come un ossesso ancorandomi alla pancia, le dissi di venirmi sopra; senza staccarci, io mi stesi e lei si raddrizzò. Cominciò a cavalcarmi così, dandomi le spalle, al ritmo che preferivo: colpi profondi e sostenuti, non troppo veloci e non troppo lenti.
Dario ci trovò così, quando uscì dalla sua stanza. Io steso, mi si vedevano solo coglioni e piedi – le dita tese per il piacere – e lei stravolta, occhi chiusi e bocca spalancata in un Ah senza interruzioni, che mi rimbalzava sul cazzo. Luciana: i capezzoli larghi e chiari, la fica sempre più pelosa, le labbra schiuse ad accogliermi.
Posizionai il busto in maniera tale da vederlo meglio, e lo osservai mentre si sfilava maglietta e pantaloncini e si toccava le palle guardandoci. Aveva il pisello dritto, ma per qualche motivo non si stava segando. Si accarezzava lo scroto, lentamente; si era depilato, notai.
«Dario», mormorò Luciana.
«Sì?»
«Che dici, siamo…siamo belli?»
Dario rise. «Siete matti, siete», e indicò la gente affacciata a osservarci.
«Saranno tutti eccitati», dissi io.
«Quello sicuramente», fece Dario, e spinse col bacino per mostrarci la sua erezione. Per un attimo desiderai che si unisse in qualche modo, leccando il clitoride di Luciana. Poi non glielo chiesi, forse per imbarazzo. Ero tanto eccitato che mi facevano male i coglioni.
«Dario», dissi. «Visto che non ti prendi in mano il cazzo, che ne dici di prendere il cellulare e farci un video?»
«Un video?», chiese. «Sei sicuro?»
Dissi di sì, che ero sicuro, e presi tempo. Poi guardai fuori dalla finestra e affondai due colpi violenti e profondissimi. Luciana gemette, forse si fece un po’ male. Mentre Dario tornava col cellulare e attivava la camera, chiarii: «È per il marito di Luciana».
Lei smise di ragionare. Disse No, no, ma non capiva più niente. Le chiesi se fosse sicura, e Dario aspettò il suo consenso per avviare il video. Dopo tre o quattro colpi un po’ più lenti, forse riflessivi, sentii che mugugnava Vai.
Ci fu un bip, poi Dario che ci girava intorno e sceglieva le migliori inquadrature: dal fondo del letto, con primo piano dei miei piedi mobili e della penetrazione, a un primo piano di Luciana stravolta, poi una ripresa bellissima di lei si teneva fermo il seno e si accarezzava la pancia, fino a me con gli occhi chiusi che godevo graffiandole la schiena.
«Peccato che via video non si senta l’odore», disse Dario. Poi descrisse la scena.
«Qui abbiamo Luciana, la bellissima Luciana, che cavalca il mio amico. Ciao Luciana».
Luciana fece un sorriso a occhi chiusi.
«Luciana è un po’ più grande del mio amico. Sei una milf, Luciana?»
«Non lo so…»
«Non lo sai. Però l’amore non ha età, e aspettano un bambino. Luciana è all’ottavo mese e tra poco il mio amico diventa papà. Dì ciao, papà».
«Ciao», dissi.
«Ti piace scopare la tua donna incinta?»
«Dario, meno parole».
Godevo molto, non volevo distrazioni. Mi raddrizzai, e chiesi a Luciana di chinarsi e leccarmi un po’. Piedi, palle, cose così. Fu una cattiva idea, perché ero troppo eccitato. Rivederlo su video – lei sulle ginocchia che mi apre le gambe e mi lecca gli interstizi, che mi mordicchia il tallone – è stato molto bello, ma lì per lì, dopo due lappate sulle piante stavo per venire. Le chiesi di tornarmi sopra, di montarmi ancora un po’. Dario, durante i riposizionamenti, girò il cellulare verso la finestra.
«Un saluto al pubblico», disse. Poi tornò su di noi.
Fu una cosa piuttosto breve, perché dopo una decina di colpi mi piegai a succhiarle i seni e lei venne quasi subito, e io a rotazione. «Sto venendo», disse, e mi strinse a sé, e diede due colpi fortissimi. Io succhiai, succhiai ancora, poi sentii l’orgasmo raggiungermi prepotente e, col capezzolo dritto che premeva sulla lingua, grugnii: percepivo i fiotti che le schizzavano dentro, veloci, e il piacere fortissimo che raggiungeva l’apice e presto rallentava. Restammo così, fermi e avvinghiati, come in un allattamento, poi Luciana si sfilò. Allargò le gambe e lasciò colare il mio sperma sul lenzuolo, poi raccolse i boxer di Dario dal pavimento e, guardandolo, si asciugò.
«Sono i tuoi boxer», disse.
«Lo so».
«C’è tutta la sua sborra, adesso».
Dario non rispose. Era stregato. Aveva perso tutta la sua verve da regista porno, e non riusciva a distogliere gli occhi dal gesto di Luciana che si asciugava la fica con le sue mutande, così accuratamente.
Quando ebbe finito, lei si chinò su di me e mi leccò il glande, per ripulirlo. Poi insieme guardammo verso Dario col cellulare in mano, seduto sulla mia poltrona, il cazzo dritto.
«Ti piace il pisello di Dario?», chiesi.
«Sì, molto».
Mi alzai, raggiunsi la finestra e abbassai le serrande. Restammo in penombra, e senza pubblico. Poi, col fresco sulla punta del pene ancora umido, presi il cellulare a Dario e mi sedetti sul letto, inquadrandolo. Luciana comprese e si alzò, lo raggiunse e si sedette a terra. Prese i piedi di Dario e se li passò prima sui peli della fica, leggermente, poi sulla pancia, sui seni e infine sul viso. E leccò, adorante.
«No…», disse lui.
«Come no?», chiesi.
«Non ho fatto la doccia», disse Dario.
Luciana rise. «Si sente, ma mi piace».
Leccò, come faceva con me, poi gli succhiò le dita. Quando furono bagnati, si ripassò i piedi sul seno e si avvicinò al cazzo. Lo prese in mano e, segandolo piano, disse «Vale lo stesso discorso? Saprà molto di cazzo?».
Dario non riuscì a parlare. Allargò le gambe e le porse le palle. Aveva palle più grandi delle mie, non ci avevo mai fatto caso. Luciana le leccò, poi prese tutto in bocca e cominciò un lungo pompino. Mi avvicinai, ripresi il volto di Dario, praticamente incosciente, poi la maestria di Luciana.
«Ti piace, Darietto?»
«Sì».
«È brava? Vuoi sborrare?»
«Tra poco».
Luciana si staccò, lo guardò negli occhi e, senza parlare, fece come per mettersi a cavalcioni su di lui. Ma a una distanza tale che la cappella poteva solo sfiorarle i peli umidi.
«Non ti faccio entrare», disse. «Ma puoi immaginare come sarebbe».
Senza mollare la presa dal cazzo, se lo strusciò sulle labbra sporgenti, mentre invitava Dario a leccarle un seno. Andò avanti per pochi secondi. Sempre facendogli sfiorare l’ingresso, Luciana continuò a segare Dario. Che gemeva silenziosamente.
«Ci sono quasi», disse a denti stretti, dopo quasi un minuto.
Allora Luciana lo invitò ad alzarsi e lo segò più forte, mentre con l’altra mano gli stringeva le palle.
«Vai Darietto», dissi.
«Vienimi sul seno», incitò Luciana. Con una voce dolce, ma resa roca dal godimento.
Dario non si fece aspettare. Godette schizzando a gambe larghe sulle tette, fiotti bianchi e molto densi ben più abbondanti dei miei. Fu un orgasmo lungo, o almeno così mi sembrò. Strinsi l’inquadratura sulle mammelle screziate di bianco della mia Luciana, mi spostai verso di lui che trovò la lucidità per sorridermi e fare “Ok” con la mano. Poi mi chinai su di lei, le diedi un lungo bacio in bocca che ripresi fino alla fine e stoppai.
Ci prendemmo qualche secondo di silenzio per respirare, poi Luciana disse «Sono molto stanca».
Facemmo i turni per la doccia e mangiammo sofficini in accappatoio. Mentre guardavamo tutti insieme la tv, pensai a lungo a cosa fare di quel video. Poi, senza destare troppo clamore, ricopiai il numero dell’ex marito di Luciana sul mio cellulare e gli inviai il file su WhatsApp.
Appena finì di scaricare vidi le due spunte, e attesi finché non divennero azzurre. Poi mi eccitai di nuovo e senza chiedere aiuto mi masturbai, in silenzio, seduto sul divano insieme agli altri mezzi addormentati.
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