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Lui & Lei

Gli odori del Sesso e della Morte


di mezzasuora
14.11.2011    |    6.944    |    2 8.3
"Quando mi allontanai da lui, gli dissi: “E ora vattene! Non tornare più qui, né vivo né …” Non avevo finito la frase, che l’uomo era sparito..."
Vita, vita, vita! E’ la parola, il mio mantra, che ripeto ogni giorno al lavoro. Vita, una parola così bella, così pregna di gioia… Adattamento, crescita, nutrizione, riproduzione, interazione… sono tutte le caratteristiche dell’esistenza, i fattori che rendono vivi gli esseri, appunto, viventi.
Morte. La morte è il mio lavoro. Non sono una killer, ovvio. Diciamo che il mio lavoro è occuparsi del post mortem. Esiste in italiano un’espressione per descrivere tutte le cose che faccio? Innanzitutto lavoro con mio padre e i miei fratelli, Marco, Paolo e Luca, nell’impresa funebre di famiglia. Io sono la piccola Morticia di casa! La mia, chiamiamola così, specializzazione è l’imbalsamazione. Che cos’è lo sanno anche i morti, ma nello specifico maneggio formaldeide, arsenico e lassativi per garantire la conservazione del corpo del defunto, rimuovo liquidi corporei (il sangue può accelerare la diffusione di microrganismi che deteriorano il cadavere e sono causa di putrefazione. Detto ciò, garantisco che con l’imbalsamazione la quantità di fetore emessa dal corpo morto è notevolmente ridotta), recido i tendini degli arti, cucio palpebre e bocca e chiudo i vari orifizi con silicone. E per finire un po’ di cosmetica per ricreare alla persona deceduta quel po’ di colorito, di “espressione bonne mine” che poteva avere in vita. Non è un lavoro che mi turba più di tanto. Ci sono solo pochi casi che mi lasciano l’amaro in bocca, ossia quando mi tocca ricomporre la salma di neonati, bambini o donne incinte. Per i restanti casi, di cui è più facile (e facile è solo un termine plausibile) accettare la morte, forse perché rappresentano meno la vita in potenza e in tutto il suo splendore, riesco a portare avanti il mio lavoro senza problemi. A parte quando devo sistemare qualche cadavere sbrindellato (esempio i suicidi per colpo di arma da fuoco).
Quel mattino ero sul posto del decesso di una cliente (si può definire una donna suicida così?). La signora, 41 anni, si era gettata sotto un treno. Io e mio fratello Luca avevamo passato ore e ore a recuperare i pezzi della donna. Scegliere il Freccia Rossa per suicidarsi è stucchevole, anche per i macchinisti e i viaggiatori. Ero arrivata in negozio accaldata, dovevo andare a portare dei documenti nel pomeriggio in comune e, cosa non da poco, avevo una voglia immensa di scopare. Maledetta ovulazione e odiosi ormoni!
Posai il portatile e la giacca e mi diressi verso il bagno. Potevo lasciare tutte le porte aperte, tanto ero sola. Mio padre era a un funerale a Torino con Marco e Paolo, Luca doveva andare fino alle camere mortuarie per spostare dei mazzi di fiori che, a quanto pare, intasavano il passaggio (come se i morti dovessero uscire a tutte le ore). Ero in bagno, meditabonda sull’eventualità di masturbarmi, lo sguardo fisso sullo spazzolino elettrico con cui avrei potuto titillare il clitoride, quando sentii il rumore famigliare della porta d’ingresso che si apriva. Io per lavoro sono pressoché asociale. Non sociopatica, ma preferisco le persone morte che quelle vive.
“Buongiorno, sono Francesco di H.!”, disse la voce, mentre io ero rannicchiata nel retro in bagno. Mi alzai, mi pulii e mi avvicinai all’ometto. Maledetta me che non avevo chiuso la porta!
Guardai il tipo: sui 45 anni, alto, magro, capelli e occhi scuri, un piglio deciso e sicuro di sé.
“Mi dica. Di cosa ha bisogno?”, chiesi tutto in un fiato.
“L’azienda per cui lavoro produce integratori alimentari dal 1980. Abbiamo milioni di consumatori nel mondo, i nostri prodotti sono approvati da tutti i ministeri della salute …”, disse lui a macchinetta.
Un paio di palle.
“Questa è un’impresa funebre, non un centro estetico!”, dissi io. Avevo fame, ero in ipoglicemia e ‘sto qui mi voleva fare dimagrire, oltre a farmi perdere tempo?
“No, ma io mi riferivo per lei. Se non ha tempo per mangiare, cosa altamente errata, può rivolgersi ai nostri prodotti come pasti sostitutivi!”, esclamò lui, preda di un delirio marketing nutrizionale.
“Se ne vada! Non ho tempo da perdere! Ho cose più urgenti da fare”, gli urlai dietro. Sembravo una zitella furiosa in piena sindrome premestruale! Avevo lo spazzolino elettrico che mi aspettava.
L’uomo allungò le sue mani, mi strappò la mia camicia a quadretti vichy, facendo saltare i bottoni. Mi sbattè con il viso contro la vetrina del negozio e mi calò i pantaloni. I miei jeans atterrarono sul pavimento. I miei seni appoggiavano al vetro gelido. I passanti mi guardavano stupiti. L’uomo mi infilò un dito nella figa e iniziò a sditalinarmi.
“Oddio, ti prego, continua!”, lo supplicai.
Due dita, tre dita … sentivo la mia figa urlare. Ad un tratto mi penetrò da dietro con il suo pene. Non era granché come dimensioni, ma a forza di spingere qualcosa riusciva a farlo. Il mio ventre, i miei seni e la mia guancia aderivano perfettamente al vetro. L’uomo sfilò il suo pene dalla mia figa e me lo infilò nel culo. Diede due colpi e poi sborrò. Lo sentii chinarsi (le sue ginocchia scricchiolarono) e iniziò a leccarmi l’ano, raccogliendo lo sperma che colava … Con un dito mi penetrò brutalmente fino al raggiungimento di un favoloso orgasmo. Gli squirtaii tutti i miei umori trattenuti nelle ultime, mmmh, da quanto tempo non facevo sesso?, due settimane. Mi girai e mi inginocchiai. Afferrai il suo cazzo (era misero, poverino!) e lo portai in bocca. E’ eccitante l’odore e il gusto del proprio culo … Iniziai a leccarlo, a girarlo nella mia bocca, ad andare su e giù con le labbra.
“Oh si, troia … Fammi godere!”, disse, mentre il suo pene ricominciava ad indurirsi.
Con un gesto improvviso, riuscii ad infilare in bocca i suoi testicoli. Li lasciai andare perchè non riuscivo a spompinarlo con le sue palle in bocca. Succhiai con gusto il suo cazzo e lui, infine sborrò nella mia bocca. Mi pulii le labbra dallo sperma che grondava e gli stampai un bacio sulla bocca, infilandogli la sua sborra. Cercai con la lingua di infilargliela in gola.
Quando mi allontanai da lui, gli dissi: “E ora vattene! Non tornare più qui, né vivo né …”
Non avevo finito la frase, che l’uomo era sparito.

Chiedo scusa ai miei readers se c'è qualche erore di gramatica, ma non ho ancora finito di rileggerlo. Pubblico e scappo a casa! Baci
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