Il mio amico ragno

Quando la fantasia si scatena..........

Carmela è la moglie di un collega di lavoro. L'ho cercata e desiderata dalla prima volta che ci siamo incrociati a una cena, finita come tante in discoteca. L'ambiente, la musica, i sensi che prevalgono e dominano, gli occhi che penetrano. Si sono incrociati più volte i miei e quelli di Carmela. Troppe volte! Quando ci salutiamo con una stretta di mano e, un bacio sulla guancia da vecchi amici, vedo il suo arrossamento, il seno cadenza il respiro ansimante, abbassa lo sguardo mi resta solo il suo nome. Frattanto, il tempo fugge.
La farfalla è troppo lontana, non si vede, non si sente perduta nell'uragano del cuore. E' primavera, quando finalmente riesco ad avere il suo numero di telefono, la chiamo come se fosse per lavoro. Poi nel tempo che segue, nei giorni che passano, lentamente e gradualmente la circondo con le parole, quasi sussurri. La sua voce si trasforma, come un bastione assediato, la sento cedere.
Un panino e una coca cola durante la pausa pranzo, un piccolo bar, atmosfera che si presta e musica di sottofondo. L'abisso e la perdizione sono lì. Quando per caso la mia mano sfiora la sua, sorride imbarazzata e turbata, ma non la sposta. Quando il tovagliolo le cade, poso il mio sulle gambe e trattengo la mano sulla sua coscia. Diventa rossa e si allontana leggermente. La mia mano non la lascia, sento sotto i jeans, il calore del suo corpo e la bocca del mio stomaco si contorcono. Lei capisce. Ora è perduta.
Questa storia appare come quella di un ragno che intreccia i fili della sua ragnatela, che si tendono, la preda si muove, s’imprigiona ed è sua. Piove, mi piace la pioggia, affina e perfeziona i sensi, sento le gocce che s’infrangono sul tetto dell'auto. E' quasi l'una ma non ho fame, il desiderio predomina. Aspetto all'angolo della via, vedo la sua auto arrivare. Si affianca alla mia, scende di corsa, apre la portiera. Si siede a fianco a me, la prenderei ora.
Mi sorride e mi bacia, la mia lingua le apre le labbra e s’infila, Carmela non si tira indietro. La voglio, mi vuole. Ci ritroviamo nella stanza di quel motel senza quasi renderci conto. Piove, la desidero e l'avrò adesso. Si chiude la tela e si chiudono gli occhi. Ci sono sospiri, lamenti, sussurri, segreti, si ansima e si gode. L'urlo silenzioso che accompagna l'orgasmo è piacere ma anche avvilimento e disperazione.
Quando torniamo verso l'auto inizia a farsi sera, le sorrido, le carezzo il viso. Mi lascia fare, ma il suo “io” si sta allontanando. Non piove più.
La guardo e colgo il suo atteggiamento interiore schivo e taciturno, attraverso stati d'animo e ragione. La completezza dei sensi l'ha portata sull'altra riva. Non può tornare indietro dovrà convivere con se stessa. La sua auto riparte un ultimo sguardo. Non l'ho rivista più. L'ho cercata e più volte si è negata.
Il tempo si è portato via la primavera e ora anche l'estate sta per finire.
Io sono qui, in quest’ufficio e il mio “amico ragno” sorride e pensa. Pensa ai suoi occhi umidi di desiderio, pensa a stagioni diverse. Ricorda il calore delle sue labbra sul membro eretto, ricorda il sapore dei suoi umori, il ragno socchiude gli occhi e la rivede.
Sotto di lui mentre le vibra dentro, mentre i gemiti gli raccontano il suo travolgente orgasmo. Come vorrebbe ora il ragno poggiare la sua bocca sulle labbra gonfie di voglia, succhiargli il clitoride, bere il suo desiderio.
Si chiede, come reagirebbe ora, chinata, piegata sul letto, lei sente il calore del suo respiro che soffia tra le sue cosce, il caldo tumido delle sue labbra che le inumidiscono le natiche, la delicatezza della sua lingua che le sfiora lo sfintere.
Che le bagna il fiore introducendosi nel suo corpo, fiore che delicatamente si apre, sente le mani che seguono la bocca e il dito che lentamente la viola, poi mente il suo foro si allarga come un'offerta, le dita diventano due ed anticipano il piacere che verrà. Mentre aspetta l'attimo in cui il membro dell'uomo selvaggiamente s’impossesserà del frutto proibito.
Sono solo, vorrei chiamarla, vorrei sentirla, il mio corpo sta rivivendo autonomamente da me quei momenti il mio sesso è umido, eretto e spinge sugli indumenti. Mi sfioro e mi sento ridicolo. La desidero, non avevo mai scopato cosi, sospeso di là dalla materia. Debolmente il mio “amico ragno”, chiude gli occhi, sente ancora il calore della sua fica, ricorda gli orgasmi che inondavano di sperma il suo ventre e stringe le labbra per non gemere di un piacere lontano.
Il culo di lei lentamente si rilassa, le natiche invitano. E' ora, il sesso s’introduce. Apre, infrange, s’immerge, esplode, allaga e si spegne dentro di lei. L'incanto è ormai lontano con il pensiero. Immerso nell'insolita abitudine di una passione che divide, che allontana e intralcia un'irreale follia di entrare con forza nella realtà e sollevarsi al gradino di una soddisfazione senza confini.
Tutto è finito, l'incanto è volato via. Oltre la boscaglia. Il mio “amico ragno”, lo osserva allontanarsi con partecipato e condiviso distacco. Con il mio sesso tra le mani, senza quasi rendermene conto, aumento il ritmo del movimento e quando eiaculo il mio liquido caldo sulla mia mano, rivedo i suoi capelli, il suo viso e la sua bocca.
Tutto ciò mi appare, come che stia custodendo la speranza e l’illusione, che essa torni ad avvicinarsi, prima che la sua tela si strappi e lo spazio distenda il suo strato di pace e di silenzio su quest’avvenimento.