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Lui & Lei

L'amazzone di Treviso (I parte)


di Membro VIP di Annunci69.it Shoganai65
25.09.2023    |    5.402    |    3 9.9
"Il marito non l’aveva mai condivisa, a stento accettata..."
Da quando mi sono separato oramai 10 anni or sono, dopo un lungo calvario giudiziario, la vita mi ha ripagato, offrendomi una serie di esperienze, sessuali e non, che mai mi sarei aspettato. Diciamo subito che anch’io mentalmente sono cambiato. Mi sono detto che non valeva la pena piangersi addosso, ritenere che con la separazione la mia vita fosse finita e che con l’avanzare dell’età il mio destino fosse segnato. Tutte idee che lì per lì ti frullano per la testa, ma che ho scacciato all’istante con un moto di orgoglio.

All’inizio mi sono messo a praticare ogni tipo di sport per riprendere la forma fisica perduta.
Poi ho iniziato a frequentare vari corsi: di ballo, per massaggiatori, di yoga, di fotografia.
Tutte occasioni per uscire, imparare qualcosa di nuovo e naturalmente socializzare.
Ho realizzato subito che nella mia situazione, separati/e con figli adolescenti, eravamo una “caterva”. Tantissime le donne, capaci più dei maschi di reagire, di fare rete tra di loro, di dimenticare il passato e lanciarsi con fiducia ed entusiasmo nel futuro. Ne ho conosciute e frequentate diverse: disinibite, sessualmente prorompenti, desiderose di ricevere e prestare attenzioni, pronte ad esplorare nuove partiche, riscoprire la bellezza dei loro corpi magari non più giovanissimi ma ancora tonici, a riprendere in mano le loro vite dopo matrimoni che le avevano portate a consumarsi e spegnersi dietro a uomini via via sempre più noiosi e apatici.

E’ grazie ad un incontro con una di queste donne, M. che mi sono iscritto a questo sito di Annunci erotici.
Lei vi era già presente da un paio di anni con un profilo di coppia assieme ad un altro suo amico con cui “giocava” abitualmente nei weekend. Durante la settimana invece, quando il lavoro me lo permetteva, ero io ad andare a trovarla a casa sua in provincia di Treviso.

Sui 50 anni come me, ne dimostrava 10 di meno: alta, un corpo snello e tonico, un seno generoso quanto basta, capelli lunghi, occhi verdi, labbra parzialmente ritoccate ma senza esagerazione, un culo sodo grazie all’equitazione che praticava ancora quotidianamente.
Ci eravamo conosciuti durante un corso di fotografia di strada a Venezia. L’ultimo giorno di quei tre giorni il nostro istruttore ci aveva diviso a coppie indicandoci il lavoro che avremmo dovuto fare. Io con mia grande fortuna ero capitato proprio con lei che avevo già notato durante le lezioni precedenti.
Passammo l’intera giornata passeggiando e rincorrendoci per le calli della città cercando spunti di interessi ed angolazioni particolari come richiesto dal compito assegnatoci. Ero attratto dal suo entusiasmo, dal sorriso misterioso che celava dietro i suoi lunghi capelli castani. Di tanto in tanto le chiedevo di posare per me, non tanto per impressionare il nostro tutor ma col solo scopo di portarmi a casa qualche suo ritratto su cui fantasticare.
Per pranzo ci concedemmo una pausa Al Timon, uno dei migliori bacari di Venezia, in cui gustammo degli ottimi cicchetti accompagnati da una serie di spritz. Man mano che l’alcol entrava in circolo M. iniziò ad aprirsi, a confidarsi con me, a raccontarmi la sua storia.
Quel pomeriggio, dopo la consegna degli attestati di frequenza di fine corso, le chiesi se potevamo reincontrarci.
“Vieni a trovarmi durante la settimana, ti faccio conoscere il mio stallone…” mi rispose sorridendo e allungandomi il suo numero di cellulare.

Il mercoledì successivo dopo uno scambio di messaggi per concordare giorno ed ora, impostai il navigatore dell’auto copiando l’indirizzo che mi aveva inviato con whatsapp. Non era a Treviso città ma in aperta campagna, una zona prettamente agricola in cui si alternavano fattorie, vigneti, campi coltivati e belle ville con giardini immensi.
Mi fermai davanti al cancello di una di queste.
“Sono qui fuori” le scrissi e subito il cancello automatico si aprì introducendomi lungo un vialetto di ghiaia contornato da una bassa siepe.
Lei mi attendeva nello spiazzo in fondo dove parcheggia l’auto.
Era in tenuta da cavallerizza, con gli stivali neri, i pantaloni elastici a delinearle le lunghe gambe ed un culo marmoreo, una camicia bianca e leggera sotto un gilet impermeabile. I capelli erano sciolti ed il viso sorridente.
“Ben arrivato!” disse con tono allegro venendomi incontro ed abbracciandomi.
“Vivi in paradiso” le risposi guardandomi attorno per un attimo ammirando l’immenso giardino pieno di piante fiorite. “D’altra parte tu sei un angelo e queste sono per te” continuai porgendole un mazzo di rose bianche che gradì moltissimo.
“Vieni ti porto a vedere le stalle, il mio regno” mi disse prendendomi la mano e accompagnandomi verso il retro della villa.

Aveva 4 cavalli di sua proprietà che montava regolarmente. Aveva iniziato a fare equitazione a 14 anni ed era la sua passione più grande. Il marito non l’aveva mai condivisa, a stento accettata. Da quando si era separata aveva ricominciato con maggior vigore ed intensità. Le piaceva il contatto con la pelle dell’animale, sentire il suo fremere, il calore che emanava, le pulsazioni del battito, il sangue caldo. Mentre raggiante mi raccontava tutto questo avevamo raggiunto il fienile poco distante.

“Mi aiuti a caricare questo fieno e a portarlo nei loro box? Ti dispiace?”
“Assolutamente no” risposi, togliendomi il giubbotto e rimanendo solo con la camicia sbottonata.
Mentre l’aiutavo con la forca sentivo il suo sguardo su di me. Forse era una specie di esame a cui mi aveva voluto sottoporre per capire che tipo ero. Anch’io la guardavo ammirando la sua energia, la passione che ci metteva, il corpo da amazzone con i capelli sciolti. Invece di stancarmi quel lavoro in sua compagnia mi stava eccitando.

Quando finimmo mi offrì da bere. Si avvicinò con un vassoio, una brocca di acqua e limone e me ne versò un bicchiere.
“Sei stato bravo e gentile. Cos’altro sai fare così bene?” mi chiese con un sorrisetto ammiccante sotto la fronte sudata.
Sarà stato il profumo del fieno o di lei, quella situazione vista e rivista in dozzine di film, l’attrazione che avevo provato sin da subito per le sue labbra, il suo seno, quel culo perfetto. Appoggiai la forca, le presi il vassoio e lo misi su una sedia lì vicino. La presi per i fianchi, la tirai a me e senza pensarci un attimo la baciai. Un bacio lungo, appassionato, ricambiato. Un bacio interminabile come quello degli adolescenti. Un bacio a occhi chiusi. Un crescendo di emozioni, di sensazioni, di desideri.

Fu lei ad iniziare a sbottonarmi la camicia. Sentivo le sue dita stringermi il petto, scivolare lungo la schiena, entrare sotto la cintola dei pantaloni. Le sue labbra sul collo, sul petto, sui miei capezzoli. Sentivo i cavalli nitrire nella stalla accanto. Percepivano gli ormoni impazziti che gravitavano nell’aria.
La appoggiai alla parete più vicina e cominciai a mia volta a spogliarla. Sotto la camicetta indossava un reggiseno che a stento tratteneva due tette pronte a esplodere dal piacere. Toglierle i pantaloni con gli stivali addosso sarebbe però stata un’impresa.
“Sdraiamoci qui, sul fieno” mi disse invitandomi su delle balle che giacevano in un angolo.

Mi tornarono in mente le prime esperienze con le mie cugine, nel fienile degli zii in Cadore. Loro già sveglie che giravano senza mutandine ed io imbranato con il cazzo duro che imparavo i miei primi rudimenti copiando quello che vedevo fare dagli animali della fattoria… Adesso però sapevo bene cosa dovevo fare.

Gettai una coperta sulle balle di fieno. La feci sdraiare. Le sfilai prima gli stivali e poi i pantaloni. Era magnifica. Magra ma non esile. Un corpo da favola da far invidia ad una trentenne.
“Ti voglio!” mi disse vogliosa.
Ricominciai a baciarla partendo dalla testa giù fino ai piedi e ritorno. Mi fermavo di tanto in tanto sul collo, i capezzoli, le ascelle, l’ombelico. Poi le dita dei piedi, le caviglie, dietro il ginocchio, l’interno coscia. Mi prendeva la testa e la spingeva verso il suo monte di Venere, ma io esitavo, volevo farla attendere, prolungare il momento del piacere.
Senza sfilarle gli slip iniziai mi avvicinai alla sua figa già bagnata. Assaporai il suo profumo attraverso il tessuto umido. Avvicinai la bocca. Spostai l’elastico e mi aprii un varco con la punta della lingua. Era depilata e calda. Le grandi labbra si offrirono a me pulsanti. Iniziai a leccarla con calma, rispettando il ritmo dei suoi respiri. Quando cominciò ad ansimare mi concentrai sul suo clitoride, con colpetti di lingua ravvicinati, disegnando piccoli cerchi sempre più ravvicinati. Si stava lasciando andare, tremava tra le mie braccia, incitandomi ad andare avanti, a non smettere. I cavalli a fianco sembravano imbizzarriti. Sentivano gli ordini della loro padrona e forse pensavano fossero rivolti a loro. Io nel frattempo ubbidivo e tenendola stretta a me con le mani intensificavo il mio lavoro con la lingua. Oramai era giunta all’apice del piacere. Strinse il mio viso tra i muscoli delle cosce come una tenaglia, e si lasciò andare ad un urlo di godimento intenso, squirtandomi sulla faccia i suoi umori dolci e bagnati, come una fontana impazzita.

Ci volle un attimo perchè si riprendesse.
“Scusami, era parecchio tempo che non godevo così” sussurrò.
“Adesso voglio tornarti il piacere” aggiunse sfilandomi la cintura dai pantaloni.
Il mio cazzo spingeva sotto i jeans per farsi coccolare dalle sue premure.
Lei non si fece pregare. Con una mano lo fece uscire allo scoperto, lo rimirò ammirata per un istante, lo accarezzò con entrambe le mani e cominciò a segarlo guardandomi negli occhi. Stringeva le palle e lo massaggiava andando su e giù con le dita, dal glande alla base e ritorno. Si avvicinò con la lingua alla cappella, poi aprì la bocca per accoglierla tutta. Le labbra si chiusero a ventosa attorno al membro. Sentivo la saliva che lo lubrificava e i colpi di lingua con cui lo umettava. Provavo un piacere intenso nel guardarla mentre lo ingoiava tutto e poi prendeva fiato sorridendomi.

“Ti piace?” mi chiese senza attendere la mia scontata risposta.
“Da morire” ebbi la forza di sospirare mentre completamente nuda si sedette sopra il mio cazzo e lentamente se lo infilò nella sua figa ancora bagnata e bollente.
“Adesso ti cavalco come uno dei miei stalloni – disse. Fammi vedere di cosa sei capace!”
Quasi fosse un rodeo iniziò a scivolare su e giù sul mio uccello impennato. La guardava mentre mi montava. Le sue tette giunoniche ballavano sopra i miei occhi. Lei completamente padrona dei muscoli delle sue gambe eseguiva degli squat perfetti, facendo penetrare il cazzo nel profondo della sua vagina. Risaliva lentamente e poi scendeva di nuovo chiudendo la cappella in una morsa di piacere. Io la accompagnavo con le mani tenendola stretta per il culo ma non ce n’era bisogno.

“Vediamo se anche tu sei un bravo cavallerizzo…” mi sussurrò ad un orecchio sfilandosi dal mio membro e mettendosi in ginocchio al mio fianco.
“Adesso sfondami il culo e montami come un cow boy” mi disse aprendo le cosce e invitandomi ad entrare.
Non me lo feci ripetere due volte. Le inumidii l’ingresso dell’ano e ci accostai la cappella viola ed esplosiva. Sentendo il contatto della pelle si contrasse ma subito dopo si rilassò di nuovo facendomi capire che era pronta. Entrai con delicatezza ma senza sforzo. Aspettai che prendesse confidenza con quel corpo estraneo che la stava penetrando.
“Siii… Così…” sembrò quasi implorarmi mentre col bacino arretrava per infilarselo ancora meglio e in profondità. Cominciai così ad alternare spinte brevi a movimenti più lunghi e profondi. Sentivo il sangue pulsarmi nelle vene del cazzo. Le palle gonfie che sbattevano contro il suo pavimento pelvico. Con le mani la tenevo per i fianchi dandole il ritmo delle mie stantuffate. Vidi un frustino appoggiato a portata di mano e senza fermarmi lo afferrai e cominciai ad usarlo sulle sue chiappe. Urlò dal piacere. Era quello che ci voleva. Era in simbiosi con i suoi cavalli. Voleva essere cavalcata e montata come loro.
“Frustami! Montami! Cavalcami! Sfondami!” urlava incitandomi come fossimo ad una gara di equitazione, spronandomi ad aumentare le mie spinte, il ritmo, lo sforzo, finchè non sono più riuscito a trattenermi e le sono venuto dentro con un fiotto interminabile di sborra, sfiancato da quella corsa a perdifiato, su quella balla di fieno, con quella bella e calda giumenta imbizzarrita.

“Mi piace cavalcare durante la settimana, dovresti venire più spesso” mi disse .
(continua)
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