Lui & Lei

Pronto


di girma
13.09.2022    |    2.283    |    1 9.5
"- Tutto bene? - chiedo a Sandra, una delle colleghe di lavoro che ritrovo in guardiola la mattina che prendo servizio - A proposito..."
Ancora sei ore e poi sarà l'alba. D'improvviso il telefono si mette a squillare. Interrompo la lettura della rivista di gossip che sto sfogliando e sollevo la cornetta del telefono.
- Pronto Urologia - annunciò con voce assonnata.
- Sono il dottor Gobetti del Pronto Soccorso - sostiene la voce maschile all'altro capo del telefono
- Abbiamo un’urgenza per il vostro reparto. Avete disponibilità di letti?
- Sì, due - mi faccio garante.
- Bene, fra pochi minuti i portantini saranno lì con un paziente.
La comunicazione s'interrompe senza che il medico si degni di concedermi nessun’altra informazione.
Il reparto in cui presto servizio è una clinica chirurgica altamente specializzata. E' qui che confluiscono le urgenze di tipo genito-urinario che giungono al Pronto Soccorso. Sempre più spesso, specie di notte, diamo ospitalità a soggetti affetti da patologie indotte da devianti pratiche sessuali, come nel caso accadutomi un mese fa quando un uomo, alla ricerca di un piacere solitario, si era presentato al P.S. con infilato nell'uretra un metro di sottile filo elettrico.
Per sua fortuna il chirurgo, superando non poche difficoltà, fu in grado d'estrarlo tutto intero dalla vescica dove si era raggomitolato. Non più tardi di quindici giorni fa è giunto in clinica un paziente con il pene completamente scorticato; una porta sospinta dal vento gli aveva schiacciato il pene contro lo stipite procurandogli quel tipo di abrasioni mentre girava nudo per casa. Perlomeno questa era stata la sua versione, ma dopo gli opportuni accertamenti fu appurato che le cause delle lesioni erano da attribuirsi a morsi di animale, probabilmente di un cane: il suo. Alla luce di questi precedenti esperienze ogni volta che mi appresto ad accogliere un paziente, ricoverato d’urgenza, patisco una certa apprensione, specie quando in reparto sono l'unica infermiera in servizio.
Due portantini escono dal vano mobile dell'ascensore spingendo una barella con sopra un malato sofferente. Impazienti di sbrigare il loro servizio nel minore tempo possibile mi chiedono dove possono adagiare lo sgradito ospite. Il viso dell'uomo è segnato dalla sofferenza e dal dolore. Faccio cenno ai due di seguirmi e li conduco nell'ambulatorio delle emergenze. Poco dopo sopraggiunse il medico di guardia che di malavoglia si è alzato dal letto. Legge il foglio d'accompagnamento rilasciato dai medici del Pronto Soccorso, poi si rivolge a me.
- E' un caso di priapismo.
Rimasti soli col paziente iniziamo a spogliarlo degli indumenti. Ogni suo movimento è accompagnato da gemiti di sofferenza. Impieghiamo un po' di tempo prima di riuscire a calargli le mutande. Quello che appare ai nostri occhi non è un bello spettacolo. Il pene, di dimensioni superiori ai 15 cm, si erge dritto come un'asta. Il colorito è bluastro per il persistere di sangue venoso all'interno dei corpi cavernosi. Il tessuto ematico, non riuscendo a defluire correttamente nel circolo venoso, gli sta causando la tumefazione dell’organo sessuale.
- Mi spieghi, con calma, cosa le è accaduto - chiede il medico.
Intimorito e imbarazzato dall'inusuale situazione l'uomo inizia a raccontare.
- Dottore anche lei è un uomo, può bene immaginare come vanno a finire certe cose. Stavo facendo l'amore e avevo il pene duro come poche altre volte, ma non riuscivo ad eiaculare. Ho continuato mezz'ora a cavalcare la mia donna, poi ho percepito un certo dolore al pene ed ho provveduto a estrarlo dalla vagina. Solo allora ho notato il colore bluastro della pelle. Ho lasciato trascorrere un po' di tempo nella speranza che si sgonfiasse, ma non c'è stato verso. Più trascorreva il tempo, più il pene diventava bluastro, e aumentava il dolore; così ho deciso di recarmi al Pronto Soccorso.
- Ha fatto uso di sostanze eccitanti?
- Beh... un'ora prima del rapporto ho ingerito alcune compresse di Viagra.
- Quante? Spero che sia a conoscenza che esistono confezioni con dosaggi differenziati da 25-50-100 mg. Una dose massiccia potrebbe originare gravi disturbi.
- Credo di averne ingerito cinque compresse da 100 mg. Ci tenevo a fare bella figura con la mia donna.
L'uomo, sulla quarantina d’anni, ha capelli leggermente brizzolati, specie sulle tempie. Gli abiti accartocciati ai piedi del letto sono eleganti e raffinati. Il viso, spigoloso e asciutto, si coniuga alla perfezione con il corpo muscoloso e all'apparenza agile. Distratta dai miei pensieri vengo riportata alla realtà dalle parole del medico.
- Si rende conto che ha ingerito una dose massiccia e pericolosa di un farmaco? I danni avrebbero potuto essere ben più gravi, ma chi glielo ha fatto fare?
Il paziente resta muto, una lacrima gli riga la guancia. Gira il capo sul cuscino per nascondere il volto bagnato di pianto.
- Lo mettiamo a letto - Ordina il medico volgendosi dalla mia parte - possibilmente in una camera singola. Somministragli 10 gocce di Contramal ogni 12 ore, inoltre fagli un impacco di pomata di Voltaren attorno al pene. Fai attenzione a non depositare la pomata sul glande. La mucosa è sottile e delicata, il farmaco potrebbe provocare delle irritazioni. Ah... metti anche una borsa di ghiaccio sulla parte dolente. Domani il primario dirà cosa è meglio fare.
Provvedo a fare indossare al paziente un camice di carta e lo trasbordo sulla barella, dopodiché lo conduco in camera. Per evitare che il pene venga a contatto con le lenzuola inserisco un archetto metallico a livello del bacino in modo da lasciarlo libero nei movimenti. Avvolgo attorno al pene alcune garze impregnate di Voltaren e deposito la borsa di ghiaccio sopra il pube. Prima d'uscire dalla stanza mi viene spontaneo porgergli un bacio sulla guancia. Quando sono sulla porta mi sento chiamare.
- Lei è un angelo.
- No. Mi chiamo Erika, ma qui tutti mi chiamano Farfallina, mi chiami così anche lei. Arrivederci e… buonanotte.
Sono di ritorno in clinica a distanza di due giorni, dopo aver goduto del riposo settimanale.
- Tutto bene? - chiedo a Sandra, una delle colleghe di lavoro che ritrovo in guardiola la mattina che prendo servizio - A proposito... come sta il paziente col priapismo? E' andato a casa?
- Purtroppo no! Non sta bene. Ha un dolore atroce, lo potrai constatare di persona quando ti capiterà di medicarlo.
Ci scambiamo le consegne. Dopo che se n'è andata eseguo un giro del reparto per verificare se i pazienti hanno problemi.
- Come sta signor Cervetti - dico appena entro nella stanza dell'uomo che ho accolto in reparto alcune notti prima.
Il viso del paziente non è dei più allegri. Se al momento del ricovero aveva dato l'impressione di essere solo preoccupato ora appare terrorizzato. Le lacrime gli scendono copiose sul volto e disegnano rivoli gemmati sulle sue guance. La scena mi commuove. Mi siedo al bordo del letto e gli accarezzo il viso asportando le lacrime con le dita della mano.
- Sono contento che lei sia tornata. Sto male, molto male.
- Le cambio la medicazione e vedrà che starà subito meglio.
Scopro le lenzuola e tolgo l'archetto metallico che serve a tenere sollevato il tessuto. Asporto le garze con cautela. Il pene appare di un colorito ancora più violaceo rispetto all'ultima volta che l'avevo visto. Sostituisco la medicazione incontrando non poche difficoltà e provocandogli dolore.
- Signor Cervetti, non deve preoccuparsi. Domani mattina, come ho avuto modo di leggere in consegna, la sottoporranno ad un piccolo intervento chirurgico. Lo farà in anestesia locale, dopodiché tutto tornerà a essere normale.
- Dice così per incoraggiarmi, so bene che non sarò più come prima.
- Di certo non potrà sostenere la stessa attività che l'abuso di Viagra le consentiva, ma ritornerà ad essere una persona normale, glielo assicuro. Ho già assistito pazienti con patologie analoghe alla sua.
- Lei è molto dolce, ma come posso crederle.
- Deve avere fiducia, vedrà che tutto si risolverà per il meglio. La saluto, auguri per domani. Ciao! Ciao!
Imprimo un bacio sulla fronte dell'uomo ed esco dalla camera.
Sono trascorsi dieci giorni dall'intervento chirurgico che ha rimosso la causa meccanica che procurava l'ostruzione dei corpi cavernosi. Il rapporto d'amicizia che intrattengo col signor Cervetti si è fatto confidenziale. Quando ho un attimo di tempo libero mi reco nella sua stanza per tenergli compagnia e scambiare quattro chiacchiere con lui. Sfogliando il libro delle consegne apprendo che le dimissioni del signor Cervetti sono prossime
- Allora ci siamo. Domani è il gran giorno. Finalmente te ne torni a casa, sarai felice no?
Roberto, questo è il suo nome, sta supino sul letto e mi guarda con occhi lucidi. Non sono più abituata a vederlo triste. Tutt'a un tratto inizia a piangere come è solito fare un bambino.
- Sono un fallito, non riuscirò mai più ad avere rapporti con una donna.
Presa da sentimenti materni mi siedo al lato del letto ed iniziò ad accarezzargli il dorso della mano stesa sopra il copriletto bianco. Appoggio la guancia sulla mano e inizio a sfiorarla con le labbra inondandola di baci. Afferrò l'elastico del pigiama e lo abbasso facendo scivolare i pantaloni ai suoi piedi. Ha le gambe pelose, come piacciono a me. Mi getto a capofitto con la bocca fra le cosce e iniziò a leccarle. Lo stuzzico con dei morsi fino alla radice dei peli. Il gonfiore sotto gli slip non mi trova impreparata. Mi alzo in piedi e con disinvoltura gli abbasso il tessuto delle mutande verso il fondo del letto. L'uccello che solo pochi giorni prima mi aveva impressionato per la deformità è pieno di grazia. Mi fermo e osservo le forme di colorito bruno e immacolato che lo caratterizzano. L'intervento chirurgico lo ha rimesso a nuovo. La mia bocca, golosa ed avida, piena saliva, anela ad assaporare il rotolo di carne che mi sta davanti. Inizio a strofinare le dita sullo scroto e ne soppeso la consistenza. D'impulso incominciò a leccargli le palle, poi senza fretta risalgo alla radice dell'uccello, fino alla cappella. Ad ogni leccata sento il corpo di Roberto vibrare di piacere, accrescendomi il desiderio di mordergli la cappella. Stringo il cazzo fra le dita e inizio a farle scorrere lentamente sulla superficie del cazzo. Inumidisco la cappella con la saliva rendendo più facile lo scorrere della mano. Quando la punta della lingua sfiora la cappella, l'uomo emette dei gemiti di piacere.
- Sì... Sì... Mi piace... mi fai godere, mi fai godere.
Lecco l'uccello e massaggio le palle come una forsennata. Estasiata ho persino l'impressione di perdere i sensi e smarrire il lume della ragione. Sono preda di un delirio d'irresistibile piacere e non riesco a trattenermi.
Le pulsazioni dell'uccello paiono accelerarsi a contatto con le mie dita. Infilo nella bocca la cappella e la succhio. Un movimento sussultorio del bacino accompagna la penetrazione dell'uccello nella gola. Mani e labbra entrano in simbiosi con il movimento delle sue anche. Il cazzo entra ed esce dalla mia bocca in maniera rapida. Con la lingua sfioro l'orifizio uretrale solleticandolo di nuovi piaceri. Tengo fermo l'uccello con la mano e inizio a leccargli il frenulo. L'uccello si contrae in spasmi d'inaudito piacere. Lo ingoio fino a spingerlo contro le adenoidi nel fondo della gola. Con le labbra posso sfiorarne la radice, tanto l'ho spinto giù. E' gradevole assaporare il profumo che emana un cazzo quando è sfregato, ha un flagranza particolare che emana solo negli attimi che precedono l'eiaculazione. Lo sento contrarsi e subito dopo sborrarmi in bocca. L'uomo irrigidisce il corpo trascinandomi con lui in un vortice di piacere. Ho un orgasmo e mentre gusto il seme ne ho un altro e un altro ancora. Dopo avermi sborrato in bocca non lo estrae subito in modo che possa goderne fino alle ultime pulsazioni. Non lascio disperdere alcuna goccia del prezioso nettare. Lecco con cura quel poco che ne è fuoriuscito dalle labbra. Infine l'uccello perde di consistenza e si ammoscia.
Roberto è perfettamente guarito ed è tornato normale. Mi rialzo dal letto ed apro i bottoni del camice. Prendo da una tasca una forbice e abbasso le mutandine. Taglio un ciuffo di peli attorno alla fica e glieli porgo. Lo saluto, sicura che non lo rivedrò mai più.
Noi infermiere viviamo costantemente circondate dalla sofferenza e dal dolore, ma non riusciamo a farci l'abitudine. Ecco perché abbiamo tanto bisogno d'amore.
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