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Come abbiamo iniziato. Tutorials per donne esigenti pt 1


di Mistressedoggy
22.12.2018    |    9.438    |    41 9.8
"Le sue mani tennero i mie glutei aperti e la sua saliva allagò lentamente il mio buchetto, al ché mi lamentai di piacere..."
Come già era accaduto altre volte, la mia referente mi chiese di trattenermi in ufficio, oltre l'orario di lavoro, per finire alcune pratiche da consegnare l'indomani.
Di buon grado accettai. Così, presto l'ufficio si svuotò, e le uniche stanze illuminate rimasero le nostre.
Dalla prima volta che l'avevo conosciuta, al colloquio, la mia responsabile, aveva richiamato alla mia mente l'attrice Robin Wright, una splendida cinquantenne (dunque più grande di me) dal portamento nobile, elegante e formale nel vestire e dallo sguardo severo. Di rado le sue labbra concedevano, aprendosi in un sorriso, la vista dei suoi denti luminosi. Tutto il suo corpo era sempre agghindato di gioielli, non più preziosi di quelli che aveva incastonati nel viso e con i quali spesso mi osservava attenta, mettendomi un poco in soggezione.

Mentre cercavo un faldone nel mobile della sua stanza, lei si alzò, dalla sua poltrona in pelle, e venendo verso me, busso sul mobile in cui stavo rovistando 'potresti spostarlo per metterlo contro l'altra parete, vorrei vedere se così facendo la stanza risulta più funzionale'. Non era la prima volta che mi chiedeva di spostare i mobili del suo ufficio, credo che di tanto in tanto amasse variare l'ordine delle cose per non cedere all'abitudine. Il mobile dei faldoni però era tra i pezzi dell'arredamento più pesanti e a fine giornata il compito era sicuramente più gravoso. Così, con quell'orgoglio tipico dei maschi, poggiai su una sedia il mio faldone e con tutte le forze in corpo, ma senza dar mostra di alcuno sforzo da parte mia, spinsi il mobile sino alla parete in fondo. La fronte era bagnata di sudore e, per raffreddare il mio corpo, slacciai due bottoni della camicia allentandomi il colletto. 'Le va bene così?' chiesi, la mano di lei si mosse, a indicarmi di spingerlo un poco più a destra. Spinsi ancora, avvicinandolo alla porta, 'controlla se la porta chiude' fece lei, così chiusi la porta.
Mi poggiai all'uscio, in attesa che lei finisse di mirare il suo nuovo spazio di lavoro, ma mi accorsi che ora il suo sguardo era puntato su di me. Così, per il senso di colpa di essermi rilassato nel corso dell'opera, mi misi quasi sull'attenti. 'Credi che quello di tenerti qui, oltre l'orario di lavoro, sia in qualche modo una cosa ingiusta? Anche considerando che sei l'unico dell'ufficio al quale chiedo ciò?' era una domanda molto diretta, 'No signora, non ho mai pensato ciò. Qualcuno le ha detto che io mi sono lamentato!?' le chiesi imbarazzato, anche se io non mi ero mai sognato di lamentarmi di alcunché coi miei colleghi d'ufficio. Avevo sempre pensato che, essendo l'ultimo arrivato e il più giovane lì, fosse quasi una cosa normale il fare più ore di quelle previste. Insomma, restai lì, sull'attenti, il sudore che mi scorreva sul viso, un po' per il caldo e un po' per l'imbarazzo generato in me da lei. Si fece avanti, mi accarezzò dolcemente il volto con la sua mano e mi aggiustò il colletto, degnandomi di un sorriso che non mi sarei mai aspettato. Tutto ciò non mi mise certo più a mio agio. Cominciavo a pensare che i mobili, così ripetutamente spostati e ri-spostati, provassero lo stesso senso di spiazzamento che stavo provando io in quel momento. Così come si era avvicinata, si allontanò, lasciandomi lì. Si sedette e riprese a battere sulla tastiera, come se si fosse dimenticata di me. Non sapevo che fare, se prendere il faldone e tornare al mio lavoro o se cercare di approfittare in qualche modo, sebbene la mia timidezza, di quella confidenza così effimera. Non ero tanto certo che non si trattasse di uno strano sogno.
Ripresi il faldone e proprio in quell'istante dalla scrivania di lei, dietro le mie spalle, cadde un portapenne, spargendole sotto la sua scrivania 'potresti aiutarmi?', lei rimase seduta sulla sua poltrona nera, mentre io mi inginocchiai, raccolsi le prime penne e, a carponi, mi spinsi sotto la sua scrivania, raccogliendo le restanti. Fu a quel punto che alzai lo sguardo e vidi le sue gambe, il disegno delle sue calze portò i miei occhi sin sotto la sua gonna, percorrendo le sue cosce aperte, dove nascosta dalle mutandine stava la parte più segreta del suo corpo. Trascurai il mio lavoro, per poter osservare e ricordare ogni dettaglio di quella scena. 'Vuoi rimanere o devi andare? Non sei obbligato a rimanere, se non vuoi. Lo sai che puoi andare a casa, se devi...', più su della sua gonna e del suo seno, lei mi osservava divertita. Mi parve di avere appena fatto una pessima figura, com'ero finito sotto la scrivania del mio capo, a quattro zampe, intento a osservare l'interno delle sue cosce, con lei che mi scrutava dall'alto? Cercai di sgusciare fuori. 'Fermo, devi rispondermi prima. Vuoi restare o andare via?', io da quella non consona posizione dissi 'Restare', anche se poteva sembrare più una domanda che un'affermazione.
Lei si tolse il suo foulard e, chinandosi verso me, lo usò per bendarmi. Poi mi tirò su in ginocchio e mi levò la camicia e la maglietta, lasciandomi a petto nudo. Infine abbassò i miei pantaloni sin dove poteva, dunque sino al ginocchio. Restai così, sentivo il suo sguardo sul mio corpo, immagino avesse notato che al di sotto dei miei slip qualcosa si era destato. 'Bene, torna sotto' mi spinse di nuovo sotto la scrivania, dove per forza dovevo stare a quattro zampe. 'Hai scelto di restare. Forse l'avrai notato, io sono una donna molto esigente, sopratutto sul lavoro, ma non solo.'. Io ascoltavo in silenzio, sotto la sua scrivania, mezzo nudo e senza poter vedere nulla.
La pressione della punta della sua scarpa sulla mia testa, mi obbligò a prostrarmi completamente, col volto girato su un lato, e sulla mia bocca si appoggiò un oggetto freddo e allungato che dovetti prendere tra le mie labbra. 'Ora lecca' mi disse, e tanto ero abituato a seguire ed eseguire ciò che essa mi diceva, che mi parve naturale dovere obbedirle. Grazie alla mia lingua, capì che stavo leccando il tacco delle sue scarpe e ci misi un po' a risalirlo, tanto li portava alti. 'Bravo. Ora lecca la scarpa, la voglio lucida, ti dirò io quando basta', disse spingendo la mia testa per direzionare la bocca.
L'eccitazione in me era troppa per poter razionalizzare quel che stavo facendo. Oltretutto, alla mia confusione faceva da contraltare la sua sicurezza nel darmi istruzioni e nello spingermi dove più desiderava. Leccai con cura tutta la scarpa, pensando che al termine mi avrebbe sicuramente tirato a se per farsi penetrare.
'Ora il piede. Mostrami come leccheresti ciò che stavi osservando da sotto alla scrivania', accolsi, senza possibilità di scelta, le dita del suo piede nella mia bocca e le succhiai, immaginando di succhiare le sue grandi labbra. Dall'alto provenivano sospiri di apprezzamento per il lavoro che stavo svolgendo, così cominciai a leccare verso e oltre il suo tallone, risalendo il polpaccio con la mia lingua.
'Hai leccato bene, ma prima di salire oltre, con la tua bocca, dovresti occuparti dell'altra scarpa', e di nuovo fui ri-spinto verso il basso. Nel mentre che svolgevo il mio compito, lei inziò a parlare 'Non ho mai avuto un cane, anche se mi sarebbe piaciuto averne uno. Dev'essere bellissimo rientrare a casa e trovare un doggy, felice ed eccitato di vedermi, che mi lecca le scarpe e i piedi per dimostrarmi la sua adorazione'.
Continuò ad accompagnare le mie azioni con le sue parole, 'Tu mi piaci, perché sei educato e riservato. E ora che ti ho visto meglio, devo dire che mi piacciono anche i tuoi addominali e il tuo culo'. Tolse dalle mie labbra il suo piede e si alzò. Io rimasi con la lingua mezzo fuori, come un cane. Fece il giro della scrivania e mi calò gli slip, lasciando il mio sedere scoperto e indifeso. Poggiò le sue mani e lo tastò tutto come se cercasse qualcosa. Prima ancora che io potessi pensare, lei intervenne con un 'Fermo ora'. Le sue mani tennero i mie glutei aperti e la sua saliva allagò lentamente il mio buchetto, al ché mi lamentai di piacere. 'Ssssshh... Ricorda che siamo in un ufficio. Qualcuno potrebbe ritornare, non vorrai che ti scoprano così?', mi ero dimenticato non solo di dove stavo, ma anche di chi ero. Per aiutarmi a fare silenzio, lei armeggiò un attimo e poi mi infilò in bocca un tessuto bagnato, lo succhiai e nella mia bocca si diffuse un sapore dolce e inconfondibile di figa eccitata. Quello era il motivo per cui mi trovavo lì, scoprire quel gusto, poterla ammirare e poi prenderla.
Le sue mutandine soffocarono i miei nuovi lamenti, dovuti alla sua lingua che percorreva in circolare il mio orifizio, per poi distendersi sopra strofinandosi lentamente e con la punta facendo pressione sul buco, che pian piano cedette alle sue lusinghe aprendosi.
'Bravo doggy, così mi piaci. Educato, obbediente e perverso' e spinse due dita dentro di me, mentre con l'altra mano mi teneva per le palle, per non darmi modo di sfuggirle.
Ma io non volevo fuggire, non avevo più nessuna capacità di resisterle. Mi domandavo solo quali mansioni mi sarebbe toccato svolgere, per quella donna a cui davo ancora del Lei. Le sue dita e la sua lingua lavorarono in sincrono dentro di me, a lungo e dolcemente. 'Aspetta', si allontanò, lasciandomi a quattro zampe sotto la scrivania, e prese qualcosa dal giubbotto o dalla borsa, è difficile capire che accade, quando si è bendati. Ritornò correndo verso di me, sembrava una corsa felice di chi ha trovato ciò che cercava. E ben presto compresi che, ciò che cercava, era un oggetto dalla punta arrotondata, che non trovò ostacoli nell'infilarsi nel mio culetto. Nonostante le mutandine in bocca, il mio lamento forse si sentì sino al piano superiore. Lo fece roteare un poco, aggiungendo saliva che sentivo scendere direttamente dalle sue labbra.
Me lo lasciò dentro, con me che respiravo come un cane in calore. Per l'ennesima volta mi ripeté 'Fermo', e io così restai. Sentì spegnare il pc, chiudere e muovere qualcosa e un stropiccio di vestiti, si riavvicinò a me, poggiò la sua mano sul mio culo e spinse con il pollice ciò che avevo dentro, piano, più e più volte, facendo scendere verso il buchetto nuova saliva. 'Bravo così, fermo. Ascolta le tue sensazioni, concentrati sul tuo culetto'. Poi mi mise dei foglietti negli slip mezzo calati. Credo che rimase un poco a osservarmi, cercavo di immaginare che espressione avesse, se stesse sorridendo.
Si allontanò da me di nuovo, si aprìi e chiuse la porta dell'ufficio e qualche secondo dopo quella dell'ingresso principale.
Non mi mossi per almeno cinque minuti, godendo di quella condizione, senza pensare a nulla. E' forse questo il Nirvana? Aspettai, ma inutilmente. Infine, osai levare la benda e vidi che la stanza era vuota. Mi tolsi dalla bocca i suoi slip, li osservai attentamente, curioso di scoprire che tipo di mutandine portasse una donna così. Le odorai un'ultima volta e mi toccai il buchetto e ci trovai, con sorpresa, un deodorante per le ascelle, di forma fallica. Come lo tolsi, ne sentii la mancanza e godetti del vuoto che aveva lasciato nel mio culetto aperto.
Mi alzai in piedi, cercando di ricompormi, mentre tiravo su i miei slip per coprire il mio culetto, mi ricordai dei foglietti dentro di essi. Uno era un post-it su cui si poteva leggere 'Per oggi va bene così. Hai superato la prova. Ci vediamo domani. Vieni presto, per ridarmi ciò che ti ho lasciato fuori e... dentro.'. L'altra era una banconota da 5 euro, da una parte riportava 'X il mio doggy', mentre dall'altra c'era scritto '...te li sei proprio meritati'. Rimasi di stucco, non sapevo se prenderla come una presa in giro, un'offesa o una cosa così anomala da essere molto eccitante.
Le sue mutandine, il foulard, il deodorante fallico e questi due scritti, oltre al mio buchetto pulsante e le palle gonfie di eccitazione, mi facevano pensare che tutto fosse successo davvero, anche se il mio senso di realtà era stato un po' scosso quella sera.

La mattina arrivai molto prima del solito, entrai nel mio ufficio e poi, bussando, nel suo. Lei era già lì a lavoro. 'Buongiorno' dissi io, lei senza guardarmi rispose a bassa voce, qualcosa che non compresi. Dissi 'Ieri mi ha lasciato questi. Li ho puliti' e poggiai una busta sigillata, con dentro le sue proprietà, sul tavolo. 'Bravo doggy', non so se disse proprio 'doggy, ma sembrò quello l'appellativo che mi rivolse, alzò finalmente il suo sguardo compiaciuto su di me, 'tieniti pronto, perché forse stasera ho bisogno che tu ti trattenga. Come ben sai non sei obbligato, ma se scegli di restare, ricorda, come ti ho già detto, che sul posto di lavoro sono molto molto esigente'. In quel momento arrivò un collega e dunque le dissi 'sono sempre lieto di poterle essere d'aiuto, per qualsiasi cosa chieda pure a me. Le sono anche molto riconoscente dell'opportunità che mi sta offrendo, non la farò pentire della fiducia concessa! E grazie anche per l'anticipo' credo che il mio viso divenne vistosamente rosso per essermi spinto così tanto oltre con le mie parole. Andai verso il mio ufficio, cercando di nascondere la felicità per il fatto che forse anche stasera, mi sarei dovuto trattenere a lavoro oltre orario. Con questi pensieri in testa, mi parve anche di risentire di nuovo il suo splendido sapore nella mia bocca.
Quanto sono lunghe 12 ore quando, al termine di esse, si sa di potere servire come un doggy la propria Padrona, lasciandola libera di esprimere ogni sua fantasia e senza aspettarsi alcuna ricompensa in cambio, se non la felicità e momentaneo appagamento delle sue perverse, folli e dolci voglie?


Ciò che avete letto, non è per forza la realtà, ma come si sa, dietro ogni storia ci sta sempre un fondo di verità.
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