bdsm
Michela una vita da sottomessa Atto 6


12.06.2025 |
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"Daniela si alza, il suo sorriso ora apertamente compiaciuto, gli occhi che brillano di trionfo..."
Alle sette in punto, il ronzio acuto della sveglia mi strappa dal sonno, un suono che si intreccia al battito accelerato del mio cuore. Mi alzo dal letto, la pelle ancora calda sotto le lenzuola di seta, il profumo di lavanda del cuscino che si mescola al mio muschio intimo, un odore che sembra urlare la mia sottomissione. Ogni mattina inizia con un rituale sacro: prima di ogni altra cosa, infilo il plug. È la prima azione della giornata, un atto di devozione a Daniela, la mia Padrona. Apro il cassetto del comodino, dove il plug da 8 cm, con la sua gemma rossa, scintilla sotto la luce fioca della lampada. Lo lubrifico con vaselina, il freddo del metallo che mi fa rabbrividire, e lo spingo nel mio culo, un gemito che mi sfugge mentre il mio buco si dilata per accoglierlo, un fastidio che si trasforma in un piacere oscuro. Ogni sera, prima di dormire, lo tolgo, un momento di sollievo che mi ricorda quanto il mio corpo appartenga a Daniela anche nel riposo. Oggi, però, il mio stomaco è un groviglio di eccitazione e paura: essere la sua schiava significa vivere sul confine tra desiderio e tormento, e ogni giorno è una prova per dimostrare la mia dedizione.Un trillo improvviso mi fa sobbalzare: il mio telefono vibra sul comodino. È un messaggio su WhatsApp, e il nome di Daniela appare sullo schermo, un colpo al cuore. “Buongiorno, schiava,” scrive. “Oggi voglio che indossi il vestito di pizzo nero trasparente, le calze con reggicalze nere con la riga dietro, lo stringivita nero e gli stivali a mezza coscia rossi. Tieni il plug, come sempre. In ufficio troverai una sorpresa.” Le sue parole sono un comando, un fuoco che mi accende la pelle. Ogni desiderio di Daniela è un ordine, e l’idea di una sorpresa mi fa pulsare il sesso, un misto di curiosità e terrore che mi eccita. Obbedisco, il cuore che martella. Indosso il vestito di pizzo, così trasparente che ogni curva del mio corpo è un’offerta oscena, i capezzoli forati che premono contro il tessuto, la catenella dell’ombelico che scintilla. Le calze con reggicalze nere incorniciano le cosce, la riga dietro che guida lo sguardo verso il mio culo, dove il plug ronza debolmente. Lo stringivita nero mi stringe la vita, esaltando le mie forme, e gli stivali rossi, lucidi come sangue, scricchiolano a ogni passo, un suono che annuncia la mia sottomissione. Esco di casa, l’aria fresca di Milano che accarezza la pelle attraverso il pizzo, ogni passo un’esplosione di eccitazione. Chissà cosa mi aspetta.
Entro in ufficio, il ticchettio dei miei tacchi che echeggia sul marmo, il profumo di caffè e carta che si mescola al mio muschio. Luciana è lì, come ogni mattina, pronta a eseguire i rituali di Daniela, le sue mani fredde che sanno come allargare il mio buco. In un angolo, seduta su una sedia, c’è Daniela, il suo sguardo che mi trafigge, un misto di dominio e desiderio che mi fa tremare. I suoi occhi scuri brillano, la bocca socchiusa in un sorriso predatore, il profumo di sandalo che emana dalla sua pelle un richiamo irresistibile. Mi inchino, sollevando il pizzo del vestito, il mio culo offerto, la gemma rossa del plug che scintilla sotto le luci al neon. Luciana si avvicina, il suo respiro regolare, quasi clinico, e mi sussurra con un sorriso: “Questo plug non ti serve più. Daniela vuole che indossi quello nuovo. Guarda sul tuo tavolo.” Il mio cuore salta un battito mentre mi volto verso la scrivania. Lì, sotto la luce fredda, c’è qualcosa di mostruoso: un nuovo plug, in acciaio chirurgico, lucido e vibrante, composto da due sfere. La prima, più in alto, ha un diametro di 6 cm, ma la seconda, vicino alla base, è un incubo: 10 cm di diametro, con una base leggermente più larga ornata da una gemma blu. È lungo 17 cm, un gigante che sembra sfidarmi. La paura mi stringe lo stomaco, un nodo che si mescola a un’eccitazione perversa. “È enorme,” balbetto, la voce tremante. “Non sono sicura che mi entrerà.”
Luciana ride, un suono basso e crudele, e prende il plug, spalmando vaselina sulla sua superficie lucida. “Vedrai che entra,” dice, e mi fa piegare sul tavolo, il pizzo del vestito che si solleva, il mio culo esposto, vulnerabile. Daniela, dalla sedia, osserva, il suo volto un quadro di piacere sadico: gli occhi socchiusi, un sorriso che si allarga, le labbra umide che tradiscono la sua eccitazione. La sua mano tamburella sul bracciolo, un ritmo lento che scandisce il mio destino. Luciana appoggia la punta del plug al mio buco, e il freddo dell’acciaio mi fa rabbrividire. Spinge, e la prima sfera da 6 cm entra, un fastidio che mi fa gemere, un bruciore che si espande. Ma quando arriva alla seconda sfera, quella da 10 cm, il mio corpo si ribella. Sento il mio culo tendersi, un fuoco che mi squarcia, un dolore che mi fa urlare: “Aaaah, no, è troppo!” Stringo i denti, le mani che artigliano il bordo del tavolo, il sudore che mi cola lungo la schiena. Ogni centimetro è una battaglia, una sfida con me stessa. Voglio farcela, per Daniela, per dimostrare che sono la sua schiava perfetta. “Spingi, Luciana,” ordina Daniela, la voce roca, carica di desiderio. Luciana obbedisce, e il plug avanza, il mio buco che si dilata oltre ogni limite, un tormento che mi fa tremare, le gambe che cedono. Urlo ancora, un lamento strozzato, ma non mi arrendo. Con un ultimo colpo, la sfera da 10 cm entra, e il mio culo si chiude attorno alla base, la gemma blu che scintilla. Sono piena, devastata, il dolore che pulsa come un cuore vivo, ma il senso di vittoria mi fa gemere di gioia, un misto di paura e orgoglio che mi fa bagnare.
Daniela si alza, il suo sorriso ora apertamente compiaciuto, gli occhi che brillano di trionfo. “Questo è il mio regalo per il tuo buco,” dice, la voce un sussurro velenoso. “L’altro usciva troppo facilmente.” Accende la vibrazione, un ronzio che mi fa sobbalzare, e attiva una luce blu che pulsa dalla gemma, visibile attraverso il pizzo trasparente. “Ora,” aggiunge, “fai una passeggiata per le scrivanie. Sculetta, puttana.” Il mio cuore salta un battito. Il plug è così grande che ogni passo è una tortura, il mio culo che sembra voler scoppiare, le gambe che si aprono istintivamente per alleviare la pressione. Obbedisco, il ticchettio dei miei stivali rossi che echeggia, il pizzo del vestito che si solleva a ogni passo, mostrando la mia nudità, la luce blu del plug che lampeggia come un faro osceno. Le dipendenti mi fissano, i loro sguardi increduli, alcuni sussurri che mi trafiggono, ma ogni occhiata è un trofeo per Daniela. Cammino con le gambe aperte, sculettando come ordinato, il plug che vibra con una forza che mi fa gemere, un ronzio che si mescola al battito del mio cuore. Daniela, appoggiata alla porta del suo ufficio, mi guarda divertita, il suo sorriso che si allarga, le mani incrociate sul petto, il profumo di sandalo che si diffonde come un’aura. Sembro una che ha appena preso un cazzo enorme nel culo, e la vergogna mi brucia, ma il desiderio di compiacerla mi spinge avanti. Quando torno alla mia scrivania, sono stremata, le gambe che tremano, il respiro corto, il plug che mi devasta.
“Ora siediti,” ordina Daniela, il tono imperioso. Alzo gli occhi, terrorizzata. La vibrazione è così forte che il pensiero di sedermi mi fa rabbrividire. La sedia di pelle della mia scrivania sembra un nemico. Alzo la gonna, il pizzo che scivola sulle cosce, e mi preparo, le mani sulla scrivania come ordinato. Quando il mio culo tocca la sedia, il plug si conficca ancora di più, un’esplosione di pressione che mi fa urlare: “Aaaah!” La vibrazione mi scuote il corpo, un ronzio che sembra voler spaccare il mio buco, e il mio culo comincia a pulsare, un ritmo che mi travolge. Non riesco a trattenermi: un orgasmo mi colpisce, un’onda di piacere che mi fa tremare, il mio sesso che schizza, bagnando la sedia, un urlo strozzato che si trasforma in un gemito di goduria: “Siiiiiii, sto venendo!” Il mio corpo si contorce, ogni muscolo teso, il piacere che mi squarcia come un fulmine, un’estasi così intensa che per un momento dimentico il dolore, la vergogna, tutto. Daniela mi guarda, soddisfatta, il suo sorriso un sigillo di approvazione. “Brava, puttana,” dice, e le sue parole mi avvolgono come una carezza crudele.
“Ora sbriga velocemente il lavoro che alle 10.30 dobbiamo andare da Giorgio,” annuncia, il tono che non ammette repliche. “Ti metterà gli anelli definitivi. Ma prima, prendiamo un caffè al bar all’angolo.” Il mio cuore salta un battito. Uscire così, con il vestito trasparente, il plug che vibra e lampeggia, è un’umiliazione che mi terrorizza, ma l’idea di essere esposta, di essere sua in ogni momento, mi eccita oltre ogni limite. Mi alzo, le gambe ancora tremanti, il plug che mi dilata, e la seguo, il suono dei miei stivali che echeggia, il profumo di sandalo di Daniela che mi guida verso l’abisso che bramo.
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