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Gay & Bisex

Ai suoi piedi senza nemmeno rendermene conto


di cartavetrata
21.09.2018    |    10.379    |    6 6.0
"Trovai la porta semiaperta e lui che da un’altra stanza mi invitava ad accomodarmi e servirmi..."
Ci eravamo contattati su un’app, lui era davvero un tipo molto affascinante e ci sapeva fare. In poco passammo al sentirsi al telefono. Mi colpì la sua voce calda e gentile, ma al contempo ferma ed autorevole. Mi disse ad un certo punto che mi aveva inquadrato e che secondo lui avevo bisogno di uno come lui che lo indirizzasse verso le sue reali inclinazioni. Io lì per lì non capii. Lui disse che si capiva che ero uno che voleva essere sottomesso, che non c’era nulla di male, ma che ancora non ne avevo preso coscienza. E prese a raccontarmi con il suo bel fare delle sue esperienze con tipi come me ancora inconsapevoli e di come ancora oggi lo ringraziassero.
Io nel frattempo, tra lo spaventato e l’eccitato, cominciai di tanto in tanto a toccarmi, la sua voce mi eccitava. Ma no, non credo che l’avrei assecondato, ero pronto a prendere una scusa. Non avevo mai fatto quelle cose, non era da me, se si fosse saputo…
Come se mi stesse leggendo nella testa, mi disse che comunque ci teneva a conoscermi e che per non mettermi in imbarazzo ci saremmo incontrati fuori in un caffè vicino da lui. Accettai, in fondo cosa sarebbe potuto accadere, no?

Arrivai sotto casa sua dieci minuti prima del previsto, non mi rispondeva. Nulla, l’ennesimo bidone. Erano passati altri dieci minuti rispetto all’orario per cui avevamo appuntamento, stavo per andare quando mi richiamò al telefono. Il tono era diverso, era abbastanza mortificato e si scusava, aveva avuto un contrattempo, era lercio e doveva ancora darsi. Ne avrebbe avuto ancora per mezz’ora. Insistette perché salissi, mi avrebbe fatto trovare aria condizionata, una bibita e ghiaccio, visto che fuori si crepava dal caldo. Lì per lì, avevo un calo di pressione e non badai molto, accettai e salii. Trovai la porta semiaperta e lui che da un’altra stanza mi invitava ad accomodarmi e servirmi. C’era un bel fresco, la bibita mi rintemprò.

Dopo una ventina di minuti lui uscì tutto bagnato avvolto con un telo dal pube in giù. Devo dire che rimasi piuttosto impressionato. Lui lo notò, non spiccicò una parola, mi guardava con risolutezza. Io ero totalmente imbarazzato e impanicato, quello sguardo mi faceva sentire nudo e indifeso.

Ad un certo punto mi disse perentoriamente: "Spogliati troia”

Ero come ipnotizzato, lo feci immediatamente. Lui si avvicino, mi mollò un ceffone. “Hai dimenticato di dire ‘Sì, Signore’, hai capito?

“Sì, Signore”.

“Bravo”

Mi accarezzò e palpò, mi girò, come se fossi un oggetto da controllare. Ad un certo mi spinse con forza sulle spalle per farmi inginocchiare.

“Non muoverti troia”
“Sì, Signore”
e si allontanò.

Tornò dopo 5 minuti con un collare nero di pelle in mano. Me lo mise intorno al collo. Si liberò dal telo e mi mise davanti il suo cazzo barzotto. Mi venne naturale avvicinarmi con il viso, ma lui prontamente mi bloccò tirandomi per i capelli, mi mollò uno schiaffo e uno sputo in faccia.

“Cosa cazzo credi di fare, puttana? Ti ho dato forse il mio permesso?”
“No, Signore, perdono!”
“Mettiti a 4 zampe e leccami i piedi”

Eseguii immediatamente. Non so cosa mi stesse prendendo, ero diventato un cagnolino. Lui nel frattempo mi sculacciava di tanto in tanto. Io mi godevo quei bei piedoni dito per dito.
Lui mi ordinava di tanto in tanto di tirare la lingua fuori e ci passava sopra la pianta dei suoi piedoni. Mi strofinava i piedi sul mio viso, sui capelli, schiena ovunque, io ero ormai totalmente rapito e succube.
Ad un certo punto si alzò, mi prese per i capelli, mi ordinò di aprire la bocca e ci schiaffò il cazzo dentro e cominciò a scoparmela.
Me lo piantò tutto dentro, lui apprezzò che non soffocai. Sentii il mio naso solleticato dai suoi peli pubici e la gola piena del suo cazzo.

“Ogni volta che te lo tiro fuori devi dirmi ‘Grazie Signore’, intesi?”
Gli rivolsi uno sguardo di assenso, d’altronde non potevo parlare col suo cazzo piantato in gola.

Riprese a pistonarmi la gola. Ogni tanto lo tirava fuori, lo ringraziavo e lui lo ributtava dentro. La scopava come se fosse un culo.
Era un toro, sembrava non stancarsi mai. Io avevo gli occhi di fuori con le lacrime e cominciavo a dare segni di cedimento.

Lui lo torò fuori, mi tenne per i capelli con la testa tirata all’indietro e cominciò a menarselo furiosamente. Il momento era arrivato. Mi venne copioso in viso, 5 getti caldi, potenti e densi. Riuscivo a stento a vedere.

“Grazie, Signore”.

Ormai avevo imparato. Lui apprezzò molto la mia iniziativa e mi accarezzò.
“Brava troia. Ma sei tutta sporca, non puoi uscire così, vieni in doccia gattonando”.

MI posizionò accucciato sul piatto doccia. Ormai avevo capito ed ero rassegnato ai suoi voleri. Comincio a lavarmi docciandomi col suo cazzo.
“Apri la bocca, brava!”
Era la mia prima volta. E sembrava così tutto naturale.

Mi concesse di docciarmi velocemente senza asciugarmi i capelli prima di andare via.
Se fossi tornato, avrebbe fatto di me quello che inconsciamente avevo sempre voluto.

E non appena chiusi la porta, sapevo bene che l’avrei varcata nuovamente.
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