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COME MI SBOCCHINO I MURATORI


di caos_calmo88
07.01.2016    |    39.014    |    9 9.6
"Indossava degli slip neri abbastanza aderenti, che incorniciavano cazzo e coglioni a meraviglia..."
Casa mia era poco più di un cantiere in quel periodo, i lavori sembrava non dovessero finire mai! Come se non bastasse faceva un caldo bestiale, nonostante fossero i primi di giugno.
Un via vai di elettricisti, piastrellisti, imbianchini, idraulici e soprattutto… muratori.
L’impresario edile con il quale mio padre si era accordato aveva promesso di mandare i suoi ragazzi migliori, e così fece.
Arrivarono puntalissimi, il primo era un bel torello italiano, alto e massiccio, barba incolta, villoso, occhi e capelli scuri, il classico tipo mediterraneo. Molto loquace e simpatico.
Il secondo era un ragazzo albanese, alto anche lui e ben piazzato, occhi verdi e capelli castani. Al contrario del collega italiano, mi sembrò fin da subito molto riservato, parlava pochissimo e non ti guardava mai negli occhi.
L’italiano aveva uno strappo al cavallo dei pantaloni, ad ogni suo movimento riuscivo a vedere i suoi slip, mi eccitava tantissimo. Ad uno sguardo più attento notai un bel pacco gonfio. Chissà se era consapevole di dare quello spettacolo…? Io credo di si.
Un pomeriggio decisi di passare dal cantiere per vedere come procedevano i lavori a casa mia. Trovai il ragazzo albanese che lavorava. Lo salutai, lui alzò appena gli occhi e accennò un sorriso, asciugandosi il sudore. Provai a parlargli, ma rispondeva a malapena, era molto concentrato sul suo lavoro.
Poco dopo arrivò l’italiano, tutto allegro e sorridente. Anche lui sudato, saranno stati almeno 30° fuori.
Mi chiese di seguirlo di sotto per avere alcuni chiarimenti sui lavori da svolgere nella taverna. Aveva ancora gli stessi pantaloni strappati, con galanteria mi fece strada tra i calcinacci e gli attrezzi.
Una volta arrivati di sotto cominciò a chiacchierare in maniera spigliata, mentre io sbirciavo tra le sue gambe.
Lui se ne accorse, senza scomporsi e senza imbarazzo mi disse allegramente: “lo so, ho i pantaloni strappati, mi fumano le palle con questa afa, così si rinfrescano”. Cominciò a ridere di gusto.
Risi anch’io, e scherzando (ma non troppo) gli dissi che poteva togliersi i pantaloni e lavorare in mutande se lo desiderava… il suo sorriso si fece sornione, e con voce allusiva mi rispose che se non avevo problemi lui si sarebbe volentieri calato i pantaloni.
“Niente m’imbarazza”, fu la mia risposta.
Come d’accordo si tolse le scarpe e si sfilò di dosso i pantaloni. “Così è molto meglio”, mi disse soddisfatto.
Aveva delle belle gambe abbronzate, muscolose e pelose al punto giusto. Indossava degli slip neri abbastanza aderenti, che incorniciavano cazzo e coglioni a meraviglia.
Mi aspettavo un invito a farmi avanti, in fondo aveva dimostrato di non essere per nulla timido, anzi.
Invece si girò dall’altra parte per mettere a posto alcune cose.
“Guarda che puoi toglierti anche le mutande se vuoi”, gli dissi serio.
Si voltò lentamente, mi guardo stupito e con un sorrisetto strano mi rispose:
“Bhe, se vuoi puoi togliermele tu.”
Mi misi in ginocchio davanti a lui. Si avvicinò lentamente, fece sfiorare il suo bel pacco al mio viso… sempre di più, sempre più intensamente. Sentivo l’aroma del suo uccello, si stava gonfiando, pulsava, lo stava strusciando su tutta la mia faccia! Tirò fuori una palla e continuò a strofinarmela sulle labbra, sul mento, sul naso, ovunque. Tirai fuori la lingua per assaggiarla: “dopo, dopo”, mi disse.
Sfoderò anche l’altro coglione e mi fece lo stesso trattamento al viso. Intanto il suo cazzo sembrava somigliare ad un paletto di ferro.
“Ti prego, fottimi la bocca”, gli dissi implorandolo.
Con un colpo secco abbassò le mutande, mostrandomi il suo cazzone tozzo, venoso, con la cappella grossa e fradicia. La passò sulle mie labbra umide, era calda e appiccicosa. Mi ci attaccai come una ventosa, succhiandola avidamente, scivolando sempre più giù, in pochi istanti me lo infilai fino in gola.
Mentre gli lavoravo le palle a colpi di lingua sentimmo qualcuno scendere le scale. Non facemmo in tempo a staccarci che ci ritrovammo il ragazzo albanese alle spalle. Ma la sorpresa più grande fu che anche lui aveva il cazzo fuori dai pantaloni! Si stava masturbando spiandoci, aveva deciso di farsi svuotare anche lui.
Senza dire una parola mi schiaffeggiò col suo enorme pistone, un cazzone da cavallo!! Lungo e largo, le palle piene che penzolavano. Presi in mano il cazzo dell’italiano, segandolo. Mi fiondai sulla nerchia del nostro nuovo compagno di giochi. Era così grosso che faticai non poco per inghiottirlo tutto.
Era irruento, spingeva con forza il cazzo dentro la mia bocca fino a farmi soffocare. Ero al settimo cielo.
Me lo sfilò di bocca, lasciandomi senza respiro. Prima che potessi riprendermi l’italiano ficcò di nuovo il suo randello nelle mie fauci, mentre l’altro si segava quel ben di dio. Glielo afferrai e infilai anche la sua cappella nella mia bocca. Le mie labbra erano indolenzite e la mascella dolorante.
In quella confusione estrema io sguazzavo allegramente, ciucciando con foga i loro cazzi, insieme, a turno, avevo perso il controllo.
Il primo a sborrare fu il muratore italiano. Schizzò copiosamente sul mio viso, mi sputò in faccia e mi schiaffeggiò ordinandomi di ripulirgli il cazzo. Non avevo ancora finito quando anche l’albanese schizzò, ancora più abbondantemente dell’amico, ma lui preferì svuotarsi completamente dentro la mia bocca. Con le dita prese la sborra che colava dai miei zigomi e se le fece leccare, con ancora in bocca il suo pisellone. Mi lasciarono nella taverna, in ginocchio, colmo di sperma. Ero felice come non mai.
Il pomeriggio seguente decisero di sborrare insieme... nella mia bocca! Mantennerò la promessa, mi fecero stendere, e dopo avermi violentato a turno la bocca eruttarono come due vulcani. Affogandomi letteralmente.
Giorni dopo mio padre prese a lamentarsi che i lavori andavano a rilento, adducendo che i muratori secondo lui bighellonavano. Cominciò ad essere presente durante i lavori, mettendo fine, ahimè, al mio nuovo svago pomeridiano…
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