Gay & Bisex
Ricetta proibita 3

27.06.2025 |
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"Giò sentiva crescere dentro un desiderio antico, come se tutto quello che aveva sempre negato stesse finalmente bussando alla porta..."
La settimana dopo il primo messaggio, Giò provò a non pensarci, ma la mente era un incessante cortocircuito di immagini, parole non dette, sensazioni sospese.Non era solo il ricordo di quel corpo, della voce bassa e tesa, di quegli occhi che avevano cercato i suoi senza vergogna. Era quel senso di essere desiderato con un’intensità sconosciuta, quella vibrazione che ti attraversa come un’onda elettrica.
Il dottore non lo chiamava più apertamente, ma non smetteva di cercarlo.
Passava sotto casa con l’auto, ogni giorno a orari diversi, sperando di incontrare almeno uno sguardo.
Gli scriveva messaggi velati, pieni di sottintesi e voglia repressa.
“La tua presenza è un’ombra che non riesco a scacciare.”
“Ogni volta che ti vedo, mi perdo un po’ di più.”
Giò non rispondeva, o rispondeva con freddezza.
Ma dentro era un tumulto. Ogni parola del dottore gli scaldava la pelle e spezzava qualcosa dentro, come se il desiderio diventasse una specie di uragano invisibile che si faceva strada in lui.
Poi un giorno, senza avvertire, il dottore si presentò davanti alla sua porta, con un mazzo di fiori semplici — quelli che sua moglie amava — e un sorriso stanco ma sincero.
“Posso entrare? Solo per un minuto.”
Giò esitò. Ma quella esitazione durò poco. Lo fece entrare.
Seduti uno di fronte all’altro, il silenzio pesava più di mille parole.
“Non posso lasciare mia moglie,” confessò il dottore, “e non voglio mentirti… Ma non posso nemmeno dimenticarti. Ho bisogno di te, Giò. Ma non posso chiederti di essere solo un segreto, un’ombra.”
Giò lo guardò. Quella sincerità crudele lo colpì in pieno petto.
“Non sono quel tipo di uomo,” rispose con voce bassa. “Non voglio vivere nascosto, o rassegnarmi a essere il ripiego.”
Il dottore annuì, la mano sfiorò quella di Giò, un tocco leggero ma pieno di promessa e dolore.
Nei giorni successivi, il loro rapporto si svolse come un gioco di equilibri sottili.
Si vedevano solo quando la città dormiva o nei momenti rubati durante visite mediche più lunghe del previsto.
Non si dicevano mai tutto, ma ogni sguardo, ogni gesto, ogni sospiro era una dichiarazione d’amore non detta.
La passione cresceva, lenta ma inesorabile, come un fuoco che si alimenta di legna nascosta.
Giò sapeva che era sbagliato, che quel filo che li legava avrebbe potuto spezzersi da un momento all’altro. Ma non riusciva a staccarsi.
Il dottore, a sua volta, cercava di tenere insieme i pezzi della sua vita, ma quel desiderio nascosto lo consumava da dentro.
Ogni notte, prima di tornare a casa, mandavano messaggi senza promesse, solo frammenti di un legame che non poteva avere nome.
“A domani,” scriveva il dottore.
“Fino a domani,” rispondeva Giò.
E così, si persero uno nell’altro, senza mai dirsi cosa fosse davvero quell’amore sospeso — forse troppo fragile, forse troppo potente.
Giò sapeva bene che era tutto sbagliato, che essere l’amante non faceva per lui. Ma c’era qualcosa nel modo in cui il dottore lo guardava, nel rispetto con cui trattava ogni loro incontro, che rendeva tutto diverso. Non si sentiva un segreto, non si sentiva un ripiego. E quella promessa non detta di “tenere in equilibrio le cose” stava lentamente ammorbidendo la sua resistenza.
Poi, una sera, mentre erano seduti nel piccolo soggiorno di Giò, il dottore si avvicinò, abbassò la voce e, con un sorriso quasi timido, gli confidò qualcosa che lo sorprese.
«Ho trovato un modo per passare qualche notte con te…» disse piano, come se temesse di spezzare un incantesimo fragile.
«Ho detto a mia moglie che faccio una sorta di secondo lavoro, di notte, in una casa di riposo. Mi chiamano se qualche anziano sta male, devo valutare se portarli in ospedale o no...»
Giò lo guardò, il cuore che accelerava. Non era solo una scusa: era un modo per sottrarre tempo alla vita ufficiale, per rubare momenti rubati, per esistere finalmente in uno spazio tutto loro.
Quella notte, il dottore gli mandò un messaggio breve:
«Se ti va, domani alle dieci di sera vengo a trovarti.»
Giò sentì una scarica elettrica dentro. Non riusciva più a nascondere quanto fosse attratto, quanto quella delicatezza nascosta lo stesse avvolgendo come un’onda.
Quando arrivò, il dottore era nervoso ma deciso. Non c’erano fretta né ansia, solo un bisogno profondo di stare vicini, di toccarsi senza fretta, di respirare lo stesso respiro.
Passarono ore in un’intimità silenziosa eppure carica di significati. Nessuna parola, solo carezze lente, baci che bruciavano e mani che cercavano senza mai invadere.
Giò sentiva crescere dentro un desiderio antico, come se tutto quello che aveva sempre negato stesse finalmente bussando alla porta.
Ma dentro di sé sapeva che quella fragile notte era solo una piccola fuga dal mondo reale, una promessa sospesa tra dovere e voglia, tra la vita che erano e quella che avrebbero voluto.
Eppure, per la prima volta dopo tanto tempo, Giò si sentiva vivo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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